Atto primo

 

Scena prima

Cortile delle prigioni.
Ormondo, Filone.

 Q 

Ormondo, Filone

 

ORMONDO

Dal tramontar del sole  

finor, ch'il ciel ha i minor lumi accesi

presso al regio palazzo invan t'attesi.

Ma come usar si suole

quando lungi è la corte

eran chiuse le porte

né sapendo ove fossi

a caso il piè qui mossi

per intender s'è ver ciò che si dice

del ritorno del re.

FILONE

Venga felice.

Sol un aristotelico problema,

che gran dubbio mi muove

di saper delle nove

la curiosità molto mi scema

ma mentre stavo nello studio immerso,

su veloce destriero

mi giunge un messaggero,

che mi disse, che il re con la regina,

nella villa vicina

fanno lieto soggiorno

per fare in breve alla città ritorno.

ORMONDO

Di tal novella io godo:

che senza nostro impegno

negl'affari del regno

si scioglierà di molti dubbi il nodo.

FILONE

Post varios casus, è dover, ch'adesso

ei faccia al suo cubile il retrogresso.

ORMONDO

Dell'imeneo reale il certo avviso

dentro il mio seno il giubilo raddoppia.

FILONE

Sì generosa coppia

con influssi secondi

di masculina prole il ciel fecondi

già ch'ei doman qui giunge;

all'albergo reale

me n' corro ad apprestar le regie stanze,

scusami se ti lascio, Ormunde vale.

(parte)

Filone ->

 

ORMONDO

Va' ch'il ciel ti contenti,  

ma dubito però,

che per troppo studiar pazzo diventi.

Già che sol io rimasi

vuò provar se Pasquella,

che tanto m'invaghì

mi dicesse di sì,

Amor così comanda

importuno timor fuggì da banda.

 

Scena seconda

Pasquella, Ormondo.

<- Pasquella

 

PASQUELLA

Olà Cecco fa motto  

brutta fisionomia!

Mi credevo che fusse un giovanotto,

serva a vossignoria.

ORMONDO

Attendi, ascolta un poco

d'un sen, ch'abbrugia, ed arde

vuo' palesarti l'amoroso foco.

PASQUELLA

Qui se pensi comprarne

non si vende la carne.

ORMONDO

Per pietà non dir no

ad un cor per te piagato,

altrimenti disperato

contro i dèi bestemmierò

oltraggiato da una serva

sfogherò l'ira mia contro Minerva.

PASQUELLA

Se col ciel vuoi mover guerra

vanne al tempio antico in Roma,

che Panntheon oggi si noma

d'ogni nume albergo in terra,

là con tutti, ben potrai

sfogar le tue bestemmie, i pianti, i guai.

ORMONDO

Non mi schernir ti prego

benché vecchio ti paia,

il baston tu sarai di mia vecchiaia.

PASQUELLA

S'altro baston, che me tu non richiedi,

se Pasquella non erra

batter ti converrà la barba in terra.

 

Scena terza

Girello, Ormondo, Pasquella.

<- Girello

 

GIRELLO

Cornuto mio destino,  

senz'altri testimoni,

io l'ho per un sensal di matrimoni.

 

Ritiratevi ch'è tardi,  

casca l'umido, e la guazza,

il crepuscolo v'ammazza

bella coppia il ciel vi guardi,

ritiratevi ch'è tardi.

 

ORMONDO

Chi va là, chi va là?  

Presto chi tu ti sia fuggi di qua.

GIRELLO

Fa conto ho una paura, ch'io mi spirito,

va' comanda al focon di santo spirito.

ORMONDO

Il nome vuò saper la patria ancora,

di Roma, di Madrid, o di Parigi?

GIRELLO

Son l'abate Luigi,

con licenza padrone

se più qui ti riveggio

adoprerò il bastone.

E tu vecchiaccia porca

levati via di qua, va' sulla forca.

 

Pasquella ->

 

Scena quarta

Ormondo, Tartaglia, Girello.

<- Tartaglia

 

ORMONDO

Tartaglia, olà costui  

dagl'occhi miei si tolga,

e pria che il passo a noi Febo ritolga,

per far de' falli suoi giusta vendetta

nella più oscura carcere si metta.

