Atto terzo

 

Scena prima

Deliziosa fiorita.
Narete, Licori ed Elpina.

 Q 

Narete, Licori, Elpina

 

ELPINA

Or vedi tu Licori,  

s'anche qui ci son fiori?

LICORI

Elpina, in questo

empio scoglio, e funesto, anche un bel fiore

a me sol spira orrore.

I nostri verdi colli,

e 'l chiaro ruscelletto

che gorgogliando ne discende, ognora

mi stanno innanzi, e gli occhi lagrimosi

non chiudo al sonno mai, che non mi sembri

ne' vaghi prati, o ne' boschetti ombrosi

tra le mie bianche agnelle

tesser ghirlande, ed intrecciar fiscelle.

ELPINA

Ma dì, non vogliam noi sederci alquanto

su questo cespo erboso,

e i dolor nostri raddolcir col canto?

NARETE

Ripugna il nostro stato al bel desiro:

o figlia i nostri canti

a Sciro dénsi, deh serbiamgli a Sciro.

 

ELPINA

Cerva che al monte    

lieta se n' corre,

cerca del fonte,

salta, e trascorre;

pago sì fa il suo cor libertà.

Ma piaggia fiorita,

ameno boschetto,

erbetta gradita,

canoro augelletto

rallegrar chi n'è privo non sa.

S

Sfondo schermo () ()

 

Scena seconda

Oralto e detti.

<- Oralto

 

ORALTO

O là fra voi raccolti  

che macchinate? ognun si parta, e sola

resti Licori.

ELPINA

Ahi che sarà!

NARETE

Signore,

sovvienti...

ORALTO

Ancor non parti?

Morto se' tu, s'un'altra volta il dico.

NARETE

Numi voi custodite un sen pudico.

Narete, Elpina ->

 

Scena terza

Oralto e Licori.

 

ORALTO

Ninfa, ben dir poss'io,  

che quando in questa terra io te condussi,

condussi il foco nell'albergo mio.

 

Ben talor meco mi adiro,  

e discaccio il molle affetto

dal feroce cor severo:

ma che val? nell'alma mia

(non saprei dir per qual via)

torna tosto quel desiro;

e qualora io ci rifletto,

mal mio grado, e a mio dispetto

trovo te nel mio pensiero.

 

 

Però se a tua ventura  

sai gir incontro, essa ti porge il crine;

ché dove gli altri in barbaro, e lontano

suolo saran condotti,

tu se a gradire, ed a riamar t'appresti,

meco qui rimarrai,

e mia donna sarai.

LICORI

Tolgalo il ciel; del padre mio infelice,

della sorella il fier destino anch'io

vo' più tosto seguir; mi tenti invano.

ORALTO

Tu certo indegna sei

d'aver gli affetti miei;

certo fa grand'errore

chi far ti cerca onore.

Tu non t'accorgi ancor d'esser mia schiava,

tu non pensi, che intero

ho sovra te l'impero,

e ch'è sol cortesia

il chieder ciò, ch'io posso

prendermi a voglia mia.

LICORI

Erri di molto; in serve membra io l'alma

sempre libera avrò; de le tue mani

può sempre uscir chi può del mondo uscire;

sappi, che già fermato ho nel mio core,

tosto ch'oltraggio meditar ti vegga,

di lanciarmi nel mare,

ove più cupo appare.

ORALTO

Tanto funesto, ed odioso oggetto

io dunque, o iniqua ti rassembro?

Licori ->

 

Scena quarta

Morasto e detto.

<- Morasto

 

MORASTO

A tempo  

per certo giunsi; in gran periglio i' veggo

Licori, ed opportuno

ben è l'avviso che al corsaro io reco.

E che fa a sì grand'uopo

quel suo pastor, ch'era pur ora seco?

ORALTO

Or vien, ch'io voglio trarti

in parte ove insegnarti...

MORASTO

Signore, in sottil legno

un messagger d'Alconte

pur ora è giunto.

ORALTO

In breve

tu vedrai...

