Atto primo

 

Scena prima

Recinto di palme, e cipressi, con tempio in mezzo consacrato a Diana, le cui porte sono chiuse.
Agamennone, ed Ulisse accompagnati da' Principi greci confederati, con seguito di Duci, e primi Uffiziali dell'armata, e di numerose schiere di Soldati, da entrambi i lati ordinatamente disposti.

Immagine d'epoca ()

 Q 

Agamennone, Ulisse, principi greci, duci, uffiziali, soldati

 

AGAMENNONE

Non temete, o compagni; alle bell'opre  

non è fortuna avversa sempre, e invano

impunita suppon sul teucro lido

la tradita amistà l'ospite infido.

Fin'or contrario il vento

s'oppose a' nostri voti, e fu sospesa,

così piacque agli dèi, la giusta impresa,

ma cederà lo sdegno lor Calcante,

dell'are al piede, a pro d'un popol tutto

l'oracolo ne implora. Il lor volere

forse noto ci fia senza alcun velo.

Dell'innocenza è protettore il cielo.

ULISSE

Delle adunate schiere,

l'impaziente valor con pena attende

che si sciolga dal lido. Un lungo indugio

intiepidir le può, né mai com'ora

fu opportuno l'istante. Oggi ritorna

cinto d'allori il prode

tessalo prence. Ah nel troiano suolo

se giungerem, della sua spada al lampo

Ettor vedrassi impallidire in campo.

AGAMENNONE

A lui promisi il sai,

d'Ifigenia la man, quando espugnate

fosser a Ilio le mura. Or vo', che all'opra

la mercede preceda. A queste sponde

Arcade per mio cenno,

d'Argo guida la figlia, e al prence sposa,

quando giunga, sarà. Gli fia più caro

l'inaspettato dono. A me di sangue,

co' legami congiunto, ei più ragione

avrà di vendicar col suo coraggio

della Grecia l'onore, e il nostro oltraggio.

ULISSE

A vendicarlo incominciò. Di Lesbo

per opra sua cadder le mura, e ultrice

fiamma in cener ridusse

la nemica città. Quando...

AGAMENNONE

T'accheta.

 
S'aprono le porte del tempio, scoprendosene l'interno spazioso recinto. In mezzo di questo, vedesi il simulacro della deità colle vittime svenate innanzi al medesimo, che stanno in atto consumandosi. Vicino all'ara vi è Calcante co' Sacerdoti, che lentamente s'avanzano, e vengono fuori dal tempio.

<- Calcante, sacerdoti

 

AGAMENNONE

Il tempio s'apre: vien Calcante. Ei noto  

de' numi, ci farà l'ordin supremo.

ULISSE

(Sereno in volto non mi sembra, io tremo.)

 

Scena seconda

Calcante con un foglio in mano, séguito di Sacerdoti, e detti.

 

AGAMENNONE
(a Calcante)

Del voler degli dèi,  

tu interprete fedel, che rechi? Al fine

l'oracolo parlò?

CALCANTE

Mio re, pur troppo.

AGAMENNONE

Quali i sensi ne son? C'è avverso ancora,

o fia che i nostri voti omai secondi?

CALCANTE

Signor...

AGAMENNONE

Tu impallidisci, e ti confondi?

CALCANTE

Così oppresse il dolore i sensi miei,

ch'esser muto vorrei.

AGAMENNONE

Contro me stesso

se fosse ancor, del comun ben si tratta,

ne ubbidirò i decreti.

(al seguito)

A tutti i numi,

e a voi lo giuro. In bando

vada il timor.

(a Calcante)

Favella, io te 'l comando.

CALCANTE

(mostrando un foglio, che poi dà ad Agamennone)

Impresse qui le voci

dell'oracolo son, del ciel le leggi.

Di valor, di costanza armati, e leggi.

AGAMENNONE
(legge)

«Se vuol l'armata achea

che fausto il cielo alle sue brame sia,

espii l'error della spartana rea,

immolando su l'are Ifigenia.»

(resta immobile, e gli cade di mano il foglio)

 

 

Che ascoltai! qual fredda mano    

mi gelò nel petto il cor!

S

ULISSE

Ah sperai placato invano

della sorte il rio tenor!

CALCANTE

Bagno il ciglio nel periglio

d'un dolente genitor.

