Atto quarto

 

Scena prima

Mercurio solo.

 Q 

Mercurio

 

 

Oh miseri mortali,  

qual veggio a' danni vostri

venuta furia da' tartarei chiostri?

Meglio fora per voi

provar tra 'l pianto eterno,

ruscello, ogn'or vorace,

che mai nel vostro petto

dar alla cruda gelosia ricetto.

Troppo spietata, e rea

è stata tua vendetta,

figlio di Citerea:

e se questo puoi fare,

tu non sei dio d'Amore,

ma di rabbia, e furore.

Io voglio far ritorno

al bel regno immortal, per dire al Fato,

che con eterna legge

vieti l'entrare in cielo

al mostro dispietato:

che s'al ciel Gelosia spiega il volo,

nell'eterno gioir porrebbe il duolo.

Mercurio ->

 

Scena seconda

Amore, e Pane.

<- Amore, Pane

 

AMORE

Pane, il cui nume adora  

ogni custode de' fecondi armenti;

s'io ti tolsi pur ora

all'importuno affanno

de' garruli Amoretti, ed insolenti,

tessi, in mia grazia, un menzognero inganno,

e due lieti amator fa' men contenti.

PANE

Io, che sempre provai

nel mio petto amarezza;

stimo ventura mia

poter amareggiar l'altrui dolcezza:

or narra, Amor, quanto il tuo cor desia.

AMORE

Trova la ninfa Clori;

e dille, che da scherzo

son verso lei di Zeffiro gl'amori

dille, ch'in occidente

la ninfa Esperetusa,

alma custode de' bei pomi d'oro,

è suo dolce tormento, e suo ristoro.

Darà fede al tuo detto,

la semplicetta ninfa:

che mai sempre il timore

è compagno d'Amore.

Io poi tra queste piante

dell'Eco imitatrice,

imitator venuto,

cercherò nel suo petto

il nuovo confermar falso sospetto.

PANE

Farò quanto tu brami;

ma, deh, per ricompensa

fammi un giorno trovar donna, che m'ami.

AMORE

Vivi contento appieno;

che s'io ricovro i miei rapiti strali,

per te ferir vo' d'una ninfa il seno:

ma, vedi; che soletta

quindi Clori se n' viene:

io, tra quest'ombre amene

mi celo; e lascio a te la mia vendetta.

 

Scena terza

Clori, Pane, ed Amore finto Eco.

<- Clori

 

CLORI

Aria, per dove passa  

il mio bene, il mio sole,

digli, ch'a lui lontana

non so gioia trovar, che mi console:

digli, che non mi pare

senza lui, bello il cielo,

senza lui, bello il mare;

digli, che tosto torni a darmi vita,

né più faccia giammai da me partita.

PANE

Come sei così sola,

o bellissima Clori?

Il tuo novello vago,

dunque sì tosto agl'occhi tuoi s'invola?

CLORI

Ita è con Citerea

per breve spazio, il mio gradito amante,

mentr'ella al terzo cielo or fa ritorno,

tranquilla il suo viaggio,

e serena le nubi a lei d'intorno.

PANE

Oh folle, oh semplicetta;

altra, credimi pure, è la cagione,

che qui ti lascia Zeffiro soletta;

ma, io non la vo' dire,

per non ti far per gran dolor morire.

CLORI

Misera, che sospetto

già mi serpe nel seno?

Deh, tu narrami appieno

qual si sia la cagion di sua partita;

che tacendo, non meno

tu mi privi di vita.

PANE

Poi, ch'a narrar mi sforzi

l'altrui perfidia, e 'l tuo tradito amore;

sappi, ch'ove tramonta

là, nell'ultima Esperia il dio del giorno;

è mirabil giardino

d'almi smeraldi, e d'aurei pomi adorno:

ivi è 'l proprio soggiorno,

del tuo gradito vento; e quando a noi

soffia Aquilon gelato,

o 'l torbid Euro, o 'l fiero Noto spira;

col dolcissimo fiato,

egli il vago giardin bear si mira:

cagion di sua dimora,

in quel felice loco

è la vezzosa ninfa Esperetusa,

una dell'alme Esperidi sorelle;

questa è 'l suo vero foco,

la legittima sua fiamma gradita,

suo conforto, suo ben, sua gioia, e vita.

