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Siracusa: atrio terreno nella casa di Dardano |
Due porte sui due lati. - vano che dà sul mare, nel fondo. - Lampade di bronzo pendono dagli architravi. - Notte profonda. Dejanice sola. All'alzarsi della tela, Dejanice entra in scena dalla porta a sinistra, che immette alle stanze di Dardano. Essa è avvolta in un peplo ruvido e scuro. |
Q
(nessuno)
<- Dejanice
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DEJANICE |
Sopito è il veglio. Dei letali gigli,
che furtiva posai nell'empia stanza,
n'avrà ben tosto intorpiditi i sensi
l'acre profumo. E di più lungo sonno
quel sopor fia foriero. Argelia veglia
sola, col suo dolor. Sinistri gemiti
mugola il vento e n'ha ben donde, come
talun che canti di agonie vicine.
Sbarriam vani e pertugi, onde non possa
le vietate porte
ch'una, una sola
ospite attesa penetrar: la morte!
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Morte! Mistero eterno
dei mar, dei cieli al par,
sorgi dal freddo Averno
due tombe a spalancar!
Sorgi e, terribil dea,
spegni nel tuo furor
un empio ed una rea,
un odio ed un amor!
Admeto! Admeto!
Oh! La tua man m'avesse
allor squarciato il seno!
Avrei potuto almeno,
guardandoti, morir!
E tra i celesti spasimi
del moribondo petto
ti avrebbe benedetto
l'ultimo mio sospir!
Follia sperar per me
dal ciel sì gran mercé!
Argelia! Admeto!
Io v'unirò le labbra
nei desiati baci,
vi ridarò quell'estasi
che nome ha solo in ciel!
Io tenterò frattanto
le interminate paci
tra le pareti gelide
d'un ignorato avel!
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Dejanice e Dardano. | <- Dardano
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Dardano alle ultime parole di Dejanice entra in scena pallido, scarmigliato, barcollante. Dejanice scorgendolo si ritrae nell'ombra. | |
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DARDANO |
Ardo!... Vacillo!... Ove son?
(scorgendo Dejanice)
Chi sei tu?
Spettro... Chi sei?... Non ti ravviso più!
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DEJANICE |
Ti guata negli occhi ~ la morte con me,
t'ancide il rimorso ~ con l'ugna fatal,
è l'ultimo lampo ~ che sfolgora a te,
è l'ultimo affanno ~ che il petto ti assal!
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DARDANO |
(in preda a violenti deliri)
Disseta il mio labbro ~ fa' calmo il mio sen,
t'arretra, t'arretra, ~ fantasma avernal!
Del ciel che m'hai chiuso ~ mi torna il seren,
dell'atro tuo sguardo ~ men freddo è il pugnal.
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DEJANICE |
Fantasma non sono ~ non son visïon...
di carni cocenti ~ vestita son io,
ministra fatale ~ del funebre dio
la vittima io sono ~ che nega perdon!
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DARDANO |
(riconoscendola)
Tu sei Dejanice!... ~ Non chiedo mercé!
(delirando nuovamente)
Vieni, Argelia! A che mi manchi?
Chi ti ruba al mio sospir?
Vien! Mi chiudi gli occhi stanchi!...
Senza te non so morir!
(erigendosi in un ultimo accesso di parossismo)
Oh! Il mio gladio! Chi l'ha tolto?
Ch'io lo pianti nel tuo cor!
Ch'io ti sfregi l'empio volto!
(accasciandosi e indietreggiando sotto lo sguardo e la minaccia di Dejanice)
Numi! Numi! Il Greco muor!
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DEJANICE |
(brandendo un pugnale)
Non la vedrai ~ più in terra mai
com'io colui ~ non rivedrò!
In mano mia ~ fellon tu stai...
perir tu déi ~ pietà non ho!
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Lo spinge nella stanza ove lo segue. Un grido soffocato, poi lungo silenzio. | Dardano, Dejanice ->
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Dejanice e Admeto dall'interno. | <- Dejanice
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Dejanice rientra in iscena pallida, esterefatta, vacillante. Cade accasciata sovra un sedile, stringendosi il capo tra le mani. | |
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ADMETO |
(dal mare)
Cessato il vento, fanciulla, ha il suo pianto,
perché tu ascolti il mio misero canto,
misero canto pieno di dolore,
come quello del cigno, allor che muore!