(parte)

Ormondo ->

 

TARTAGLIA

Con ogni miglior senno  

obbedisco al tuo cenno,

non ti doler di me

se non foss'io, sarebbe un altro affé.

GIRELLO

Oh che ministri tetri

senza cagione alcuna

devo prender quartiere in domo Petri.

ORMONDO

T'aggiusterò ben io,

di tanto ardir farò pagarti il fio.

TARTAGLIA

Anche questa di più

per ordin di colui,

che la città governa

in prigione verrai

se licenza non hai della lanterna.

GIRELLO

Non l'ho, ma tal licenza

dimmi, chi la concede?

Mi pare impertinenza,

che non può camminar chi non ci vede.

TARTAGLIA

Su dentro caporal chiudi la porta.

GIRELLO

Tal rispetto si porta

alle cariche mie.

 
(partono)
 

TARTAGLIA

Tocca alli sbirri a carcerar le spie.

Un povero marito,

che la moglie in bordello

vede precipitar

s'uno la vuol chiamar

et ei fa bene a dar il luogo a quello,

ch'almen quando ritorna

trova di cortesia la moglie adorna.

 

Girello, Tartaglia ->

 
 

Scena quinta

Logge, prigioni.
Doralba.

 Q 

Doralba

 

Sconsigliata Doralba, ove t'aggiri.  

Non vedi a' tuoi sospiri

sordo il ciel, muto un schiavo, e cieco amore?

Del tuo servile ardore

son chimere gl'affanni

son aborti i pensieri,

son gl'affetti bugie,

le speranze deliri.

Sconsigliata Doralba, ove t'aggiri?

 

 

Ma se dell'alma mia  

uno schiavo è la speme

paventar le catene

o mio core è pazzia,

Mustafà dove sei?

Dove, dove soggiorna

il sol degl'occhi miei?

Torna mio ben, deh torna

a bear questo petto,

pria che diventi oggetto

de' martiri più rei,

Mustafà dove sei?

 

Doralba ->

 

Scena sesta

Pasquella.

<- Pasquella

 

Or che il sol al mondo spunta,  

qui son giunta,

per mostrare al mio Girello,

ch'io son donna d'onor, non di bordello

con quel suo brutto mostaccio

quel vecchiaccio

s'un tantin ei più m'attizza,

gli vuo' pelar la barba per la stizza.

 

Scena settima

Girello alla ferrata, Pasquella.

<- Girello

 

GIRELLO

Lustrissimo signore  

fate la carità a 'sto carcerato.

O mandate l'almen pe' il servitore.

PASQUELLA

Udì l'orecchio mio

nell'ascoltar veloce

del mio Girello una languente voce.

GIRELLO

Buondì sposa galante

che fa il tuo nuovo amante?

PASQUELLA

Che Zerbino dà sassate

giovanotto come me,

ciò lo dico solo a te

le sei croci son passate

son anch'io di quelle affé,

ch'ho visto il Culiseo con l'impannate.

 

Scena ottava

Tartaglia, Girello, Pasquella.

<- Tartaglia

 

TARTAGLIA

Con quale impertinenza  

parli tu con costui, con qual licenza?

Mostra il salvo condotto

altrimenti farò.

PASQUELLA

Canchero fate motto.

TARTAGLIA

Val un giulio, e ch'io ti fo

con un piè levar di lì

e s'il capo ancor m'introni

senza punto di fatica

ti romperò la fibbia de' calzoni.

PASQUELLA

Lascia ch'una parola ancor le dica.

TARTAGLIA

Fra tanti suoi travagli

potrebbe ancor a te

succeder qualche cosa

però partir bisogna,

ch'ogni mosca si posa

in sulla groppa alfin d'una carogna.

PASQUELLA

A me carogna, a me.

TARTAGLIA

Simil ingiuria mai non dissi a te.

Parlai per ironia

e chi placar vorria

questa vecchia adirata?

PASQUELLA

Anche vecchia a Pasquella,

ti tirerò sul capo una pianella,

con me così si tratta

non son ragazza no, ma donna fatta.

GIRELLO

Fatta dal tempo, e dall'etade oppressa,

ti scusi sol co 'l condannar te stessa

o misera, e non senti,

che fa l'alma col corpo i complimenti?

