Appare una piazza d'una torre rotonda, nelle case dei Malatesti; due scale laterali di dieci gradini salgono dalla piazza al battuto della torre: una terza scala fra le due, scende ai sottoposti solai, passando per una botola; si scorgono i merli quadri di parte guelfa muniti di bertesche e di piombatoie; un mangano poderoso leva la testa dalla sua stanga e allarga il suo telaio di canapi attorti; balestre grosse a bolzoni e verrettoni a quadrelli, baliste, arcubaliste e altre artiglierie di corda sono postate in giro con lor martinetti girelle torni arganelli lieve; la cima della torre malatestiana irta di macchine e d'armi campeggia nell'aria torbida dominando la città di Rimini donde spuntano soli in lontananza i merli a coda di rondine che coronano la più alta torre ghibellina; alla parete destra è una porta; alla sinistra una stretta finestra imbertescata che guarda l'Adriatico.
È ancora sgombro il campo del comune?
Francesca! / Date il segno, Paolo, date
(s'odono i tocchi di una campana)
Ah dove siamo noi? Chi chiama? Paolo
(si accende una falarica e la si scaglia verso la città)
Vive messer Malatesta e la parte
(le campane suonano a stormo; s'odono squilli di trombe lontane)
Verucchio! Viva Malatesta viva
Ah, Ugolino, in mal luogo t'ho colto!
Eccomi. Sono qui, Giovanni. Io era
(di sopra i merli, la vampa delle arsioni si spande nel cielo; le campane suonano a stormo; s'odono squilli di trombe)
(le campane suonano a stormo; le trombe squillano)