Era ordinato da Giove, che la terra a paragon del cielo, avesse le sue stelle, cioè i fiori: Questi dovevano nascere dagl'amori di Zeffiro, vento di primavera, e di Clori ninfa de' campi toscani; manda perciò Mercurio ad avvisarne Berecinzia, dèa della terra, e le ninfe de' campi. Venere intanto con tutta la sua corte sbarcata nelle rive tirrene, ode da Zeffiro il suo amore verso Clori, e l'assicura, che farà sua quella ninfa; ma Amore per un suo fine contraddicendole, e negando assolutamente, che ciò segua, è da lei con aspre parole discacciato; trovatolo allora Mercurio col canto delle Grazie, l'invita al sonno, e furandogli in quel tempo l'armi, le porta a Venere, ed ella con la saetta d'oro, che induce corrispondenza, fa innamorare Clori di Zeffiro; veggono i satiri Amor senz'armi, e lo beffeggiano, e Venere, per maggior dispetto di lui manda l'arco, e lo strale d'oro a Giove, getta l'altro di piombo, che genera odio, in mare, e per sé ritiene la face, Amore allora fieramente sdegnato fa aprir l'inferno, e ne cava la Gelosia; questa, per mezzo d'una doppia menzogna maneggiata da Pane, turba in maniera le gioie de' due amanti, che Zeffiro, scacciato da Clori, lascia i campi toscani in preda alle tempeste; cangiata allora la letizia delle ninfe in pianto, Nettuno, per timore della Gelosia, rende lo strale di piombo ad Amore, Giove la saetta d'oro, e l'arco, e Venere la face: Recuperate Amor le sue armi, scaccia la gelosia da Clori, ond'ella richiama a i suoi campi Zeffiro, il quale piange per gioia, e le sue lagrime cadute in terra divengono fiori; Clori allora mutato il suo nome in quel di Flora, augura le future grandezze di Fiorenza, così detta da lei; le muse, visto nati i fiori portano ad irrigargli il lor fonte, ed Apollo loda particolarmente i gigli, insegna di Fiorenza, e della serenissima casa di Parma.