Atto primo

 
Parte prima.
 

I. Scena prima

Il chiostro del convento di san Giusto.
A destra una cappella illuminata. Vi si vede attraverso ad un cancello dorato la tomba di Carlo V. A sinistra, porta che mena all'esterno. In fondo la porta interna del chiostro. Giardino con alti cipressi. È l'alba.
Coro di Frati, Un frate, poi Don Carlo.

Bozzetti

 Q 

frati, Un frate

 
[Preludio, Introduzione e Scena del frate]

 N 

 
(i frati salmeggiano dalla cappella. Un frate, prostrato innanzi alla tomba, prega sottovoce)
 

FRATI

Carlo, il sommo imperatore,  

non è più che muta polve:

del celeste suo fattore

l'alma altera or trema al piè.

UN FRATE

Ei voleva regnare sul mondo

oblïando colui che nel ciel

segna agli astri il cammino fedel.

L'orgoglio immenso fu, fu l'error suo profondo.

FRATI

Carlo il sommo imperatore

non è più che muta polve:

del celeste suo fattore

l'alma altera or trema al piè.

UN FRATE

Grande è dio sol ~ e s'ei lo vuol

fa tremar la terra ed il ciel!

Misericorde iddio,

pietoso al peccator, all'alma addolorata

dà requie e dà il perdon, che scendono dal ciel!

 
(il giorno spunta lentamente. Don Carlo pallido ed esterrefatto erra sotto le vôlte del chiostro. Si arresta per ascoltare, e si scopre il capo. S'ode suonar una campana. I frati escono dalla cappella, traversano la scena e si perdono nei corridoi del chiostro)

<- Don Carlo

frati ->

 

I. Scena seconda

Don Carlo, il Frate tuttora in preghiera

 

DON CARLO

Io l'ho perduta! Oh potenza suprema!  

Un altro... ed è mio padre... un altro... e questi è il re,

lei che adoro m'ha rapita!

La sposa a me promessa! Ah! quanto puro e bello

fu il dì senza diman, in cui, ebbri di speme,

c'era dato vagar, nell'ombra, soli insieme,

nel dolce suol di Francia,

nella foresta di Fontainebleau!

 

Io la vidi e il suo sorriso  

nuovo un cielo apriva a me!

Ahi! per sempre or m'ha diviso

da quel core un padre, un re!

Non promette un dì felice

di mia vita il triste albor...

M'hai rubato, o incantatrice,

cor e speme, sogni... amor!

 

UN FRATE

(che si è fermato per porgere ascolto ai detti di Don Carlo)

Il duolo della terra

nel chiostro ancor c'insegue;

del core sol la guerra

in ciel si calmerà.

 
(suona la campana. Il frate si rimette in cammino)

Un frate ->

 

DON CARLO

La sua voce!... Il cor mi trema...  

Mi pareva... qual terror!

veder l'imperator, che nelle lane

il serto asconde e la lorica d'ôr.

È voce che nel chiostro appaia ancor!

 

UN FRATE

(nell'interno, allontanandosi sempre più)

Del cor la guerra in ciel si calmerà.

 

I. Scena terza

Don Carlo, Rodrigo.

<- Rodrigo

 

RODRIGO

È lui!... desso... l'infante!  

DON CARLO

O mio Rodrigo!

Sei tu! sei tu, che stringo al seno?

RODRIGO

Altezza!

O mio prence e signor!

DON CARLO

E il ciel che a me t'invia nel mio dolor,

angiol consolator!

RODRIGO

O amato prence!

L'ora suonò; te chiama il popolo fiammingo!

Soccorrer tu lo dêi; ti fa suo salvator!

Ma che vid'io! quale pallor, qual pena!...

Un lampo di dolor sul ciglio tuo balena!

Muto sei tu!... Sospiri! Hai tristo il cor!

(con trasporto d'affetto)

Carlo mio, con me dividi

il tuo pianto, il tuo dolor!