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DEJANICE |
(trasalendo)
La voce sua! Non sogno! È desso! Ei viene!
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Corre al vano del fondo e lo spalanca. - La luna illumina la scena. | |
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DEJANICE |
Ed Argelia lo attende! Ecco! È il fruscio
della sua vesta... Ei vien! L'ultima prova
riserba il nume al sacrifizio mio!
(esce rapidamente)
| Dejanice ->
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Argelia, Admeto, più tardi Dejanice. | <- Argelia
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Argelia esce dalle sue sale bianco vestita, col velo e la ghirlanda delle fidanzate. Ha in una mano un doppiere, nell'altra una piccola anfora d'oro che depone sul tavolo a destra. | |
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ARGELIA |
Ben dici, Admeto... Pieno di dolore
come quello del cigno allor che muore!
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| <- Admeto
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ADMETO |
(entrando dal vano del fondo)
Sei tu?
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ARGELIA |
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ADMETO |
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ARGELIA |
Non porto il velo delle nozze? È giunto
il sospirato dì! Labdaco tutto
a me narrò. Sopito è il veglio infermo
e troverà domani compiuto il rito!
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ADMETO |
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ARGELIA |
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ADMETO |
Per me non già. Segnato
è il mio destin funesto, irrevocabile!
Ma tu sì bella, tu nel primo fiore
degli anni, ancor non puoi trovar sorrisi
nella vita?
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ARGELIA |
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Argelia leva da uno stipo un vassoio, con due calici d'argento e li depone sul tavolo, accanto all'anfora d'oro. Poi leva da un cofano due mazzi di fiori che dispone un due piccole conche d'alabastro. | |
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ARGELIA |
(con sorriso di tristezza ad Admeto)
Nulla più manca al nuzïal banchetto!
Qui son calici e fior. Vieni!... T'aspetto!
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| (Argelia e Admeto siedono vicinissimi uno all'altro) | |
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ADMETO |
Mira! Son presso a spegnersi
le addolorate faci,
siccome amanti spiriti
allo spirar dei baci!
Odi! Di eteree cetere
il virginal sospir!
Come funesto è il vivere
quando si può morir!
| S
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ARGELIA |
Mira! Le stelle gemine
brillan nei campi d'or!
L'han spente in terra l'Odio
le unisce in ciel l'Amor!
Vieni insertiam la palma
nell'ultimo sospir!
È pur soave e calma
l'ebbrezza del morir!
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ARGELIA E ADMETO
Mesciam nel mesto calice
la pietosa stilla
sino che l'aure tacciono
sino che il ciel scintilla!
Lasciam la fragil veste!
Quest'ultimo dolor
alla pietà celeste
confida il nostro amor!
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| <- Dejanice
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DEJANICE |
(contemplando i due amanti con la più viva emozione)
Ciel! Quanto ei l'ama! E quanto
s'aman, se san morir!
Oh l'inaudito schianto!
Oh! l'orrido martir!
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Argelia versa dall'ampolla d'oro il liquore in due calici. I due amanti li toccano insieme. | |
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ARGELIA, ADMETO |
L'ultimo bacio in terra, il primo in ciel!
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S'abbracciano. Argelia si stacca per prima dall'amplesso convulso di Admeto. Mentre stanno per appressare le labbra ai calici, irrompe Dejanice, e getta a terra slanciandosi in mezzo a loro le tazze avvelenate. Admeto ed Argelia si alzano vivamente, in preda alla massima agitazione. | |
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DEJANICE |
Non voi! non voi! Perire altri qui dée!...
Barriera insuperabile
tra voi s'alzava un odio ed un amore!
L'odio fu spento! Mira!
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Trascina Admeto davanti alla porta di Dardano e la spalanca. Admeto manda un grido di raccapriccio. | |
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DEJANICE |
Dardano è morto e Dejanice muore!
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Si trafigge e cade fulminata, Argelia cade riversa sullo scanno. Admeto le s'inginocchia davanti. | |
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Cala la tela. | |
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