Atto secondo

 

Scena prima

La scena si cangia in un gran cortile del palazzo reale.
Hyllo, e Iole.

 Q 

Hyllo, Iole

 

HYLLO E IOLE

Amor ardor più rari  

accesi mai non ha,

che quelli onde del pari

le nostre alme disfà

d'avverso ciel le lampe

contro di lui si sforzino,

ch'in vece, che l'amorzino,

l'arricchiran di vampe.

IOLE

Pure alfine il rispetto

di figlio al genitor fia ch'in te cangi

sì amoroso linguaggio.

HYLLO

Che più tosto il tuo affetto

non renda anch'egli al forte Alcide omaggio.

IOLE

Ah che forzar un core

no 'l puote altri che amore.

HYLLO

E di rivale il titolo odioso

qualunque altro bel nome,

che concorra con lui, rende ozioso;

una sol vita il genitor mi diede,

e per te, che mia vita

molto più cara sei

mille vite darei.

IOLE

E per te sol mio bene,

all'empio usurpator contenta i' cedo

il regno, e 'l mondo tutto, e te sol chiedo.

HYLLO E IOLE

Gare d'affetto ardenti

deh non cedete a i guai,

e nel goder non vi stancate mai,

che de' vostri argomenti

nell'uguaglianza sol tutta si sta

l'amorosa felicità.

 

Scena seconda

Paggio, Iole, e Hyllo.

<- Paggio

 

PAGGIO

Ercole a dirti invia, ch'altro non bada,  

che di saper, se nel giardin de' fiori

di condurti a diporto oggi t'aggrada.

IOLE

Come fia, che ciò nieghi?

D'un che sovra di me le stelle alzaro

son comandi anco i prieghi.

HYLLO

Ahi qual torbido, e amaro

velen presaga gelosia m'appresta,

di cui solo il timor già mi funesta.

IOLE

Non temere Hyllo caro:

che non potrà mai violenza ardita

togliermi a te, senza a me tor la vita.

HYLLO

E quando anche in tal guisa

ogn'un meco ti perda amato bene,

qual miglior sorte avrò, che cangiar pene?

IOLE

Da sì grave timor l'alma disvezza,

che quanto Ercol per me palesa affetto,

tant'ha rispetto, ed io per te fermezza.

Torna, digli, ch'io vado: Hyllo vien meco.

HYLLO

E quando io non son teco?

Se dovunque il mio piè giri, o la mente

t'adoro ogn'or presente.

 

Chi può vivere un sol istante  

lunge dal bello che l'invaghì,

dica pur, ch'in lui morì

ogni pregio di vero amante;

d'amore il foco

per ogni poco

ch'intiepidiscasi ghiaccio diviene,

e le di lui catene

più strettamente avvolte

ogni poco, che cedano, son sciolte.

 

IOLE

O gloria

d'amor più nobile

con fede immobile

sempr'arde più;

memoria

non mai vi fu,

che la vittoria

mancassi tu.

Si sciogliono

qual or gl'instabili

rei più dannabili

Amor non ha.

Lo spogliono

di deità

poiché gli togliono

l'eternità.

Hyllo, Iole ->

 

Scena terza

Paggio.

 

E che cosa è quest'amore?  

Di cui parlan tanto in corte,

e canzon di mille sorte

di lui cantano a tutt'ore.

Egli è qualche ciurmadore

poi che a quel, che sento dire

(senza punto intender come)

mentre a stille dà il gioire

e il penar dispensa a some,

fassi il mondo adoratore

egli è qualche ciurmadore.

Di vederlo ebbi gran brame

ma poi seppi, ch'è impossibile,

ch'egli sia già mai visibile

perché sempre è con le dame,

e che queste al finger dotte

se lo tengano celato,

come s'ei stesse appiattato

dentro le cimmerie grotte.

Sfondo schermo () ()

 

Scena quarta

Deianira, Licco, Paggio.

<- Deianira, Licco

 

LICCO

Buon dì gentil fanciullo.  

PAGGIO

E buona notte.

LICCO

Ma dove in tanta fretta?

PAGGIO

A far da gran messaggio.

LICCO

Ascolta un poco, aspetta;

che so qual possa aver faccende un Paggio.

 

PAGGIO

E che tu sai? ch'Iole  

ad Ercole...

LICCO

T'invia.

PAGGIO

Sì affé m'invia...

LICCO

A dirgli.

PAGGIO

È vero a dirgli...

LICCO E PAGGIO

Ch'al giardino de' fiori

ella si renderà com'ei desia.

PAGGIO

Sei tu qualche indovino?

LICCO

E ben famoso,

ch'in simil guisa a me nulla è nascoso.

DEIANIRA

Ah crudo, ah disleale,

ah traditore, ingrato,

ah scellerato, ed empio

dell'amor coniugale

tra noi tanto giurato.

 

 

Qui dunque hai scelto il luogo a farne scempio?  