DON CARLO

Mio salvator, mio fratel, mio fedele,

lascia ch'io pianga in seno a te!

RODRIGO

Versami in cor il tuo strazio crudele,

l'anima tua non sia chiusa per me!

Parla!

DON CARLO

Il vuoi tu? La mia sventura apprendi,

e qual orrendo strale il cor mi trapassò!

Amo... d'insano amor... Elisabetta!

RODRIGO
(inorridito)

Tua madre!

Giusto ciel!

DON CARLO

Quale pallor!... Lo sguardo chini al suol!

Ahi! tristo me, tu stesso,

o mio Rodrigo, t'allontani da me?

RODRIGO

No!... no, Rodrigo ancora t'ama!

Io te l' posso giurar.

Soffri? per me l'universo dispar!

Questo arcano dal re non fu sorpreso ancora?

DON CARLO

No.

RODRIGO

Ottien dunque da lui di partir per la Fiandra.

Taccia il tuo cor, ~ degna di te

opra farai, ~ apprendi omai

in mezzo a gente oppressa a divenir un re!

DON CARLO

Ti seguirò, fratello.

(odesi il suono d'una campana)

RODRIGO

Ascolta! il santo asil s'apre già; qui verranno

Filippo e la regina.

DON CARLO

Elisabetta!

RODRIGO

Rinfranca accanto a me lo spirto che vacilla,

serena ancor tua stella in alto brilla!

Domanda al ciel dei forti la virtù!

 

DON CARLO E RODRIGO

Dio, che nell'alma infondere  

amor volesti e speme,

desio nel core accendere

tu déi di libertà.

Giuriam insiem di vivere

e di morire insieme;

in terra, in ciel congiungere

ci può la tua bontà.

Brano musicale ()

 

RODRIGO

S'inoltrano.

DON CARLO

Oh terror! Al sol vederla io tremo!

 
(Filippo, conducendo Elisabetta, appare in mezzo ai frati. Rodrigo s'è allontanato da Don Carlo che s'inchina innanzi al re cupo e sospettoso. Egli cerca di frenar la sua emozione. Elisabetta trasale nel riveder Don Carlo. Il re e la regina si avanzano, e vanno verso la cappella ov'è la tomba di Carlo V, dinanzi alla quale Filippo s'inginocchia per un istante a capo scoperto; quindi prosegue il suo cammino colla regina)

<- Filippo, Elisabetta, frati

 

CORO
(di dentro)

(nel mentre passa il re)  

Carlo il sommo imperatore

non è più che muta polve:

del celeste suo fattore

l'alma altera or trema al piè.

 

RODRIGO

Coraggio!  

DON CARLO

Ei la fe' sua! Sventura! Io l'ho perduta!

RODRIGO

Vien presso a me; più forte il core avrai!

 

DON CARLO, RODRIGO
(con entusiasmo)

Insiem vivremo, e moriremo insieme!  

(partono)

Don Carlo, Rodrigo ->

 
 
Parte seconda.
 

II. Scena prima

Un sito ridente alle porte del chiostro di s. Giusto. Una fontana; sedili di zolle; gruppi d'aranci, di pini e di lentischi. All'orizzonte le montagne azzurre dell'Estremadura. In fondo a destra, la porta del convento. Vi si ascende per qualche gradino.
La principessa d'Eboli, Tebaldo, la Contessa d'Aremberg, Dame della regina, Paggi.

Bozzetti

 Q 

Contessa d'Aremberg, dame, paggi

 
[Coro e Scena]

 N 

 
(le dame sono assise sulle zolle intorno alla fonte. I paggi sono in piedi intorno ad esse. Un paggio tempra una mandolina)
 

CORO

Sotto ai folti, immensi abeti,  

che fan d'ombre e di quïeti

mite schermo al sacro ostel,

ripariamo e a noi ristori

dieno i rezzi ai vivi ardori,

che su noi dardeggia il ciel!

