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| Fetonte giace qui, ch'ebbe ardimento | |
| del carro esser rettor del maggior lume; | |
| e se regger alfin ben no 'l poteo, | |
| pure, osando alte imprese, arse, e cadeo. | |
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| Anguillara Metam. d'Ovidio Libro II | |
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Scena prima |
Antro a Teti sacro con ara accesa nel fondo. Si apre la scena verso il fine del primo «Allegro» della sinfonia, e subito si trovano i Sacerdoti di Teti tutti schierati nel fondo dell'antro con accese fiaccole in mano. Climene accompagnata da altri Sacerdoti, si avanza cantando la seguente invocazione destinata a prender il luogo dell'«Andante» dell'apertura. |
Q
sacerdoti di Teti, Climene
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CLIMENE
De' liquidi regni
dagli antri remoti
rispondi a' miei voti,
o madre pietosa,
o Teti vezzosa,
gran diva del mar.
| S
(♦)
(♦)
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CORO DE' SACERDOTI
Dagli antri remoti
rispondi pietosa,
o Teti vezzosa,
gran diva del mar.
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Mentre i sacri Ministri cantano il coro, uno de' medesimi versa sull'ara gl'odorosi profumi. Terminato appena il suddetto, un sotterraneo fremito di repentino spaventevol tremuoto, che al secondo «Allegro» della sinfonia viene sostituito, sorprende, mette in fuga, e disperde tutti i sacri Ministri. Abbandonata, palpitante, e smarrita rimane sola Climene in mezzo agli orrori della vacillante spelonca. A proporzione, che va crescendo il rumore degl'istromenti, veggonsi ondeggiar d'intorno le sassose, oscure, ed ineguali pareti, che strepitosamente in fine rovinando, ed aprendosi, si scopre la deliziosa reggia di Teti. | sacerdoti di Teti ->
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Scena seconda |
Deliziosa reggia di Teti. Siede la Dèa alla destra sopra eccelso trono, sostenuto da un muscoso elevato scoglio, adorno d'archi, e colonne di congelata acqua di mare. Veggonsi ad essa intorno con artificiosa irregolarità situate Naiadi, Limniadi, Nereidi, Sirene, Tritoni, ed altre marittime Deità, ove alcune sovra piccioli scogli, di verde musco vestiti, agiatamente riposano. I leggeri delfini per l'acque, che la reggia inondano, lubricamente si aggirano. Gli annosi fiumi, e le vaghe Ninfe de' ruscelli, e de' fonti, sostenendo le loro urne diverse, e sovra delle medesime in varie guise appoggiandosi, versano quivi di cristallini umori, e di limpid'acque perenni, e copiosi tributi. Mentre Climene corre all'apparir della scena, per gettarsi a piè del materno trono, Teti discende, e fra le sue braccia teneramente l'accoglie. Teti, e Climene. |
Q
<- Teti, naiadi, limniadi, nereidi, sirene, tritoni, altre marittime deità, ninfe
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TETI |
Del mio tenero affetto a darti, o figlia,
qual più chieder saprai men dubbio pegno,
di quest'umido regno agli occhi tuoi
ecco aperti i recessi. Or ciò, che vuoi
a me palesa.
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CLIMENE |
O genitrice, o diva,
forse a te sola ignoti
sono i disastri miei? Vedova, inerme,
fra bellici furori, onde rimbomba
mal sicura la reggia,
mi perdo, mi confondo.
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TETI |
Il tuo periglio
non ti sgomenti ancora.
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CLIMENE |
Un figlio, un figlio,
degna di Febo generosa prole,
de' miei palpiti, o madre,
è l'oggetto maggior. Di mille squadre
gl'insulti, le minacce
forse con alma forte
sostenere io saprei. Ma oh dèi! Pavento
gl'intolleranti moti
di quel nobil coraggio.
Coll'avito retaggio,
fin da' primi anni suoi Merope a lui
Libia già destinò: Libia, onde il cielo
dell'estinto mio sposo
il talamo primier fecondo rese.
Del consorte i disegni
prevennero i miei voti: e a' voti miei
fur presagio felice
degl'innocenti cori
gli allor nascenti pargoletti amori.
Adulti entrambi, in un con lor s'accrebbe
il reciproco ardore.
