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L'Egisto

L'EGISTO

Favola drammatica musicale.

Versione sintetica a cura di www.librettidopera.it.

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Libretto di Giovanni FAUSTINI.
Musica di Francesco CAVALLI.

Prima esecuzione: anno 1643, Venezia.


Interlocutori:

Prologo

La NOTTE che tramonta

contralto

L' AURORA che sorge

soprano

 

LIDIO amante di Clori

contralto

CLORI innamorata di Lidio

soprano

EGISTO acceso di Clori

tenore

CLIMENE infiammata di Lidio

soprano

HIPPARCO fratello di Climene

tenore

VOLUPIA

soprano

BELLEZZA

soprano

AMORE

soprano

VENERE

soprano

SEMELE

soprano

FEDRA

soprano

DIDONE

contralto

HERO

soprano

CINEA servo di Hipparco

tenore

APOLLO

contralto

DEMA

contralto


Ore, 4 Ministre di Apollo (soprani). Le Grazie (soprani) e coro di Amorini, taciti Seguaci di Venere. Coro di Heroide morte infelicemente per amore. Coro di Servi armati di Hipparco. Coro di Serve di Climene.

La favola si rappresenta nel contado di Zacinto isola del mare Ionio, oggidì detta Zante, nella stagione di primavera.

Al lettore

Per non lasciar perire la Doriclea ho formato con frettolosa penna l'Egisto, quale getto nelle bracce della fortuna: s'egli non sarà meritevole de' tuoi applausi scusa la qualità del suo essere, perché nato in pochi giorni si può chiamare più tosto sconciatura, che parto dell'intelletto. L'ho fabricato con la bilancia in mano, e aggiustato alla debolezza di chi lo deve far comparire sopra la scena. I teatri vogliono apparati per destare la meraviglia, e il diletto, e talvolta i belletti, gl'ori, e le porpore ingannano gli occhi, e fanno parere belli li oggetti deformi. Se tu sei critico non detestare la pazzia del mio Egisto, come imitazione d'un'azione da te veduta altre volte calcare le scene, trasportata dal comico nel drammatico musicale, perché le preghiere autorevoli di personaggio grande mi hanno violentato a inserirla nell'opera, per soddisfare al genio di chi l'ha da rappresentare.

L'episodio di Amore, che vola a caso nella selva de' mirti dell'Herebo ove lo prendono quelle Heroide, ch'uscirono per amore miseramente di vita, quali lo vogliono far perire di quella morte, ch'egli fece loro morire, ti confesso d'averlo tolto d'Ausonio, con quella licenza, ch'usarono i poeti latini di togliere l'invenzioni da' greci per vestire le loro favole, e i loro epici componimenti. Vivi felice.

Prologo
Scena unica

La Notte, L'Aurora.

NOTTE

Tenebrose mie squadre, ombre guerriere

che spiegate possenti i miei trofei

sin dove ruota il messagger de' dèi,

inalzate i vessilli ardite, e fiere.

De la nemica e debellata luce

i conquistati alloggi omai lasciate

a l'armi, a l'armi, a le vittorie usate,

seguite me vostra reina e duce.

Là nell'alto emisfero il sol s'accampa

da luminosi rai stipato e cinto

a la pugna, a le palme avete vinto

già veder parmi estinta ogni sua lampa.

Di già vittrici trionfate voi

de le schiere di Febo, o fidi orrori,

cedano al vostro nero i suoi splendori,

e a' papaveri miei gli allori suoi.

AURORA

Da l'oriente

sorgo ridente

di rugiadosi

vitali umori

prodiga dispensiera a l'erbe, e ai fiori.

Spiegate altere

l'ali leggere

aurette belle,

aurette mie,

e sussurate che se n' viene il die.

Lucidi albori

d'aurei colori

quest'orizzonte

tosto fregiate

e le stelle sbandite, od ammorzate.

Già gli infuocati

destrieri alati,

Teti lasciata,

sferza il sol biondo.

Destisi omai l'addormentato mondo.

Atto primo
Scena prima

Boschereccia.
Lidio. Egisto e Climene dormienti.

LIDIO

Or che l'Aurora

spargendo fiori

il mondo indora

co' suoi splendori,

per mirar chi mi ferì

anch'io sorgo al par del dì.

O vezzosetta

vieni al boschetto,

qui vi t'aspetta

il tuo diletto;

vieni o bella, ah non tardar

ti dia l'ali il suo penar.

Al mio martìre

volto divino,

odo languire

ogni augellino;

vieni o bella, ah non tardar,

ti dia l'ali il mio penar.

Scena seconda

Clori, Lidio. Egisto e Climene dormienti.

CLORI

I riposi

de le piume

per trattar vezzi amorosi

lascio, amante al novo lume,

pargoletto,

lascivetto,

dio pietoso, arder bendato,

tu mi scorgi il caro amato.

Amor mio

il ruscello

qui per me col mormorio

ti richiama al praticello:

pargoletto,

lascivetto,

dio pietoso, arcier bendato

tu mi scorgi al caro amato.

LIDIO

O bellissima Clori?

CLORI

O Lidio, amor cortese

le mie preghiere intese.

LIDIO

Musici della selva

augelletti canori

su cantate, festeggiate,

ecco l'alba, ecco Clori;

quella che sorse già

fu di questa beltà

un luminoso albore;

o dolce speme, o vita del mio core.

CLORI

Odorati vapori

fiori, di Flora prole,

su spargete,

diffondete,

ecco Lidio, ecco il sole,

quel che sormonta là

è di questa beltà

un picciolo splendore:

o cara speme, o vita del mio core.

LIDIO

Tu scherzi amorosetta, io son verace,

epilogata nel tuo vago viso

hai l'Aurora non sol, ma il paradiso,

e dalle luci tue brillanti e belle,

a scintillare apprendono le stelle.

CLORI

Lidio non vo' mentirti,

di modesto rossor dipinta il volto

l'adulatrici, e false lodi ascolto,

tua son qual io mi sia

gioia de l'alma mia:

vedi, che non è pianta in questo loco,

in cui da me non siano state impresse

queste note d'amor col proprio telo,

vive Lidio per te Clori di Delo.

LIDIO

Nel gran regno d'amor

più felice amator.

CLORI

Ne l'impero d'amor

più fortunato cor.

CLORI E LIDIO

Del mio, di me,

non fu, non è.

EGISTO

(dormiente)

Ah, Clori ingrata, ah Clori

così tradisci tu li nostri amori?

CLORI

Ingrata Clori, udisti?

LIDIO

Eh, troppo udii.

Così stato foss'io sordo a quei detti:

serba, serba la fede ad altro amante,

bella quant'incostante.

CLORI

Che gelosi sospetti?

In Zacinto già mai,

per gli occhi tuoi sì luminosi giuro,

altri che te mio foco io non amai.

EGISTO

(dormiente)

Ah crudele,

infedele.

LIDIO

Se non mi inganno queste voci esprime

un di quei passeggeri,

che dormon dolcemente a piè de' faggi,

e son cred'io di quella nave ch'ieri,

scorta da venti fidi

approdò a questi lidi.

CLORI

Ei nel sogno delira.

LIDIO

O ci schernisce di dormir fingendo,

ma voglio se ciò è vero,

che funesto gli sia questo sentiero.

CLORI

Eh, non fingono il sonno

non vedi? Ohimè.

LIDIO

Mio bene

qual cordoglio improvviso

dal tuo celeste viso

or ti rapisce i fiori,

e ti leva a te stessa? ah Clori, ah Clori.

CLORI

Lassa, qual fiera doglia

m'assalì.

LIDIO

Qui t'assidi.

CLORI

No no partiamci pure, ahi ahi che vidi.

LIDIO

Ohimè che sarà mai?

Ah non errò chi disse,

ch'il diletto mondan termina in guai.

Scena terza

Climene, Egisto.

CLIMENE

Già dalle salse piume

è sorto Febo ed io qui dormo ancora?

EGISTO

(dormendo)

Non meritò giammai

d'esser delusa la mia fé costante,

abbandonarmi per novello amante?

CLIMENE

Ei sogna, Egisto, Egisto,

sorgi, sorgi ch'il giorno

ha fatto a noi ritorno.

EGISTO

Ohimè quai crude larve,

con oggetti a me fieri, e dolorosi

m'hanno turbato i placidi riposi?

CLIMENE

Quai maligni fantasmi

l'anima t'inquietaro?

