Atto terzo

 

Scena prima

Logge e prigioni.
Girello.

 Q 

Girello

 

Venga pure il re del Congo  

col monarca del Perù

lor eguale io mi suppongo

né mi curo andar più su.

Sol mi dà tormento, e pena

degli scalchi la canaglia

quando sono a mezza cena

questi levan la tovaglia,

io, che mangio poco in fretta

se non fosse il decoro che m'arresta

gli tirerei un piatto nella testa

quel Galeno da compagna

le vivande ognor mi guasta

con cannella, e vin di Spagna

né s'avvede, che non basta

per cavar da me famiglia

tutta la cioccolata di Castiglia.

 
 

Scena seconda

Alla ferrata.
Girello, Doralba, Mustafà.

 Q 

Girello, Doralba, Mustafà

 

DORALBA E MUSTAFÀ

Pietà signor, pietà.  

GIRELLO

Ma che voci languenti

van disturbando ogn'ora i miei contenti.

DORALBA E MUSTAFÀ

Pietà signor, pietà.

GIRELLO

Un povero sarà

che domanda elemosina

non ho denari addosso mi dispiace.

La darò un'altra volta andate in pace.

DORALBA E MUSTAFÀ

Pietà signor, pietà.

GIRELLO

Se facendo il birbante

pretendi empir la panza

cerca minor pietà, maggior pietanza.

Chi domanda pietà?

DORALBA E MUSTAFÀ

Doralba, e Mustafà.

 

GIRELLO

In gabbia di bel nuovo? O caso strano  

che si chiami il guardiano.

O bestia scatenata.

 

Scena terza

Tartaglia, Girello, Doralba, Mustafà.

<- Tartaglia, soldati

 

TARTAGLIA

Eccomi qua signor, (qualche bravata).  

GIRELLO

Un corno che ti sfasci

ti dissi pur che Mustafà si lasci.

TARTAGLIA

Ma poi di bocca tua

uscì ch'a questo, e la compagna sua

Ormondo con Filone

cedino il luogo lor nella prigione.

GIRELLO

Io tal ordin ti diedi?

TARTAGLIA

A ciò dubbio non v'ha.

GIRELLO

Tu te ne menti

viso di cetriol mondo coi denti

presto cavali fuora.

TARTAGLIA

Che pazienza ci vuole.

GIRELLO

Giuro da gentiluomo

ch'io mi vuo' far castrar, se non ti domo

mancava questa ancora.

MUSTAFÀ

(fuori)

Non so ciò, che far deggio

s'io parlo è male, e se non parlo è peggio.

Come può Mustafà

della tua volontà scoprir il vero?

S'or m'odi, or m'accarezzi?

GIRELLO

È un po' difficiletto

ma quando ci sarete un poco avvezzi

al certo vi farà diverso effetto.

DORALBA

Il mio se fallo fu

fallo fu sol di giovanile etade

dunque giudica tu,

s'io merto castigo, oppur pietade.

GIRELLO

Meretrice sei tu d'un gran tormento.

Per i tuoi pazzi scrupoli

castigar ti vogl'io, se non mi pento.

DORALBA

Purché termini un dì l'iniqua sorte

non pavento la morte,

e un tuo benigno impero

può bene, o mio signore

tormi i lacci dal piè, ma non dal core.

GIRELLO

Toccatevi la mano

più non far la ritrosa

oggi tu sei di Mustafà la sposa

da lui riceverai

quella pena, ch'or or ti destinai.

DORALBA

Mentre, che Mustafà

sol castigar mi deve

il mio castigo non sarà che lieve.

GIRELLO

Tu eseguisci mie voglie

sappila custodir perché è tua moglie.

MUSTAFÀ

Di negare io non penso

a sì nobil impreso il mio consenso.

 

GIRELLO

Al partir, al partir.  

DORALBA E MUSTAFÀ

A gioir, a gioir.

DORALBA

E bocca con bocca

combatta su su.

GIRELLO

E zara a chi tocca

ma perderai tu.

DORALBA E MUSTAFÀ

Coraggio mio core.

DORALBA, MUSTAFÀ E GIRELLO

Dell'armi d'amore

già vedesti il lampo

a battaglia, a battaglia, al campo, al campo.

 

GIRELLO

Correte pur volate  

e le parole real moltiplicate.

TARTAGLIA

O bel castigo, o penitenza rara!

Gode la principessa

ch'a così bella festa si prepara.