 

AGAMENNONE, ULISSE E CALCANTE

Luce infausta intorno splende,

non si placa il cielo irato,

ah qual fallo ha meritato

un sì barbaro rigor!

 

principi greci, duci, uffiziali, soldati, Calcante, sacerdoti ->

 

Scena terza

Agamennone, ed Ulisse, poi Arcade.

 

AGAMENNONE

Oh troppo ingiusti numi,  

qual oracolo è il vostro? Ah se la vita

dimandata m'aveste, io ve l'offria,

senza che mi costasse un sol sospiro,

ma Ifigenia... la figlia... oh dio!

ULISSE

Ragione

hai di lagnarti, è vero,

che un tal destino al sangue tuo sovrasti,

ma il ciel parlò, tu d'ubbidir giurasti.

AGAMENNONE

E l'omicida io stesso

d'una figlia sarò, che di mia prole

la più cara mi fu? La chiamo al letto

d'un eroe, che l'adora, e in braccio a morte

senza saperlo io la conduco?

(s'alza)

Invano

opra sì rea si vuol, ch'io compia. Alfine

ella non giunse, e quando giunga ancora,

se manca ogni altro scampo,

con una fuga...

ULISSE

E soffrirallo il campo?

Tante armate falangi,

che qui s'unir, per vendicare i torti

del tradito spartano, al patrio lido,

che ritornin tu speri,

oggetto altrui solo di riso, e d'onte,

invendicato, e con tal macchia in fronte?

Deh pensaci signor. La gloria tua

altro chiede da te. Se ancor t'ostini

l'affetto a secondar, che ti consiglia,

ti perderai, senza salvar la figlia.

AGAMENNONE

A qual cimento, o sorte,

tu m'esponesti? che risolver degg'io?

Oh giorno di tormento!

Oh mali non previsti, oh giuramento!

 

<- Arcade

ARCADE

Mio re, liete novelle. A queste sponde  

è giunta Ifigenia.

AGAMENNONE

Numi!

ULISSE

Che ascolto!

ARCADE

I passi ne precedo. Ella a momenti

sarà al tuo piè.

AGAMENNONE
(a Ulisse)

Che abisso è questo! Amico

perduto io son. Come oserei tranquillo

riceverne gli amplessi in un istante,

che il cor mi straccia, e di ragion mi priva?

ULISSE

Cela il tuo duol.

ARCADE

La principessa arriva.

 

Scena quarta

Ifigenia con séguito di nobili Donzelle e Soldati greci, e detti.

<- Ifigenia, donzelle, soldati greci

 

IFIGENIA

Padre, signor, quell'adorata mano  

pur ritorno a baciar. Pur ti riveggo

cinto di gloria in mezzo a mille schiere,

ove a sdegno non hanno i regi istessi

d'ubbidire a' tuoi cenni. Il duol, che quando

tu mi lasciasti, o genitor, provai,

or che son teco, è compensato assai.

AGAMENNONE

Vieni, o figlia, al mio sen. Cara mi sei,

più che il labbro non dice,

e i numi san, s'io ti vorrei felice.

IFIGENIA

Ah perché mai del piacer nostro a parte

la madre esser non può? D'Argo la cura,

che commettesti a lei,

seguir non le permise i passi miei.

(additando una delle sue donzelle)

Questa, che le sue veci

meco fe' da primi anni, or mia compagna

qui mi guidò. Nel mio partire, oh istante!

l'afflitta genitrice in pianto sciolta,

vanne, mi disse, l'alma mia ti segue,

e se l'alma rimane in questo lido,

il destin de' tuoi giorni a un padre affido.

AGAMENNONE
(con estremo dolore)

(Misero me!)

IFIGENIA

Tu volgi altrove il ciglio!

Che fu signor? Forse a pietà ti muove

d'una sposa il dolor?

AGAMENNONE

Sì ne potrei

nell'angustia, ch'io provo... in tal momento...

(Mi trafigge, e no 'lo sa, con ogni accento.)

ULISSE

(Ah ch'ei si perde!)

IFIGENIA

Oltre misura afflitto,

padre tu sei. Che voglion dir quei detti

interrotti, e confusi? Ah, quale ascosa

pena ti affanna?