PASQUELLA

Se la disgrazia vuole

succeda a te quel che successe a Cecco,

che per non esser becco

vols'esser impiccato,

de là lo vederai fagli un saluto.

GIRELLO

A quest'io ti rispondo

se fui becco cornuto,

non voglio esser ruffian dell'altro mondo.

TARTAGLIA

Ecco gente fa' presto

parti, fuggi di qua, se no t'arresto.

GIRELLO

Pasquella addio, mi raccomando a te.

PASQUELLA

Lascia il pensiero a me.

 

Girello, Pasquella ->

 

Scena nona

Filone, Ormondo, Tartaglia.

<- Filone, Ormondo

 

FILONE

Opportuno ne aspetti,  

fa' che del voler mio

tosto seguon gl'effetti

sia di punir Girello

di Tartaglia la cura

pria che di lui altra novella intenda,

ad una forca il traditor s'appenda.

ORMONDO

No, che soffrir non dée pene sì atroci

con suggestive voci,

ben convincer lo puoi,

e con real comando

dargli dal regno un rigoroso bando.

FILONE

Girello a noi ne venga.

TARTAGLIA

Libero, oppure avvinto?

FILONE

Fa' che laccio veruno lo ritenga.

TARTAGLIA

Disciolto sortirà dal labirinto.

FILONE

Con un picciol esame

condannerò l'infame.

 

Scena decima

Filone, Ormondo, Tartaglia, Girello.

<- Girello

 

GIRELLO

Che gente farisea  

credo mi condurranno in Galilea.

FILONE

Ditemi in cortesia

per qual cagion la libertà perdesti?

GIRELLO

Sol per finti pretesti

del vecchi Babalà

che se non lo sa lui, chi lo saprà.

FILONE

Chi vi prese?

GIRELLO

Costui fece il servizio.

FILONE

Dove fosti ier sera?

GIRELLO

Allo speziale

non avendo del corpo il beneficio

affinché mi facesse un serviziale.

FILONE

E dopo, che segui?

GIRELLO

Andai dalla mia donna.

FILONE

Siete dunque ammogliato?

GIRELLO

Mi scusi patron mio, ch'io son castrato.

FILONE

Ergo inhuman con favolosi accenti

di corromper Astrea perfido tenti?

GIRELLO

Se di schernir s'adopra

chi ha più senno di lui lo ponga in opra.

FILONE

A testibus convictus

per un error commesso

son dalle leggi astrictus,

d'intimarti l'esilio

al regno e domicilio.

GIRELLO

Sentenza con l'accetta

faccia il cielo per me giusta vendetta.

 
(partono)

Filone ->

 

ORMONDO

Tal castigo averà chi Ormondo offese.  

 

Ormondo ->

TARTAGLIA

E padron mio, chi pagherà le spese?

GIRELLO

Va' da Pasquella mia, che ti farà

un ordin per il Monte di pietà.

TARTAGLIA

Orsù non dubitar va' a buon viaggio.

(parte)

Tartaglia ->

 

GIRELLO

Fammi, fammi coraggio.

 

Belle donne di bordello  

s'io non vi posso pagar,

compatitemi, tacete;

ma se torno un po' in monete

vi vo' tutte contentar.

Povertade al ciel promessi,

obbedienza e castità

casto sol per voi non fui

s'io mancassi agl'altri dui

saria troppa infamità.

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Scena undicesima

Mustafà, Girello.

<- Mustafà

 

MUSTAFÀ

O felice Mustafà.  

Fortunato più di me

nel mondo non è, non fu, non sarà.

GIRELLO

O Girello in povertà

sfortunato più di me

nel mondo non è, non fu, non sarà.

MUSTAFÀ

Il servir non mi dà pena.

S'in amor trovo pietà

m'è gradita la catena

ch'il mio ben portar mi fa.

O felice Mustafà.

GIRELLO

O Girello in povertà.

MUSTAFÀ

Fortunato più di me.

MUSTAFÀ E GIRELLO

Nel mondo non è, non fu, non sarà.

 

MUSTAFÀ

Addio Girello mio.  

GIRELLO

O caro Mustafà? Se tu sapessi

il mio destino rio,

ognor lo maledico.