Ah Deianira ogni ristor dispera,

ch'a morir di dolor sei destinata.

PAGGIO

Che? cotesta straniera

anch'essa è innamorata?

LICCO

Così mi dice, ma d'amor ben vero,

come saggio io non credo,

ch'a gli uomini, poco, ed alle donne un zero.

PAGGIO

Basta per questa corte ogn'or volare

si vede un sì gran numero d'amori,

che non abbiamo a fare,

che ne vengan di fuori.

Ama Hyllo Iole riamato, e l'ama

Ercole assai malvisto, ama Nicandro

Licori, e questa Oreste, e Oreste Olinda,

e Olinda, e Celia scaltre

aman le gemme, e l'oro,

e Niso, ed Alidoro aman cent'altre.

LICCO

E perché ha in odio Iole

Ercole?

PAGGIO

Perché uccise Eutyro.

LICCO

Ed ama

il figlio poi di chi gli uccise il padre?

Ha la pianta in orrore, ed ama il frutto?

Che vuoi giocar ch'io so

la ragion che di ciò

ella in sé covane?

Un d'essi è troppo adulto, e l'altro è giovane

PAGGIO

Fin da principio Iole ardea per Hyllo

onde per compiacerla

le già date promesse

delle nozze di lei ritolse Eutyro

ad Ercole, ch'al fin sì mal soffrillo,

ch'una tal dalla figlia opra gradita

all'infelice re costò la vita.

E tu, ch'il tutto sai

non sai, ch'Ercol' m'attende? e ch'egli è amante?

E che fra quanti mai

ardono al mondo d'amorosa fiamma

non v'è di pazienza una sol dramma.

Paggio ->

 

Scena quinta

Deianira, Licco.

 

DEIANIRA

Misera, ohimè, ch'ascolto.  

Non so, se più gelosa

esser dèa come madre, o come sposa;

che comune è il periglio

alla mia fede coniugale, e al figlio;

almen con soffrir l'uno

schivar l'altro potessi: oh dio qual sorte

prefisse iniquo fato a i miei natali:

ch'io soffra a doppio i mali,

né per schivarne alcun basti mia morte.

O presagi funesti:

Ercol spirti non ha, se non feroci,

e non ferian già questi

i di lui primi parricidi atroci.

Come mal mi lasciai

strascinar da' miei guai

a queste eubee contrade,

ove il destin mi fabbricò l'inferno:

ora, ahi lassa, discerno

quanto meglio era entro le patrie mura

di Calidonia sospirar piangendo

miei dubbi oltraggi, che con duol più orrendo

esserne qui sicura.

 

Ahi ch'amarezza  

meschina me

è la certezza

di rotta fé!

Ahi come, ohimè,

la gelosia

di furie l'Erebo impoverì.

E l'alma mia

ne riempì.

S'in amor si raddoppiassero

tutti i guai, tutti i tormenti,

e ch'in lui solo mancassero

i sospetti, e i tradimenti

fora amor tutta dolcezza.

 

LICCO

Ah fu sempre in amor stolto consiglio  

il cercar di sapere

punto di più, che quel basta a godere;

copron l'indiche balze

sotto aspetto villan viscere d'oro;

ma ben contrario affatto

l'amoroso terreno

sotto una superficie preziosa

sol cattiva materia ha in sé nascosa.

Onde chi vuole in lui

gir scavando tal'or con mesta prova

più s'inoltra a cercar peggio ritrova;

ben lo dicea, che noi sariam venuti

a incontrar pene, e rischi:

ah che d'Ercole irato

qualche stral ben rotato

parmi sentir, ch'intorno a me già fischi.

DEIANIRA

Ah Licco il cor ti manca, ohimè, che sia

di me senza il tuo aiuto?

LICCO

Ah Deianira:

dunque, dunque tu temi?

Io non ho già paura.

DEIANIRA

E in tanto tremi.

LICCO

Ma ve'; poiché nel mondo

ogni cosa ha misura;

forz'è che l'abbia ancor la mia bravura

e siccome tra quelli,

che se nemico ciel senza danari

chi ha quattro soldi è ricco:

così per bravo io solamente spicco

fra tutti quanti li poltron miei pari.

DEIANIRA

Dunque che far dovrem?

LICCO

N'han già cangiati

in guisa tal questi abiti villani,

che se guardinghi andremo

ad altro non potrà, ch'alla favella

Ercole riconoscerne: per tanto

avvertir ne conviene

che qualche beffa, o crocchio

(grazie, ch'alli stranier versa ogni corte)

non c'irriti a parlare, e di tal sorte

farem la guerra all'occhio.

Deianira, Licco ->

 
 

Scena sesta

La scena si cangia nella grotta del Sonno.
Pasithea, il Sonno, coro d'Aure e Ruscelli.