AGAMENNONE

In gravi cure immerso,

tranquillo esser non posso. A ricompormi

pochi istanti dimando.

(ad Arcade)

Alle mie tende

Ifigenia tu guida. Alla tua fede

la custodia ne affido.

IFIGENIA

E tu mi lasci?

AGAMENNONE

Uopo è, ch'io vada. Oppresso

son da tanti pensier...

IFIGENIA

De' tuoi pensieri,

Ifigenia parte faceva un giorno:

or cangiato ti trovo. In te l'affetto

forse scemò, né il meritai; fu il solo

mio voto esser ognor fra le tue braccia,

ed or ch'io torno a te...

AGAMENNONE

Taci.

IFIGENIA

Ch'io taccia?

AGAMENNONE

Sì, con que' detti il cor mi passi. Io t'amo,

come ognora t'amai, figlia diletta,

né trovo fuor di te chi mi consoli.

IFIGENIA

E così tu m'accogli, e a me t'involi?

 

AGAMENNONE

Ah lasciarti non vorrei...  

tu lo vedi... io bramo... oh dio!

(Deh tacete affanni miei,

e piombatemi nel cuor.)

Lacerar mi sento il seno

dal dolor che mi divora,

e spiegar non posso almeno

la cagion del mio dolor.

(parte)

Agamennone ->

 

Scena quinta

Ifigenia, Ulisse, ed Arcade.

 

IFIGENIA

Con quali auspici io giunsi!  

Che m'annunzia quel duol! che mai l'attrista?

(ad Ulisse)

Ah per pietà, tu i dubbi miei rischiara,

sensibile al mio core

più che alla propria pena, e al suo dolore.

ULISSE

Forse ne sei tu stessa

l'innocente cagione.

IFIGENIA

Io?

ULISSE

Sì, men grave

rendere il suo dolor potrai tu sola,

ma d'uopo è di coraggio.

IFIGENIA

Oh numi! il posso?

Come? spiegati. Parla.

ULISSE

Ardua è l'impresa

più che non credi.

IFIGENIA

Il sia, perciò capace

d'arrestarmi non è. Che non farei

per un tal padre? è poco

quanto fin'or fece per me? Bramoso

di mia felicitade egli m'unisce

al maggior de' mortali, al solo oggetto

che seppe meritar gli affetti miei.

Ah s'uopo fosse ancora

del sangue mio per renderlo contento,

colpevole sarei,

se vacillar potessi un sol momento.

ULISSE

Vergine illustre ammiro

sì nobil cor. Far pompa in questo giorno

potrai di tua virtù. Chieggono i numi

dure prove da te.

IFIGENIA

Ma qual?...

ULISSE

Ti basti;

altro dir non poss'io. Troppo parlai,

fra poco forse il lor voler saprai.

IFIGENIA

Quai dubbi in me risvegli. Oh ciel! che arcano

mi si nasconde? È degli accenti tuoi

il tuo silenzio più crudel. Confusa

fra mille affetti ondeggio,

mille mali figuro,

temo gli dèi nemici,

m'affanna ciò che taci, e quel che dici.

 

Turbata ai dubbi accenti    

l'alma così paventa,

ch'ogn'aura mi sgomenta,

e palpitar mi fa.

De' mali incerta ancora

che il mio pensier figura,

la più crudel sventura

pena maggior non dà.

S

Sfondo schermo () ()

 
(parte con Arcade, ed il suo séguito)

Ifigenia, Arcade, donzelle, soldati greci ->

 

Scena sesta

Ulisse solo.

 

 

Il suo destin compiango,  

ma questa oggi dimanda

della Grecia l'onor, vittima grande.

Se il ciel così decide

sopporti in pace il suo destino atride.

Ma Achille il soffrirà? Quando l'apprenda

quel cor feroce... oh non giungesse almeno

per ora in questo lido, e s'egli giunge,

uopo è con lui tacer. Le schiere, e i duci

ne preverrò. Tutto tentar si deve,

or che balena di speranza un raggio,

ma di prudenza è d'uopo, e di coraggio.

(parte)

Ulisse ->

 
 

Scena settima

Accampamento de' greci sulla riva del mare con flotta greca ancorata.
Si veggono appressare diverse navi, dalla più magnifica delle quali, al suono di maestosa sinfonia, scende Achille preceduto dalle sue Guardie, e seguìto da Erifile, e dall'Armata tessala, che conduce i Prigionieri di Lesbo con le insegne, e spoglie della città distrutta.