 

Doralba, Mustafà ->

 

Scena quarta

Filone, Ormondo, Girello, Tartaglia.

<- Filone, Ormondo

 

GIRELLO

Che nova, o miei padroni?  

FILONE

Tempo mi pare o rex

per adempir la lex

di castigar quel Mustafà quell'empio

per dare agl'altri malfattori esempio.

ORMONDO

Un re può ciò che vuole

e a lui solo è permesso.

GIRELLO

Farvi tutti frustar senza processo

olà con qual licenza

le bestie di tal razza

camminan senza ferri per la piazza.

FILONE

Sol con la tua parola.

GIRELLO

Ne menti per la gola,

Tartaglia intendi bene

pria che venghi la fera

fa' ch'in una galera

sian posti tra catene.

(parte)

Girello ->

 

FILONE

Giuro per la grammatica  

con un par mio scorno cotal si pratica?

ORMONDO

È re ei può annullar ridurci in polve,

ma senza causa alcuna

chi del cielo ha timor ciò non risolve.

Consoliamci, o Filone?

FILONE

Non posso più durare

strapazzat'è il mio onor, e la mia tonica.

E mi conviene stare

tamquam bestia post malinconica.

ORMONDO

Speriam, che forse un dì

non passerà così.

FILONE

Io che fui destinato al declarandum

i testi di Catone

ora citatus sum ad remigandum.

Aristotile Petrarca

soccorrete la virtù.

Condannato è in una barca

chi l'onor del mondo fu

empio re crudo monarca

mal gradita servitù

Aristotile Petrarca

soccorrete la virtù.

Non possiamo accordarci. Io me n'avveggio

tu far da napalizi, io pedanteggio.

TARTAGLIA

Non più musica, no

all'andar in prigion, ch'or, or verrò.

ORMONDO

Tutto soffrir ne lice

sol conforta la speme un infelice.

FILONE

Misero me tanto rigor non càpio.

TARTAGLIA

Tu passi di scienza un Esculapio,

ma credo che potrai

sciocco animal quando sarai pelato

che mi pare un peccato

barbon più bello non si vide mai

di quel che pose il ciel a te.

 

Filone, Ormondo, soldati ->

 

Scena quinta

Girello, Tartaglia.

<- Girello

 

GIRELLO

Povero pappagallo  

non hai lo scilinguagnolo reciso

ch'il canchero ti venga.

TARTAGLIA

A te nel viso.

GIRELLO

Così meco favelli?

TARTAGLIA

Non parlavo con te

ma con quei poverelli

ch'al remo condannasti.

GIRELLO

Ancor non li mandasti?

TARTAGLIA

Io non ho tanta fretta

perché conosco il tuo cervel sì vario

ch'ognor da me s'aspetta

qualche ordin in contrario.

GIRELLO

Se tu senti più dirmi

Doralba, e Mustafà poni in ritegno

piglia un pezzo di legno

e dammi pur con tutta la tua lena

cinquanta bastonate in sulla schiena.

 

Girello ->

TARTAGLIA

Se c'incappi  

non mi scappi

te la ficco

col ripicco

vada il mondo, come vuole

chi obbedisce il padron, fallir non suole.

S'io non so quel che tu fai,

di dolerti avrai ragione

s'io lo so tu ti dorrai

non di me, ma del bastone.

Vada il mondo, come vuole

chi obbedisce il padron, fallir non suole.

Sfondo schermo () ()

 
 

Scena sesta

Giardino.
Doralba, Mustafà.

 Q 

Doralba, Mustafà

 

DORALBA E MUSTAFÀ

Alla fuga, alla fuga.  

DORALBA

Scorron dagl'occhi miei

di lagrime i torrenti.

MUSTAFÀ

Se c'assiston i dèi di che paventi?

Bella delle tue luci il pianto asciuga.

DORALBA E MUSTAFÀ

Alla fuga, alla fuga.

 

Doralba, Mustafà ->

 

Scena settima

Odoardo.

<- Odoardo

 

 

Perfidi traditori  

nei regi gabinetti

sfogar gl'impuri amori!

Quelli a cui poco dianzi

imposta fu da me carcere augusta

or con licenza ingiusta

hanno libero il varco a tutto il mondo.

Qual furia d'Acheronte

nell'Erebo profondo,

ordì l'iniqua frode?

Della corte il custode

quivi il venir non tardi.

 

Scena ottava

Tartaglia, Odoardo.

<- Tartaglia, soldati

 

TARTAGLIA

Che, che mi comandi? O re che cosa guardi?  