Ora Cloride mia,

s'egli pur or da te s'è dipartito;

credi, che non è gito

le nubi a serenar per Citerea,

ma ben fatto ha ritorno,

alla sposa gentil, che l'innamora;

con l'altre scherza, e questa sola adora.

CLORI

Oh spietate parole:

dunque creder degg'io

perfido il mio bel sole?

Dunque creder degg'io,

ch'in sì care promesse,

in volto sì gentile

sia perfidia sì vile?

Partiti dal mio petto,

fuggiti dal mio core,

tormentoso sospetto,

agghiacciato timore:

tu del mio caro ardore

o falsissimo Pane, invidioso,

così cerchi turbare il mio riposo.

PANE

Clori, se non è vero

quanto mia lingua dice,

sia Nemesi di ciò vendicatrice.

Ma, se creder non vuoi

alle parole mie;

chiedilo a quella ninfa,

ch'invisibil il tutto ascolta, e vede;

chiedilo ad Eco, e s'ella

conferma il mio parlar, dammi poi fede.

 

<- Gelosia

CLORI

Lassa; che fo? Che tento?  

Debbo dunque cercar la morte mia?

Sì; che meglio mi fia,

s'infedele è il mio bene,

dar fin, con la mia morte, alle mie pene.

Oh, del vago narciso

gentilissima amante:

se quinci ti raggiri

tra queste amene piante;

dimmi, s'io son tradita,

e dammi, o morte, o vita.

Deh, per pietà rispondi

Eco bella, Eco dolce, Eco gradita:

dimmi, s'io son tradita;

dimmi, se m''è fedele

il bel Zeffiro mio;

oppur ingrato, e rio...

AMORE
(come Eco)

Rio.

CLORI

Ohimè; che sento? Un'altra ninfa egl'ama?

AMORE
(come Eco)

Ama.

CLORI

Un'altra ninfa egl'ama, e me disprezza?

AMORE
(come Eco)

Sprezza.

CLORI

Oh, indegna leggerezza,

sprezzar sì fid'amante,

di cui la più costante

non vede il sol, dovunque spiega i rai.

AMORE
(come Eco)

Ahi.

CLORI

Ti duoli Eco pietosa al mio cordoglio.

AMORE
(come Eco)

Doglio.

CLORI

Ti duoli; e 'l disleal di me si ride.

AMORE
(come Eco)

Ride.

CLORI

Perfido; io pur l'ho visto

tutto d'amore ardente;

udito; io l'ho pur dire,

ch'al mio sincero ardore, arde egualmente...

AMORE
(come Eco)

Mente.

CLORI

Mente il crudele, e d'ogni pena è degno.

AMORE
(come Eco)

Degno.

CLORI

Or, che posso far io,

che più l'empia beltà, non m'innamori?

AMORE
(come Eco)

Mori.

 
Qui la Gelosia non veduta da Clori gli [mette] al seno un serpe.

Gelosia ->

 

CLORI

Oh, cruda man di morte,  

ch'ora mi stringi il seno:

oh, dolore, oh veleno.

PANE

Che di'? Parti, ch'io sia

menzognero, o verace?

Orsù, Cloride mia,

prendi novello amante, e datti pace.

CLORI

Oh dio, che fiere tempre,

che tempre sì contrarie, e sì diverse

prova il mio seno in uno istesso loco?

Ho qui ghiaccio, ho qui foco:

nasce il gel dall'ardor, l'ardor dal ghiaccio;

così tra foco, e gel mi struggo, e sfaccio.

PANE

Oh, se degno fuss'io

di queste, nel cordoglio, ancor gioiose

belle luci amorose,

come fido sarei,

come t'adorerei?

Su, Cloride mia bella,

dilegui dal tuo petto

il mio gradito ardore, fiamma novella:

prendi me per amante,

che s'io non ho di Zeffir la bellezza,

almeno io son costante;

ei sempre vola, e non ha nai fermezza.