MORASTO

Ricca, e non usata preda

offre la sorte, ma il messaggio anela

che si tronchi ogn'indugio.

ORALTO

Ov'è egli? seco

fa' ch'io parli, son pronto, eccomi teco.

Morasto, Oralto ->

 

Scena quinta

Licori, Elpina e Narete.

<- Licori, Elpina, Narete

 

ELPINA

Pur ti lasciò colui  

che più del lupo, e più dell'orso io temo.

In quella fratta ascosa

rimirando mi stetti, e ad ogni moto

mi palpitava il core.

LICORI

In così estremo,

padre, crudel periglio,

qual mai

mi dài,

qual prenderò consiglio?

NARETE

Fuggi, figlia, ed in quella occulta grotta,

ch'io ti mostrai colà dentro lo scoglio,

ad appiattarti corri:

va' seco Elpina; io rimaner qui voglio.

 

LICORI

Vado sì, dove a te piace,  

ma non spero aver mai pace.

Corro sì, ma in ogni loco

di fortuna sarà gioco;

poiché meco ognor verrà

ira, amor, spavento, e duol.

Ov'io vada, o padre amato,

il mio fato

ritrovar ben mi saprà,

benché ascosa ai rai del sol.

Licori, Narete, Elpina ->

 

Scena sesta

Morasto.

<- Morasto

 

MORASTO

Dal tiranno di Patmo  

chiamato, Oralto or or si parte: cieli,

questo s'io qui rimango, è pur quel punto,

che bramai sì. Ma se in mia man qui resta

Licori, e qual mai deggio

aspra pensar vendetta?

Ah ben lo so: dentro munita nave

lei co' suoi porre, e col suo vago, e a Sciro

mandarla tosto, e dove il vento gira

girmene io solo in strana opposta parte,

a viver sempre di dolore, e d'ira.

 

Vanne ingrata, e per vendetta  

a me basti,

che a conoscer sii costretta,

di qual uomo ti privasti,

e che intenda a tuo sconforto,

quanto è il torto

ch'or mi fai.

Nel mio cor sì generoso,

nel mio petto sì amoroso

quanto errasti,

troppo tardi allor vedrai.

Morasto ->

 

Scena settima

Osmino e Narete.

<- Osmino, Narete

 

OSMINO

Questo clamor di marinari, questo  

affrettar di soldati

con presagio funesto

mi feriscono il cor: l'ora fatale

s'appressa forse, che quai vili armenti

a vender tutti ci trarrà l'avaro

crudel corsaro?

NARETE

A questo egli ci serba.

OSMINO

All'antro, ov'è Licori

n'andrò, pria che sia presa

spirerò in sua difesa.

 

NARETE

Pan, ch'ognun venera  

qual dio possente,

quell'alma tenera

soccorri tu.

OSMINO

Pietà ti stringa

d'un'innocente,

che di Siringa

leggiadra è più.

 

Scena ottava

Elpina e detti.

<- Elpina

 

ELPINA

Padre, nel tenebroso orrido speco  

Licori è già nascosta:

io da prima v'entrai

tremante, e paurosa,

e lagrimava io già, quando Licori

mi fe' scoppiare in riso;

perché seder credendo

sovra un macigno, in fresca onda, che quivi

chetamente zampilla,

tutta s'immerse: il velo suo rimira,

quant'è ancor molle, e come ancora stilla.

NARETE

Età felice, che in ogni tempo

a rallegrarsi le voglie ha pronte.

 

Scena nona

Oralto, Morasto e detti.

<- Oralto, Morasto

 

ORALTO

Morasto, io parto; il collegato Alconte  

a lui ratto m'appella. Il mio ritorno

oltre al secondo, o forse al terzo giorno

non tarderà. Tu veglia intanto, e attento

l'isola custodisci: anzi tutt'altro

costor rimetti in ceppi.

Ma la ninfa dov'è, ch'io di condurmi

t'imposi?

MORASTO

In van signore

l'ho ricercata in ogni parte, in vano

ho trascorso più volte

il bosco, il colle, il piano.