ODOARDO

Segui Doralba, e Mustafà ritieni.

TARTAGLIA

Già già mi sento pizzicar le mani.

ODOARDO

Corri pria che lontani

s'involin dalla corte.

Ti sian le guardie mie soccorso e scorta.

TARTAGLIA

Per farli prigionieri

ch'a un rege offeso il vendicarsi importa.

Per fargli prigionieri

ah, ah non te l'ho detto.

ODOARDO

Non tardar eseguisci i miei voleri.

TARTAGLIA

Adesso fresca fresca io te l'appetto.

(batte il re)

ODOARDO

Qual insano ardimento

di battere il tuo re.

TARTAGLIA

La colpa non fu mia, s'ei così vuole.

Chi obbedisce il padron fallir non suole.

ODOARDO

Empio fellon di sì malnato ardire

fora lieve castigo il tuo morire

ma s'il cielo, e l'Averno

s'unisce contro me

Odoardo, che fai non sei più re.

 
(Tartaglia resta imprigionato)
 

TARTAGLIA

Così va, così va.  

Trovai di me più scaltri,

chi carcerava gl'altri

or carcerato sta.

Così va, così va.

 

ODOARDO

Si liberi Tartaglia  

finché io non veda il fine

d'enigmi sì confusi

del già commesso errore,

come folle si scusi.

 
(partono)

Tartaglia, soldati ->

 

Cielo, fato, numi, e stelle  

che rubelle

a miei danni il varco aprite

deh finite

d'agitar un cor languente

date tregua al penar d'un innocente.

Se del mar delle mie pene

mi conviene

correr naufrago sull'onde

senza sponde

trovi porto il cor languente

e finisca il penar d'un innocente.

 
 

Scena nona

Stanze reali.
Pasquella, Girello.

 Q 

Pasquella, Girello

 

PASQUELLA

O mio signor garbato  

e quando mai ritornerà Girello

compatisci una sposa

cui vivanda non tocca

alla mensa amorosa

e sempre sta con l'appetito in bocca.

GIRELLO

Tu sai, ch'io ti promessi

di farlo ritornare.

PASQUELLA

Toccate, e fate pure, o s'io potessi

farlo un po' innamorare

allora sì che mi faria servizio.

GIRELLO

Costei, ch'il re mi crede

s'accorda a far bordello, e mi dà indizio

di rompermi la fede

(ci voglio un po' provar) se tu pretendi

d'aver quel che tu vuoi

in poco tempo conseguir lo puoi.

PASQUELLA

Ce l'acchiappo sicuro, e che potrei

oprar per darti gusto?

GIRELLO

Solo da me si brama,

che ti contenti riamar, chi t'ama.

PASQUELLA

Tal bellezza non ho

che l'amor tuo richieda

ma però se ti piaccio

legata son dall'amoroso laccio.

Non è poi tanto brutto

se ne trovan di peggio dappertutto.

GIRELLO

M'ami tu dunque con amor sincero?

PASQUELLA

Il ciel sa ch'io non mento, e dico il vero.

GIRELLO

Se m'ami come dici or lo vedrò.

Vorrei ch'in questa notte

venissi un poco a riposar con me.

PASQUELLA

Questo sarebbe troppo.

E a te non ti par nulla

ricordati, che quasi io son fanciulla

ma vo' pensarci un po'

e se vedrò tornare il mio marito

allor forse di sì risponderò.

GIRELLO

Tu ci fai troppe smorfie

non più, non più di grazia

va' via, va' via ch'io ti farò la grazia.

 

PASQUELLA

L'amore s'accresce.  

GIRELLO

Ma non ti riesce.

PASQUELLA

La fiamma s'accende.

GIRELLO

La rabbia mi prende

PASQUELLA E GIRELLO

Che morte mi dà.

PASQUELLA

Un re che m'adora.

GIRELLO

In tanta malora...

PASQUELLA

Amar se bisogna...

GIRELLO

Tu sei una carogna...

PASQUELLA E GIRELLO

Ciascun lo sa.

PASQUELLA

O cara vitona...

GIRELLO

O razza poltrona...

PASQUELLA

S'il cor non ti dono...

GIRELLO

S'io non ti bastono...

PASQUELLA E GIRELLO

Gran cosa sarà.

 

PASQUELLA

Verrò dunque 'sta notte.  

GIRELLO

No, no, la pudicizia ti ritenga

te la farò, senza che tu ci venga.