EGISTO

In braccio ad altro amante

mi parea mirar l'amante mia,

con maggior tirannia

mai Climene sferzò l'empio dolore

questo misero core,

quanto in vedere che la falsa imago

de la mia dèa terrena

abbracciasse e baciasse un altro vago:

o che pena, o che pena.

CLIMENE

So come affligge il core

un geloso pensiero

a gentile amatore.

Ma vedi noi siam stati un anno intero

di servitù compagni, e mai contezza

ebbi dell'esser tuo, deh per colei

ch'in stretta prigionia l'alma ti tiene

narrami chi tu sei.

EGISTO

Poderoso scongiuro.

Io nacqui in Delo, e pronepote io sono

di quel nume che ruota il quarto giro

delle stelle rettore.

Abisso di splendore:

arsi per Clori e Clori

vicendevoli fiamme accese in seno

a' miei cocenti ardori;

Venere che fu sempre

de la stirpe del sole

implacabil nemica,

mentr'io scherzando al lido

con la mia cara amica,

oprò che da corsali

fussimo noi rapiti;

divisero i pirati

le prede infra di loro,

l'amato mio tesoro

toccò in parte a Miciade ed io condotto

fui da Callia dolente e lacrimoso

più de la sorte altrui che della mia,

sotto giogo penoso

di servitù, come tu sai, sì ria;

or, che mercé d'impietosita stella,

fuggiti siam dal nostro signor crudo

e ch'a le patrie case

t'ho ridotta, o Climene,

pellegrino d'amore

vo' cercare il mio bene

sin dove nasce il sole, e dove more.

CLIMENE

Del tuo sinistro fato

i rigori provai vicina al mare.

Quegl'istessi pirati,

ch'infestaro quell'anno

ogni isola dell'Ionio e dell'Egeo

mi fero serva, il giorno,

che s'avea a celebrar il mio imeneo

con Lidio, un giovinetto

di Zacinto il più nobile, e il più bello:

speranze dei mortali

quanto voi siete frali;

mentre attendo la notte,

che venga a noi da le cimeree grotte

per goder il mio sposo

dentro letto amoroso,

son fatta prigioniera

da gente perfidissima e straniera.

EGISTO

Or consolar ti déi,

accolta tu sarai

con baci, e con affetto

dal tuo Lidio diletto,

ma l'infelice Egisto

misero che farà?

Astri, sorte destin di me pietà.

CLIMENE

Ancor sarai tu lieto,

che miete rose al fine

chi nel terren d'amor semina spine.

Senza condurmi alla cittade, Egisto,

ch'è di qui lungi assai

guidami a un mio palagio a noi vicino,

che poi seguir potrai,

per trovar chi t'accende, il tuo camino.

EGISTO

Andiam, credo che mai termineranno

i miei pianti, il mio affanno.

Ohimè che leggo? vive,

vive Lidio, e non moro?

CLIMENE

Che dici tu di Lidio?

EGISTO

O cielo, o cielo

vive Lidio per te Clori di Delo?

CLIMENE

Ahi misera, ch'ascolto?

EGISTO

Clori è in Zacinto e vive, o sogni, o sogni,

per novello amatore?

Siamo traditi o core.

CLIMENE

Lidio per altra spira?

Ahi chi mi porge aita,

il dolore m'uccide, io son schernita.

EGISTO

Abbandonarmi infida?

CLIMENE

Crudel spezzar mia fede?

EGISTO

Folle chi a donna crede.

CLIMENE

Stolta, ch'in uom si fida.

EGISTO

Traditrice.

CLIMENE

Spergiuro.

EGISTO

Spietata e iniqua fiera,

più di fronda leggera.

CLIMENE

Mostro di tradimenti

più volubil dei venti.

CLIMENE E EGISTO

Vendetta, Amor vendetta,

due cuori innamorati,

delusi e disprezzati

al tuo trono dorato

gridano o rege alato,

punir le nostre ingiurie a te s'aspetta:

vendetta, Amor, vendetta.

Scena quarta

Hipparco.

Or che del ciel ne le stellate piagge

su l'indomite terga

del toro il sol s'asside,

or che vezzeggia e ride

la gioventù de l'anno

di smeraldi adornata,

di fiori inghirlandata,

la cittade abbandono,

e qui drizzo le piante

costante sì, ma non gradito amante,

qui dove ognor dimora

colei ch'il core adora:

per me fu ben fatale

quel giorno, o vaga Clori,

che Miciade il corsale

ad Alcistene ohimè

te sua preda vendé,

priva di libertà

mi fece prigionier la tua beltà:

ma perché sì crudele

sdegni gli affetti miei, le mie preghiere?

Perché Lidio accarezzi,

e me fuggi e disprezzi?

Ah ch'un teatro orribile, e funesto

de le mie pene è questo,

in cui leggo infelice

il nome del rivale, idolatrato

dal'idol mio spietato:

Lidio vo' col tuo sangue

scemar l'asprezza a' crudi miei martiri.

La tua donna crudele,

ch'aborrisce superba i miei sospiri

a dispetto d'amor tu non godrai,

Lidio, Lidio morrai.

Scena quinta

Dema, Hipparco.

DEMA

Hipparco?

HIPPARCO

Dema? Clori

ha cangiato volere.

DEMA

In van diedi consigli, usai preghiere:

ostinata è costei nel suo rigore,

hai tu nemico amore.

HIPPARCO

Questa tiranna, ahi lasso,

è di ghiaccio, e di sasso?

DEMA

Lidio è la sua pupilla,

Lidio solo ella brama,

sol Lidio onora, ed ama;

e Lidio qui, sono due giorni appunto

da la città per consolarla è giunto,

errano per le selve

sfogando infra di loro

l'amoroso martoro.

HIPPARCO

Per le vie del piacer l'emulo mio,

d'amor, da la sua sorte

sarà condotto a morte,

perirà,

morirà.

DEMA

Sì mal nato furore

frena, frena, signore:

per sì lieve cagione

inferocir tu vuoi

contro d'un'innocente,

che già fu destinato

consorte a tua sorella?

Di sì enorme peccato

ti prego non gravar l'anima bella.

Sì mal nato furore

frena, frena signore.

HIPPARCO

Amarissimo fele

beve il mio cor di sue dolcezze al mele,

né più soffrir poss'io,

che da la fonte de l'altrui piacere

abondante zampilli il duolo mio.

DEMA

Questo pensier sospendi,

lascia, ch'io torni a favellar con Clori.

Sovente le parole

da scaltra bocca uscite

movono un'ostinata volontà,

forse, forse chi sa,

noi siam mutabili,

noi siamo instabili.

HIPPARCO

Dunque tua cura sia

di ripregar di novo

questa crudel, che mi divenghi pia.

DEMA

Farò quanto richiede

il tuo grave tormento, e la mia fede.

Scena sesta

Dema.

Clori ancora è fanciulla e non sa amare

per questo ella rifiuta

gl'amanti superbetta,

s'io fossi giovinetta

e bella come lei

torme d'innamorati aver vorrei.

Pazze voi che sdegnate

esser da molti amate,

vorrei, ch'amor sciogliesse ancora il piè

a chi serbate fé,

e che foss'impotente

il vostro crine a incatenar più gente,

ch'allor v'udirei dir vinte dal duolo

è gran sciocchezza il darsi in presa a un solo.

Misere, poverelle,

indegne d'esser belle,

poiché voi fate intero, intero il cor

prigion d'un amator,

dividetelo in cento,

ch'avrete più diletto, e men tormento.

E se un amante vi sarà tiranno,

dieci in un dì vi leveran l'affanno.

Prendete i miei consigli:

sin che di rose, e gigli

la vaga età, che fugge in un balen,

v'orna le gote, e il sen,

non rifiutate amanti,

perché pentite poi vivrete in pianti,

s'amate per gioire, e per godere,

vi potranno dar molti un gran piacere.

Scena settima

Clori.

Amor, chi ti diè l'ali

a fé, che non errò,

mi feriro i tuoi strali,

ma novo ardor le piaghe a me sanò:

amor chi ti diè l'ali

a fé che non errò.

Egisto, soffri in pace

le vicende di un dio

più del vento leggero, e più fugace;

amar non ti poss'io,

la lontananza, il tempo,

han smorzato quel foco,

ch'accese nel mio seno il tuo sembiante,

son fatta d'altri amante.

Amor chi ti diè l'ali

a fé che non errò,

mi feriro i tuoi strali,

ma novo ardor le piaghe a me sanò:

amor chi ti diè l'ali

a fé che non errò.

Svenni quand'io ti vidi,

perché l'estinto affetto

risuscitò il tuo volto in questo petto,

ma del novo desio

da la fiamma nemica incenerito

ritornò a sepellirsi entro l'oblio.