ORALTO

Narete, o là, fa' tu che senza indugio

sia qui Licori; io meco

condur la voglio.

OSMINO E ELPINA

O dèi!

NARETE

Ahi signor, che chiedesti!

A' sommi dèi piacesse,

che tua far si potesse.

Pur or quando giungesti,

o acerbo caso! io distemprava in pianto

i miseri occhi miei.

O sventurata figlia!

Mira, ecco quanto mi riman di lei.

ORALTO

Questo è 'l suo velo.

NARETE

Insano impeto, e cieco

occupò l'infelice,

che d'improvviso ascesa

de l'alto scoglio in cima,

dove nereggia il più profondo flutto,

disperata lanciossi.

Accorremmo con strida,

ma ohimè che sol la spoglia sua trovossi

galleggiar sovra l'onde;

mira com'è stillante.

OSMINO

Al cupo fondo

nelle sue veste involta

la misera fu tratta.

ELPINA

O sfortunata!

ORALTO

O stolta!

OSMINO

Ad avvisarla io corro.

(parte)

Osmino ->

 

ORALTO

Dunque adempié costei con pazze voglie  

la sua fiera minaccia? in cor di donna

tanto furor s'accoglie?

 

Perdo ninfa, ch'era una dèa,  

e 'l suo prezzo, ch'era un tesor.

Vendicarmi,

disfogarmi

turba rea

al ritorno ben saprò;

voi malnati allor farò

scopo, e segno al mio furor.

Oralto ->

 

Scena decima

Morasto, Narete ed Elpina.

 

MORASTO

Dite Elpina, Narete,  

l'amaro caso è vero?

O pur finto l'avete?

NARETE

Donde mai tanto ardore?

Qual interesse ha in ciò costui?

ELPINA

Scoprire

dobbiamogli il fatto o pur celare?

MORASTO

Ancora

sì crudeli mi siete?

Ancor mi sospendete?

 

Dite, ohimè, ditelo al fine,  

deggio vivere o morir?

Sta mia vita in sul confine,

pronta è già l'alma ad uscir.

 

Scena undicesima

Licori, Osmino e detti.

<- Licori, Osmino

 

LICORI

Grazie, o padre, agli dèi.  

OSMINO

Già sale in nave

il fier corsaro, ei già discioglie, e muove.

MORASTO

Ahi misero! per me morta è Licori,

ma per altrui brillante è più che mai.

ELPINA

Ora l'armi e 'l comando

si restano a Morasto.

OSMINO

Ei nobil alma ha in seno,

e cor gentile.

ELPINA

Il porci in libertade

è in suo potere; pietà signor, pietade.

NARETE

Fuggi quest'aspro scoglio,

lascia il crudo ladrone. e vienne a Sciro.

Quivi di campi, e di fecondi armenti

dovizia io ti prometto, e se a tua patria

girne di poi vorrai,

ricco, e lieto v'andrai.

ELPINA

Non fu con tanta gioia accolto Alcide,

poiché di mostri, e belve

purgate avea le selve,

con quanta esser tu puoi

venendo a Sciro, e conducendo noi.

 

Cento donzelle  

festose e belle

t'incontreranno

con fronde, e fiori.

Con suoni, e canti

lieti, e brillanti

a te verranno

cento pastori.

 

LICORI

Deh fa' che tu ti pieghi,  

se alcuna cosa ponno,

o le lagrime, o i prieghi.

MORASTO

Tu ancor mi prieghi? tu? spietata ninfa?

Esser debb'io di tanto don cortese

a chi sì indegnamente

mi dileggiò, m'offese?

Dritto non fora in me l'andar pensoso

su la più fiera, e più crudel vendetta?

Ma non temer Licori,

avanti l'alba in libertà sarai,

e teco il tuo pastor, che tanto adori.

N'andrai contenta a Sciro sì; ma sappi,

sappi infedel, che chi ciò ti concede

non è Morasto, è Osmino:

quell'Osmino, o crudel, a cui la fede

per romperla tu desti;

quegli, ingrata, cui tanto amar fingesti

al dolce tempo dell'età primiera.