MUSTAFÀ

Non disperare amico,

volubile è la sorte,

e per ogni sventura

rimedio troverai fuor che alla morte!

GIRELLO

È troppo gran ruina,

e non sarian bastanti

a dar qualche ricetta, o medicina

contro quel mal, ch' il fato reo m'accenna,

Ippocrate, Galeno, ed Avicenna.

MUSTAFÀ

Narra il tuo male, e spera

che forse anch'in quel seno,

che tu credi crudel, pietade impera.

GIRELLO

Perché campo non diedi

a Pasquella, ed Ormondo

d'un cornuto disegno

fui sbandito dal regno.

MUSTAFÀ

Che barbara sentenza!

Ormondo fa l'errore

GIRELLO

Et a me tocca far la penitenza.

MUSTAFÀ

O corte iniqua, e rea,

ove sol regna inganno,

chi prezza l'onor suo, prezza il suo danno.

Mi muove il tuo dolore

al pianto gl'occhi, e alla pietade il core.

Prendi questa moneta

con che placar potrai

l'inimico pianeta.

GIRELLO

Che tu sii benedetto in ogni parte

sin dalla tramontana allo scirocco,

ch'io ti possa veder re del Marocco.

MUSTAFÀ

Di tuoi cortesi accenti

grazie ti rendo, e consigliar ti deggio,

che segua un mal per evitarne un peggio.

Va' non tardare ogni timor disprezza.

GIRELLO

Così gran tenerezza

farà nel corpo mio sì grand'effetto,

ch'un'uscita di corpo io me l'aspetto.

(parte)

Girello ->

 

MUSTAFÀ

Misero sventurato!  

Compatisco il tuo stato,

che nacqui per gioire,

non so che sia dolor, pena, o martire.

S'il servire a bella dama,

che non m'ama

e felice servitù,

il servir, chi m'adora è molto più.

Son prigione in lacci avvolto,

benché sciolto,

libertade aver non spero,

schiavo non son mentr'ho d'un cor l'impero.

E se nacqui per gioire

non so che sia dolor pena, o martire.

 

 

Veggo il mio sol, che giunge  

meglio è per or, ch'io finga,

per veder s'al gioir son presso, o lunge.

 

Scena dodicesima

Doralba, Pasquella, Mustafà in disparte.

<- Doralba, Pasquella

 

DORALBA

Pasquella a che sì mesta?  

Qual novella funesta

mosse tra i tuoi pensieri

sì penosa tenzone?

Dimmi del tuo dolor l'aspra cagione.

PASQUELLA

Volea quel vecchio Ormondo

dal senso avvelenato

con la mia Teriaca esser sanato,

io, che son donna schietta,

e nella mia bottega

non ho simil ricetta

feci sì ch'ei rinnega,

e per darmi spavento

fe' Girello bandir in un momento.

DORALBA

Un vecchio in breve tempo

ogni livor si scorda

e a qual si sia perdon presto s'accorda.

PASQUELLA

E via chiama Ormondo, e digli,

che vivendo in quell'età

col nutrir sì pazzi grilli

quanto prima impazzirà;

s'il favor ei mi farà

un bascin glielo darò,

ma di più non pretenda, oh questo no.

DORALBA

Con che modo se 'n viene

in ristretto mi dice,

ch'io gli faccia d'amor l'ambasciatrice.

Ma qui veggio il mio bene,

ritirati Pasquella

non mi tener a bada

ch'ad ogni mal si troncherà la strada.

PASQUELLA

Altro non cercherò

sulla vostra parola io mi starò.

DORALBA

Sta pur sopra di me.

PASQUELLA

A chi ha ella detto? A te?

Sta pur sopra di lei,

che se fuss'uom anch'io pur lo farei.

(parte)

Pasquella ->

 

DORALBA

O mio caro tesoro  

ver chi t'adora, e vive sol per te

movi sì tardo il piè?

L'insolito decoro,

la tua modesta fronte

fa che ad ogni mio bene il sol tramonte.

MUSTAFÀ

L'ossequio che ti devo

da ch'in tua man cadei

consiglia i spirti miei

e quando stesse in altro modo un servo,

meritaria sopra le spalle il nervo.

DORALBA

Il tuo parlar mi sdegna.

Regna chi serve amor, serve, chi regna.

