Atto primo

 

Scena prima

Seno di mare ingombrato da scogli: veduta di campagne in lontananza. Piccola nave approdata.
Oreste in atto di scendere sul lido; e poi Pilade.

Immagine d'epoca ()

 Q 

(nessuno)

<- Oreste

 

ORESTE

Restate amici, e in più remota parte  

nascondete il naviglio; al mio riposo

questo è il luogo prescritto; o a voi ritorno

col Palladio rapito, e placo l'ombra

della madre sdegnata; o voi recate

che qui fine ha il mio duol, che più non vivo

la novella funesta al lido argivo.

Ma, Pilade l'amico,

giusti numi dov'è! Sceso poc'anzi

scorre senza di me l'ignoto lido

prima del giorno! Alle mie furie infeste

m'abbandona così!

 

PILADE

(giungendo frettoloso)  

Fuggiamo Oreste.

<- Pilade

ORESTE

Fuggir! Ma qui non venni

per consiglio del ciel? Quindi non deggio

il Palladio involar? De' miei tormenti

trovar così l'intera calma?

PILADE

Or senti:

più scellerata, e rea

terra non scalda il sol; ne regge il freno

un tiranno crudel, che non conosce

né fede, né pietà: geme il vassallo

sotto ferree ritorte;

e allo stranier sol l'approdarvi è morte.

ORESTE

E morte sol domando: essa è de' mali

l'ultimo fine; e questa almen mi serbi

il favor degli dèi. Tu fuggi, amico,

queste barbare sponde: in ira al cielo

qual io sono tu non sei: fuggi, e conserva

de' miei casi infelici

qualche memoria almen.

PILADE

Signor, che dici?

Io lasciarti! Io partir! Pilade, il sai,

nacque, e crebbe con te. Fido compagno

dell'incerta tua fuga

teco errai sulla terra, e fino a questo

della barbara Scizia estremo lido

quel primo amor, che le nostr'alme unio,

mai ci divise, e or vuoi ch'io parta!

ORESTE

Oh dio!

Se il ciel mi vuole oppresso,

dunque hai meco a perir! Se il mio delitto

qui mi chiama al supplizio; un innocente

ne ha da soffrir la pena!

PILADE

Ah! Né tu reo,

né ingiusto è il ciel. Forse ei ti serba ancora

ov'è men di speranza

più impensato il rimedio. Almen ci renda

il periglio più cauti, e secondiamo

coll'umana prudenza

i consigli del ciel. Giorno solenne

è questo in Tauri: al sacrificio atroce

giungi troppo opportuno. All'ombra amica

differiam della notte

il gran furto, signor. Fra questi scogli

co' fedeli tuoi servi entro il naviglio

noi questo cupo sen copra, e ricetti.

ORESTE

Presso è il fin de' miei mali, e vuoi ch'aspetti?

Ah tu non senti, amico,

quel che soffe il mio cor: mentre t'ascolto

truce, e squallida in volto,

nuda il piè, sparsa il crin, lacera il petto (come in delirio)

vedo la madre in minaccioso aspetto.

Quante furie a me d'intorno! E quanti al seno

mi vibra accesi dardi!... Oh dio! Non senti (più smaniosa)

gli ululati, i lamenti! E qual conduce

funebre orrida pompa,

che mi tragge a morir! Sull'are atroci

stride la nera fiamma, e mi prepara

la bipenne fatal la man più cara.

 

Qual destra omicida  

la morte m'appresta!

Ah ferma!... T'arresta...

La madre m'uccida,

la madre spietata;

se sazia l'ingrata

di sangue non è.

Ah barbara! Affretta

l'acerba ferita...

qual dono è la vita,

se l'ebbi da te.

(parte smanioso)

Oreste ->

 

Scena seconda

Pilade.

 

 

Ahimè! Già s'allontana. Oreste!... Ascolta...  

Fermati... Oh dèi! Non m'ode. Ove lo guida

il suo cieco furor! Veglian d'intorno

le guardie del tiranno,

e chiaro è il dì. Che far poss'io? Se resto

è perduto l'amico, e se lo seguo,

mi perdo anch'io... Così serbar potessi,

a costo de' miei giorni, i giorni sui!

S'altro non posso, almen morrò con lui.

 

Stelle irate, il caro amico  

di rapirmi invan chiedete;

oltre al margine del Lete

ricercarlo ancor saprò.

Io l'amai fin dalla cuna,

corsi ognor la stessa sorte,

e l'orror d'acerba morte

seco ancor dividerò.

 

Pilade ->

 

Scena terza

Atrio interno del tempio di Pallade corrispondente a un delizioso giardino, e a vari appartamenti destinati alle Vergini consacrate alla dèa.
Alcune di queste adornano l'atrio, altre preparano ghirlande, e profumi per il dì festivo, ballando alternativamente, e cantando il seguente coro.
Ifigenia, e Dori.