 

Pasquella, Girello ->

 
 

Scena decima

Giardino.
Erminda.

 Q 

Erminda

 

Per cacciar dall'alma mia  

gelosia,

sospettoso il piè qui movo

vo' cercando il mio ben, ma non lo trovo.

Se mi fugge il cor dal seno

fugga almeno

seco il duol, che lungi io provo,

vo' cercando il mio ben, ma non lo trovo.

 

Scena undicesima

Girello, Erminda.

<- Girello

 

ERMINDA

Parmi se non m'inganno  

veder il fin d'ogni amoroso affanno

pur ti veggio mio sole

ma che muta risposta.

GIRELLO

Addio mia cara moglie

del giardin d'amor pomo maturo

dei disordini miei scopo futuro.

Cara moglie sedete.

ERMINDA

Lassa non son, ma d'eseguir io bramo

ogni comando tuo.

GIRELLO

Se la regina sete

ben potete sedere avanti il re.

Per l'altra gente poi vario è l'editto,

perché dinanzi a me,

eccetto il mio fratello ognun sta ritto.

Non ti tirar indietro

o degna man da maneggiar un scettro.

ERMINDA

Di quel crudo, ch'il cor mi rapì

innocente bersaglio mi fo'

per difesa di chi mi ferì

altro scudo che fede non ho.

GIRELLO

Una bella ch'in colpa non è

amoroso trastullo si fa

e di corna create da me

al suo rege corona sarà.

Sento una tentazione del demonio

quando consumeremo il matrimonio?

ERMINDA

Curiosa domanda

o d'amorosa scuola

mal esperto maestro.

GIRELLO

Io mal esperto? Anzi erudito, e destra,

e nella scuola mia

per riverenza, e per dovuto onore,

di sì nobil scolara al primo arrivo

si rizzò da sedere il genitivo.

ERMINDA

Doralba, e Mustafà

mercé del tuo rigore

van per le selve errando,

da' tregua al tuo furore

mentre per tutti e due pietà domando.

GIRELLO

Mustafà, e mia sorella? Ohimè che dici?

Tartaglia, e dove sei?

 

Scena dodicesima

Tartaglia, Girello, Erminda.

<- Tartaglia

 

GIRELLO

Dove n'andò lo schiavo, e mia sorella?  

TARTAGLIA

Da me lo vuoi saper? E che ne so.

GIRELLO

Non son dunque là dentro?

TARTAGLIA

Signor no.

GIRELLO

Moglie voi me burlate.

ERMINDA

Voi piacer vi prendete

mentre in oblio ponete

ciò che dianzi ordinasti.

GIRELLO

Io tal ordin ti diedi?

TARTAGLIA

Chi dubita di questo?

Ma messe l'ali a' piedi

fecero chi di lor fuggia più presto.

GIRELLO

Conforme già ti dissi

bastonar mi dovevi allora quando

udisti un tal comando.

TARTAGLIA

Ebben te lo sonai

con ogni confidanza.

GIRELLO

Tu bastonato m'hai?

Dunque non sarà stato in mia presenza,

non mi sento dolere.

Me la sonasti forte?

TARTAGLIA

Con tutto il mio potere.

GIRELLO

Che ne dite, o consorte

son io tanto balordo

costui m'ha bastonato, e me ne scordo.

ERMINDA

Resto per me stupita

né intende il pensier mio

ch'abbia fatto un vil servo opra sì ardita.

GIRELLO

Questo non è niente

gliel'ho comandat'io,

facesti saggiamente.

ERMINDA

Se fu con ordin vostro

a che dunque dolersi?

GIRELLO

Di questo non mi dolgo, e sol m'arrabbio

della poca memoria.

TARTAGLIA

S'il caso mai non si dà

che tu gridi più meco

questa man ti darà

bastonate da cieco.

GIRELLO

Con tua licenza o bella

per un picciol affare

poco lungi me n' vado

poscia da te verrò

quando notte sarà

e faremo figlioli in quantità.

 
(partono)

Tartaglia, Girello ->

 

ERMINDA

Di speme il cor si pasce

per me notte non fia

s'al tramontar d'un sol, l'altro rinasce.

 

Che lungi dal mio re  

provo secoli i momenti

coi tuoi rigidi tormenti

gelosia, che vuoi da me?

Ove regna ardente nume

tenta invano ombra di gelo

d'oscurar con fosco velo

il bel lume di mia fé

gelosia, che vuoi da me?