Ma vedilo (o bugiardo,

oh mentitor fallace)

vedilo, che già stanco

dagl'amplessi di quella, onde sì sface;

a questo bel soggiorno,

per di nuovo schernirti, or fa ritorno.

 

Scena quarta

Zeffiro, e Clori.

<- Zeffiro

 

ZEFFIRO

O mio bene, o mia vita;  

scusa la mia dimora:

sin alla terza sede

ho servito le dèe, che Cipro adora;

poscia subito ho volto indietro il piede,

per mirar la beltà, che m'innamora.

CLORI

Perfido, a che di nuovo

a lusingare, ad ingannar ritorni

un'amante schernita,

un'amante tradita?

Ah, già noti mi sono

i tuoi perversi inganni,

e di mai più tradirmi invan t'affanni.

ZEFFIRO

Io tradirti, o mia diva?

Tolga il ciel, tolga Amore

da me sì detestabile furore.

CLORI

Crudel, se d'altra face

era acceso il tuo petto;

perché, perché mostrarmi

tant'amor, tant'affetto?

Perché, perché chiamarmi

tuo desio, tuo diletto?

Perché fingerti mio,

se d'altra era il tuo core, e 'l tuo desio?

ZEFFIRO

Ah, che null'altra amai:

Clori, tu del mio petto

fusti la prima fiamma,

e l'estrema sarai.

CLORI

Ohimè, qual ria vaghezza

ti mosse a perturbar mio lieto stato?

Ohimè, ch'io mi godea

un viver tranquillissimo, e beato:

mentitor dispietato,

lusinghiero mendace,

tu, con mill'arti, e mille

venisti a mover guerra alla mia pace:

o glorioso vanto,

o superbo trofeo,

semplicetta ingannar pura donzella,

fida almen, se non bella.

ZEFFIRO

Oh parole, oh ferite

che tanto ingiustamente

con ogni vostro detto il cor m'aprite.

CLORI

Ingrato; troverai

più fin oro in un crine;

porpore più ridenti

in due labbra amorose;

stelle vieppiù lucenti

in due luci vezzose;

ma, già non troverai più bel tesoro,

di questa pura fede, ond'io t'adoro:

ma, che dico, t'adoro?

Ah falso; t'adorai

quando i tuoi non conobbi iniqui inganni:

or, conosciuta tua perfidia appieno,

odio te, odio me, perché t'amai.

Deh, non avessi mai

tu, nelle rive mie fermato il piede;

deh, no avess'io mai

al suo falso parlar prestato fede;

oh inganno, oh perfidia, oh ria mercede.

ZEFFIRO

Misero; in sì brev'ora,

così cangiata sei,

luce degl'occhi miei?

Deh, mie care pupille,

rasserenate queste

importune tempeste;

altre, che voi non amo,

altre, che voi non bramo.

CLORI

Togliti a me davanti;

vanne, ingrato, a colei,

vanne a colei, ch'adori;

ridi de' miei dolori;

narrale i pianti miei:

vanne ingrato, che sei;

vanne, ch'io prego il cielo,

che quanti, ivi tu godi amplessi, e baci,

tanti ti sieno al cor serpenti, e faci.

ZEFFIRO

Non fuggir, o mia vita:

arresta, arresta il piede,

rimira la mia morte, e la mia fede.

CLORI

Torna addietro importuno;

né più fissar nelle mie luci il guardo:

prima mai di mirarti,

prima mai d'ascoltarti,

giuro passarm'il cor con questo dardo.

 

Clori ->

ZEFFIRO

Fugge, lasso, e s'invola,  

s'invola agl'occhi miei

quella, per cui beato esser credei.

Oh mie vane speranze,

oh fallaci contenti,

oh veraci tormenti.

Qual dagl'orridi abissi

nuova furia è venuta,

con lingua tanto ingannatrice, e ria,

a turbar la tua pace, anima mia?

Io, mancar mai di fede?

Io, che sì fido adoro

il sol degl'occhi tuoi?

Io, che non ho tesoro

più caro, che sapor d'esserti amante,

io perfido son detto, ed incostante?