TEBALDO
(entra in scena co' la Principessa d'Eboli)

Di mille fior ~ covresi il suolo,

dei pini s'ode ~ il sussurrar,

e sotto l'ombra ~ aprir il volo

qui l'usignolo ~ più lieto par.

<- Eboli, Tebaldo

CORO

Bello è udire in fra le piante

mormorar la fonte amante

stilla a stilla, i suoi dolor!

E, se il sole è più cocente,

bello è l'ore far men lente

in fra l'ombre e in mezzo ai fior!

 

EBOLI

Tra queste mura pie la regina di Spagna  

può sola penetrar.

Volete voi, compagne, già che le stelle in ciel

spuntate ancor non son,

cantare una canzon?

CORO

Seguir vogliam il tuo capriccio,

o principessa: attente udrem.

EBOLI
(a Tebaldo)

A me recate la mandolina:

e cantiam tutte insiem.

Cantiam la canzon saracina,

quella del velo, propizia all'amor.

Cantiam!

TEBALDO, DAME

Cantiam!

 
[Canzone del velo]

 N 

 
(il paggio l'accompagna sulla mandolina)
 

EBOLI

Nel giardin ~ del bello    

saracin ~ ostello,

all'olezzo, ~ al rezzo

degli allôr ~ dei fior

una bella ~ almèa,

tutta chiusa in vel,

contemplar parea

una stella ~ in ciel.

Mohammed, re moro,

al giardin se n' va;

dice a lei: «t'adoro,

o gentil beltà;

vien', a sé t'invita

per regnar il re;

la regina ambita

non è più da me».

S

 

CORO

Tessete i veli,

vaghe donzelle,

mentr'è nei cieli

l'astro maggior.

Sono i veli, al brillar delle stelle,

sono i veli più cari all'amor.

EBOLI

«Ma discerno appena,

(chiaro il ciel non è)

i capelli ~ belli,

la man breve, il piè.

Deh! solleva il velo

che t'asconde a me;

esser come il cielo

senza vel tu de'.

Se il tuo cor vorrai

a me dar in don,

il mio trono avrai,

ché sovrano io son.

Tu lo vuoi? t'inchina,

appagar ti vo'.

Allah! la regina!»

Mohammed sclamò.

 

CORO

Tessete i veli,

vaghe donzelle,

finch'è nei cieli

l'astro maggior.

Sono i veli, al brillar delle stelle,

sono i veli più cari all'amor.

 

II. Scena seconda

Detti ed Elisabetta uscendo dal convento.

<- Elisabetta

 
[Scena, Terzettino dialogato e Romanza]

 N 

 

CORO

La Regina!  

EBOLI

(fra sé)

Un'arcana

mestizia sul suo core pesa ognora.

ELISABETTA

(sedendo presso il fonte)

Una canzon qui lieta risuonò.

(tra sé)

Ahimè! spariro i dì che lieto era il mio core!

 

II. Scena terza

Detti e Rodrigo.

<- Rodrigo

 
(Rodrigo appare nel fondo. Tebaldo s'avanza verso di lui, gli parla un momento a voce bassa, poi torna alla Regina)
 

TEBALDO

(presentando Rodrigo)  

Il marchese di Posa, grande di Spagna.

RODRIGO

(inchinandosi alla Regina, poi covrendosi)

Donna!

Per vostra maestà, l'augusta madre un foglio

mi confidò in Parigi.

(porge la lettera alla Regina; poi aggiunge sottovoce, dandole un biglietto insieme al real foglio)

Leggete in nome della grazia eterna!

(mostrando la lettera alle dame)

Ecco il regal suggello, i fiordalisi d'or.

(Elisabetta rimane un momento confusa, immobile, mentre Rodrigo si avvicina alla principessa d'Eboli)

EBOLI
(a Rodrigo)

Che mai si fa nel suol francese,

così gentil, così cortese?

RODRIGO
(ad Eboli)

D'un gran torneo si parla già,

e del torneo il re sarà.