 Q 

vergini, Ifigenia, Dori

 

CORO

Fra gl'inni, e i cantici  

fiori si spargano

in questo gran dì.

La casta Pallade

armata d'egida

s'onori così.

Umane vittime

la dèa placabile

non sempre gradì.

 

IFIGENIA

Sì, sì, vergini amiche, avido nume  

non è sempre di sangue: umili voti,

innocenti preghiere

son bastanti a placarlo. Andiamo al tempio;

il popolo si chiami, e si assicuri

del favor della dèa co' fausti auguri.

Seguimi amica Dori.

DORI

Ah principessa

pur ti scorgo sul volto

un lampo di contento.

IFIGENIA

E ti par poco,

ch'oggi all'ufficio atroce

mi tolga il ciel? Che manchi

la vittima votiva, e ch'io non debba

nel giubilo comune, al dì festivo

sola tremar?

DORI

Te figlia

del re de' re. Te sposa

del magnanimo Achille; ah come il fato

in quest'orrida sorte

vuole oppressa, e avvilita! Il caso altrui

so che di tue sventure

ti rinnova l'orror: che all'are atroci

in Aulide te pur vittima a' numi

destinarono i Greci; e il padre istesso

ti traeva al supplizio. Ora in quell'atto

dell'istoria dolente...

IFIGENIA

Tutto, per mio terror, tutto è presente:

le bende, il flebil canto,

la sacra scure, il fuoco;

le preci, il rito, il simulacro, il loco.

DORI

Misera!

IFIGENIA

Ah perché mai di senso priva,

pallida, semiviva al fatal colpo

involommi la dèa? Per me la morte

non avea più spavento. Ella serbommi

in questa ove mi trasse iniqua terra

a morir mille volte

d'orrore, e di pietà.

DORI

Ma il ciel promise

in questo tempio, in cui ti diè ricetto,

il fin di tue sciagure.

IFIGENIA

E qui l'aspetto.

Ah per tre lustri omai nell'inumano

empio ufficio crudel l'aspetto invano.

DORI

Siane un fausto presagio

questo breve piacer...

(si sente da lontano un preludio flebile)

Ma quale ascolto

lugubre, e flebil canto!... Ah principessa,

forse il crudo tiranno...

IFIGENIA

Ahimè! S'appressa.

vergini ->

 

Scena quarta

Toante, e Guardie. Coro di soldati con Oreste incatenato.

<- Toante, guardie, Oreste

 

CORO

Misero giovane  

qual fiera sorte

in ira a Pallade

ti guida a morte!

 

TOANTE

Ministre della dèa, nulla più manca  

al sacro rito in questo dì. S'offerse

al sacrificio usato,

quando men si pensava ostia novella.

IFIGENIA

(Oh sciagura!)

DORI

Dov'è?

TOANTE

(additando Oreste)

Mirala; è quella.

IFIGENIA

(Qual volto!)

 

guardie, Oreste ->

DORI
(a Toante)

È noto ancora

l'infelice stranier?

TOANTE

Tace ostinato

il nome, il suol natio;

greco è alle vesti. Irresoluto, errante

lo colsero i custodi,

che alle mura giungea: sembra agitato

da' crudeli rimorsi. Il suo destino

sa, ma non si sgomenta; anzi affrettando

co' voti il suo morir; bacia sovente

la man di chi lo guida all'ore estreme.

DORI

(Povera Ifigenia!)

IFIGENIA

(piangendo)

(Non v'è più speme.)

TOANTE

Piangi!

IFIGENIA

Perdona, oh dio!

La mia pietà.

TOANTE

La tua pietade offende

la diva, e me.

IFIGENIA

Credi di sangue i numi

assetati così?

TOANTE

So, che gli placa

il sangue de' mortali.

IFIGENIA

E se innocente,

se infelice, e non reo...

TOANTE

Taci imprudente.

Tutta di morte è degna

questa plebe mortal, che il ciel condanna:

e chi vi cerca un reo, raro s'inganna.

 

Frena l'ingiuste lacrime,  

pensa, che un re t'intende,

pensa che il nume offende

la folle tua pietà.

Sol dalla terra oppressa

si chiede al ciel perdono:

e manca a Giove il trono,

se i fulmini non ha.

(parte)

Toante ->

 

Scena quinta

Ifigenia, e Dori.

 

DORI

Ecco come a sua voglia i rei mortali  

si figurano i numi.

IFIGENIA

Ecco svanito

il mio breve contento. Ah! Cara amica,

che volto! Che vestir! Così fra noi

vanno i re, van gli eroi. Tal forse Oreste

il mio german, che pargoletto infante

in Aulide lasciai, crebbe cogli anni,

e il genitor consola

della perdita mia. Gli ultimi baci

ebbe da me, che rispondea col riso,

a quel funesto addio. Chi sa, se vive,

chi sa, se mi rammenta!