Per chi vuoi tu, ch'io lasci

il mio fermo desio?

Per chi vuoi tu, ben mio,

ch'oblii la tua bellezza, e la mia fede?

Chi vuoi, che m'invaghisca,

s'altra più di te bella, il sol non vede?

S'in cielo, in terra, in mare,

Clori, tu non hai pare?

Qualunque tu sei stata,

lingua bugiarda, e rea,

c'hai tanta mia dolcezza avvelenata,

possi provar ogn'ora

quest'acerbo martir, che sì m'accora.

PANE

Zeffiro; io non vorrei

per donna sì volubile, e leggera,

provar pena sì fiera;

sappi, che la tua Clori,

ama dell'Appennino il chiaro figlio,

rigator dell'Etruria, ama il bell'Arno:

ella, stassi mai sempre

alle sue liete sponde,

ed arde amata amante, il dio dell'onde.

Questa, per leggerezza

oggi finse d'amarti;

ma visto poi, che 'l tuo servente foco

l'era d'impedimento

al suo dolce contento;

fingendoti spergiuro, e d'altra amante,

liberar s'è voluta

dall'importunità delle tue piante:

or tu, se saggio sei,

quanto disprezza te, disprezza lei.

 

Pane ->

ZEFFIRO

Acerbissimi detti,  

spietatissimi strali,

che tanti, quanti sete,

l'alma mi trafiggete.

Perfida è la mia donna;

la mia fede è tradita;

traditrice è colei,

ch'amo più della vita:

la mia fede è tradita:

io son deluso, ed altrimenti

gode il mio bel tesoro;

altri gode, altri è lieto, ed io mi moro.

Oh frode, oh tradimento

non visto mai, non mai sentito innante;

me, chiamar incostante,

ed esser tanto infida?

Oh, misero amante,

ch'in donna mai si fida;

oh, misero chi crede,

che possa la perfidia aver mai fede.

Crudele, imposto m'hai,

ch'io mai più non rimiri

gl'occhi, che tanto amai;

crudele, imposto m'hai

ch'io più non fermi il piede, ove tu sia;

farollo, anima mia:

per non vietare i tuoi

fortunati diletti,

andronne a più solinghi ermi ricetti

degl'iperborei mari,

delle libiche arene,

che pria voglio lontano a te morire,

che turbar col mio volto, il tuo gioire.

Lasso; ma, perché deggio

del mio caro tesoro altri far lieto?

Perché deggio lasciar sì cari lumi?

Perché morir degg'io,

privo, ohimè, del ben mio?

Ardisci, o core, o destra;

sul famoso Cefiso

rapì Borea Orizia:

che non rapisco anch'io

la bella Clori mia?

Ah, che d'ignobil petto

la violenza è figlia:

e vieppiù, che diletto,

deve dirsi dolore,

gioir del corpo, e non gioir del core.

Porgi ad altri pur vita,

poiché neghi a me darla,

o mia fiamma gradita;

fate ad altri Oriente,

nelle tenebre mie, care mie luci:

io, privo de' bei rai,

vi piangerò lontane,

se vicine v'amai:

e benché a me scortesi, ad altri grate,

sempre vi adorerò luci spietate.

Piagge, un tempo, mio bene,

unico mio conforto;

care piagge tirrene

vi lascio, e 'l mio dolor meco ne porto:

se gioisse ridenti

a' miei cari contenti,

or meste accompagnate il pianto mio;

care mie piagge addio.

Addio cari arboscelli,

addio limpidi fonti,

addio puri ruscelli,

addio gelidi specchi, ombrosi monti:

se gioiste beati

a' miei giocondi fiati,

or mesti accompagnate il pianto mio,

cari arboscelli addio.

Io parto; al mio partire

voi bei mirti languite;

al mio fiero martire,

lauri, l'eterna chioma inaridite:

cangisi in fosco orrore

l'alma scena d'Amore;

e languenti, e spogliati,

piangan la mia partita i boschi, e i prati.

Voi più non m'udirete

spirar tra stelo, e stelo;

voi più non mi vedrete

ornar la terra, e innamorare il cielo,

tirrena aria gradita,

Zeffiro fa partita,

Zeffiro t'abbandona,

e già soffia Aquilone, ed Austro tuona.