MUSTAFÀ

Chi d'espugnar pretende

qual gigante d'amor ciel di beltà

bersaglio di saette alfin si fa.

 

DORALBA

Deh vieni non più  

se laccio, o catena

il piè ti raffrena

si sciolga su su.

Deh vieni non più

se laccio, o catena

il piè ti raffrena

si sciolga su su.

MUSTAFÀ

Deh cangia pensiero,

ch'il perfido amore

non fu col mio core

sì crudo, e severo.

Deh cangia pensiero,

ch'il perfido amore

non fu col mio core

sì crudo, e severo.

 

DORALBA

Crudel non mi sia,

sol legge mi dia

chi servo mi fu.

MUSTAFÀ

Audace non sia

né legge ti dia

chi servo ti fu.

 

DORALBA

Ma qual nuovo rispetto  

con insolita noia

a chi ti diede il cor turba la gioia?

MUSTAFÀ

Il rispetto è dovuto

e il cor, che già mi desti or lo rifiuto.

 

DORALBA

Non mi ami.  

MUSTAFÀ

No no.

DORALBA

Che brami?

MUSTAFÀ

No 'l so.

DORALBA

T'adoro.

MUSTAFÀ

No 'l merto.

DORALBA

Son oro.

MUSTAFÀ

Coperto.

DORALBA

Di fede, ma di'

mi adori.

MUSTAFÀ
(in disparte)

(Sì, sì.)

DORALBA

Sei troppo crudele

al finger così.

Insieme

MUSTAFÀ

Son troppo crudele

al finger così.

 

DORALBA

Sei schiavo.

MUSTAFÀ

Lo so.

DORALBA

Comando.

MUSTAFÀ

Son qui.

DORALBA

Mi servi?

MUSTAFÀ

Sì sì.

DORALBA

D'amante.

MUSTAFÀ

No no.

DORALBA

M'adori infedele?

MUSTAFÀ
(in disparte)

Risposi (di sì).

DORALBA

Sei troppo crudele

al finger così.

Insieme

MUSTAFÀ

Son troppo crudele

al finger così.

 

DORALBA

Se Doralba tradisti  

al tuo vil tradimento

fia compagna la pena e 'l pentimento.

 

Scena tredicesima

Doralba, Ormondo, Filone, Mustafà, Tartaglia.

<- Ormondo, Filone

 

DORALBA

Ormondo, o là Filone  

lo sdegno in sen m'abbonda

s'uccida Mustafà pria che tramonte

Febo in cielo, e in grembo al mar s'asconda

paghi la vita sua gli scherni, e l'onte.

MUSTAFÀ

Deh signora ti prego.

DORALBA

Taci il parlar ti nego.

L'indegno traditore

ardì scoprirmi or or l'impure brame

di togliermi l'onore.

ORMONDO

Ah vile schiavo infame

io non ti fo morire

no ch'io non sono Ormondo.

FILONE

Io ti farò bandir da tutto il mondo.

DORALBA

No non voglio ch'ei mora

basta Filon per ora

ch'ei vada prigioniero,

castigo più severo

avrà dal mio german dopo l'arrivo,

se Mustafà perisce, io più non vivo.

 
(partono)

Filone, Ormondo, Doralba ->

 

MUSTAFÀ

Così va, così va.  

Chi troppo vuol alfin nulla averà,

chi prezza il martire

contenti non ha

non speri gioire

chi pianger non sa.

Così va, così va.

 

<- Tartaglia

TARTAGLIA

Vanne, che in questo loco  

alcun non ti conforta

mi dispiace il tuo mal, ma non m'importa.

 

Mustafà, Tartaglia ->

 
 

Scena quattordicesima

Bosco.
Girello in abito di pellegrino.

 Q 

Girello

 

GIRELLO

Chi non magna  

la cuccagna

goderà (nelle calcagna)

un marito

ingelosito

mangerà (sol pan pentito).

 

Scena quindicesima

Girello, Mago, Spiriti.

<- Mago, spiriti

 

MAGO

Girello.  

GIRELLO

Ahimè che voce

proferisce il mio nome, e chi mi chiama.

MAGO

Ama.

GIRELLO

Ama pur tu quanto ti piace, e pare

perch'io sol per l'amare

soffro tante batoste.