ELISABETTA

(guardando il biglietto, fra sé)

Ah! non ardisco ~ aprirlo ancor;

se il fo, tradisco ~ del re l'onor.

Perché tremo! Quest'alma è pura ancor.

Iddio mi legge in cor.

EBOLI
(a Rodrigo)

Son le francesi gentili tanto

e d'eleganza, di grazia han vanto.

RODRIGO
(ad Eboli)

In voi brillare sol si vedrà

la grazia insieme alla beltà.

EBOLI
(a Rodrigo)

È mai ver che alle feste regali

le francesi hanno tali beltà,

che nel cielo sol trovano rivali?

RODRIGO
(ad Eboli)

La più bella mancar lor potrà.

ELISABETTA

(fra sé leggendo il biglietto)

«Per la memoria che ci lega, in nome

d'un passato a me caro,

v'affidate a costui, ve n' prego. Carlo.»

EBOLI
(a Rodrigo)

Nei balli a corte, pei nostri manti

la seta e l'oro sono eleganti?

RODRIGO
(ad Eboli)

Tutto sta bene allor che s'ha

la vostra grazia e la beltà.

ELISABETTA
(a Rodrigo)

Grata io son. ~ Un favor chiedete alla regina.

RODRIGO
(vivamente)

Accetto e non per me.

ELISABETTA

(tra sé)

Io mi sostengo appena!

EBOLI
(a Rodrigo)

Chi più degno di voi può sue brame veder

appagate?

ELISABETTA

(tra sé)

Oh terror!

EBOLI

Ditelo! Chi?

ELISABETTA

Chi mai?

 

RODRIGO

Carlo, ch'è sol ~ il nostro amore,  

vive nel duol ~ su questo suol.

E nessun sa ~ quanto dolore

del suo bel cor ~ fa vizzo il fior.

In voi la speme ~ è di chi geme;

s'abbia la pace ~ ed il vigor.

Dato gli sia ~ che vi riveda,

se tornerà ~ salvo sarà.

 

EBOLI

(tra sé)

Un dì che presso alla sua madre io stava

vidi Carlo tremar... Amor avria per me?...

ELISABETTA

(tra sé)

La doglia in me si aggrava,

rivederlo è morir!

EBOLI

(tra sé)

Perché celarlo a me?

 

RODRIGO

Carlo del re ~ suo genitore

rinchiuso il core ~ ognor trovò,

eppur non so ~ chi dell'amore

saria più degno ~ ah, inver no 'l so.

Un solo, un sol ~ detto d'amore

sparire il duol ~ faria dal core;

dato gli sia ~ che vi riveda,

se tornerà ~ salvo sarà.

 

ELISABETTA

(con dignità e risoluzione a Tebaldo che s'è avvicinato)  

Va', pronta io sono il figlio a riveder.

EBOLI

(fra sé agitata)

Oserà mai?... potesse aprirmi il cor!

 
(Rodrigo prende la mano della principessa d'Eboli e s'allontana con lei parlando sottovoce)
 

II. Scena quarta

Detti, e Don Carlo.

<- Don Carlo

 
[Gran scena e Duetto]

 N 

 
(Don Carlo si mostra condotto da Tebaldo. Rodrigo parla sommesso a Tebaldo che entra nel convento. Don Carlo s'avvicina lentamente ad Elisabetta e s'inchina senza alzar lo sguardo su di lei. Elisabetta, contenendo a fatica la sua emozione, ordina a Don Carlo di avvicinarsi. Rodrigo ed Eboli scambiano dei cenni con le dame, si allontanano, e finiscono per disperdersi tra gli alberi. La Contessa d'Aremberg e le due dame restano sole in piedi, a distanza, impacciate del contegno che debbono avere. A poco a poco la Contessa e le dame vanno di cespuglio in cespuglio cogliendo qualche fiore, e si allontanano)

Tebaldo, Contessa d'Aremberg, dame, paggi ->

 

DON CARLO
(prima con calma, poi animandosi gradatamente)

Io vengo a domandar grazia alla mia regina;    

quella che in cor del re tiene il posto primiero

potrà solo ottener questa grazia per me.