Giorno lieto, e sereno

fu per me quello, o Lidio, in cui sul lido

mi presero i corsali,

amor cred'io là gli drizzò le vele

perch'egli a te m'avea già destinata,

o Clori fortunata.

Non sa quel ch'è diletto

chi non alberga un cieco dio nel petto.

Prova l'amante core,

che pende da un bel viso,

gioie di paradiso:

non sa quel ch'è diletto

chi non alberga un cieco dio nel petto.

L'amorosa ferita

apporta a l'alma, e refrigerio, e vita.

Donzella che sospira

amante riamata

è felice è beata:

non sa quel ch'è diletto

chi non alberga un cieco dio nel petto.

Scena ottava

Di boscareccia si tramuta la scena nel palagio di Venere.
Bellezza, Volupia.

BELLEZZA

Col mio volto lusinghiero

chi mi guarda ardo e innamoro,

del mio crin co' lacci d'oro

faccio il mondo prigioniero.

VOLUPIA

Di gioie tesori

arreco ai mortali,

dispensiera d'amori

io diedi al bel Cupido i dolci strali.

BELLEZZA

Se dagl'occhi io vibro sguardi

alme infiammo, e petti impiago,

né v'è alcun, che non sia vago

d'esser punto da' miei dardi.

VOLUPIA

Da labri distillo

il nettare, il mele.

Chi segue il mio vessillo

nel mar d'alto piacer spiega le vele.

BELLEZZA

Tra le rose del mio viso

giace amore e l'arco scocca,

lascivetta questa bocca

s'apre ogn'ora al vezzo, e al riso.

VOLUPIA

Tra pompe e tra lussi

festeggio ridente,

benigni e cari influssi

il ciel del volto mio piove al vivente.

BELLEZZA E VOLUPIA

Noi tempriamo

con dolcezza

infinita

l'amarezza

de la vita.

Felice chi di noi si fe' seguace

amando sol quel, che diletta, e piace.

Scena nona

Amore, Bellezza, Volupia.

AMORE

Questo strale

ch'è fatale

ferirà chi non ferì,

chi non ama amerà un dì.

L'universo soggiace

a la fiamma immortal de la mia face,

ogni nume ho soggetto,

bench'io sia nudo, cieco e pargoletto.

Questo strale,

ch'è fatale

ferirà chi non ferì,

chi non ama amerà un dì.

BELLEZZA

Fanciulletto divino

son tali i pregi tuoi,

che con raggio festoso andar tu puoi,

non ha il Caucaso grotta, o Hircania tana,

che non rimbombi le tue glorie altere,

abbruciano i tuoi fochi anco le fere.

VOLUPIA

Bambino, alma del mondo,

sin ne l'umido grembo

de l'ocean profondo

a gl'algosi immortali

incenerisci i cori,

dal baratro d'orrori

ti rende ogn'or tributo

d'infiammati sospiri il fiero Pluto.

AMORE

A giochi, a vezzi, a canti,

i miei vanti,

le mie prove

non son nove.

Mi lodano le stelle

con infocate lingue,

e l'armonico moto

del ciel rotante il mio poter fa noto.

A giochi, a vezzi, a canti

i miei vanti,

le mie prove

non sono nove.

BELLEZZA E VOLUPIA

A giochi, a vezzi, a canti,

i tuoi vanti,

le tue prove

non son nove.

Scena decima

Venere, Amore, Bellezza, Volupia.

VENERE

Amor tu qui festoso

te n' stai con queste dive,

e a me lagrime vive

manda fuori per gl'occhi il cor doglioso.

AMORE

Qual acerbo cordoglio

amata genitrice

da' tuoi lucenti numi il pianto elice?

Dì, chi t'offese? Vendicar ti voglio,

per te spiego le penne,

sol per te vado armato

di fervide facelle

di pungenti quadrelle.

VENERE

L'odiata propagine del sole

Egisto, ha rotto i lacci

di dura servitude, ond'io lo posi,

ed in Zacinto giunto

parmi veder, così nemico ho il fato,

ch'egli da Clori sia di nuovo amato,

ah se ciò fia già mai diletto figlio

avrò sereno il ciglio.

AMORE

Non pensar, che mai torni

de l'aborrito Egisto amante Clori

sin ch'io tratto quest'arco, e questi ardori,

e per farti più lieta

vo scender d'Acheronte

ne le tristi paludi;

ed una furia ad agitar spietata

il giovane di Delo

trarre da questi abissi a questa luce,

sì ch'egli errando vada

per la terra feroce, e furibondo,

in dispregio del sole,

come già fece d'Inaco la prole.

VENERE

Se ciò avvenisse amorosetto dio,

giubilo non sarebbe uguale al mio.

AMORE

A l'impresa m'accingo, et ai miei detti

vedrai che in breve seguiran gli effetti.

BELLEZZA E VOLUPIA

Di tue guancie divine

gl'impalliditi fiori

ravivino o ciprigna i bei colori,

da te scaccia ogni duolo.

Se n' va per consolarti Amore a volo.

VENERE

Da figlio sì possente

dipendon le mie glorie,

sono le sue vittorie

mie chiare, e illustri palme,

io trionfo per lui di cori, e d'alme.

BELLEZZA E VOLUPIA

Coppia di voi più degna

in sé non chiude il cielo,

il tuo volto, il suo telo

adorano anche gli dèi

egli ferisce, e tu i feriti bei.

VENERE

O gloriosi vanti, o pregi miei.

Atto secondo
Scena prima

Rappresenta la scena un villaggio.
Egisto.

D'Hipparco e di Climene ospiti miei

fuggo l'alte accoglienze, e quivi solo

vengo per isfogare il mio gran duolo.

Lasso io vivo, e non ho vita,

Clori ahimè non è più mia,

invaghita d'altro oggetto,

oh tormento,

rotto ha il nodo, e il foco spento.

Mai credei mirar rubelli

di mia fé gl'astri lucenti

di due lumi innamorati,

che pietosi

m'influivano riposi.

Ah quei labri, ond'io succhiai

dolce umor per l'alma inferma

recheranno ad altro amante,

oh dolore,

molli baci a tutte l'ore?

In quel sen, ch'è un mar di latte,

di nuotar non ho più speme,

altri il gode, altri lo solca,

oh martire,

questo premio ha il mio servire.

Dimmi ingrata, e disleale

sono questi i giuramenti,

o spergiura e le promesse,

sconoscente,

d'adorarmi eternamente?

Odi il cielo anco ha saette

per chi infida inganna amanti,

la sua destra un giorno, un giorno,

incostante,

punirà tue colpe tante.

Ma di chi mi lamento,

con qual ragion di Clori io mi querelo?

Credendo che di vita fossi spento

avrà di nova fiamma acceso il core,

che non può star beltà priva d'amore;

or scorgendomi vivo

tosto raviverà gl'estinti ardori,

via si ricerchi, e si ritrovi Clori.

Scena seconda

Clori, Egisto.

CLORI

Piagge apriche,

selve amiche,

or v'invita.

EGISTO

Oh, mia vita.

CLORI

(Ohimè, ch'Egisto è questi,

fingerò non conoscerlo); chi sei

tu, che vita m'appelli?

EGISTO

Un vostro fido amante, occhi miei belli,

il tuo Egisto son io

Clori, Clori cor mio.

CLORI

Io non ti vidi mai,

è ben vero, ch'amai

un Egisto di Delo,

ma l'infelice è morto

privo di libertade e di conforto.

EGISTO

No che morto io non sono,

così trista novella

chi t'arrecò mio bene?

Fuggo da le catene,

e prigioniero de la tua bellezza

ora ritorno al carcere bramato

da cui rigido ciel m'avea levato.

CLORI

Misero tu vaneggi

quel che vivo ti fingi è un'ombra errante

le cui ceneri ho piante.

EGISTO

Ah, non m'uccise no, mi fece servo

il pirata protervo:

tanto difforme io sono

dall'esser mio primiero,

che non mi raffiguri?

O pur son io, deh vani sian gli auguri,

abbandonato insin dal tuo pensiero?

CLORI

Tragico avvenimento

povero mentecatto

certo impazzir t'ha fatto,

tu sei degno di riso

io ti ridico, Egisto è stato ucciso.