MAGO

Oste.

GIRELLO

Oste a tempo venisti, e che di buono

dentro della tua casa si ritrova?

MAGO

Ova.

GIRELLO

Ova non son cattive

per ristorar un uom, ch'appena vive,

e che qui lasso è giunto.

MAGO

Unto.

GIRELLO

Unto, oh questo l'ho caro.

MAGO

Caro.

GIRELLO

Caro, e che può valer scudi duecento.

MAGO

Cento.

GIRELLO

Cento, tienlo per te:

perché questo non è cibo per me

m'è passata la fame io son contento.

MAGO

Tento.

GIRELLO

Tento per quanto vuoi, già lo conosco

non sei per pigliar aria in questo bosco,

ma per veder se puoi gabbar qualcuno.

MAGO

Uno.

GIRELLO

Uno? Gabba chi vuoi,

purché quell'io non sia, poco m'importa.

MAGO

Porta.

GIRELLO

La porta io non la veggio, e non la so.

MAGO

La so.

GIRELLO

L'oste m'impara di musica,

quest'è un'eco sicuro,

e in questi folti boschi

la mia voce riflette in qualche muro,

or or mi chiarirò

chi ha più di cervel di noi, o tu o io.

MAGO

Io.

GIRELLO

Chi è più matto di noi, o tu o io?

MAGO

Tu.

GIRELLO

Questo mi basta, non ne voglio più

esci fuora di là

che vedrem, chi di noi matto sarà.

MAGO

(fuora)

Ben trovato Girello.

Eccomi pronto ad ogni tuo bisogno

non temer del tuo mal, che il tutto è un sogno.

GIRELLO

Sol ci mancavi tu! Ma che pretendi?

MAGO

Non sai qual io mi sia,

né il mio poter comprendi.

GIRELLO

Non ti conosco, ebben dimmi chi sei

ignoto scardafone agli occhi miei.

MAGO

Son un che posso molto,

e sta in mia libertade a chi mi apprezza

in giubilo cangiar le sua tristezza.

Or sappi s'io no 'l dissi

ch'io sono il patriarca degl'abissi.

GIRELLO

Questi abissi, che sono.

MAGO

Se come curioso,

tu non sarai codardo

volgi a quel tronco il guardo

ch'un de' sudditi miei ti mostrerò.

GIRELLO

Mostramelo ti prego,

che spavento nessun non averò.

MAGO

Voltati dunque in là.

GIRELLO

Il diavolo! Che vuoi tu va' via di qua.

MAGO

Girello, e di che temi?

GIRELLO

Nulla m'ha mosso il corpo

un piatto di lumache

e ho fatto una frittata nelle brache.

MAGO

Rivolgi a me lo sguardo.

GIRELLO

Vo' pria saper se sia

quel sì brutto mostaccio andato via.

MAGO

Partì sopra di me.

GIRELLO

Non me ne fido affé,

patriarca buondì,

saria ben matto a trattenermi qui.

MAGO

Dunque così strapazzi, e fai rifiuto

d'un che qui venne sol per darti aiuto?

GIRELLO

Non voglio aiuto vostro,

e nemmen di quell'altro

che s'è lavato il viso nell'inchiostro.

MAGO

Non aborrir cotanto

chi la tua rozza veste

può cangiar se vorrai con regio manto.

Giacché tu non mi credi io mi ritiro,

restane co' tuoi guai.

GIRELLO

Non ti sdegnare, ovvia fa' quel che sai.

MAGO

In questo picciol giro

dalle tartaree grotte

venga a servir Girello

Belzebù ed Asterotte.

Questi sono i tuoi paggi.

GIRELLO

Garbati personaggi!

MAGO

Mostri terribili,

furie d'Averno,

spiriti invisibili,

ch'in sempiterno

Pluto servite,

a riverir Girello, olà venite.

GIRELLO

Chi son questi signori?

È forse la mia corte?

Lasciami venir fuori

che s'io li vedrò non starò forte.

MAGO

Fermati forsennato.

Né ti mover di piedi

se pria a me la permission non chiedi.

Non son per farti male,

ma sol per dimostrarti

qual sia la mia potenza, e quanto vale.

Al mio cenno si mova

chi nel profondo abisso si ritrova.