 Q 

<- guardie, Achille, Erifile, armata tessala, prigionieri di Lesbo

 

ACHILLE

A voi torno, o sponde amate,  

e ritorno vincitor.

Conservate, o fausti dèi,

questi allori alle mie chiome,

son concessi a' voti miei

dalla gloria e dall'amor.

 

 
(a' suoi soldati)

Quelle nemiche spoglie  

si dividan fra voi. Di mie vittorie

più che la gloria io non mi serbo. Il pianto

Erifile tu asciuga. In me l'amico,

se il brami, troverai. Chi mi contrasta

sol prova in campo l'ira mia funesta.

Odio con chi si rende a me non resta.

ERIFILE

Di te lagnarmi non poss'io, ma troppo

giusta è la pena mia. Nel re di Lesbo,

che pugnando morì, de' giorni miei

il sostegno perdei.

ACHILLE

D'un padre estinto

condannar non poss'io...

ERIFILE

Ei non fu padre mio. Bambina ignota,

come non so, m'accolse, e propria figlia

poscia creder mi fe'.

ACHILLE

Che sento! E mai

i tuoi natali non svelò?

ERIFILE

D'un alta

progenie, ch'io discendo, egli mi apprese,

ma tacque il resto. Al sol Calcante è noto

chi la vita mi diè.

ACHILLE

Per tua sventura

in Aulide ei si trova.

ERIFILE

Il seppi, e pago

far posso il mio desío,

s'ei svelar non ricusa il nascer mio.

Invan quei, che di padre

compì meco le veci, acerbi mali

mi presagì, s'io l'apprendea; non temo:

trarre ignota a me stessa,

una vita sì oscura

mi sembra la maggior d'ogni sventura.

ACHILLE

Te conobbe Calcante?

ERIFILE

Egli più lune

in Lesbo dimorò, quivi mi vide,

ma sordo a' prieghi miei, sì gran secreto

niegò svelarmi.

ACHILLE

Or parlerà; la cura

a me ne lascia, io ti vorrei felice.

ERIFILE

Orfana, e prigioniera,

e qual felicità sperar mi lice?

ACHILLE

Mal tu conosci Achille.

Prigioniera io ti fei,

se ciò t'affanna, in libertà tu sei.

ERIFILE

Ah mio prence, t'inganni, i lacci tuoi

non mi son gravi, e sol servirti io bramo.

ACHILLE

(Merta pietà.)

ERIFILE

(Né posso dir che l'amo?)

 

Scena ottava

Ulisse, e detti.

<- Ulisse

 

ULISSE

Deh lascia invitto eroe, che a parte io sia  

de' tuoi trionfi, e al tuo ritorno appaluda.

ACHILLE

Vieni amico al mio sen. Dell'ire nostre

provò Lesbo gli effetti. Al mio coraggio

invano oppose i suoi ripari. A segno

fu sua sorte funesta,

che delle sue grandezze orma non resta.

Ah dal nemico Xanto,

perché il mar ci divide? In quelle sponde

perché non son? Perché la sorte il vieta?

Di Lesbo al par, vedrei la reggia infida

senza soccorso, e nelle fiamme avvolta

fra le ruine sue cader sepolta.

ULISSE

Che sperar non si deve, or che siam teco?

Armi il nemico mille destre, e mille,

più val di cento schiere il solo Achille.

 

Manchi il favor del vento,  

o frema irata l'onda,

su la nemica sponda

porrem sicuri il piè.

Speme, e valor già sento,

ché in mezzo alla tempesta,

non teme, non s'arresta

allorché siam con te.

 

ACHILLE

Ma Agamennone ov'è? Teco vederlo  

io qui sperai. Con tal freddezza accoglie

chi combatte per lui?

ULISSE

La sua tardanza

offenderti non dée. Tu non ignori

di chi regge un impero

quante le cure sian. (Si celi il vero.)

ACHILLE

A lui dunque si vada. Impaziente

d'udir novelle io sono

dell'adorata Ifigenia, di lei

che dolce premio fia de' miei sudori,

che vincer seppe questo cor, ch'è sola

dopo la gloria mia

d'ogni mia brama oggetto.