EGISTO

E l'incostanza tua fu l'omicida:

la scitica fierezza

ch'in te Clori si annida

ha quell'Egisto estinto, e incenerito;

che viver non potea

se non da te gradito;

et io di lui son l'anima vagante

che rimprovera a te la rotta fede,

e l'ingrata mercede,

ch'a l'amor suo tu dai fallace amante;

non mi conosci no, perché abbattuta

dal tempio del tuo petto,

da l'ara del tuo core

l'imago mia, che vi scolpì Cupido,

hai nova effigie eretta,

a cui fatta soggetta

l'inchini, l'idolatri e la profumi

dei tuoi caldi sospir co' grati fumi.

Crudel crudel or a te solo ignoto

poich'hai te stessa offerta a Lidio in voto.

CLORI

Sarei per sciocca ben mostrata a dito,

se vedova rimasta

del primo amor, nel giovanil mio fiore

volessi passar l'ore

di sì dolce desio mendica, e casta;

ma vaneggiar più teco

non vo', rimanti, a dio.

EGISTO

Ferma, dammi il cor mio,

che non vo' che lo sbrani

col tuo rigor natìo:

ferma, dammi il cor mio.

CLORI

Il tuo cuor chiedi a me?

EGISTO

A te lo chiedo, a te.

CLORI

E che facc'io macello

de' cori? oh miserello:

or la cagion di tua follia comprendo,

a più gradito amante

ha concesso l'impero

di sue bellezze la tua donna, è vero?

Odimi e ti consola

da chi ti fugge, non fuggir, ma vola.

Scena terza

Egisto.

Oh scherni troppo amari,

ferità senza pari,

oh, portenti, oh portenti,

sono mobili i sassi, anzi volanti?

Ed io qui senza spirto ho il moto, e sento

l'angoscioso tormento?

Arresta il piede, arresta

animato diaspro, errante scoglio,

ritorna qui, ritorna

furia inumana, io voglio

poiché del mio morir ti mostri ingorda,

con l'avermi tradito,

che da profonda gemina ferita

indivisa col sangue esca la vita.

Ma di morir che dico?

Non ha ragion la morte

ne' cadaveri esangui,

salma disanimata

ahi lasso io sono, a tradimento ucciso

da la perfidia, ohimè, di questa ingrata:

Lidio nel mar d'amore

fuggi questa sirena,

col bello ingannatore

alletta, e poi divora

chi di lei s'innamora:

Egisto sventurato

il tuo perverso fato

piangi, deh piangi tanto

sin che tu affoghi nel tuo proprio pianto.

Scena quarta

Climene.

Hipparco il mio germano

trovato ho nel contado

in cui per quanto intesi

ancor Lidio dimora,

onde qui per vederlo io mossi il piede

che da lui spera il mio penar mercede.

Perfida gelosia

lungi dall'alma mia,

col tuo letal velen

non infettarmi il sen.

Perfida gelosia

lungi dall'alma mia.

Gl'assalti tuoi raffrena,

non m'apportar più pena.

Infedele non vo'

creder Lidio no no.

Perfida gelosia

lungi dall'alma mia.

Forse ch'egli disprezza

la seguace bellezza,

ei come fu sarà

né mia fé tradirà.

Perfida gelosia

lungi dall'alma mia.

Scena quinta

Lidio, Climene.

LIDIO

Clori, Clori gentile

negl'occhi ha il sol diviso,

e tiene nel bel viso

un odorato aprile,

Clori, Clori gentile.

CLIMENE

Ohimè che non fu vano il mio timore,

con il canto m'uccide il traditore.

LIDIO

Clori, Clori vezzosa,

la bocca ha di rubino

e l'or lucido, e fino

ne la chioma pomposa,

Clori, Clori vezzosa.

CLIMENE

Clori, Clori vezzosa? e di Climene

or più non ti sovviene?

LIDIO

Che miro? invida sorte

per turbarmi il diletto

tratta ha costei de le servil ritorte.

CLIMENE

Così accogli la sposa?

Così accorri, e m'abbracci,

e di mia libertà festeggi, e godi?

Tra le colpe tu agghiacci

de le svelate frodi:

quanto, quanto era meglio

servire incatenata

al barbaro signore,

che vedermi, oh dolore,

in libertà gradita

da te crudel tradita.

LIDIO

L'antico, e comun detto

Climene tu sai pure

altri tempi, altre cure.

CLIMENE

Come parla l'iniquo, il fraudolente?

LIDIO

Amor s'ebbe il natale

non è eterno, è mortale,

e dimostran le penne,

di cui gl'omeri veste,

che sa lieve fuggir com'egli venne:

t'amai quanto amar puossi,

e la memoria antica

de' passati piaceri anco m'è dolce,

fosti un tempo mia luce, e spirto mio,

ma novello desio

il vecchio ardore estinse,

guerreggiò meco altra bellezza, e vinse.

CLIMENE

Così libero sciogli

la lingua scelerata

a narrare sfacciata

l'empie tue fellonie,

e le miserie mie?

Così ardito dileggi

de gl'uomini, e de' dèi

l'intemerate leggi?

Mal tuo grado mio sei.

LIDIO

Son tuo? no 'l seppi mai,

quando mi ti donai?

CLIMENE

Quando malvagio, quando?

O Giove, e tu consenti

sì enormi tradimenti?

Quando in braccio t'accolsi,

e che mi disciogliesti, o disleale

la zona verginale.

LIDIO

Se godei tu godesti,

anzi che per gioire

nel seno m'accogliesti:

l'amor tuo fu interesse,

e le tue cortesie desti ad usura,

poiché d'un puro bacio in un momento

ne ricevevi cento:

tu per fruirmi solo

mi donasti te stessa.

Or rifiuto i tuoi doni,

non voglio guiderdoni:

ma parto, non vorrei

che venisse il mio bene

per non ingelosirlo, a dio Climene.

Scena sesta

Climene.

Ah miscredente ah ingrato,

non ha flagel Cocito

ugual al tuo peccato:

inventi pure, inventi

novi strazi e tormenti

il giudice d'Averno,

che non potrà in eterno

con feroce martire

le colpe tue punire,

troppo grave è il tu' errore

o Lidio traditore.

Piangete occhi dolenti,

e al flebil pianto mio

pianga la fonte, e il rio;

articolate accenti

frondose, e mute piante

de' miei casi infelici

selvagge spettatrici.

E narrate pietose

a chi di qua se n' passa

l'empia mia sorte, ahi lassa,

e l'altrui tradimento;

al mesto mio lamento

e Progne, e Filomena

accompagnino i loro

queruli e tristi canti.

Ah simplicette amanti

non credete a promesse

di giovane amatore,

ch'ha volubile il core,

e la sciagura mia

de' suoi spergiuri esempio ora vi sia.

Scena settima

Hipparco, Climene.

HIPPARCO

Rabida gelosia, nemico amore

con flagelli inuditi

a me squarciano il core;

novo Titio son io,

ma da più acuto rostro

d'alato, e fiero mostro

vengono divorate

le mie viscere interne,

o doglie troppo acerbe e sempiterne.

CLIMENE

Di Cerbero il produsse

lo pestifero seme.

Derelitta son io fin da la speme.

HIPPARCO

Climene mia? sorella?

Qual pioggia lagrimosa

cade dagl'occhi tuoi precipitosa?

Qual torbido vapore,

qual nube di dolore

dimmi l'ha generata?

Chi mi ti rende afflitta, e sconsolata?

Tu che emular dovresti

di primavera il riso, or che respiri

sotto il clima natìo,

in libertà tornata

l'aura tanto bramata

porti mesta la fronte, umido il ciglio?

Cagion troppo possente

ti conturba la mente.

CLIMENE

A ragion mi lagno

e di pianto mi bagno:

l'ingrato Lidio nega

d'esser mio sposo, e mi deride, e sprezza

con superba fierezza,

vedi se scaturir può la mia pena

da più feconda, e dolorosa vena.

HIPPARCO

L'onta cancella l'onta,

né lascia invendicata

l'offesa alma onorata:

le lagrime rasciuga,

e l'animo tranquilla

va, che in breve vedrai

quanto i scherni comuni

mi furono importuni.

CLIMENE

Ah s'io l'avessi in mio poter vorrei,

de gl'ingrati ad esempio,

far di lui strage e memorando scempio.

HIPPARCO

Così aggiunge costui

a l'offese d'amore

gl'oltraggi de l'onore?

Sa pur, che la mia destra

fulmina le vendette,

sa pur che la mia spada

punisce chi m'offende,

sa pur, che chi m'accende

col focil de l'ingiurie ad ira il core,

estingue col suo sangue il nato ardore.

Sagittario lo sdegno

l'arco, ch'ha teso scocchi

l'oltraggiatore indegno

ne' precipizii, che ei si fe' trabocchi.