Ma, d'ogni dritto ad onta, Epafo adesso
spegner sì belle faci
orgoglioso minaccia:
Epafo, che spargendo alte ruine
fe' al nostro ciel tragitto
dall'arenoso Egitto.
Di Congo il fiero Orcane
tutte a mio pro le forze
muover promise, è ver; ma qual poss'io
all'Etiope fallace
fede prestar? Con gli adunati Mori
se lento è a comparir, l'oste d'Egitto
assalirà di Vamba
le già da lunge assediate mura:
e Libia, ohimè! chi sa?...
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TETI |
Paventi invano.
L'Egitto, il mondo intero
non cangeran del fato
l'immutabil voler. Proteo, cui lice,
con fatidico sguardo,
fra l'ombre del futuro
sicuro antiveder, i dubbi tuoi
cessar tosto farà. L'insidie lascia,
che a disporre io ne vada, onde il ritroso
vate a parlar si astringa. Ogni timore
sgombra intanto dal sen. De' fidi amanti
intiepidir gli affetti
Epafo non potrà, che ascosa fiamma
più si spande agitata, e più s'infiamma.
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Tacito, e lento il foco
talor serpendo gira:
finché non spira il vento,
spavento ~ altrui non fa.
Ma quando in ciel si desta
fiera, crudel tempesta,
orribile tremendo
crescendo ~ allor se n' va.
(parte)
| Teti ->
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Scena terza |
Climene, indi Proteo. Sovra carro leggero, tirato da due cavalli marini. Una truppa di Tritoni lo precede cantando a suon di buccina. |
<- truppa di tritoni, Proteo
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CLIMENE |
Questo riflesso appunto
fomenta il mio terrore...
Ma de' marini armenti ecco il pastore.
(si ritira)
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CORO DE' TRITONI
Della gran buccina
il suono udite:
uscite, uscite,
squamosi armenti,
su i campi a pascolar
de' falsi argenti.
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Scena quarta |
Terminato il coro si sente una dolce armonia; ad ascoltar la quale Proteo scende dal carro; e vinto dalla dolcezza de' modulati suoni, sopra picciolo scoglio s'addormenta, e là correndo le Sirene, lo legano allo stesso scoglio; nel quale destandosi Proteo all'improvviso assalto, e vedendo che il dibattersi a lui non giova per sortire da' lacci, ora in acqua, ora in fuoco, ed ora in alato drago trasformasi. Teti, Climene, e Proteo. |
<- Teti
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CLIMENE |
(spaventata dalle mostruose trasformazioni di Proteo)
Che miro! Aita...
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TETI |
Non temer: son teco.
(verso Proteo, che sotto strana, mentita forma tuttavia si nasconde)
Proteo, m'ascolta. Usar qui a te non giova
le solit'arti. Fra quei lacci avvolto
fosti per cenno mio; né andrai disciolto,
a noi svelar, se non prometti pria,
qual fia di Libia, e di Fetonte il fato.
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CLIMENE |
A ripigliar tornò l'aspetto usato;
ma il torbido girar di sue pupille
già mi predice, (ahimè) qualche sventura.
| |
| (Proteo istantaneamente riprende la sua vera forma) | |
PROTEO |
(attaccato ancora allo scoglio)
La caligine oscura
dell'avvenir profondo,
a valicar costretto,
i vostri voti ad appagar m'affretto.
| |
TETI |
A lui quelle ritorte
tolgansi pur. Fallaci
giammai non fur le sue promesse.
| |
| (le sirene lo sciolgono dalle catene) | |
PROTEO |
(inoltrandosi come ispirato, ed estatico)
Il cielo
all'eccelsa d'un nume inclita prole
Libia unita veder destina, e vuole.
Ma quai tede io rimiro
al talamo fatale arder d'intorno!
Sì: vincesti, o Fetonte:
ma de' trionfi tuoi
fia la pompa funesta al mondo, e a noi.
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CLIMENE |
Che intesi! Infausta dunque...
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PROTEO |
A te non lice
di più cercar.
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CLIMENE |
Crudel divieto! Io gelo
a' detti suoi. Di quei presagi oscuri
il vario senso accresce
le mie smanie feroci. A quai tormenti
riserbar mi volete astri inclementi?
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TETI |
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CLIMENE |
Tu consiglia ~ i dubbi miei.