Quest'aura m'è fatale, m'opprime, mi tortura,

come il pensier d'una sventura.

Ch'io parta! egli è mestier! Andar mi faccia il Re

nelle Fiandre.

S

ELISABETTA
(commossa)

Mio figlio!

DON CARLO
(con veemenza)

Tal nome no; ma quel

d'altra volta!...

 
(Elisabetta vuol allontanarsi, Don Carlo supplichevole l'arresta)

 

Infelice! più non reggo.

Pietà! soffersi tanto; pietà! ché avaro il ciel

un giorno sol mi diè, e poi rapillo a me!

 
(Rodrigo ed Eboli attraversano la scena conversando)

ELISABETTA
(con un'emozione frenata)

Prence, se vuole Filippo udire

la mia preghiera, verso la Fiandra

da lui rimessa in vostra man

ben voi potrete partir doman.

 
(Rodrigo ed Eboli sono partiti. Elisabetta fa un cenno d'addio a Don Carlo e vuole allontanarsi)

Rodrigo, Eboli ->

 

DON CARLO

Ciel! non un sol, un solo accento

per un meschino ch'esul se n' va!

Ah! perché mai parlar non sento

nel vostro core qualche pietà!

Ahimè! quest'alma è nel martirio,

ho in core un gel...

Insan! piansi, pregai nel mio delirio,

mi volsi a un gelido marmo d'avel.

ELISABETTA
(commossa)

Perché, perché accusar il cor d'indifferenza?

Capir dovreste il nobil mio silenzio.

Il dover, come un raggio al guardo mio brillò.

Guidata da quel raggio io moverò.

La speme pongo in dio, nell'innocenza!

 

DON CARLO
(con voce morente)

Perduto ben ~ mio sol tesor,  

tu splendor ~ di mia vita!

Udire almen ~ ti possa ancor.

Quest'alma ai detti tuoi schiuder si vede il ciel!

ELISABETTA

Clemente iddio, ~ così bel cor

acqueti il suo duol nell'oblio;

o Carlo, addio, ~ su questa terra

vivendo accanto a te mi crederei nel ciel!

DON CARLO
(con esaltazione)

O prodigio! Il mio cor s'affida, si consola;

il sovvenire del dolor s'invola,

il ciel pietà sentì di tanto duol.

Isabella, al tuo piè morir io vo' d'amor...

(cade privo di sensi al suolo)

ELISABETTA

(reclinata su Don Carlo)

Clemente iddio, la vita manca

nell'occhio suo che lagrimò.

Bontà celeste, deh! tu rinfranca

quel nobile core che sì penò.

Ahimè! l'uccide il rio dolore,

tra le mie braccia io lo vedrò

morir d'affanno, morir d'amore...

Colui che il cielo mi destinò!...

DON CARLO
(nel delirio)

Qual voce a me dal ciel scende a parlar d'amore?...

Elisabetta! tu... sei tu, bell'adorata,

assisa accanto a me come ti vidi un dì!...

Ah! il ciel s'illuminò, la selva rifiorì!...

Sfondo schermo ()

ELISABETTA

O delirio! o terror!

DON CARLO

(rinvenendo)

Alla mia tomba,

al sonno dell'avel

sottrarmi perché vuoi, spietato ciel!

ELISABETTA

Carlo!

DON CARLO

Sotto il mio piè dischiudasi la terra,

sia pure il capo mio dal fulmine colpito,

io t'amo, Elisabetta!... Il mondo è a me sparito!

(la prende tra le braccia)

ELISABETTA

(scostandosi con violenza)

Compi l'opra a svenar corri il padre,

ed allor del suo sangue macchiato

all'altar puoi menare la madre.