Scena ottava

Dema.

Te n' pentirai

credilo a me,

o ritrosetta,

o sdegnosetta:

quella beltà

ch'insuperbire

ora ti fa

vedrò rapire

dal tempo edace,

ch'il tutto sface,

così tu sprezzi

chi il cor ti diè?

Te n' pentirai

credilo a me.

Hipparco se non hai

altra amante che Clori

celibe tu vivrai:

il ripregar non giova

il ritentare è vano,

lei sol per Lidio si consuma e sface,

sol di lui si compiace:

s'io fui sempre nemica

di quella continenza e ferità

l'età prisca lo sa,

né coi capei d'argento

di non aver goduto

or appunto m'accora il pentimento

ho solo dispiacere

non trovar cibo a l'avido desio

per potere di novo anco godere.

Piacque a me sempre più

la vaga gioventù d'ogn'altra etade;

sempre quella beltade

mi porse più contento,

che non avea ruvido pelo al mento.

Chi ha provato il mio amor mi dica: errai?

Non credo un sì, non credo udir giammai.

Labro lanoso a me

un sol bacio non diè, che mi ricordi

ben con desiri ingordi

io volsi ambrosie care

da guance tenerelle ognor succhiare.

Chi ha provato il mio amor mi dica: errai?

Non credo un sì, non credo udir giammai.

Dolcezze non gustò

colei che non amò, com'io già feci;

ori, sospiri e preci

cederò a' giovinetti

che non vendei, mercai ben sì diletti.

Chi ha provato il mio amor mi dica errai?

Non credo un sì, non credo udir giammai.

Scena nona

Si trasforma la scena nella selva dei Mirti dell'Erebo ricetto di quelle Heroide che per amor miseramente perirono.
Semele, Fedra, Didone, Hero, Amore, coro di Heroidi.

SEMELE

Che non fugga il crudel

chiudiamli il varco, o là

Clitia, Fedra di qua.

FEDRA

Egli volar non puote

sì l'aere umido, e grave

di questa selva nubilosa, e oscura

le penne agili, e preste ora le preme

i dovuti castighi il fiero teme.

DIDONE

A te Canace, a te.

HERO

Quasi ti ho preso a fé.

SEMELE

Invan tenti fuggir crudo garzone.

FEDRA

L'hai colto pur Didone.

DIDONE

Malvagio, scelerato

sei giunto in parte, dove

non troverai pietade a le tue colpe

ne l'insidie cadé l'astuta volpe.

SEMELE

Lascia l'arme omicide e questa face,

che per arder il mondo

dentro fiamma vorace

accendesti spietato in Flegetonte,

a tormenti, a le stragi, a crucci, a l'onte.

CORO

A' tormenti, a le stragi, a crucci, a l'onte.

AMORE

Contro d'un innocente,

che con bocca di latte

forma indistinte voci

esser volete voi barbare, e atroci?

E che mai vi fec'io?

HERO

Oh temerario, oh rio,

ne l'onde m'affogasti.

SEMELE, FEDRA E DIDONE

Nel foco m'abbruciasti.

Col ferro il sen ci apristi.

Ma le nostre sciagure

vendicheremo or ora aspe infernale,

de la morte rivale.

AMORE

Chi mi soccorre, ohimè,

non v'è pietà per me?

FEDRA

Di noi l'avesti tu?

Al flagellarlo su.

CORO

Al flagellarlo su.

AMORE

Madre per li tuoi sdegni

del perduto Cocito

ne' tenebrosi regni

scesi all'altrui ruina, e trovo, oh dèi,

i precipizi miei.

HERO

Gettiamolo nel mare.

SEMELE

No, perché se nel mar Venere nacque

non lo sommergeranno amiche l'acque.

Diamolo al foco ardente.

DIDONE

No, ch'il foco è parzial de l'inumano,

il generò Vulcano,

una spada pungente

le passi il petto, e le trafigga il core.

FEDRA

Questo il castigo sia del traditore.

AMORE

Lasso, per te si trova a tal partito

il tuo germe, il tuo figlio, o dèa di Gnido,

ahi misero Cupido.

Scena decima

Apollo, Amore, Didone, Hero, Semele, Fedra, coro di Heroidi.

APOLLO

Amor, tu prigioniero?

Ove son le saette, ove la face?

Tu che sei tanto audace,

tu che reggi le stelle

piangi le tue sventure

con tenerezze tali, e cor s'imbelle?

Sovvengati, che tieni

del domato universo il vasto impero,

Amor tu prigioniero?

AMORE

Deh di schernirmi invece

aitami cortese

o luminoso Apollo, e oblia le offese,

che disporre d'Amore

potrai tu poi come di lui signore.

DIDONE

Come sempre il malvagio

tenta fuggir le meritate pene.

APOLLO

Da gl'elisi vicini

il tu' infortunio intesi, e qui veloce

venni, del tuo dolore

per esser spettatore;

ma cangiat'ho parer, se mi prometti

d'oprar che rieda Clori

qual fu d'Egisto mio pietosa amante,

vo' che libero torni

a gl'eterei soggiorni.

AMORE

Per l'acque inviolabili di Stige

cortesissimo nume,

che se illeso ritorno

da l'ire di quest'alme al puro lume

farò, che riaccenda i spenti ardori

e che languisca per Egisto Clori.

APOLLO

Heroide generose

se vendicar credete

sopra d'Amore i vostri fini amari

errate, egl'è innocente,

i ferri, i fochi, i mari,

per esizio vi diè fato inclemente;

degli misfatti altrui

non punite costui,

de gl'errori non suoi trovi il perdono,

e se ben fosse reo ve 'l chieggio in dono.

HERO

A intercessor sì degno

non si neghi Didon l'empio fanciullo.

SEMELE

Inver fu del destin forza immortale

che ci spinse a morir, non lo suo strale.

FEDRA

Sedata in parte l'ira

comprendo il vero anch'io.

DIDONE

Si conceda il cattivo a un tanto dio.

APOLLO

Amor sciolto tu sei

prendi l'arco, e la face e men severo

gl'acuti dardi aventa, o vago arciero.

AMORE

Solo ristoro

vogl'apportar,

saette d'oro

sol vo scoccar.

Amor crudele

più non sarà

il mio fedele

sol goderà.

DIDONE E FEDRA

Non li credete amanti

perch'egli è mentitore,

bugiardo e traditore,

sitibondo di pianti,

non li credete amanti.

APOLLO

Non li credete no,

son finte le promesse,

io per prova lo so;

non li credete no.

HERO E SEMELE

Fuggite il suo seren,

che tempeste promette,

le sue dolcezze elette

passano in un balen,

fuggite il suo seren.

Atto terzo
Scena prima

Sparisce la selva, e viene una boschereccia deliziosa.
Lidio, Clori.

LIDIO

È grato il penare,

è caro il languire,

è vita il morire

per bella pietosa,

per bella amorosa.

CLORI

Ogn'ora più festosa

io me ne vado amor

d'averti fatto tributario il cor:

è la tua signoria

tirannica non già, ma dolce, e pia.

LIDIO

Penando, languendo

di gioie mi pasco,

morendo rinasco

qual arabo augello

tra 'l rogo d'un bello.

CLORI

Senza spine la rosa,

e senz'amaro il mel

colsi, e gustai, mercé d'un aureo tel:

d'amor la signoria

tirannica non è, ma dolce, e pia.

LIDIO

O Clori mia non son tanto felici

negl'elisi beati

i spirti fortunati

quanto l'anima mia mentre ti mira,

ella da te lontana

sempre con te delira.

CLORI

S'io vedessi del cielo

le porte di Zaffiro

dischiuse e spalancate,

e che mirassi in quei superni cori

i divini stupori,

averci men contento

di quel che nel vederti io godo, e sento.

LIDIO

Dolci, caldi vapori,

ch'usciro da miei lumi i tuoi bevero,

onde per ricercarti

il cor s'affanna e langue

poiché trovando te trova il suo sangue.

CLORI

Vive come ti è noto

l'anima amante ne l'amato oggetto,

nel ritrovarti ogni piacere io provo,

poiché trovando te l'anima trovo.

LIDIO

E quando, e quando fia,

ch'a le mete amorose io giunga lieto?

Quando sarà quel giorno

che ne' giardini Hesperidi d'Amore

io colga il frutto d'oro,

o speme mia per cui sperando io moro.

CLORI

Onore, et onestate

vigilanti custodi

di mia virginitade

entrar vietano a te di lei negl'orti:

accheta, accheta le tue voglie audaci,

contentati de' baci.