 
 

Scena tredicesima

Stanze reali.
Girello, Tartaglia, Filone, Ormondo da galeotti.

 Q 

Girello, Tartaglia, Filone, Ormondo, soldati

 

FILONE

O misero heu me.  

GIRELLO

Sior Filone, che ci è?

ORMONDO

O furie, e dove sete?

GIRELLO

Sior Ormondo, che avete?

FILONE

E soffre un tal facinore

il ciel, che tutto regge?

A che è ridotto un correttor di legge?

ORMONDO

Che strapazzi son questi?

GIRELLO

Ringraziar mi dovresti

non avere più barba

v'ho fatto ritornar due giovanotti

anzi due figurine del Gallotti.

FILONE

Non tibi gratias ago

hoc genere favorum te n'incago.

GIRELLO

Che per un anno sol siamo implorati

per di dietro in un'asta

poi si lascian andar, che questo basta.

FILONE

Ahimè di male in peius

cacciar pali di dietro,

che decreti da somari

e dove a dar simil sentenze impari?

 

Ormondo, Filone, soldati ->

GIRELLO

Tartaglia mi sentisti.

TARTAGLIA

Vicino alla muraglia

farò, che sopra un palo il forestiero

li vada a rimirar per anticaglia.

(parte)

Tartaglia ->

 

GIRELLO

Ma parmi di vedere il re davvero

aiuto patriarca

se non sopra di me tutto si scarca.

 

Scena quattordicesima

Girello, Odoardo.

<- Odoardo

 
(Girello gli pone la radica in saccoccia)

ODOARDO

Scagli pur dall'alto polo  

Giove i fulmini quaggiù

sciolga pur dall'erta il volo

quanto è mai di reo lassù.

S'a' miei danni il ciel congiura

coll'abisso armato in campo

sia la morte il solo scampo

d'ogni orribil sventura.

(vede Girello)

O sorte iniqua, e fiera,

e qual nuova chimera

agl'occhi miei si mostra?

 

 

Misero ohimè che veggio.  

Dormo, sogno, son desto, oppur vaneggio.

Un gelido timor le membra assale,

l'ardir non m'è permesso

né l'esser re mi vale

se nel mirar costui miro me stesso.

O ciel che far?

(tenta voler dare a Girello)

Un continuo morir è il viver mio

se sei d'Averno il re, son rege anch'io.

 

Scena quindicesima

Girello, Tartaglia, Odoardo.

<- Tartaglia, soldati

 

GIRELLO

Olà soldati guardie  

non vedete costui, che cosa fa?

Che furie son le tue

che s'impali costui con gl'altri due.

TARTAGLIA

O povero Girello

fa' riverenza al re cava il cappello.

 
(partono)
 

ODOARDO

Dammi dammi la morte.  

A chi visse regnante

è troppo rio tormento

viver in servitù

non mi lusingar più

con speranza di vento empia fortuna

non è sotto la luna

stabilità di bene

siede in trono di pene

il riso al lacrimar sempre consorte

dammi, dammi la morte.

Dimmi cielo perché

senza cagion permetti

cinto di ferro e prigioniero un re.

Questi sono i diletti

a cui nel mio ritorno

la face d'Imeneo m'apre le porte

dammi, dammi la morte.

Ma se il cielo adirato

con sembianze funeste

cangia le regie teste

con tanta crudeltà, vicende, e tempre,

vi rinunzio per sempre

scettro, manto, corona, impero, e corte

dammi, dammi la morte.

 

Odoardo, soldati, Tartaglia ->

 
 

Scena sedicesima

Logge e prigioni.
Pasquella, Erminda.

 Q 

Pasquella, Erminda

 

PASQUELLA

Signora hai tu sentito  

l'insolente trattar di tuo marito?

ERMINDA

Ciò non fia verità.

PASQUELLA

Ciò non fia verità? Sarà pur troppa

e già si troverà

un bel palo infilato sulla groppa.

ERMINDA

L'ora non è venuta

cangerà tal pensiero

tu vedi pur, ch'ogni momento ei muta.

 

Scena diciassettesima

Pasquella, Erminda, Odoardo in prigione.

<- Odoardo

 

PASQUELLA

Eccolo alla prigione.  

 

Deh signore compassione  

è di corte il giardiniere

et omai vien la stagione

che s'innaffin le spalliere

e nel mio vil orticello

si semin le fave di Girello.

 

ERMINDA

Vedi, ch'ei vive ancora  

e come al re ne parlo

farà nella prigion breve dimora.