ELPINA

O numi qual portento!

LICORI

Padre che fia? che sento?

MORASTO

Or vanne pur; né ti dia forse noia

il timore d'avermi ognor presente,

qual perpetuo rimprovero: la bella,

e si da me già sospirata Sciro,

in tant'odio or mi cade,

ch'anzi che ad essa, io trar prometto il piede

all'iperboree estreme aspre contrade.

 

Fra inospite rupi  

co' serpi, e co' lupi

a viver me n' vo.

Pur ch'io più non veggia

un'alma sì ingrata,

che infida, e spietata

tradisce, e dileggia,

contento io sarò.

 

LICORI

Ciel, tu m'assisti: al solo Osmino io sempre  

nutrii fede, ed amore;

né per altro segu'io questo pastore,

se non perch'ei pur or creder mi feo,

esser Osmin d'Alceo.

MORASTO

Che intendo? o scellerato!

Dunque così mentire il nome ardisci?

Così inganni, e tradisci? io nel tuo sangue

farò...

NARETE

Ferma, e t'accheta;

pongasi tutto in chiaro, udiamlo prima.

OSMINO

Io tutti chiamo in testimonio i dèi,

che nulla finsi, e ch'il mio nome è Osmino

e che quanto allor dissi Elpina, a te,

tanto dissero a me

quegli stessi corsar, che appunto a Sciro

bambino mi rapiro.

NARETE

Dunque rapito a Sciro

tu fosti, e fur corsar che ti rapiro?

Ma quanto avrà che ciò segui?

OSMINO

Ben tosto

del quarto lustro il second'anno appressa.

NARETE

O provvidenza eterna,

ch'ogni cosa governa! Osmin d'Alceo,

parlare io posso appena,

Osmin d'Alceo, e di Silvia

è questi sì, ma non il tuo, Licori;

quei non fu da corsari, e non a Sciro,

fu tolto a Lemno, e dai traci, e fu tolto

forse tre anni innanzi.

MORASTO

E che fingi tu mai?

Non ebbe Alceo più d'un Osmino.

NARETE

È vero,

ma i genitori tuoi,

dopo aver te perduto,

a Tirsi in fasce ancor nome cangiaro,

ed Osmin il chiamaro.

ELPINA

Fia questi adunque il fanciullin smarrito,

di cui la veste in molto sangue intrisa

nel bosco si trovò vicina al lito.

OSMINO

Forse quel sangue era d'un fido veltro,

del quale udii, che a gran fatica ucciso

fu poi gettato in mar.

NARETE

Il tutto è chiaro;

ma non vedete voi

che l'un negli occhi, e nella fronte ha il padre,

l'altro nel labro tutta

ci ricorda la madre?

MORASTO

O sommi dèi,

per quali occulte vie

conducete i mortali!

LICORI

E a quanta gioia

serbaste i giorni miei!

 

Dalla gioia, e dall'amore  

il mio seno è quasi oppresso.

Questo è Osmino: io sento il core

farmi fede ch'egli è desso.

 

MORASTO

Così da morte a vita  

in un punto risorgo?

OSMINO

A me germano

dunque amico tu sei?

ELPINA

Licori, il cielo

ti ristorò dalle sventure tue;

un Osmino perdesti,

e ne ritrovi due.

MORASTO

Al mio furore

deh perdona cor mio;

tu vedi, ch'ei non era altro che amore.

LICORI

E per voler te solo, io te sprezzai,

talché odiar mi facea lo stesso amore;

e se pur altri amai,

infedel mi facea la sola fede.

NARETE

Certo più fida ninfa il sol non vede.

LICORI

Ma perché porti tu quel fiero nome?

MORASTO

Posto mi fu dai traci.

ELPINA

O quanta a Sciro

porterem gioia e meraviglia, e come

saranci tutti intorno!

NARETE

Al buon Alceo

parmi veder giù per le crespe guance

di sua letizia in segno

le lagrime cader senza ritegno.