LIDIO

Mi sono i baci cari,

e sento nel baciarti

un godimento immenso,

ma sai, ch'il bacio è il fomite del senso,

più che da la tua bocca

il zucchero, e la manna io libo e suggo,

più che bacio io mi struggo.

CLORI

Soffri, soffri, ch'un dì...

Scena seconda

Hipparco, Clori, Lidio, Climene, coro d'Armati.

HIPPARCO

Sei morto.

CLORI

Ohimè.

HIPPARCO

Se tenti

temeraria diffesa,

ancor costei sia presa.

CLORI

Che fate masnadieri?

HIPPARCO

Non temete sembianze alme, e divine,

amor m'induce a' furti, a le rapine.

LIDIO

Rilasciate ladroni

chi d'esser preda è degna

dell'eccelso tonante, e non di voi,

impuri, ed inumani

tronche vi sian le mani

con i cui tocchi arditi,

chiuso de la materia in vago velo

contaminate un cherubin del cielo:

de la tua fellonia perfido Hipparco

notizia avran le genti.

Son l'armi tue le insidie e i tradimenti.

HIPPARCO

Col tradimento il traditor si vince,

legatelo a quel tronco.

CLORI

Oh Lidio.

LIDIO

Oh Clori.

CLIMENE

Taci, non proferire

il nome di costei;

o perverso che sei.

HIPPARCO

Questo ferro Climene a te s'aspetta,

prendilo coraggiosa,

non è della vendetta

bevanda più gradita,

a chi ti dispregiò togli la vita:

rammentati l'offese

stringi la spada, e lo sleale offendi,

a chi vivo te 'l dà morto lo rendi.

CLIMENE

Vo', che lacero il miri,

vo', che per cento bocche il fiato ei spiri.

HIPPARCO

Ne la tua destra armata

ancor le ingiurie mie poso, e rimetto.

Mio bramato diletto

Clori mia sospirata

andiam, che se tu perdi

un cor avvezzo ad essere infedele,

tu ritrovi un amante,

ch'ha la fé di diamante.

CLORI

Assassin scelerato

teco non verrò mai corpo animato.

HIPPARCO

Conducetela voi

graditi sono a me gl'oltraggi tuoi.

CLORI

Lidio, Lidio, ohimè vado

da la barbarie altrui condotta a forza

prendi l'ultimo addio.

LIDIO

Ti seguirò con l'alma o spirto mio.

Scena terza

Climene, Lidio.

CLIMENE

Tosto sì, sì la seguirai con l'alma,

ch'in breve questa spada

ti farà, per seguirla, un'ampia strada.

LIDIO

Neghittosa, che tardi?

Vibra, vibra quel ferro, i colpi attendo:

io vengo teco Clori,

via disfoga Climene i tuoi furori.

CLIMENE

Giuste mie furie, voi

a la man vacillante

date forza, e vigor tanto che sia

a vendicar gli oltraggi miei bastante.

Faccia il sangue nemico

lo fiorito terren tepido, e rosso,

mora, mora l'infido, ohimè non posso.

LIDIO

Quanto indugi, che fai?

CLIMENE

Braccio imbelle, e codardo,

qual occulta potenza

timido ti trattiene?

Tempo non è d'esercitar clemenza

con un ingrato, ei sia da te percosso,

mora, mora l'infido, ohimè non posso;

mentre il crudel mi mira

ei mi placa lo sdegno vince l'ira.

LIDIO

Non mi tener più a bada,

immergimi nel sen quella tua spada.

CLIMENE

Non mi mirar se tu desii morire,

la tua vita è un incanto,

che mi leva la forza, onde ferire

ardisce, e tenta invano

l'innocente mia mano.

LIDIO

Già che le luci mie ver me sì crude

mi negano la morte, ecco io le chiudo.

CLIMENE

Ha la stessa virtude

il tuo bel volto ignudo.

LIDIO

Coprilo, te ne prego.

CLIMENE

Eh ch'io t'uccida non consente amore,

e da te derelitta, e di te priva

egli non vuol, ch'io viva:

ferro già che non puoi

l'offese mie punir, pietoso almeno

a me trapassa il seno; goditi la tua Clori

di me più fortunata,

ti perdonino i cieli

gl'inganni tuoi crudeli:

pria di morir ti scioglierei, ma temo,

che ritrovata estinta, e te disciolto

non dica ogn'un, del fine mio dolente,

il traditore uccisa ha l'innocente.

Lidio a l'alma, che t'ama anco tradita,

prega, deh prega pace,

non dirò per l'amor, che mi portasti,

ch'esser ti de' la sua memoria amara,

ma per quello che porti alla tua cara.

Questa punta, che deve

darmi il sepolcro in breve

sotto la destra poppa io vo' che passi

acciò ch'il tuo ritratto,

ch'impresso anco ho nel core intatto lassi.

Vo' caderti vicina

vittima innamorata,

acciò ch'il sangue mio, ch'è tutto fiamma

spruzzandoti di qualche

infocata sua stilla

in te, per celebrarmi i funerali,

accenda di pietà piccol favilla.

Ti lascio, a dio, rimanti.

Un'amante ingannata

ombrosi lidi viene

ad abitar in voi.

LIDIO

Ferma Climene.

CLIMENE

Che mi fermi? o spietato

per vedermi a languir non vuoi ch'io mora?

Ma che non mi sottragga

da le fierezze tue procuri invano,

fuggir de l'inumano

li strazii con la morte a me conviene,

mira e godi.

LIDIO

Non far, ferma Climene.

La parca invece, oh dio,

del tuo stame vitale

quasi ha reciso il mio;

lungi da te quel ferro,

o contro me rivolgilo, io lo merto,

io, ch'al dispregio diedi

la tua candida fede, ah me, me fiedi.

CLIMENE

Che credi lusingarmi

con parolette finte?

Conosco le tue frodi.

LIDIO

Parla il cor su la lingua

là d'Amore inviato

a farti noto, come in un istante

è ritornato tuo devoto amante.

CLIMENE

Tu m'ami?

LIDIO

Io t'amo sì.

CLIMENE

A queste voci ogni mio duol svanì,

da lacci disperati avvinta e stretta

libero la mia speme,

mentre disciolgo a te queste catene.

LIDIO

O bellissima mia,

supplichevol ti chieggio

de l'averti delusa e vilipesa,

fatto d'altre sembianze

parziale, e seguace,

cortese venia, e pace;

dopo cotanti errori

qual fiume al fonte io riedo a te mia sfera

in cui viver beato il mio cor spera.

CLIMENE

Amato, e vago Lidio io pure ad onta

de la beltà rivale

t'abbraccio come mio;

amor giudice pio

le mie ragioni udite

con giusta violenza

ti leva a Clori, e ti rilega, e annoda

a talami sprezzati

di Climene, che tanto

per te sua vita ha sospirato, e pianto.

LIDIO

Andiam mia bella, andiamo,

che vo' nel tuo germano

spegner quel che mi porta odio, e rancore,

e congiungermi seco in novo amore.

CLIMENE

A tua voglia partiamci:

il giubilo m'abonda,

la gioia il cor m'inonda.

Scena quarta

Amore.

A queste pure regioni asceso,

Lidio di novo, qui tra gl'arboscelli,

con invisibil dardo

per Climene ho colpito,

per Climene ho ferito,

così colpo simil farà, che Clori

riami Egisto allora,

ch'ei vessato sarà da folli errori;

l'intercessor mio nume

vedrà felice il suo nepote amato

amante sospirato.

Ohimè pavento ancora

di quelle donne irate,

povero Amor, se non giungeva Apollo:

sesso perfido e vile

tu mai di crudeltà non cangi stile.

S'io ministro non fossi

de la natura, intenta

a propagar per te di spezie il mondo,

vorrei trarti l'orgoglio

per quanto solimato

t'avvelena le gote,

per quanto artificiato.

E falso bianco, puote

farti parer di latte

le membra contrafatte;

vorrei, che mai non ti mirasse alcuno

col trovar modi et arti

di far l'uomo goder senza adorarti.

Scena quinta

Egisto.

Celesti fulmini,

onde vastissime,

cupe voragini,

leoni getuli,

abbrusciatela,

sommergetela,

inghiottitela,

divoratela.

Fermate deh fermate,

non l'offendete no non l'oltraggiate.

Ma che vivrà? sì sì

involatela al dì,

abbrusciatela,

sommergetela,

inghiottitela,

divoratela.