DON CARLO

(retrocedendo atterrito e fuggendo disperato)

Ahi! maledetto io son!

ELISABETTA

(cadendo in ginocchio)

Iddio su noi vegliò!

 

Don Carlo ->

 

II. Scena quinta

Elisabetta, Filippo, Tebaldo, la Contessa d'Aremberg, Rodrigo, Eboli, Coro, Paggi, entrando successivamente.

<- Filippo, La contessa d'Aremberg, Rodrigo, Eboli, coro, paggi, Tebaldo

 
[Scena]

 N 

 

TEBALDO

(uscendo precipitosamente dal chiostro)  

Il Re!

FILIPPO
(ad Elisabetta)

Perché qui sola è la Regina?

Non un' dama almeno presso di voi serbaste?

Nota non v'è la legge mia regal?

Quale dama d'onor esser dovea con voi?

(La Contessa d'Aremberg esce tremante dalla calca e si presenta al Re.)

FILIPPO
(alla contessa)

Contessa, al nuovo sol in Francia tornerete.

(La Contessa d'Aremberg scoppia in lacrime. Tutti guardano la Regina con sorpresa.)

CORO

(La Regina egli offende!)

 
[Romanza]

 N 

 

ELISABETTA

Non pianger, mia compagna,    

lenisci il tuo dolor.

Bandita sei di Spagna

ma non da questo cor.

Con te del viver mio

l'alba fu lieta ancor:

ritorna al suol natio,

ti seguirà il mio cor.

(dà un anello alla Contessa)

Ricevi estremo pegno

di tutto il mio favor.

Cela l'oltraggio indegno

onde arrossisco ancor.

Non dir del pianto mio,

del crudo mio dolor;

ritorna al suol natio,

ti seguirà il mio cor.

S

Sfondo schermo () ()

 

CORO E RODRIGO

Spirto gentile e pio,

acqueta il tuo dolor.

FILIPPO

(tra sé)

Come al cospetto mio

infinge un nobil cor!

 
(la Regina si separa piangendo dalla Contessa ed esce sorreggendosi alla principessa d'Eboli. Il coro la segue)

Elisabetta, Eboli, La contessa d'Aremberg, Tebaldo, coro, paggi ->

 

II. Scena sesta

Filippo e Rodrigo, poi il Conte di Lerma e alcuni Signori.

 
[Scena e Duetto]

 N 

 

FILIPPO

(a Rodrigo che vuol uscire)  

Restate!

(Rodrigo pone un ginocchio a terra; poi s'avvicina al Re e si covre il capo senz'alcun impaccio)

Presso della mia persona

perché d'esser ammesso voi non chiedeste ancor?

Io so ricompensar tutt'i miei difensor;

voi serviste, lo so, fido alla mia corona.

S

RODRIGO

Sperar che mai potrei dal favore del re?

Sire, pago son io, la legge è scudo a me.

FILIPPO

Amo uno spirto altier. L'audacia perdono...

non sempre... Voi lasciaste della guerra il mestier;

un uomo come voi, soldato d'alta stirpe

inerte può restar?

RODRIGO

Ove alla Spagna una spada bisogni,

una vindice man, un custode all'onor,

ben tosto brillerà la mia di sangue intrisa!

FILIPPO

Ben lo so... ma per voi che far poss'io?

RODRIGO

Nulla per me, ma per altri...

FILIPPO

Per altri?

Che vuoi tu dir?

RODRIGO

Io parlerò, se grave,

sire, non v'è.

FILIPPO

Favella!

 

RODRIGO

O signor, di Fiandra arrivo,  

quel paese un dì sì bel;

d'ogni luce or fatto privo

spira orror, par muto avel!

L'orfanel che non ha un loco

per le vie piangendo va;

tutto struggon ferro e foco,

bandita è la pietà.

La riviera che rosseggia

scorrer sangue al guardo par;

della madre il grido echeggia

pei figliuoli che spirar.

