Per non lasciar perire la Doriclea ho formato con frettolosa penna l'Egisto, quale getto nelle bracce della fortuna: s'egli non sarà meritevole de' tuoi applausi scusa la qualità del suo essere, perché nato in pochi giorni si può chiamare più tosto sconciatura, che parto dell'intelletto. L'ho fabricato con la bilancia in mano, e aggiustato alla debolezza di chi lo deve far comparire sopra la scena. I teatri vogliono apparati per destare la meraviglia, e il diletto, e talvolta i belletti, gl'ori, e le porpore ingannano gli occhi, e fanno parere belli li oggetti deformi. Se tu sei critico non detestare la pazzia del mio Egisto, come imitazione d'un'azione da te veduta altre volte calcare le scene, trasportata dal comico nel drammatico musicale, perché le preghiere autorevoli di personaggio grande mi hanno violentato a inserirla nell'opera, per soddisfare al genio di chi l'ha da rappresentare.
L'episodio di Amore, che vola a caso nella selva de' mirti dell'Herebo ove lo prendono quelle Heroide, ch'uscirono per amore miseramente di vita, quali lo vogliono far perire di quella morte, ch'egli fece loro morire, ti confesso d'averlo tolto d'Ausonio, con quella licenza, ch'usarono i poeti latini di togliere l'invenzioni da' greci per vestire le loro favole, e i loro epici componimenti. Vivi felice.