Sala ottagona, di pietra bigia, con cinque de' suoi lati in prospetto; in alto, sulla nudità della pietra, ricorre un fregio di liocorni in campo d'oro; nella parete di fondo è un finestrone invetriato che guarda le montagne, fornito di sedili nello strombo; nella parete che con quella fa angolo obliquo, a destra, è un usciolo ferrato per dove si discende alle prigioni sotterranee; contro la corrispondente parete, a sinistra, è una panca con alta spalliera, dinanzi a cui sta una tavola lunga e stretta, apparecchiata di cibi e di vini; in ciascuna delle altre due pareti a rimpetto è un uscio: il sinistro prossimo alla mensa conduce alle camere di Francesca, il destro ai corridoi e alle scale; intorno sono distribuiti torcieri di ferro; ai beccatelli sono appesi budrieri corregge turcassi, pezzi d'armatura diverse, e poggiate armi in asta: picche bigordi spuntoni verruti mannaie mazzafrusti.
Mia cara donna, voi m'attendevate?
(s'ode grido terribile)
(s'ode battere alla porta)
Camera adorna, con il letto incortinato, con la tribuna dei musici, col leggio che regge il libro chiuso; quattro torchi di cera ardono su uno dei candelieri di ferro; due doppieri ardono sul deschetto; le vetrate della finestra sono aperte alla notte serena; sul davanzale è il testo del basilico; e accanto è un piatto dorato, pieno di grappoli d'uva novella.
(Francesca dorme)
(Francesca si sveglia)
No, no! Non sono io! Non sono io!
O Biancofiore, piccola tu sei!
E così vada s'è pur mio destino!
(un urto violento scuote l'uscio)
Lascialo! Me, me prendi! Eccomi!
(Gianciotto uccide Francesca)
(Gianciotto uccide Paolo)