LICORI

Ma che indugiar? Diansi ben tosto a' venti

inclementi le vele,

ché periglioso è più del flutto infido

questo lido crudele.

MORASTO

Sì, in questa notte istessa,

già che i numi alla fine il varco apriro,

questo scoglio si fugga

torni Sciro a Sciro.

(s'incamminano tutti per partire, e al parlar d'Elpina s'arrestano)

ELPINA

Ma non vegg'io nubi raccorsi e al cielo

parte velar della serena faccia?

LICORI

Pur troppo è ver, minaccia

tempesta e nembi d'improvviso velo.

OSMINO

Non però mai questo timor prevaglia

a quel d'Oralto che tornar potria.

MORASTO

Di questo a fronte leggér' cosa sia

e d'Euro e d'Aquilon l'aspra battaglia.

NARETE

No no, non tardiam già; sperar ci giova

ne l'alma dèa, che al cielo e all'aria impera;

e perché suo valor per noi si muova,

fervida a lui facciam volar preghiera.

 

Te invochiamo, o Giunone; a te nel tempio  

arderan l'are, penderanno i voti;

tu frena i venti insani e fa' che scempio

non osin minacciare a' tuoi devoti.

Narete, Morasto, Osmino, Licori, Elpina ->

 
 
Partono e la scena si muta in orrida e tenebrosa montagna con bocca chiusa di grandissima spelonca. Segue sinfonia, dopo la quale comparisce da una parte Giunone sopra nuvole con corteggio d'Aure, che così parla:

 Q 

<- Giunone, corteggio d'aure

 

GIUNONE

Da gli egri mortali  

per schermo de' mali

al cielo preghiera

non mandasi in van.

A' patrii lor nidi

n'andranno i miei fidi,

ché d'aria sì nera

indarno si teme,

e invano ora freme

lo strepito insan.

 

 

Però ad Eolo ne vengo  

c'ha in questo mondo ampio e superbo albergo,

perché a mio senno io voglio

ch'oggi de' venti suoi freni l'orgoglio.

 
 
Qui precipita la gran porta della grotta ed apparisce la reggia d'Eolo, lavorata nelle viscere del monte con ricchi ornamenti di natura e d'arte.

 Q 

<- Eolo, venti

Ei si vede nell'ultimo fondo con gran turba di Venti, altri d'orrido, altri di grazioso aspetto. Segue bizzarra sinfonia, e fra tanto egli viene avanzando col suo accompagnamento.
 

GIUNONE

Amico nume, che se ben sotterra  

incavernato stai,

in mare, in aria, in terra

sommo poter pur hai,

talché in questi tre regni

dir si può che tu regni,

da l'eterea magione

a te se n' vien Giunone.

EOLO

O del supremo Giove

consorte eccelsa, o arbitra del mondo,

qual mai cagion ti muove

a scender dalle stelle in questo fondo?

Leggér per certo non sarà disio,

ché qui non ti vid'io per fin da quando

fiero venisti ad intimar comando

contro l'Iliaca gente a te rubella

di scatenar procella.

GIUNONE

Mente diversa or qua mi tragge; stuolo

sacro al mio nonne solo ed a me caro

di feroce corsaro i ceppi sciolse,

e in ver la patria volse ardita prora.

Tu puoi far che in brev'ora i desiati

porti afferri, se a' fiati procellosi

tanto d'uscir bramosi argin tu metti,

e i tieni avvinti e stretti.

EOLO

Pronto eseguisco, al popol mio feroce

legge sarà tua voce.

 

Spirti indomabili,  

qual nuovo fremito?

Vano è l'orgoglio,

in queste orribili

due grotte rapidi

inabissatevi.

Sbucar non sperisi

per lungo spazio.

I ceppi ferrei

che giova mordere?

Sotto 'l mio imperio

qui convien fremere,

spirti indomabili.

 
Fa entrare i cattivi e tempestosi Venti in due gran caverne, che sono da l'una parte e da l'altra; poi ripiglia.

venti ->

 

 

E perché lieti a la bramata riva  

giungan tuoi fidi, o diva,

eccoti in libertà leggiadri e snelli

i miti venticelli.