 
 
La scena di verde si cangia in orrida.

Zeffiro ->

Bozzetti

 Q 

 

Scena quinta

Austro, Borea, e coro di Tempeste.

<- Austro, Borea, tempeste

 

AUSTRO

Borea, non per disdegno,  

non per odio tra noi; ma per vendetta

di Zeffiro oltraggiato;

nelle tosche foreste

spargi tu le pruine, io le tempeste.

BOREA

Eccomi d'aspre nevi,

e d'orribili ghiacci i vanni armato;

eccomi al tosco ciel Borea sdegnato

abbattiamo, atterriam, l'ingrate selve,

e ne' campi ancidiamo uomini, e belve.

 
Cade pioggia, e grandine, con lampi, e tuoni.
 

CORO DI TEMPESTE

Suonino,  

tuonino

sdegnate nubi in cielo:

cadano,

vadano

in giù tempeste, e gelo.

 
Coro di ninfe Napee, e di Nereidi, che con ballo mesto piangono la rovina de' lor campi.

<- napee, nereidi

 

NAPEE

Son queste, ohimè, son queste  

le nostre amene rive?

Lagrimiam, sospiriam silvestri dive.

NEREIDI

Son queste, ohimè, son queste

le nostr'acque gioconde,

lagrimiam, sospiriam ninfe dell'onde.

NAPEE

Dov'è l'alto mio faggio?

Dov'è l'ombra gentil del mio bell'orno?

Ahi, dove fa soggiorno

il bel platano mio?

Vi svelse oltraggio rio;

vi recise dal suol turbo spietato,

piante, pregio del bosco, onor del prato.

Lagrimiam, sospiriam afflitte dèe

Nereidi, e Napee.

NEREIDI

Dov'è 'l ceruleo grembo

cari ondosi cristalli?

Dove più guiderem gl'usati balli?

Nel bel regno celeste

suonan nembi, e tempeste;

mugge il marino armento,

gonfia il mare, arde l'aria, e stride il vento.

Lagrimiam, sospiriam afflitte dèe

Nereidi, e Napee.

UNO DEL CORO

Ecco, d'orrida nube

tutto si copre omai l'aereo campo:

fuggiam ninfe, fuggiamo il tuono, e 'l lampo.

 
S'oscura la scena e cadono saette.
 
Coro di Tempeste, con ballo strepitoso.
 

Suonino,  

tuonino

sdegnate nubi in cielo:

cadano,

vadano

in giù tempeste, e gelo.

 

Fine (Atto quarto)

Prologo Atto primo Atto secondo Atto terzo Atto quarto Atto quinto

Campi tirreni.

Mercurio
 

Oh miseri mortali

Mercurio ->
<- Amore, Pane

Pane, il cui nume adora

(Amore si cela)

Amore, Pane
<- Clori

Aria, per dove passa

Amore, Pane, Clori
<- Gelosia

(Gelosia non veduta da Clori)

Lassa; che fo? Che tento?

Amore, Pane, Clori
Gelosia ->

Oh, cruda man di morte

Amore, Pane, Clori
<- Zeffiro

O mio bene, o mia vita

Amore, Pane, Zeffiro
Clori ->

Fugge, lasso, e s'invola

Amore, Zeffiro
Pane ->

Acerbissimi detti

Amore
Zeffiro ->

Scena orrida.

Amore
<- Austro, Borea, tempeste

Borea, non per disdegno

(cade pioggia, e grandine, con lampi, e tuoni)

Coro di tempeste
Suonino, tuonino
Amore, Austro, Borea, tempeste
<- napee, nereidi

(s'oscura la scena e cadono saette; ballo strepitoso)

Coro di tempeste
Suonino, tuonino
 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta
Campi tirreni. Campi tirreni. Campi tirreni. Campi tirreni. Inferno. Campi tirreni. Campi tirreni. Scena orrida. Scena orrida. Campi tirreni.
Prologo Atto primo Atto secondo Atto terzo Atto quinto

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