 
 
Qui si muta la scena in inferno con una bocca di dove escano cinque diavoli, a ballare, e vestire Girello.

<- cinque diavoli

 

GIRELLO

Brutto paese è questo  

patriarca fa' presto,

Asterotte bada a te.

Partì, fuggì Belzebù.

Non mi curo d'esser più

conte principe, né re

Asterotte bada a te.

No non me ne curo più

partì fuggì Belzebù.

 
Qui ritorna il bosco, e partono i diavoli.

cinque diavoli ->

 
 

MAGO

Per far Girello re così si fa  

son servitor di vostra maestà.

GIRELLO

Or che re mi facesti

con queste invenzioni

dimmi ti prego almeno

se son il re di spade, o di bastoni?

 
(il mago dà lo specchio in mano a Girello)
 

MAGO

Se non credi al mio detto

mira qua dentro, e ne vedrai l'effetto.

GIRELLO

Che volto maestoso!

Che patriarca bravo

a tempo qui venisti.

MAGO

Ancor non ti chiarasti,

 
(cade il ferraiolo a Girello, e si mira nello specchio)
 

GIRELLO

A che gioco giochiamo. Il regno mio

svanito è molto presto

bel fantoccio, ch'io resto.

MAGO

Non ti fia meraviglia

se più re tu non sei

poiché tor non ti déi

mai dalle spalle giù questa mantiglia.

GIRELLO

Dunque se la rimetto

io re ritornerò.

MAGO

Te lo prometto.

 
(Girello si rimette il ferraiolo e si mira nello specchio)
 

GIRELLO

Per vita mia ch'è vero,

ma se mi trovo con il re di Tebe,

chi sarà re di noi?

A ciò non so se rimediar tu puoi.

MAGO

Questa radice prendi

e quando incontri il re cauto t'accosta,

e a lui la metti in qualche parte t'accosta

ch'allor da questo, e quello,

tu sarai re creduto, egli Girello.

GIRELLO

Bella cosa sarà s'ella riesce.

Però il timor mi cresce

ch'il tutto non finisca in bastonate

MAGO

Non dubitar sarò il tuo fido Acate.

Se fai ciò che prometti

sappi ben osservare i miei precetti.

 

Mago, spiriti ->

GIRELLO

(parte)

Buon viaggio, buon viaggio

m'invio verso la corte

tutt'i nemici miei

già mi credon lontano

et io qual re sovrano

canaglia berrettina

voglio farne frustare una dozzina.

Girello ->

 
 

Scena sedicesima

Odoardo, Erminda.

<- Odoardo, Erminda

 

ODOARDO

Su su godete ombrose piante  

se di luce il ciel vi priva

or con fulgido sembiante

nuovo raggio in sen v'arriva

e se venir non può dall'alta mole

sarà luce d'Erminda, e non del sole.

ERMINDA

Sì godete ecco la luce

scintillante a voi ne riede

e tra l'ombre ancor riluce

lo splendor della mia fede,

che se il diamante di fermezza agguaglia

tra le tenebre ancor la vista abbaglia.

ODOARDO

O mia diletta sposa

delle viscere mie parte più cara

delizie del mio seno, a cui prepara

serti di glorie omai di Tebe il regno

dell'amor ch'io ti porto

sia questo cor, che t'ho donato il pegno.

ERMINDA

D'un cor sì generoso,

in sì brevi momenti aver l'impero

non me lice, e non oso

ma se l'amor, che tu mi porti è vero

altro da te non bramo

che di sentirti dire: Erminda io t'amo.

ODOARDO

Dunque vuoi più da me?

ERMINDA

O mio signore, o re.

ODOARDO

Vuoi più da me s'in dono il cor ti diedi?

ERMINDA

Troppo è donarmi il tuo se 'l mio non chiedi.

ODOARDO

Il tuo sta nel mio seno.

ERMINDA

E chi me n'assicura?

ODOARDO

Odoardo te 'l giura.

ERMINDA

O me felice, o me contenta appieno

ma se folle in van lusinga

aura vana dispense un picciol merto

chissà che tu non finga

voglio un segno più certo.

ODOARDO

Ecco il ferro, ecco il petto, aprilo, mira,

se col tuo core io vivo

se del mio cor son privo,

e se coll'alma tua quest'alma spira.