Germogli della terra,

ch'or vestite di verde i tronchi, e i rami

ond'io l'alma ne spoglio,

se sradicaste il piede

per gir veloci ad ascoltar del trace

le canore querele, e i mesti canti,

le foglie pullulanti

convertite in orecchie, e i miei dolori

udite prego, udite aspri, e maggiori.

Non mi nega l'inferno

la sospirata moglie,

più caro seno accoglie

la mia donna incostante

ah che ne dite o piante?

Ceda pur ceda, oh dio

del lirico, il cordoglio al duolo mio.

Ira guerriera ardita

calpesta amor, calpesta,

e in questo petto desta

incendio tal, che cada

in polvere converso

l'idolo di colei,

che m'è fatta nemica, e pure ancora

il mio cor, reso a me ribelle, adora:

ah cor malvagio, ah core

fuori di questo petto,

che non vo' dar ricetto a un traditore;

ah cor malvagio, ah core

esci via, via, che tardi,

over spegni quel foco onde ancor ardi.

Amor sospendi i vanni,

odi le voci mie;

m'ha tradito costei,

castigarla tu déi:

tu ridi? e de' miei mali

crudel ti prendi gioco?

Va', che in cenere l'ali

possa ridurti de lo sdegno, il foco,

t'estinguano la face

de gl'infelici amanti

turbini de' sospir, piogge de' pianti,

e la ragion invitta,

l'arco ingiusto ti spezzi, e le saette

de l'atre bave de l'Erinni infette.

Aprite il varco, aprite

o disperati imperi a un disperato,

approda al lido, approda

o di questa palude

pigro, e curvo nocchiar la stigia barca,

e me su l'altra riva anima afflitta

frettoloso tragitta,

che richiamar mi voglio

de l'ingiustizie, che commette Amore,

iniquo spirto, avanti il suo signore:

ohimè come sdrucita è questa nave,

l'acqua per tutto inonda,

affretta il remeggiar, che non m'affonda;

siamo a terra pur giunti, a dio Caronte.

Quanti orribili oggetti,

quante forme rimiro in un commiste

in questi della morte atri recetti:

che credete atterrirmi

o pallide fantasme,

o portentosi mostri?

Non m'arrecò terrore,

fantasma, e mostro rio di voi maggiore.

Tantalo? prendi il fuggitivo pomo,

togli de l'acqua avara,

bevi, che fai? ah, ah perché la sputi?

Assaggiarla anch'io vo', se il ciel m'aiuti.

Hai tu ragione, ella è ben troppo amara.

Oh di Danao omicide,

e malnate figliole

Clori non è con voi?

Insegnatela a me,

dite, dite dov'è:

ree d'una stessa colpa,

me la celate invano,

la troverò ben io,

la vo' tanto sferzar con queste serpi,

sin che desti pietà del suo martire

ne le furie sorelle

di lei compagne felle.

Ecco la scelerata,

che dal concavo vostro

faticoso strumento

in cui s'era celata, uscita fugge,

fuggi pur fuggi pure,

ch'io seguirò le tue fugaci piante

sin nelle gole del mastin latrante.

Scena sesta

Si finge la scena un cortile del palagio d'Hipparco in villa.
Hipparco, Clori.

HIPPARCO

La ferità deponi,

men torbide, ed irate a me rivolgi

o Clori, o Clori bella

de le tue luci, e l'una e l'altra stella,

prodotta non sei stata

da durissima selce, ed insensata,

de le caspie, e maculate fere

allattasti le mamme aspre, e severe.

CLORI

Da le più dure coti

del Rodope agghiacciate io per te nacqui,

il tuo lascivo amore,

sanguinoso tiranno,

de l'odio che ti porto è assai minore.

HIPPARCO

Qual meraviglia è questa

chiuder forme celesti alma d'abisso?

Gl'angeli son clementi

e pure ha il ciel prefisso,

ch'un angelo m'oltraggi, e mi tormenti:

se del volo di Giove un raggio, un lampo

e il bel, ch'in te fiammeggia,

perché imitar non vuoi,

la bontà del motore,

che prodigo ti dona i fregi suoi?

Crudel ti chieggio per amore amore.

CLORI

Pria senza tosco l'angue

per le libiche arene

serpeggerà con tortuosi giri,

ch'io pieghevol mi renda ai tuoi desiri,

fu men orrido certo

a' secoli passati

il teschio viperin, di quel che sei

tu mostruoso oggetto a gl'occhi miei.

HIPPARCO

O parole crudeli

nate da quella bocca,

che può i defunti ravivar baciando,

a torto m'uccidete,

deh, deh, men fiere, e più benigne siete.

Scena settima

Climene, Lidio, Clori, Hipparco.

CLIMENE

Rallegratevi meco alberghi amati

sol di liete armonie

rimbombate canori,

a me Lidio ritorna, e lascia Clori.

CLORI

A me Lidio ritorna e lascia Clori?

HIPPARCO

È questo il corpo estinto, e lacerato

del tuo nemico odiato?

Hai tu sì vendicati i nostri torti?

Dunque spirano i morti,

e son de l'ire tue questi i trofei?

Va' che femmina sei.

LIDIO

Omai chiudasi Hipparco

di sdegni ostili il varco.

Non m'avrai più rivale,

sotto l'antico giogo

m'ha ritornato Amore,

ho ridonato alla mia sposa il core.

CLORI

È Lidio, che ragiona, o una fantasma?

HIPPARCO

Di gelosia, e d'onore

in me sanati i morsi

siano l'ire smorzate,

l'offese cancellate.

LIDIO

Le prische cicatrici

Clori m'aprì de' fati

Amor figlio incostante,

leggero, e vagante

portò seco l'affetto

del core a te soggetto,

onde s'io t'abbandono

volubile io non sono,

è volubil chi regge

de' mortali il volere

con tirannica legge.

CLORI

Non più, che de' malvagi è reo costume

scusar con il destino i lor misfatti:

le tue nove dolcezze

sian d'aconito sparse,

in vece de le faci

del ridente imeneo

ardano a' tuoi sponsali

le tede furiali,

e t'apprestino il letto

Tesifone, ed Aletto:

come tu m'hai tradita

ti tradisca costei:

terra tu lo sostieni? o cieli, o dèi.

Scena ottava

Cinea, Climene, Hipparco, Lidio, Clori.

CINEA

Signor, l'ospite Egisto

l'intelletto ha travolto,

è divenuto stolto,

or di furor ripieno

la campagna trascorre,

or s'arresta e discorre

a' sterpi, a' tronchi, a' venti

con vari, e impropri accenti,

or tace, e bieco mira,

né conosce mirando,

or geme, et or sospira

or ride, e va cantando

sciocche, e immodeste rime,

e talvolta di Clori il nome esprime.

CLIMENE

Per gl'amori di Clori

al sicuro impazzì questo infelice,

quanto ei l'ama lo sai,

che de lugubri suoi fieri accidenti

l'istoria ti narrai.

HIPPARCO

Per Giove albergatore,

che pareggia il dolore

di questa nova al giubilo provato

del tanto desiato

tuo ritorno o Climene,

troppo io per te le devo.

CINEA

Il pazzo viene.

Scena nona

Egisto, Clori, Hipparco, Climene.

EGISTO

Rendetemi Euridice,

Orfeo son io,

ch'il vostro rio

passai, d'ogn'ombra

che stigie ingombra

via più infelice.

Rendetemi Euridice.

CLORI

Per amar l'incostanza

il misero ho tradito,

egli per mia cagion va forsennato.

EGISTO

Or ch'il mondo è in scompiglio

o popoli di Dite

di guerreggiar con Giove io vi consiglio:

fatevi in giro, udite

novelle di là su,

fatevi in giro, e non badate più.

LIDIO

Accostiamoci a lui,

e secondiam la sua pazzia per gioco.

HIPPARCO

Non si derida la miseria altrui.

EGISTO

Ribellate si sono al sol le stelle,

né vogliono seguire

più dall'orto all'occaso il mobil primo,

l'aere fa guerra al foco

congiurato con l'acqua, e con la luna

a discacciarlo dal suo proprio loco,

né dipender dal ciel vuol più fortuna:

s'armino i Briarei

gl'Enceledi, e i Tifei,

via che s'indugia, che? Tu menti a dire,

che de l'orco i secreti

io venga a discoprire.

Tremendi numi, io vi protesto, e dico.

Che de la luce io son fiero nemico.

CLORI

Qual ardente pietade

al gelido mio core

somministra calore.

CLIMENE

Mira quai frutti acerbi

ha la tua crudeltà Clori prodotti.

HIPPARCO

Amico, Egisto, dunque un uom sì saggio

qual tu sei sì vaneggia? in te rinvieni.