 
Qui si fanno avanti gli altri Venti che, salendo su le nuvole, ciascun di essi dà mano a una de l'Aure e, condottele in terra, formano insieme un ballo.

<- altri venti

 

GIUNONE

Molto ti debbo, o re;  

ma nuova grazia io bramo ancor da te.

Volgendo gli anni, nell'Italia bella

sappi che fian di questi miei pastori

su nobil scena armonica e novella

favoleggiati un giorno i casti amori.

Per udir sì bei casi

in via porransi a stuolo

l'alme d'amor devote.

Non osino in que' di spiegare il volo

maligno Austro piovoso,

o Borea impetuoso;

ma Zeffiro d'amore anch'ei ripieno

l'aria renda soave e 'l ciel sereno.

 

EOLO

Non temer che splenderà  

sovra l'uso in cielo il sol,

e per tutto riderà

d'erbe e fiori adorno il suol.

(si ripete dal coro)
 

GIUNONE

Ma giovar ciò non potrà

al meschin servo d'Amor,

perch'ei seco porterà

le procelle dentro il cor.

(si ripete dal coro)
 
Segue altro ballo, ora a tenor del suono, ora del canto di queste ariette.
 

Fine (Atto terzo)

Atto primo Atto secondo Atto terzo

Deliziosa fiorita.

Narete, Licori, Elpina
 

Or vedi tu, Licori

Narete, Licori, Elpina
<- Oralto

O là fra voi raccolti

Licori, Oralto
Narete, Elpina ->

Ninfa, ben dir poss'io

Oralto|Però se a tua ventura

Oralto
Licori ->
Oralto
<- Morasto

A tempo per certo giunsi

Morasto, Oralto ->
<- Licori, Elpina, Narete

Pur ti lasciò colui

Licori, Narete, Elpina ->
<- Morasto

Dal tiranno di Patmo

Morasto ->
<- Osmino, Narete

Questo clamor di marinari

Narete e Osmino
Pan, ch'ognun venera
Osmino, Narete
<- Elpina

Padre, nel tenebroso orrido speco

Osmino, Narete, Elpina
<- Oralto, Morasto

Morasto, io parto; il collegato Alconte

Narete, Elpina, Oralto, Morasto
Osmino ->

Dunque adempié costei con pazze voglie

Narete, Elpina, Morasto
Oralto ->

Dite Elpina, Narete

Narete, Elpina, Morasto
<- Licori, Osmino

Grazie, o padre, agli dèi

Deh fa' che tu ti pieghi

Ciel, tu m'assisti

Così da morte a vita

Narete, Morasto, Osmino, Licori, Elpina ->

Orrida e tenebrosa montagna con bocca chiusa di grandissima spelonca.

(sinfonia)

(Giunone compare sopra nuvole)

<- Giunone, corteggio d'aure

Però ad Eolo ne vengo

Qui precipita la gran porta della grotta ed apparisce la reggia d'Eolo, lavorata nelle viscere del monte con ricchi ornamenti di natura e d'arte.

(bizzarra sinfonia)

Giunone, corteggio d'aure
<- Eolo, venti

Amico nume, che se ben sotterra

Giunone, corteggio d'aure, Eolo
venti ->

E perché lieti a la bramata riva

Giunone, corteggio d'aure, Eolo
<- altri venti

(i venti salendo su le nuvole, danno la mano a l'aure e, condottele in terra, formano insieme un ballo)

Molto ti debbo, o re

Eolo, Coro e Giunone
Non temer che splenderà

(segue altro ballo, ora a tenor del suono, ora del canto di queste ariette)

 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima
Boschereccia montuosa con veduta da un lato del palazzo d'Oralto. Porto di mare. Deliziosa fiorita. Orrida e tenebrosa montagna con bocca chiusa di grandissima spelonca. Qui precipita la gran porta della grotta ed apparisce la reggia d'Eolo, lavorata nelle viscere del monte con...
Atto primo Atto secondo

• • •

Testo PDF Ridotto