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TETI |
| |
CLIMENE |
Vuoi ch'io speri, e la procella,
che minaccia intorno, e freme,
già mi spinge a naufragar.
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TETI |
Non temer, che amica stella
ravvivar può ancor la speme
di chi geme ~ in mezzo al mar.
(in atto di partire)
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CLIMENE |
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TETI |
| |
CLIMENE |
| |
TETI |
Al lido, ~ che non lice
di far meco a te soggiorno.
| |
CLIMENE
Quante volte in questo giorno
io ritorno a palpitar!
|
Insieme
TETI
Quante volte in questo giorno
fai ritorno a palpitar!
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| (partono insieme) | Climene, Teti ->
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Scena quinta |
Proteo. |
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Il dissipato gregge
si raduni, o tritoni.
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| (partono li tritoni) | truppa di tritoni ->
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Al suo cordoglio
resti l'audace in preda. Ecco: imparate
improvvidi mortali: ecco d'un vano
insano ardir la meritata pena.
Di sue sciagure spesso
fabbro è l'uomo a sé stesso;
e accelerò sovente il proprio affanno
chi osò squarciare innanzi tempo il velo,
onde gli arcani suoi circonda il cielo.
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Voi che sortir d'affanno
col preveder cercate,
vi accelerate un danno,
talvolta incerto ancor.
D'un ben, che possedete,
godete ~ insin, che dura:
dell'avvenir la cura
ai dèi lasciate ognor.
(parte)
| Proteo ->
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Scena sesta |
Gabinetto di specchi. Libia, e Fetonte. Costernati. |
Q
Libia, Fetonte
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LIBIA |
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FETONTE |
Pur troppo. A queste mura
dall'antro a Teti sacro
volgea Climene il piede. Inosservato,
inimico drappello a' regi segni
la riconosce. Del fuggir le vie
tutte occupando allora,
in quella parte, e in questa
la circonda, l'arresta: indi fra mille
confuse d'allegrezza insane grida,
nel vicin campo al duce reo la guida.
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LIBIA |
O impensato disastro! E a tal novella
tu che facesti?
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FETONTE |
Arsi, gelai; fra l'armi,
disperato consiglio
trarmi pensò.
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LIBIA |
Te stesso
inutilmente seco
perduto avresti.
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FETONTE |
Il rischio intesi; e corsi,
per lei fra le catene
volontario ad offrirmi.
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LIBIA |
| |
FETONTE |
Ma il cambio
il tiranno ricusa.
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LIBIA |
| |
FETONTE |
L'infelice regina, oggi tu sola
involar a' furori
di quell'empio potrai.
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LIBIA |
La vita, il sangue
per lei pronta darò.
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FETONTE |
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LIBIA |
L'inumano
da me dunque, che vuol?
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FETONTE |
| |
LIBIA |
| |
FETONTE |
Se non l'ottiene,
a Climene minaccia
scempio, e morte crudel.
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LIBIA |
Mostro spietato!
E tu pensi?...
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FETONTE |
Mia vita,
che mai posso pensar?
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LIBIA |
| |
FETONTE |
Penso, che quella è madre, e ch'io son figlio.
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LIBIA |
| |
FETONTE |
Potrei
mille volte morir pria, che lasciarti.
Ma se per possederti,
mercar oggi io volessi
con quelli d'una madre i giorni miei,
troppo indegno di te, mio ben, farei.
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LIBIA |
Oh figlio! Oh amante! Oh eroici sensi! In seno
mia sopita virtù sento a quei detti
nuovamente destarsi.
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FETONTE |
Che mediti? Che dici?... Ah colla madre
se il figlio ancor veder brami estinto...
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LIBIA |
Corri: salva la madre. Hai vinto, hai vinto.
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FETONTE |
| |
LIBIA |
(piangendo)
Se veder potessi
quanto costa al mio cor...
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FETONTE |
Deh cessa, o cara,
cessa di sospirar. Non piacque al cielo,
che per me tu nascessi. A' suoi decreti
la fronte abbassa; ti consola: il ciglio
alfin rasciuga; e prendi,
mentre la madre a conservar m'invio,
prendi (ah dirlo non so!) l'ultimo addio.
(le bacia teneramente la mano)
| |
LIBIA |
Tu vuoi ch'io mi consoli,
tu vuoi ch'io terga sulle ciglia il pianto;
ma perché, oh dio! perché tu piangi intanto?