ERIFILE

(Oh gelosia!)

ULISSE

Altri pensieri il tempo chiede. Indegni

sono sì molli affetti

del prode Achille. Uopo è che pensi, o prence,

a cingere il tuo crin di nuovi allori,

ora d'armi si tratta, e non d'amori.

ACHILLE
(con ironia)

Di te degno è il consiglio, e giusti sono

i rimproveri tuoi. Tu oprasti assai;

ma Ulisse, che facea, quand'io pugnai?

Ei lunge da perigli

dava a' duci nel campo i suoi consigli.

Censor meno severo io ti vorrei

dell'opre altrui. La gloria mia s'accorda

con l'amor mio costante:

son fra l'armi guerriero, or sono amante.

 

Quando mi chiama in campo  

la bellicosa tromba,

di cento spade il lampo

non fa tremarmi il cor.

Ma quando il suon ne tace,

all'amor mio ritorno,

altri col labbro audace

lascio, che pugni allor.

 
(parte con tutto il séguito)

Achille, guardie, armata tessala, prigionieri di Lesbo ->

 

Scena nona

Erifile, ed Ulisse.

 

ULISSE

(Come frenar costui?)  

ERIFILE
(con premura)

Qual fortunata

mortal d'Achille ha soggiogato il core?

È celebre beltà? Quai vezzi vanta?

Come avvincerlo seppe

con laccio sì tenace?

ULISSE

(fissando attentamente Erifile)

E tu chi sei,

che tanta cura hai degli affetti suoi?

ERIFILE

In Lesbo prigioniera

egli mi fe' per mio destin fatale.

ULISSE

Io ti credei d'Ifigenia rivale.

ERIFILE

Amerei chi distrusse

la patria mia? Chi con l'acciaro in pugno

nume esterminator, di polve lordo,

scomposto il crin, tutto di sangue asperso

a me si presentò? Che ardea di sdegno

negl'infiammati rai,

e mi fece tremar quando il mirai?

ULISSE

Così ben me 'l dipingi

ch'io giurerei, che in quell'aspetto istesso

ei t'invaghì. Ma non turbarti, alfine

non è che un dubbio il mio. Non vo' ostinarmi,

ma giovarti io volea.

ERIFILE

Come giovarmi?

ULISSE

È vano il palesarti il mio pensiero

quando non l'ami.

ERIFILE

(Ah se dicesse il vero!)

Odi: benché io non l'ami,

se ne ottenessi il core

la mia sorte saria sempre migliore.

ULISSE

Già ti spiegasti assai. Ti fida, e spera,

ch'io le tue brame secondar m'impegno.

(Gioverà questo amore al mio disegno.)

(parte)

Ulisse ->

 

Scena decima

Erifile sola.

 

 

Che disse! qual baleno  

d'incerta speme ai giorni miei risplende?

Cagion della mia sorte oggi saria

un'imprudenza mia? Nell'alma impressi

i detti son d'un labbro lusinghiero;

esser potrei felice... Ah non lo spero.

 

Se non ho pace in seno,  

oh dio! potessi almeno,

potessi lusingarmi

di ritrovar pietà!

Sì duro è il fato mio,

che sol sperar poss'io

nell'ingannar me stessa

qualche felicità.

(parte)

Erifile ->

 
 

Scena undicesima

Gran padiglione d'Agamennone.
Agamennone solo.

 Q 

Agamennone

 

 

Qual consiglio crudel! Si vuol ch'io stesso  

inganni Ifigenia? che sposa io finga

condurla all'ara, ov'ella incontri (io fremo)

invece d'un consorte, il fato estremo;

ma il sangue suo voglion gli dèi. Mal cauto

d'ubbidirli io giurai: mormora il campo,

e chiede... Eh ch'io no 'l posso. E se bramasse

or che la sua venuta apprese Achille

di compir gl'imenei? Conosco il suo

carattere violento, allora... Ah questo

fiero colpo s'eviti.

(ad una guardia, che ricevuto l'ordine parte)

<- guardia

 

Olà, qui venga

Ifigenia.

 

guardia ->

 

Tempo prendiamo. Intanto

risolverò, ciò che far degg'io. O numi

s'era vostro desío, ch'io v'immolassi

delle mie cure il più gradito oggetto,

un cor di padre a che lasciarmi in petto?