Sia benedetto iddio,

che narrar lascia a me

quest'agonia crudel,

perché sia nota al re.

 

FILIPPO

Col sangue sol potei la pace aver del mondo;

il brando mio calcò l'orgoglio ai novator,

che illudono le genti coi sogni mentitor!

La morte in questa man ha un avvenir fecondo.

RODRIGO

Che! voi pensate, seminando morte,

piantar per gli anni eterni?

FILIPPO

Volgi un guardo alle Spagne!

L'artigian cittadin, la plebe alle campagne

a dio fedele e al re un lamento non ha!

La pace istessa io dono alle mie Fiandre!

 

RODRIGO
(con impeto)

Orrenda, orrenda pace! La pace è dei sepolcri!  

O re, non abbia mai

di voi l'istoria a dir: «Ei fu Neron!» ~

 

 

Questa è la pace che voi date al mondo?

Desta tal don terror, orror profondo!

È un carnefice il prete, un bandito ogni armier!

Il popol geme, e si spegne tacendo,

è il vostro imper deserto immenso, orrendo,

s'ode ognun a Filippo maledir!

Come un dio redentor, l'orbe inter rinnovate,

v'ergete a vol sublime, sovra d'ogn'altro re!

Per voi si allieti il mondo! Date la libertà!

 

FILIPPO

Oh strano sognator!  

Tu muterai pensier, se il cor dell'uomo

conoscerai, qual Filippo, il conosce!

Ed or... non più!... Ha nulla inteso il

Re... No ~ non temer!

Ma ti guarda dal grande Inquisitor!

RODRIGO

Sire!

FILIPPO

Tu resti in mia regal presenza

e nulla ancora hai domandato al re?

Io voglio averti a me daccanto!

RODRIGO

Sire!

Quel ch'io son vo' restar...

FILIPPO

Sei troppo altier!

 

 

Osò lo sguardo tuo penetrar il mio soglio...  

Del capo mio, che grava la corona,

l'angoscia apprendi e il duol!

Guarda dentro alla reggia! l'affanno la circonda,

sgraziato genitor! sposo più triste ancor!

 

RODRIGO

Sire, che dite mai?  

FILIPPO

La Regina... un sospetto mi tortura...

mio figlio!...

RODRIGO
(con impeto)

Fiera ha l'alma insiem e pura!

FILIPPO
(con esplosione di dolore)

Nulla val sotto al ciel il ben ch'ei tolse a me!

(Rodrigo, spaventato, guarda Filippo, senza rispondere)
 

 

Il lor destino affido a te!  

Scruta quei cor, che un folle amor trascina!

Sempre lecito è a te di scontrar la regina!

Tu, che sol sei un uom, in questo stuolo uman,

ripongo il cor nella leal tua man!

RODRIGO
(a parte, con trasporto di gioia)

Inaspettata aurora in ciel appar!

S'aprì quel cor, che niuno osò scrutar!

FILIPPO

Possa cotanto dì la pace a me tornar!

RODRIGO

Oh sogno mio divin! oh gloriosa speme!

(il Re stende la mano a Rodrigo, che piega il ginocchio e gliela bacia)
 
(la tela cade rapidamente)
 

Fine (Atto primo)

Atto primo Atto secondo Atto terzo Atto quarto

Il chiostro del convento di san Giusto; a destra una cappella illuminata; vi si vede attraverso ad un cancello dorato la tomba di Carlo V; a sinistra, porta che mena all'esterno; in fondo la porta interna del chiostro; giardino con alti cipressi; è l'alba.

frati, Un frate
 

[Preludio, Introduzione e Scena del frate]

(il giorno spunta lentamente; s'ode suonar una campana)

frati, Un frate
<- Don Carlo
Un frate, Don Carlo
frati ->

Io l'ho perduta! Oh potenza suprema!

Don Carlo, Un frate
Io la vidi e il suo sorriso

(suona la campana)

Don Carlo
Un frate ->

La sua voce!... Il cor mi trema...