Forse estinta mi crede. Ah s'ei sapesse

ove son, che m'avvenne; io non vedrei

insultare il tiranno a' pianti miei.

DORI

Forse questo stranier qualche novella

può recarti de' tuoi.

IFIGENIA

No, cara amica,

non l'ardisco cercar. Troppo è feconda

di tragedie funeste

la stirpe degli Atridi. Io troppo avvezza

all'ira degli dèi...

DORI

Ah! Già s'appressa

l'ora del sacrificio, e il re tiranno

l'affretta col desio.

IFIGENIA

L'iniqua legge

fulmini il ciel con lui, né più funesti

l'esecrando costume

l'altare, il tempio, il sacerdote, il nume.

Deh con qual core, amica,

al giovine stranier recar di morte

l'infausto annuncio, e circondargli in fronte

la nera, e fatal benda! O sia riguardo

della patria comune, o sia che il volto,

e l'età di costui mi svegli in seno

una nuova pietà, maggior ribrezzo

non ebbi mai. Gelo d'affanno, e tremo;

sento mancarmi il cuor... Numi clementi,

lo so, che non v'offende

la pietà, ch'io dimostro;

e se v'offende o numi il fallo è vostro.

 

So, che pietà de' miseri,    

numi, da voi s'apprende:

so, che il timor che m'agita,

forse da voi discende;

e a raffrenarne i palpiti,

so, che non è valor.

Se nell'ufficio barbaro

la mia pietà v'offende,

scegliete in me la vittima,

o mi cambiate il cor.

S

Sfondo schermo () ()

(parte con Dori)

Ifigenia, Dori ->

 
 

Scena sesta

Tempio magnifico. Trono da una parte su cui ascende fra le sue Guardie Toante. Coro di Vergini, che conduce dal fondo del teatro Oreste all'altare, su del quale è il simulacro di Pallade. Mentre si canta il coro ballando, si accende il fuoco sacro, si corona la vittima, si fanno le libagioni.
Toante con Guardie, Oreste colle Vergini, poi Ifigenia, Dori, e Popolo.

 Q 

guardie, Toante, Oreste, vergini

<- Ifigenia, Dori, popolo

 

CORO

Oh come presto a sera  

misero giovanetto

giunse tua fresca età.

Barbara morte, e fiera

il crudo ferro ha stretto,

e impietosir non sa.

DORI

Qual struggerassi in pianto

la greca verginella,

quando la rea novella

del tuo morir saprà.

TUTTI

Oh come presto a sera

giunse tua fresca età.

DORI

Grave di morte i rai

il genitore amato

di dolorosi lai

il ciel assorderà.

TUTTI

Barbara morte, e fiera

impietosir non sa.

IFIGENIA E DORI

Al gran voler del fato

piega la fronte, e taci.

Giovane sventurato

quanta pietà mi fa.

TUTTI

Barbara morte, e fiera

impietosir non sa.

 

IFIGENIA

Or dell'onda lustrale  

la vittima s'asperga; il nume adori

e nel colpo fatal costanza implori.

(alcuna delle vergine spargeva Oreste d'acqua lustrale)

DORI

Piegati umile sull'ara.

(conduce Oreste all'ara)

ORESTE

(guardando con sorpresa il simulacro)

Ah! ti ravviso

vindice irata dèa; fu tuo consiglio

l'oracolo bugiardo

che mi trasse ingannato all'empie sponde.

Or ti sazia, crudel; vibrami in seno

l'infuocate saette, e col mio sangue,

e l'ara, e il tempio istesso,

che di sangue macchiai, si lavi adesso...

Ahimè! Chi mi soccorre? Ecco discopre

la Gorgone fatal: dove m'ascondo?

Ecco il regno di morte, ecco l'abisso

mi s'apre sotto i piè... Ma quale, o dèi,

turba d'orride larve ancora in questa

mi persegue, e spaventa ombra funesta?

Lasciatemi crudeli. Ah chi m'invola

all'orribile aspetto, alla mia pena;

chi compiange al mio stato, e chi mi svena?

 

 

Oh dio, dov'è la morte?  

In così fiera sorte

il differirla a un misero

è troppa crudeltà.

(cade abbandonato fra le guardie)

 

IFIGENIA

(Morir mi sento.)  

TOANTE

Or da compire il rito

qual pietà ti trattiene?

IFIGENIA

(avanzandosi verso il trono)

Oh dio! Non vedi

in che stato è la vittima? Le labbra

gonfie di calda spuma, il volto asperso

di livido pallor; stravolto il guardo,

e le membra tremanti

agitata, e convulsa?

DORI

E non udisti

come insultò la dèa?