ODOARDO

O mio diletto bene,

e come poi soffrire

di veder il tuo sposo in tante pene?

PASQUELLA

Io mi sento morir tutta mi squaglio

maggior del tuo dolor è il mio travaglio.

ODOARDO

Perfida, e non rispondi?

PASQUELLA

Io ti rispondo, e parlo

ma il timor di morire

e il gran disgusto non ti fan sentire.

ODOARDO

Soccorri un infelice

accostati, o mio sol, che dunque attendi?

PASQUELLA

Eccomi bene mio.

(s'accosta a Odoardo)

ODOARDO

(le dà uno schiaffo)

Viver apprendi.

PASQUELLA

Che mo' di fare è questo?

Contro di me s'adira

lo compatisco il pover uom delira.

ODOARDO

Erminda, o cara Erminda.

PASQUELLA

Il parlar di costui mi fa gelosa.

ODOARDO

Erminda amata sposa.

PASQUELLA

Che ti si secchi il pino con le foglie

il briccon ha pigliato un'altra moglie

mi par che parli teco.

ERMINDA

Non so quel che si dica.

PASQUELLA

Se tu dormi più meco

vo' tener tra lenzuoli dell'ortica.

ODOARDO

Erminda, o cara Erminda

crudele, e non mi senti?

Tu congiurata ancor col dio d'Averno

forse contro di me furia diventi?

PASQUELLA

O che furfante ancor ei ci ritorna

s'ei fosse fora ei mi faria le corna.

Ovvia non rispondete?

ERMINDA

Il pover'uom s'adopra.

Per uscir della rete

spera Girello, spera

ch'io dal re m'incammino

per cangiar se si puote il tuo destino.

ODOARDO

Lo schiavo mi schernisce

un vil servo mi batte

mi sprezza la consorte

son preludi di morte

e come spesso accade

il reo s'innalza, e l'innocente cade.

(parte)

Odoardo ->

 

PASQUELLA

M'è venuto un appetito  

di marito

ch'è per darmi ch'ha un cruccio eterno

finché il diavol mi tenta

io non senta

rientrar nella porta dell'inferno

già sent'io dentro di me

non so che

per le tue bellezze ladre.

Non ho figli, e patisco il mal di madre.

 
 

Scena diciottesima

Bosco, campagna aperta con la vista della città, e il patibolo.
Mustafà.

 Q 

Mustafà

 

 

Lungi dall'alma mia, come non moro  

misero mi conviene

di fuggire il mio bene, e pur l'adoro

lungi dall'idol mio, dove m'aggiro

son di martirio oggetto

fugge l'alma dal petto, e pur respiro.

Qual funebre apparato

d'acerbissime pene ivi si vede

ma con veloce piede

gente ver me s'invia

qui con Doralba mia

poco lungi mi celo

a rimirar gl'effetti

d'un rio destino, e d'un irato cielo.

 

Mustafà ->

 

Scena diciannovesima

Mago.

<- Mago

 

 

È giunta l'ora omai  

di tor dagl'occhi umani

un così fosco velo

e far che questa nube si disperga.

Sol per voler del cielo

e per virtù dell'incantata verga.

 

Scena ventesima

Mustafà, Doralba, Mago.

<- Mustafà, Doralba

 

MUSTAFÀ

Taciti spettatori  

qui mitigar porremo i pianti tui

e le miserie mie col pianto altrui.

DORALBA

Se tacerà la lingua

a palesar la forza

delle mie pene amare

sian le lacrime mie note più chiare.

 

Scena ventunesima

Odoardo, Filone, Ormondo, Tartaglia, Mago, Mustafà, e Doralba in disparte.

<- Odoardo, Filone, Ormondo, Tartaglia

 

ODOARDO, ORMONDO E FILONE

Tormenti, catene  

ch'a torto venite

fermate finite

troncate le pene.

 

TARTAGLIA

Presto fate la conta  

chi deve esser primo

a salir alla monta.

A te mi par, che tocchi, abbi pazienza.

Già che più vecchio sei la precedenza.

MAGO

E qual cagion funesta

gl'innocenti condanna? Il colpo arresta.

TARTAGLIA

Gran curiosità

no 'l domandar a me

farò metter un palo anco a te

se mi salta la foia

giudice non son io, ma son il boia.

 
(il Mago fa diventar Tartaglia una statua)
 

ODOARDO, ORMONDO E FILONE

Deh lascia finire

le pene sì sì

è meglio morire

che viver così.