 

Scena dodicesima

Ifigenia, e detto.

<- Ifigenia

 

IFIGENIA

Signor...  

AGAMENNONE

T'appressa, o figlia,

oggi una prova io chiedo

dell'ubbidienza tua. Vedrò da questa

se caro ti son io.

IFIGENIA

Se mi sei caro?

Chiederlo, o padre, puoi? Come sì poco

leggi nell'alma mia? Questo sospetto

per qual mio fallo meritai?

AGAMENNONE

Si tratta

d'assicurar la pace mia. Tu il puoi,

ma è terribil l'impresa.

IFIGENIA

È ognor leggera

quando a te giovar può: prescrivi, imponi

amato genitor, che far degg'io?

AGAMENNONE

Achille lasciar déi.

IFIGENIA

Lasciarlo! oh dio.

Come!... il mio sposo!...

AGAMENNONE

Il nodo

è sospeso per or. Grave cagione

a ciò m'astringe. E s'evitarlo a sorte

tu non potessi, seco

freddezza ostenta.

IFIGENIA

(Io moro.)

Ma svela almen...

AGAMENNONE

Più non cercar. Mi fido

d'Ifigenia; né il prence

sappia quanto t'imposi. Addio.

(prendendola affettuosamente per la mano)

Crudele

deh non chiamarmi, se gli affetti istessi

che un dì permisi, or d'immolar dimando.

È solo per tuo ben, ch'io te 'l comando.

(parte)

Agamennone ->

 

Scena tredicesima

Ifigenia sola, indi Achille.

 

IFIGENIA

Che intesi! Oh numi eterni  

qual colpo è questo! Ecco d'Ulisse i detti

svelati alfin. Chi di me vide al mondo

altra più sventurata? Un sogno dunque

furo i contenti miei? Diletto Achille

anima del mio cor, nel punto istesso

ch'io d'esser tua mi lusingai, ti perdo,

e forse, oh dio! per sempre. E qual cagione

indotto avrà... Ma esaminar ardisco

d'un padre i cenni? È duro il passo, è vero,

ma figlia son. Perder la vita ancora

s'io deggio, s'ubbidisca, e poi si mora.

 

<- Achille

ACHILLE
(con trasporto)

Ifigenia, mio bene, idolo mio!  

IFIGENIA

(Chi veggo! oh me infelice!

fuggir non so, né rimaner poss'io.)

ACHILLE

Tu in Aulide? Tu meco? Io quasi fede

niego, o cara, a me stesso. Oh generoso

Agamennone! oh giorno! Ah di sue cure

qual mercé non gli debbo? Il mio coraggio

egli rese maggiore. Ilio paventi.

Quel mar che ci divide,

freme, e s'oppone invano al nostro voto.

Io de' venti a dispetto,

se uopo fia saprò passarlo a nuoto.

IFIGENIA

Signor, grata ti sono...

vorrei... (Che posso dir?)

ACHILLE

Signor mi chiami?

Qual nuovo stil? Dal labbro tuo vezzoso

altro nome non vo', che quel di sposo.

IFIGENIA

(Che stato è il mio!)

ACHILLE

Ma donde avvien, che i stessi

trasporti, che in me sento, in te non trovo?

Le luci chini al suolo, e parmi... oh stelle!

Qual t'inonda le gote

pianto improvviso?

IFIGENIA

Un'infelice io sono,

non spero più, che il mio destin si cangi.

Nacqui alle pene.

ACHILLE

Achille t'ama, e piangi?

Ma spiegati, favella,

che t'avvenne? che fu, bella mia face?

IFIGENIA
(con impazienza)

Io mi sento morir! Lasciami in pace.

ACHILLE
(con estrema sorpresa)

Giusto ciel!

IFIGENIA

(Non mi lice

né parlar, né tacer.)

ACHILLE

Che creder degg'io

d'Ifigenia? Quando sperai vicina

la mia felicità, quando attendea

la mercede bramata

d'un lungo omaggio, degli affetti miei,

che turbo la sua pace odo da lei.

IFIGENIA
(col maggior dolore)

Perché pene m'aggiungi

co' rimproveri tuoi? Va'; senza questi

già misera son io.