TOANTE

Che importa a' numi,

che deliri, e s'affanni

purché si sveni il reo?

IFIGENIA

Signor, t'inganni.

Non è quel che gli placa

delle vittime il sangue; è la costanza

in chi l'ha da versar; l'anima invitta,

che nel colpo fatal, perché al ciel piace,

piega la fronte, adora il cenno, e tace.

TOANTE

Dunque...

IFIGENIA

Nel chiuso fonte

sacro alla dèa convien purgarla, e al rito

prepararla di nuovo. In quello stato

se una vittima accetta offrir pretendi;

contamini l'altare, e il nume offendi.

 

CORO

Ah si purghi quest'ostia macchiata  

se gradito il suo sangue non è.

Plachin l'ira di Pallade armata

nuovi pegni d'amore, e di fé.

 

TOANTE

Dunque il fatal decreto  

e d'un nume, e d'un re vuoi che dipenda

dall'arbitrio d'un reo?

IFIGENIA

Dal rito immondo

dunque offesa la dèa vuoi, che il suo sdegno

tutto sopra di noi cader si veda?

TOANTE

(Donna infedel t'appagherò.)

(scendendo furioso dal trono)

Si ceda.

Dello straniero indegno

l'empio sangue a versar pochi momenti

giacché si chiede, accorderò; ma senti.

Se la vittima impura

non gradisce la diva, al trono offeso

alla mia sicurezza, al furor mio

oggi si svenerà; pentita allora

la sua folle pietà vedrà che invano

non si delude un re.

(parte furioso)

Toante, guardie ->

 

IFIGENIA E DORI

(Mostro inumano!)

IFIGENIA

Alle vicine stanze

quel misero si scorga; e voi frattanto

vergini amiche, in lieto coro al nume

rinnovate le preci, e i balli usati

a placarlo intrecciate.

(alcune delle vergini vanno a prendere Oreste)

Ah santa dèa

se in ciel son giunti i nostri falli a segno

di provocarti a sdegno, e s'hai desio

d'estinguerlo col sangue, eccoti il mio.

 
Coro delle Vergini, e del Popolo.
 

CORO

Temuta Pallade  

figlia di Giove

dèa del saper.

Rivolgi altrove

l'asta terribile

del tuo poter.

 
Si rappresentano ballando le diverse cerimonie preparatorie del sacrificio.
 

Fine (Atto primo)

Atto primo Atto secondo Atto terzo

Seno di mare ingombrato da scogli: veduta di campagne in lontananza. Piccola nave approdata.

 
<- Oreste

Restate amici, e in più remota parte

Oreste
<- Pilade

Fuggiamo Oreste

Pilade
Oreste ->

Ahimè! Già s'allontana. Oreste! Ascolta

Pilade ->

Atrio interno del tempio di Pallade corrispondente a un delizioso giardino, e a vari appartamenti.

vergini, Ifigenia, Dori
 

Sì, sì, vergini amiche, avido nume

Ifigenia, Dori
vergini ->
Ifigenia, Dori
<- Toante, guardie, Oreste

Ministre della dèa, nulla più manca

Ifigenia, Dori, Toante
guardie, Oreste ->

Ifigenia, Dori
Toante ->

Ecco come a sua voglia i rei mortali

Ifigenia, Dori ->

Tempio magnifico; trono da una parte; nel fondo del teatro l'altare, su del quale è il simulacro di Pallade

(mentre si canta il coro ballando, si accende il fuoco sacro, si corona la vittima, si fanno le libagioni)

guardie, Toante, Oreste, vergini
 
guardie, Toante, Oreste, vergini
<- Ifigenia, Dori, popolo

Or dell'onda lustrale

Morir mi sento / Or da compire il rito

Dunque il fatal decreto

Oreste, vergini, Ifigenia, Dori, popolo
Toante, guardie ->

(si rappresentano ballando le diverse cerimonie preparatorie del sacrificio)

 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta
Seno di mare ingombrato da scogli: veduta di campagne in lontananza. Piccola nave approdata. Atrio interno del tempio di Pallade corrispondente a un delizioso giardino, e a vari appartamenti. Tempio magnifico; trono da una parte; nel fondo del teatro l'altare, su del quale è il simulacro di Pallade Bosco sacro vicino al tempio di Pallade corrispondente agli appartamenti delle vergini a lei consacrate, e... Luogo sotterraneo ove si purgano le vittime: lavacro nel fondo; da una parte scala per cui si sale... Gran piazza superbamente addobbata; nel fondo atrio del tempio. Spiaggia marittima con veduta della città di Tauri in lontananza: scogli da una parte che nascondono la nave... Atrio interno del tempio di Pallade. Veduta interna del tempio; ara nel mezzo senza il simulacro.
Atto secondo Atto terzo

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