ERMINDA

Se non fosse la morte

che teco incontrerei

offerta sì gentil gradir vorrei.

ODOARDO

Mentre a te caro fosse

il mio pregio sovrano

fora il morir per la tua bella mano.

ERMINDA

Soffrir' io non potrei sì gran cordoglio

non trattiam di morir vivo ti voglio.

Io son tua, tu sei mio

e il laccio, che ci stringe

è sì tenace e forte

che scior non lo potrà nemmen la morte.

ODOARDO

Tu capitano alla città vicina,

con solleciti passi

veloce t'incammina,

dà l'improvvisa nova

alla sorella mia, ch'il suo germano

qui nel bosco di Giano

con Erminda sua sposa or si ritrova,

noi frattanto o mio bene in questa notte

sol farem qui dimora

finché la nova aurora

chiami i pastori a pascolar il gregge.

ERMINDA

Mio re ti seguo, il tuo voler m'è legge.

 

ODOARDO

Or di gioia il cor abbondi,  

già che amor così destina.

ERMINDA

Tu mio re.

ODOARDO

Tu mia regina.

ERMINDA E ODOARDO

Vivi amando, e godendo i dì giocondi.

 

Fine (Atto primo)

Prologo Atto primo Atto secondo Atto terzo

Cortile delle prigioni.

Ormondo, Filone
 

Dal tramontar del sole

Ormondo
Filone ->

Va' ch'il ciel ti contenti

Ormondo
<- Pasquella

Olà Cecco fa motto

Ormondo, Pasquella
<- Girello

Cornuto mio destino

Chi va là, chi va là?

Ormondo, Girello
Pasquella ->
Ormondo, Girello
<- Tartaglia

Tartaglia, olà costui

Girello, Tartaglia
Ormondo ->

Con ogni miglior senno

Girello, Tartaglia ->

Logge, prigioni.

Doralba
 
Doralba ->
<- Pasquella
Pasquella
<- Girello

Lustrissimo signore

Pasquella, Girello
<- Tartaglia

Con quale impertinenza

Tartaglia
Girello, Pasquella ->
Tartaglia
<- Filone, Ormondo

Opportuno ne aspetti

Tartaglia, Filone, Ormondo
<- Girello

Che gente farisea

Tartaglia, Ormondo, Girello
Filone ->

Tal castigo averà chi Ormondo offese

Tartaglia, Girello
Ormondo ->

Girello
Tartaglia ->

Girello
<- Mustafà
Mustafà e Girello
O felice Mustafà

Addio Girello mio

Mustafà
Girello ->

Veggo il mio sol, che giunge

Mustafà
<- Doralba, Pasquella

Pasquella a che sì mesta?

Mustafà, Doralba
Pasquella ->

O mio caro tesoro

Doralba e Mustafà
Deh vieni non più

Ma qual nuovo rispetto

Doralba e Mustafà
Non mi ami / No no

Se Doralba tradisti

Mustafà, Doralba
<- Ormondo, Filone

Ormondo, o là Filone

Mustafà
Filone, Ormondo, Doralba ->
Mustafà
<- Tartaglia

Vanne, che in questo loco

Mustafà, Tartaglia ->

Bosco.

Girello
 
Girello
<- Mago, spiriti

Girello / Ahimè che voce

(qui si muta la scena in inferno con una bocca di dove escano cinque diavoli, a ballare)

Girello, Mago, spiriti
<- cinque diavoli

(qui ritorna il bosco)

Girello, Mago, spiriti
cinque diavoli ->

Per far Girello re così si fa

Girello
Mago, spiriti ->

Girello ->
<- Odoardo, Erminda

Su su godete ombrose piante

 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima Scena tredicesima Scena quattordicesima Scena quindicesima Scena sedicesima
Inferno. Cortile delle prigioni. Logge, prigioni. Bosco. Città. Stanza di Pasquella. Logge. Stanza reale. Logge e prigioni. Logge e prigioni. Alla ferrata. Giardino. Stanze reali. Giardino. Stanze reali. Logge e prigioni. Bosco, campagna aperta con la vista della città, e il patibolo.
Prologo Atto secondo Atto terzo

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