(guardando fissamente in volto Fetonte, che piange)
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| |
|
FETONTE
Le mie smanie celarti io dovrei
ma ti perdo; più mia già non sei!
Ah perdona se un ciglio verace
d'ingannarti capace ~ non è.
No, mentir queste luci non sanno,
ti palesan l'affanno ~ del core;
e ti dicon che pena, che muore
chi fedele sol visse per te.
(parte)
| Fetonte ->
|
|
|
Scena settima |
Libia. |
|
| |
|
Misera! E a chi pietade
non fariano i miei casi? Io de' mortali
il più degno adorai. Perder lo deggio,
per darmi in preda, oh dio!
a un rio mostro crudele...
Ah chi può condannar le mie querele?
Ai gemiti si sciolga
omai libero il freno. È troppo giusta
del mio duol la cagione.
Piangasi; e il reo consorte
abbia del suo delitto
nel mio cordoglio almeno
un rimprovero eterno;
e trovi ogni momento
il carnefice suo nel mio lamento.
| |
| |
|
Spargerò d'amare lagrime
l'odioso, infausto letto:
turberò l'altrui diletto
coll'eterno sospirar.
Il mio bene ognor chiamando,
detestando ~ un empio laccio,
andrò in braccio ~ al reo consorte
la sua sorte ~ a funestar.
(parte)
| Libia ->
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| | |
|
|
Scena ottava |
Luogo magnifico destinato alle pubbliche udienze sulla gran piazza di Vamba capitale del regno de' Giacchi, popoli abitatori delle montagne del Sole nell'Etiopia esteriore. A destra eccelso trono di bianchissimo avorio, sormontato da verdi palme, che a guisa d'ombrella nell'alto le spaziose foglie stendendo, fra di loro si congiungono. Fetonte, e Climene scortata dalle Guardie nobili e seguita da' Paggi. |
Q
Fetonte, Climene, guardie nobili, paggi
|
| |
CLIMENE |
Opportuno d'Orcane
giunse il favor. L'inaspettato assalto
Epafo non sostenne. In fuga volto
l'egizio stuolo, io già sua preda, in campo,
libera mi trovai.
| |
FETONTE |
| |
CLIMENE |
Sino alla reggia
scorger mi fece.
| |
FETONTE |
Ad inseguir trascorso
le fuggitive schiere
forse lungi ei sarà.
| |
CLIMENE |
No: viene a noi;
e il re d'Egitto è seco.
| |
FETONTE |
| |
CLIMENE |
Sì, pace trattare vuol meco.
| |
FETONTE |
Il superbo rivale
pretenderà...
| |
CLIMENE |
La legge
ora imporre io gli posso.
Eccolo: in faccia a lui
l'intolleranza tua
cimentar qui non voglio.
Vanne. In soglio io l'attendo.
| |
FETONTE |
Ti servo al trono; e a' tuoi voler mi arrendo.
(dà la mano a Climene per salire sul trono, e parte)
| Fetonte ->
|
|
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Scena nona |
Climene, Orcane, poi Epafo. Dal fondo della scena sortono Epafo, ed Orcane, l'uno e l'altro a cavallo, quello seguìto dal numeroso suo Esercito, e questo preceduto da schiera di Mori pedestri, che portano a lui dinanzi i fumanti argentei vasi, su de' quali ardono gli odorosi profumi, e vengono suonando una barbara marcia, e cantando il seguente |
<- Epafo, mori, Orcane, esercito
|
| |
|
CORO
Fiamme odorifere,
sabei profumi
del grand'etiope
destinsi al piè.
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|
ORCANE
Falangi, eserciti
dispersi, erranti,
fuggan qual turbine
davanti ~ a me.
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| |
| (discendono da cavallo Orcane, ed Epafo) | |
| |
|
CORO
Fiamme odorifere,
sabei profumi
del grand'etiope
destinsi al piè.
| |
| (mentre cantasi il coro, la Regina discende dal trono, e va ad incontrar Orcane) | |
| |
ORCANE |
Dal mio braccio, o regina,
debellato, e sconfitto,
a te pace domanda il re d'Egitto.
| |
EPAFO |
Né abbattuto, né vinto,
come il suo dir risuona,
se la pace bramate, a voi la dona.