 Q 

Pasithea, Sonno, coro d'aure e ruscelli, danzatori come sogni

 

PASITHEA

Mormorate  

o fiumicelli,

sussurrate

o venticelli,

e col vostro sussurro, e mormorio

dolci incanti dell'oblio,

ch'ogni cura fugar ponno

lusingate al sonno il Sonno.

Chi da ver ama

vie più il diletto

del caro oggetto

che 'l proprio brama,

quind'è ch'io posi

la notte, e 'l die

le contentezze mie

del consorte gentil ne' bei riposi.

Brano musicale ()

CORO

Dormi, dormi, o Sonno dormi

fra le braccia a Pasithea

ninfa aver non ti potea

più d'affetti a' tuoi conformi:

dormi, dormi o Sonno dormi.

Dormi, dormi o Sonno dormi

sovra a te gli amori istessi

lente movano le piume;

e al tuo cor placido nume,

gelosia mai non appressi

de' suoi rei sospetti i stormi

dormi, dormi o Sonno dormi.

 

Scena settima

Cala Giunone dal cielo.
Giunone, Pasithea, il Sonno, coro d'Aure e Ruscelli.

<- Giunone

 

PASITHEA

O dèa sublime dèa,  

e qual nuovo desio

a quest'umile albergo oggi ti mena?

GIUNONE

Zelo dell'onor mio

e della fede altrui

a me già sacra, e da sacrarsi, a cui

e frodi, e violenze altri prepara,

onde per fare a ciò schermo innocente

sol per una breve ora

di condur meco il Sonno uopo mi fora.

PASITHEA

Ohimè di nuovo esporre

di Giove all'ire ogni mio ben vorrai?

No, ciò non fia più mai.

GIUNONE

Non temer Pasithea,

che solo è mio pensiero

di valermi di lui con men che numi

di già soggetti al di lui pigro impero.

PASITHEA

E di ciò m'assicuri?

GIUNONE

S'ancor vuoi che te 'l giuri

sul germano di lui lo stigio Lete.

PASITHEA

Basta Giuno: quiete

son già le mie voglie al tuo desir sovrano.

GIUNONE

Porgilo dunque a me, diva, pian piano...

 
Giunone prende nel suo carro il Sonno e parte.

Dell'amorose pene  

sospirato ristoro,

vital dolce tesoro,

ch'il mondo più che Cerere mantiene

dal neghittoso speco

soffri di venir meco,

ch'Amore oggi dispone

contro l'empia insolenza

di straniera potenza

della sua libertà fatti campione.

 

Giunone, Sonno ->

TUTTI

Le rugiade più preziose

tuoi papaveri ogn'or bagnino,

e per tutto gigli, e rose

co' lor aliti t'accompagnino.

PASITHEA

Vanne, e fa breve dimora,

che s'il tuo tardar noioso

ad ogn'un tanto è penoso,

che sarà per chi t'adora?

E Amore ha ben la gloria

di saper nel Sonno ancora

tener desta la memoria.

 
Li Sogni giacenti per la grotta formano sognando la 3ª danza per fine del 2º atto.

Pasithea, coro d'aure e ruscelli ->

 

Fine (Atto secondo)

Prologo Atto primo Atto secondo Atto terzo Atto quarto Atto quinto

Gran cortile del palazzo reale.

Hyllo, Iole
 

Amor ardor più rari

Hyllo, Iole
<- Paggio

Ercole a dirti invia, ch'altro non bada

Paggio
Hyllo, Iole ->
Paggio
<- Deianira, Licco

Buon dì gentil fanciullo.

Paggio e Licco, Deianira
E che tu sai?

Qui dunque hai scelto il luogo a farne scempio?

Deianira, Licco
Paggio ->

Misera, ohimè, ch'ascolto

Ah fu sempre in amor stolto consiglio

Deianira, Licco ->

Grotta del Sonno.

Pasithea, Sonno, coro d'aure e ruscelli, danzatori come sogni
 

(cala Giunone dal cielo)

Pasithea, Sonno, coro d'aure e ruscelli, danzatori come sogni
<- Giunone

O dèa sublime dèa

(Giunone prende nel suo carro il Sonno e parte)

Giunone, Pasithea, Coro
Dell'amorose pene
Pasithea, coro d'aure e ruscelli, danzatori come sogni
Giunone, Sonno ->
 
danzatori come sogni
Pasithea, coro d'aure e ruscelli ->

(li Sogni giacenti per la grotta formano sognando la 3a danza per fine del 2o atto)

 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima
Ne' lati montagne di scogli su li quali si vedono giacenti 14 fiumi; nella prospettiva il mare. Ne' lati boscareccia, e nella prospettiva un gran paese contiguo alla città d'Eocalia. Gran cortile del palazzo reale. Grotta del Sonno. Giardino d'Eocalia. Un mare sui liti del quale sono molte torri. Giardino di cipressi pieno di sepolcri reali La scena si cangia in inferno. Portico del tempio di Giunone Pronuba.
Prologo Atto primo Atto terzo Atto quarto Atto quinto

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