EGISTO

Pensato e ripensato

pur di novo ripenso,

ho stabilito, e ancora

stabilisco, ratifico e confermo;

che lo dica? il vo' dire

che se lo tacio moro,

che tu se' il becco de le corna d'oro.

LIDIO

Pronostici non lieti

a le mie nozze profetizza un pazzo.

CLORI

Da la pietade in me risorge, e nasce

amore intempestivo.

EGISTO

Io son Cupido,

che per la terra

vo mascherato,

l'arco dorato

porto nel ciglio,

io son vermiglio

non mi vedete?

Per vagheggiarmi

donne correte.

Oh dio non è da credere

quanto mi fate ridere.

Ohimè fuggiamo, ohimè.

Egli vien di là

no no fermate il piè

siete, siete pur sciocchi ah ah ah ah.

CLIMENE

Egl'è di capo scemo,

ma noi seco al sicuro impazziremo.

CLORI

Il pentimento mio nulla ti giova,

o riamato Egisto.

EGISTO

Io vo' narrarvi un caso,

l'inganno per camino

s'incontrò con la fede,

qual svaleggiata fu dall'assassino;

ei de la veste candida rubata

si ricoprì le membra,

onde a molti la fede egli rassembra.

Ve ne vo' dire un altro,

che nell'orbe stellato è intervenuto;

il leone Nemeo

dal cancro è stato morso,

ond'ei coi suoi ruggiti

pose tanto terror ne l'inimico,

che nel fuggir retrogrado, ch'ei fece

fé cader i gemelli

con il toro il montone a terra pose,

e nel vicin triangolo si ascose.

HIPPARCO

Meravigliosi avvisi.

LIDIO

Curiosi ragguagli.

CLORI

Più che l'ascolto, e miro

più di mia ferità meco m'adiro.

EGISTO

Oh più di questa ruota,

che raggira Ission Clori incostante,

o del sasso di Sisifo più dura,

t'amai per mia sventura.

CLORI

In sé rinviene.

CLIMENE

Queste

scintille sono del perduto senno.

CLORI

Egisto mio.

EGISTO

Ah ti conosco mai

oggi creduto avrei

di dovermi incontrar ne la bugia,

lungi da questa ria

compagni incauti andiamo

lungi, lungi da lei tosto fuggiamo.

CLORI

Ah che giusta cagione ha di fuggirmi.

HIPPARCO

Ritenetelo, e addotto

ne la cittade ei sia

in cui medico dotto

risanarlo potrà dalla pazzia.

EGISTO

Adagio, e che chiedete?

Oro non ho, che possa

satollarvi la sete,

serica veste non m'adorna, e poi

s'io fossi tutto gemme, e tutto bisso

mi lascereste voi.

LIDIO

Furibondo egli tenta

libero uscir da le tenaci mani.

HIPPARCO

Afferratelo in modo,

ch'infruttuoso sia l'empito insano.

Scena decima

Ora prima, Hipparco, Climene, Egisto, Clori, Lidio.

ORA

Ecco del mio signor l'alto retaggio

egli ritorni saggio

del medico divin germe d'Apollo,

a questa verga, in cui

l'avitticchiato serpe

tanta virtù possiede

che può togliere a morte anco le prede.

HIPPARCO

Lo soccorre una diva?

CLIMENE

Egli dal ciel deriva.

LIDIO

Nel sentimento primo egli ritorna.

EGISTO

Amici? Ohimè che scorgo!

Ho la nemica mia piangente a canto?

Che dinota quel pianto?

CLORI

Amore.

EGISTO

Amore?

Per Lidio egli essere deve.

CLORI

Egli è per te mio riacceso ardore.

EGISTO

Ah se tu non m'inganni io son felice.

CLORI

Mirami, e scorgerai

ne le sembianze mie se dice il vero

il cor puro e sincero.

Ei per te divenuto è un Mongibello

e pria di più lasciarti

stabilisce, e risolve

di convertirmi in polve.

EGISTO

O speranze risorte,

o mie gioie rinate,

o favorevol sorte.

HIPPARCO

Clori ch'è in mia balìa

per quella cortesia,

che tu usasti a Climene

nel condurla a la patria, ora ti dono:

io dì beltà immortale

meritevol non sono,

tu ben sì, che divin vanti il natale.

EGISTO

Dono tanto pregiato

ogn'obbligo cancella.

ORA

Non più indugio, al partire,

seguitemi, ch'in Delo

fia mia cura condurmi

per le strade del cielo.

EGISTO

Comando imperioso a voi ci toglie

vaga Climene, Hipparco.

CLORI

Lidio.

CLORI E EGISTO

A dio.

CLIMENE, HIPPARCO E LIDIO

Ite e ai talami vostri

siano propizii i numi,

per voi sian le radici

svelte de le sciagure, ite felici.

HIPPARCO

Pacificati sposi

entrate, è tempo omai

di ristorar sorella

l'anima tua da' guai.

LIDIO

Amanti sperate,

Amore è un fanciullo,

che tosto si aggira

e al fin appaga chi per lui sospira.

CLIMENE

Amanti se credete

che Amore sia crudel voi v'ingannate;

errate,

egli sembra, e non è

deh credetelo a me.

LIDIO

Apporta scherzando

brevissimi affanni,

angoscia fugace,

e la sua guerra alfin termina in pace.

CLIMENE

La sua nera procella

fa pullular contenti, e chiara luce,

produce

crudo ei sembra, e non è,

deh credetelo a me.

CLIMENE E LIDIO

A l'amare, a l'amare

che chi non segue di Cupido l'orme

provar non può delizie immense, e rare

a l'amare, a l'amare.

Scena undicesima

Si finge la scena parte selvosa, e parte marittima.
Ora seconda, Ora terza, Ora quarta.

ORA

IIª

Scendiamo qui, scendiamo

è questo il loco, in cui

attender noi doviamo

come ci impose il sole

Eunomia, e la sua prole.

ORA

IIIª

Veleno spirerà

la dèa de la beltà

quando noto le sia,

che Clori amante, e sposa

del nostro Egisto divenuta sia.

ORA

IVª

Dolci sorelle intanto

che qui attendiamo de l'eroe l'arrivo

snodiam la lingua al canto.

ORA

IIª

Nate siamo

noi con il dì,

sì cantiamo,

che ritorno

farà il giorno

a quel niente, ond'egli uscì:

perir deve

foco, e neve

ciò, ch'il fato

ha creato,

perirà ancor

nostro stame, e nostro fior.

ORE

IIIª e IVª

Nate siamo

noi con il dì

sì cantiamo,

che ritorno

farà il giorno

a quel niente, ond'egli uscì.

ORA

IIIª

È bellezza

breve balen,

e si sprezza

quando perde

il suo verde

il suo vago, e il suo seren:

giovanetta

mentre alletta

qual narciso

il tuo volto

adorno, e bel

godi pur col tuo fedel.

ORE

IIª e IVª

È bellezza

breve balen,

e si sprezza

quando perde

il suo verde

il suo vago, e il suo seren.

ORA

IVª

Intelletto

qua giù non ha

chi ricetto

di dolori,

di rancori,

il suo petto ogn'ora fa:

l'allegria

con voi stia

o mortali

ch'abbiam l'ali

e al nostro vol

brina siete a' rai del sol.

ORE

IIª e IIIª

Intelletto

qua giù non ha

chi ricetto

di dolori,

di rancori

il suo petto ogn'ora fa.

Scena ultima

Ora prima, Egisto, Clori, Ora seconda, terza, quarta.

EGISTO

O felice pazzia,

in cui con l'armi di pietade amore

per me ti vinse amorosetta mia.

ORA

Sopra il carro ascendente,

che di Zacinto in Delo o fortunati

per l'aeree compagne

sarete trasportati.

CLORI E EGISTO

T'abbraccio, ti godo,

ti stringo, ti annodo.

Amore mai più

mi sciolga da te

ti sciolga da me.

EGISTO

De la patria il ritorno

con te Clori mio core

a me sembrano secoli quest'ore.

ORE

IIª e IIIª

Di rai più fulgidi

le vie e l'etera

liete fiammeggino

liete lampeggino.

EGISTO

Dopo un lungo soffrir

di pene

è più grato il fruir:

mia speme

de l'ire divine

andiam trionfanti

su carri volanti.

ORE

Iª e IVª

Di rai più fulgidi

le vie de l'etera

liete lampeggino

liete fiammeggino.

Fine del libretto.

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Locandina Prologo Scena unica Atto primo Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Atto secondo Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Atto terzo Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena ultima