Per conservar le schiere, a lui, sorpreso,
l'onor vano lasciai d'un vuoto campo.
| |
ORCANE |
Cercasti nella fuga il proprio scampo.
| |
CLIMENE |
Non più contese. Utile a sé la trova
chi la pace propone.
Io, se Orcane l'approva,
non la ricuso. L'usurpato regno
di Nubia Epafo renda.
| |
EPAFO |
Agli avi miei
tributario, lo sai,
fu quello un dì. Rubelle
all'egizio potere, il tuo consorte
ne scosse il giogo. Della regia figlia
la mano a me di nuovo
ne assicuri il possesso.
S'abbia Climene il resto:
e regnar se le piace,
questo soglio le basti; e regni in pace.
| |
ORCANE |
Regna: Orcane lo vuol, bella regina:
Orcane, che destina,
per sicurezza tua, per suo riposo,
oggi al letto condurti amante, e sposo.
| |
| |
|
CLIMENE
(ad Epafo)
Tu m'offri un regno in dono?...
(ad Orcane)
Amor tu chiedi a me?...
(ad Epafo)
Ma non è tuo quel trono...
(ad Orcane)
Mio questo cor non è.
Nell'urna, estinto ancor
amo chi sempre amai:
né cangia mai ~ tenor ~ la mia costanza.
(ad Epafo)
Ingiusta io qui non voglio
sul soglio ~ altrui regnar;
(ad Orcane)
né indarno lusingar ~ la tua speranza.
| |
| (parte col séguito) | Climene, guardie nobili, paggi ->
|
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Scena decima |
Epafo, ed Orcane. |
|
| |
ORCANE |
Strano inutile amor! Languendo agghiaccia
fra le vedove piume,
chi a' freddi avelli serbar sé presume.
Spento di vita il lume,
s'altri è lieto, o dolente
l'uom non cura, o non sente.
| |
EPAFO |
Eh mal conosci
di donna il cor. Di Merope se vuoi,
che divider fra noi
possiamo i regni; adopra
arte, ingegno, destrezza:
àrmati di fierezza: a nuovo amore
volger fingi la mente. Il tuo disprezzo
non soffrirà Climene. Ogni altro affetto
in petto femminil serve all'impero
di un orgoglio tiranno;
e beltà vilipesa
chi fugge a richiamar condanna spesso
di fasto vano ambizioso eccesso.
| |
| |
|
È la donna, s'io scorgo il vero,
van, leggero ~ mutabil sesso:
fugge spesso ~ da chi l'adora;
l'innamora ~ chi la schernì.
E l'amante, che si querela,
che arde, gela, ~ che ognor sospira,
fasto accresce, baldanza inspira
all'ingrata, che lo ferì.
(parte)
| Epafo ->
|
|
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Scena undicesima |
Orcane. |
|
| |
|
D'obliar quell'altera,
sì, sembiante io farò. Mi vegga in dono
offrire a Libia un core...
Ma non s'infinge impunemente amore.
E ben: la regia erede
amisi dunque. De' consigli suoi
tardi pentito, Epafo a me la ceda.
Il suo retaggio è degno
della grandezza mia, cui molto aggiunge
di forza, e di splendor. De' Giacchi il voto
assicurarmi pria
destramente io saprò. Lieto vedrassi
al nodo illustre oggi esultare un regno
di tollerar già stanco
freno stranier... Ma di Climene intanto
sento, ahimè! che scordarmi,
come vorrei, non posso... Amor, grandezza,
che volete da me? Fra tanti, e tanti
tumultuanti affetti
combattuto, agitato,
mille volte fra me, per mio tormento,
in un punto risolvo, e poi mi pento.
| |
| |
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Penso: scelgo: mi pento: poi torno
a voler ciò, che pure mi spiace...
Ah perduta del core ho la pace;
già più calma ~ quest'alma ~ non ha!
Sì: t'ascolto, superba grandezza,
ma non posso... che affanno! Che pena!...
Un'amabil tiranna bellezza
incatena ~ la mia libertà.
| (♦)
(♦)
|
| |
| (parte col séguito) | Orcane, esercito, mori ->
|
| |
Segue il ballo di Mori, ed Egizi, del Séguito d'Orcane, ed Epafo. | <- mori, egizi, Epafo
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