ACHILLE

Son fuor di me. M'ami tu ancora?

IFIGENIA

Oh dio!

ACHILLE

Non rispondi crudele? Ah tu obliasti

un fido amore, e meco sei cangiata.

IFIGENIA

Non chiamarmi crudel, ma sventurata.

ACHILLE

Almen del tuo tormento

di' la cagion qual è?

IFIGENIA

Oh dio morir mi sento,

né posso dir perché.

ACHILLE

Ma non son io...

IFIGENIA

Tu sei

l'anima del mio cor.

ACHILLE

Dunque perché sì mesta?

IFIGENIA

Sappi...

ACHILLE

Deh segui.

IFIGENIA

Oh dèi!

 

ACHILLE E IFIGENIA

Che nuova specie è questa  

d'affanno, e di dolor!

Quante sventure aduna

il fato a' danni miei,

nemica ho la fortuna

e chiamo invano amor.

 

Fine (Atto primo)

Atto primo Atto secondo Atto terzo

Recinto di palme, e cipressi, con tempio in mezzo consacrato a Diana, le cui porte sono chiuse.

Agamennone, Ulisse, principi greci, duci, uffiziali, soldati
 

Non temete, o compagni; alle bell'opre

(s'aprono le porte del tempio, scoprendosene l'interno spazioso recinto; in mezzo di questo, vedesi il simulacro della deità colle vittime svenate innanzi al medesimo, che stanno in atto consumandosi)

Agamennone, Ulisse, principi greci, duci, uffiziali, soldati
<- Calcante, sacerdoti

Il tempio s'apre: vien Calcante. Ei noto

Del voler degli dèi

Agamennone, Ulisse, Calcante
Che ascoltai! qual fredda mano
Agamennone, Ulisse
principi greci, duci, uffiziali, soldati, Calcante, sacerdoti ->

Oh troppo ingiusti numi

Agamennone, Ulisse
<- Arcade

Mio re, liete novelle. A queste sponde

Agamennone, Ulisse, Arcade
<- Ifigenia, donzelle, soldati greci

Padre, signor, quell'adorata mano

Ulisse, Arcade, Ifigenia, donzelle, soldati greci
Agamennone ->

Con quali auspici io giunsi!

Ulisse
Ifigenia, Arcade, donzelle, soldati greci ->

Il suo destin compiango

Ulisse ->

Accampamento de' greci sulla riva del mare con flotta greca ancorata.

(si veggono appressare diverse navi, al suono di maestosa sinfonia)

<- guardie, Achille, Erifile, armata tessala, prigionieri di Lesbo

Quelle nemiche spoglie

guardie, Achille, Erifile, armata tessala, prigionieri di Lesbo
<- Ulisse

Deh lascia invitto eroe, che a parte io sia

Ma Agamennone ov'è? Teco vederlo

Erifile, Ulisse
Achille, guardie, armata tessala, prigionieri di Lesbo ->

Come frenar costui? / Qual fortunata

Erifile
Ulisse ->

Che disse! qual baleno

Erifile ->

Gran padiglione d'Agamennone

Agamennone
 

Qual consiglio crudel! Si vuol ch'io stesso

Agamennone
<- guardia

Agamennone
guardia ->

Agamennone
<- Ifigenia

Signor... / T'appressa, o figlia

Ifigenia
Agamennone ->

Che intesi! Oh numi eterni

Ifigenia
<- Achille

Ifigenia, mio bene, idolo mio!

Achille e Ifigenia
Che nuova specie è questa
 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima Scena tredicesima
Recinto di palme, e cipressi, con tempio in mezzo consacrato a Diana, le cui porte sono chiuse. Accampamento de' greci sulla riva del mare con flotta greca ancorata. Gran padiglione d'Agamennone Padiglione d'Agamennone in diverso aspetto Luogo ristretto in mezzo ad orride rupi, che lascia vedere un angusto seno di mare, con piccola barca legata... Padiglione d'Agamennone aperto, che lascia vedere parte dell'accampamento greco. Tenda greca Oscuro fondo di antica, e rovinata torre, dove è custodita Ifigenia Gran piazza nel centro del campo greco. Statua di Diana nel mezzo con ara accesa innanzi alla medesima.
Atto secondo Atto terzo

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