 

Scena ventiduesima

Tutti.

<- Girello, Pasquella, Erminda

 

GIRELLO

Che dunque si pretende  

e perché tanto ad eseguir s'attende?

MAGO

Io quello son, che t'impedisco il tutto.

PASQUELLA

Guarda che omaccio brutto

bisogna, ch'egli sia

uno di quei Turcazzi

che conobbe in Turchia.

GIRELLO

Patriarca mio caro

che favori son questi?

Voglio, che meco a desinar tu resti.

MAGO

Parca sia la tua mensa

e già pur re non sei

mentre contro ogni legge

condanni i giusti, e ricompensi i rei.

GIRELLO

Vuoi, che lasciar li faccia?

Ora ti servirò

cosa non voglio far, che ti dispiaccia.

Disciolti sian la libertà gli do.

MAGO

Girello, olà Girello.

GIRELLO

Rispondi a chi ti chiama.

ODOARDO

Tale non è il mio nome, e chi mi brama

saprà ben dir chi sono.

MAGO

Girello a te si dice.

GIRELLO

Non mi chiamo Girello

avete preso errore, io non son quello.

MAGO

Non più, non più si tenga

celato un tal secreto.

GIRELLO

Soldati olà quest'animal pigliate

se non sta fermo, e cheto

dategli cinquecento bastonate.

MAGO

Contro di me credesti

usar potenza umana?

Or guardati chi sei, e come resti.

 
(il Mago fa veder Girello allo specchio)
 

GIRELLO

Ho già visto, chi sono

mi non più lo farò perdon, perdono.

MUSTAFÀ

O ciel mentre concorri

con magiche chimere ai falli altrui.

DORALBA E MUSTAFÀ

Due miseri innocenti almen soccorri.

PASQUELLA

Ecco un altro marito

or sì che d'allegrezza il cor mi scoppia

non avevo nessun, or si raddoppia.

Caro barbone ascolta

dimmi qual è quel buono

che resister non posso a due per volta.

GIRELLO

Io sono a ben ridurla

tuo marito da vero, e re da burla.

 

ERMINDA

E 'l mio ben dove sarà  

chi l'ha me lo dia

me 'l dica chi 'l sa.

MAGO

Ogni cosa è vanità

picciol arte di magia

fa un villan parer che sia

tutto pien di maestà.

ERMINDA

E 'l mio ben dove sarà?

Chi l'ha me lo dia

me 'l dica chi 'l sa.

 
(Mago leva la radica d'addosso al re)
 

MAGO

Vedilo qua non ti doler che vuoi  

per virtù di quest'erba

qual Girello compare agl'occhi tuoi.

ERMINDA

O sposo mio.

ODOARDO

O mia cara.

ERMINDA E ODOARDO

Godi, godi ben mio

mentre del tuo gioir, gioisco anch'io.

ODOARDO

Sol turba i miei contenti

il veder, che Doralba

d'uno schiavo è consorte.

MAGO

A torto ti lamenti

sappi che Mustafà

del re di Cipro è figlio

questo del mar Egeo

per paterno consiglio

da picciolo bambino

l'onde solcava

quando nave improvvisa

di feroci pirati

s'impadronì del legno, e poi spiegati

i lini al vento, ed a Nettuno infido

giunsero a questo lido

ove il fiero corsaro

per solita mercede

lo schiavo fanciulletto in don ti diede.

ODOARDO

Si taccia ogni querela

e d'alta parentela

si stringa pur col re di Cipro il nodo

e se pria me ne dolsi, ora ne godo.

Merti invece di ferri

soggetti a' tuoi voleri

premer i sogli, e calpestar gl'imperi.

MUSTAFÀ

Se per i miei natali

merto regi sponsali

umile a te m'inchino

mio bel sole adorato

col piè disciolto, e con il cor legato.

DORALBA

Chi un cor nel sen sì generoso avea

solo di regia stirpe

esser germe potea.

ERMINDA

Pur Mustafà tu sei

il mio german perduto?

Mio cor che più desiri.

MUSTAFÀ

Quando pers'il credevi, or lo rimiri.

DORALBA E MUSTAFÀ

Godi, godi ben mio.

ERMINDA E ODOARDO

Mentre del tuo gioir, gioisco anch'io.

FILONE

E che sarà di me?

ORMONDO

Ed io morir qui deggio?

GIRELLO

Ed ancor io ch'è peggio

aiuto, o mia Doralba

quando ero re posticcio

per soddisfare ad ogni tuo capriccio

di darti ho consentito

il re de' Cipriani per marito.