 
Don Carlo
<- Rodrigo

È lui!... desso... l'infante! / O mio Rodrigo!

(suono d'una campana)

Don Carlo, Rodrigo
<- Filippo, Elisabetta, frati

Coraggio! / Ei la fe' sua! Sventura! Io l'ho perduta!

Filippo, Elisabetta, frati
Don Carlo, Rodrigo ->

Un sito ridente alle porte del chiostro di s. Giusto; una fontana; sedili di zolle; gruppi d'aranci, di pini e di lentischi; all'orizzonte le montagne azzurre dell'Estremadura; in fondo a destra, la porta del convento; vi si ascende per qualche gradino.

Contessa d'Aremberg, dame, paggi
 

[Coro e Scena]

Contessa d'Aremberg, dame, paggi
<- Eboli, Tebaldo
 

Tra queste mura pie la regina di Spagna

[Canzone del velo]

Contessa d'Aremberg, dame, paggi, Eboli, Tebaldo
<- Elisabetta

[Scena, Terzettino dialogato e Romanza]

La Regina! / Un'arcana

Contessa d'Aremberg, dame, paggi, Eboli, Tebaldo, Elisabetta
<- Rodrigo

Il marchese di Posa, grande di Spagna.

 

Va', pronta io sono il figlio a riveder

Contessa d'Aremberg, dame, paggi, Eboli, Tebaldo, Elisabetta, Rodrigo
<- Don Carlo

[Gran scena e Duetto]

Eboli, Elisabetta, Rodrigo, Don Carlo
Tebaldo, Contessa d'Aremberg, dame, paggi ->

Io vengo a domandar grazia alla mia regina

Elisabetta, Don Carlo
Rodrigo, Eboli ->

Don Carlo, Elisabetta
Perduto ben, mio sol tesor
Elisabetta
Don Carlo ->
Elisabetta
<- Filippo, La contessa d'Aremberg, Rodrigo, Eboli, coro, paggi, Tebaldo

[Scena]

Il re! / Perché qui sola è la Regina?

[Romanza]

Elisabetta, Coro, Rodrigo, Filippo
Non pianger, mia compagna
Filippo, Rodrigo
Elisabetta, Eboli, La contessa d'Aremberg, Tebaldo, coro, paggi ->

[Scena e Duetto]

Restate! Presso della mia persona

Orrenda, orrenda pace! La pace è dei sepolcri!

 

Oh strano sognator!

Sire, che dite mai?

 
I. Scena prima I. Scena seconda I. Scena terza II. Scena prima II. Scena seconda II. Scena terza II. Scena quarta II. Scena quinta II. Scena sesta
Il chiostro del convento di san Giusto; a destra una cappella illuminata; vi si vede attraverso ad... Un sito ridente alle porte del chiostro di s. Giusto; una fontana; sedili di zolle; gruppi d'aranci, di pini... I giardini della regina a Madrid; un boschetto chiuso; in fondo, sotto un arco di verzura, una... Una gran piazza innanzi Nostra Donna d'Atocha; a destra la chiesa, cui conduce una grande scala; a... Il gabinetto del Re a Madrid; un tavolo ingombro di carte, ove due doppieri finiscono di consumarsi;... La prigione; un oscuro sotterraneo, nel quale sono stati gettate in fretta alcune suppellettili della corte;... Il chiostro del convento di san Giusto; chiaro di luna.
[Preludio, Introduzione e Scena del frate] [Coro e Scena] [Canzone del velo] [Scena, Terzettino dialogato e Romanza] [Gran scena e Duetto] [Scena] [Romanza] [Scena e Duetto] [Preludio] [Scena, Duetto e Terzetto] [Gran Finale] [Introduzione e Scena] [Scena] [Scena e Quartetto] [Scena, Aria] [Morte di Rodrigo e Sommossa] [Scena ed Aria] [Scena e Duetto d'addio e Scena finale]
Atto secondo Atto terzo Atto quarto

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