MAGO

Prendi da me l'esempio

scorda o sire l'offese

a Tartaglia perdona

ch'al mio comando contraddir pretese.

 
(il Mago fa tornare Tartaglia in vita)
 

ODOARDO

Lungi querele, e lutti  

purch'il giusto non pera il reo si salvi

il ciel comanda, il re perdona a tutti.

 

TUTTI

Se maga virtù  

trovò l'invenzione

che muta in padrone

chi servo già fu

resti sì bella moda ai bassi, ai grandi

e una volta per un ciascun comandi.

 

Fine (Atto terzo)

Prologo Atto primo Atto secondo Atto terzo

Logge e prigioni.

Girello
 

Alla ferrata.

Girello, Doralba, Mustafà
 
Doralba e Mustafà
Pietà signor, pietà

In gabbia di bel nuovo? O caso strano

Girello, Doralba, Mustafà
<- Tartaglia, soldati

Eccomi qua signor, qualche bravata

Girello, Doralba e Mustafà
Al partir, al partir

Correte pur volate

Girello, Tartaglia, soldati
Doralba, Mustafà ->
Girello, Tartaglia, soldati
<- Filone, Ormondo

Che nova, o miei padroni?

Tartaglia, soldati, Filone, Ormondo
Girello ->

Giuro per la grammatica

Tartaglia
Filone, Ormondo, soldati ->
Tartaglia
<- Girello

Povero pappagallo

Tartaglia
Girello ->
Tartaglia
Se c'incappi

Giardino.

Doralba, Mustafà
 
Doralba e Mustafà
Alla fuga, alla fuga
Doralba, Mustafà ->
<- Odoardo

Perfidi traditori

Odoardo
<- Tartaglia, soldati

Che, che mi comandi? O re che cosa guardi?

Si liberi Tartaglia

Odoardo
Tartaglia, soldati ->

Stanze reali.

Pasquella, Girello
 

O mio signor garbato

Pasquella e Girello
L'amore s'accresce

Verrò dunque 'sta notte

Pasquella, Girello ->

Giardino.

Erminda
 
Erminda
<- Girello

Parmi se non m'inganno

Erminda, Girello
<- Tartaglia

Dove n'andò lo schiavo, e mia sorella?

Erminda
Tartaglia, Girello ->

Stanze reali.

Girello, Tartaglia, Filone, Ormondo, soldati
 

O misero heu me

Girello, Tartaglia
Ormondo, Filone, soldati ->

Girello
Tartaglia ->

Girello
<- Odoardo

Misero ohimè che veggio

Girello, Odoardo
<- Tartaglia, soldati

Olà soldati guardie

Girello
Odoardo, soldati, Tartaglia ->

Logge e prigioni.

Pasquella, Erminda
 

Signora hai tu sentito

Pasquella, Erminda
<- Odoardo

Eccolo alla prigione

Vedi, ch'ei vive ancora

Pasquella, Erminda
Odoardo ->

Bosco, campagna aperta con la vista della città, e il patibolo.

Mustafà
 

Lungi dall'alma mia, come non moro

Mustafà ->
<- Mago

È giunta l'ora omai

Mago
<- Mustafà, Doralba

Taciti spettatori

Mago, Mustafà, Doralba
<- Odoardo, Filone, Ormondo, Tartaglia
Odoardo, Ormondo e Filone
Tormenti, catene

Presto fate la conta

(il Mago fa diventar Tartaglia una statua)

 
Mago, Mustafà, Doralba, Odoardo, Filone, Ormondo, Tartaglia
<- Girello, Pasquella, Erminda

Che dunque si pretende

Vedilo qua non ti doler che vuoi

(il Mago fa tornare Tartaglia in vita)

Lungi querele, e lutti

 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima Scena tredicesima Scena quattordicesima Scena quindicesima Scena sedicesima Scena diciassettesima Scena diciottesima Scena diciannovesima Scena ventesima Scena ventunesima Scena ventiduesima
Inferno. Cortile delle prigioni. Logge, prigioni. Bosco. Città. Stanza di Pasquella. Logge. Stanza reale. Logge e prigioni. Logge e prigioni. Alla ferrata. Giardino. Stanze reali. Giardino. Stanze reali. Logge e prigioni. Bosco, campagna aperta con la vista della città, e il patibolo.
Prologo Atto primo Atto secondo

• • •

Testo PDF Ridotto