Atto quarto

 

Siracusa: atrio terreno nella casa di Dardano

Due porte sui due lati. - vano che dà sul mare, nel fondo. - Lampade di bronzo pendono dagli architravi. - Notte profonda.
Dejanice sola.
All'alzarsi della tela, Dejanice entra in scena dalla porta a sinistra, che immette alle stanze di Dardano. Essa è avvolta in un peplo ruvido e scuro.

 Q 

(nessuno)

<- Dejanice

 

DEJANICE

Sopito è il veglio. Dei letali gigli,  

che furtiva posai nell'empia stanza,

n'avrà ben tosto intorpiditi i sensi

l'acre profumo. E di più lungo sonno

quel sopor fia foriero. Argelia veglia

sola, col suo dolor. Sinistri gemiti

mugola il vento e n'ha ben donde, come

talun che canti di agonie vicine.

Sbarriam vani e pertugi, onde non possa

le vietate porte

ch'una, una sola

ospite attesa penetrar: la morte!

 

Morte! Mistero eterno  

dei mar, dei cieli al par,

sorgi dal freddo Averno

due tombe a spalancar!

Sorgi e, terribil dea,

spegni nel tuo furor

un empio ed una rea,

un odio ed un amor!

Admeto! Admeto!

Oh! La tua man m'avesse

allor squarciato il seno!

Avrei potuto almeno,

guardandoti, morir!

E tra i celesti spasimi

del moribondo petto

ti avrebbe benedetto

l'ultimo mio sospir!

Follia sperar per me

dal ciel sì gran mercé!

Argelia! Admeto!

Io v'unirò le labbra

nei desiati baci,

vi ridarò quell'estasi

che nome ha solo in ciel!

Io tenterò frattanto

le interminate paci

tra le pareti gelide

d'un ignorato avel!

 
Dejanice e Dardano.

<- Dardano

Dardano alle ultime parole di Dejanice entra in scena pallido, scarmigliato, barcollante. Dejanice scorgendolo si ritrae nell'ombra.
 

DARDANO

Ardo!... Vacillo!... Ove son?  

(scorgendo Dejanice)

Chi sei tu?

Spettro... Chi sei?... Non ti ravviso più!

 

DEJANICE

Ti guata negli occhi ~ la morte con me,  

t'ancide il rimorso ~ con l'ugna fatal,

è l'ultimo lampo ~ che sfolgora a te,

è l'ultimo affanno ~ che il petto ti assal!

DARDANO

(in preda a violenti deliri)

Disseta il mio labbro ~ fa' calmo il mio sen,

t'arretra, t'arretra, ~ fantasma avernal!

Del ciel che m'hai chiuso ~ mi torna il seren,

dell'atro tuo sguardo ~ men freddo è il pugnal.

DEJANICE

Fantasma non sono ~ non son visïon...

di carni cocenti ~ vestita son io,

ministra fatale ~ del funebre dio

la vittima io sono ~ che nega perdon!

DARDANO

(riconoscendola)

Tu sei Dejanice!... ~ Non chiedo mercé!

(delirando nuovamente)

Vieni, Argelia! A che mi manchi?

Chi ti ruba al mio sospir?

Vien! Mi chiudi gli occhi stanchi!...

Senza te non so morir!

(erigendosi in un ultimo accesso di parossismo)

Oh! Il mio gladio! Chi l'ha tolto?

Ch'io lo pianti nel tuo cor!

Ch'io ti sfregi l'empio volto!

(accasciandosi e indietreggiando sotto lo sguardo e la minaccia di Dejanice)

Numi! Numi! Il Greco muor!

DEJANICE

(brandendo un pugnale)

Non la vedrai ~ più in terra mai

com'io colui ~ non rivedrò!

In mano mia ~ fellon tu stai...

perir tu déi ~ pietà non ho!

 
Lo spinge nella stanza ove lo segue. Un grido soffocato, poi lungo silenzio.

Dardano, Dejanice ->

 
Dejanice e Admeto dall'interno.

<- Dejanice

 
Dejanice rientra in iscena pallida, esterefatta, vacillante. Cade accasciata sovra un sedile, stringendosi il capo tra le mani.
 

ADMETO

(dal mare)  

Cessato il vento, fanciulla, ha il suo pianto,

perché tu ascolti il mio misero canto,

misero canto pieno di dolore,

come quello del cigno, allor che muore!

 

DEJANICE

(trasalendo)  

La voce sua! Non sogno! È desso! Ei viene!

 
Corre al vano del fondo e lo spalanca. - La luna illumina la scena.
 

DEJANICE

Ed Argelia lo attende! Ecco! È il fruscio

della sua vesta... Ei vien! L'ultima prova

riserba il nume al sacrifizio mio!

(esce rapidamente)

Dejanice ->

 
Argelia, Admeto, più tardi Dejanice.

<- Argelia

 
Argelia esce dalle sue sale bianco vestita, col velo e la ghirlanda delle fidanzate. Ha in una mano un doppiere, nell'altra una piccola anfora d'oro che depone sul tavolo a destra.
 

ARGELIA

Ben dici, Admeto... Pieno di dolore  

come quello del cigno allor che muore!

 

<- Admeto

ADMETO

(entrando dal vano del fondo)

Sei tu?

ARGELIA

Son io.

ADMETO

Come raggiante sei!

ARGELIA

Non porto il velo delle nozze? È giunto

il sospirato dì! Labdaco tutto

a me narrò. Sopito è il veglio infermo

e troverà domani compiuto il rito!

ADMETO

Pur...

ARGELIA

Vacilli?...

ADMETO

Per me non già. Segnato

è il mio destin funesto, irrevocabile!

Ma tu sì bella, tu nel primo fiore

degli anni, ancor non puoi trovar sorrisi

nella vita?

ARGELIA

Non più! Volano l'ore!

 
Argelia leva da uno stipo un vassoio, con due calici d'argento e li depone sul tavolo, accanto all'anfora d'oro. Poi leva da un cofano due mazzi di fiori che dispone un due piccole conche d'alabastro.
 

ARGELIA

(con sorriso di tristezza ad Admeto)

Nulla più manca al nuzïal banchetto!

Qui son calici e fior. Vieni!... T'aspetto!

 
(Argelia e Admeto siedono vicinissimi uno all'altro)
 

ADMETO

Mira! Son presso a spegnersi    

le addolorate faci,

siccome amanti spiriti

allo spirar dei baci!

Odi! Di eteree cetere

il virginal sospir!

Come funesto è il vivere

quando si può morir!

S

ARGELIA

Mira! Le stelle gemine

brillan nei campi d'or!

L'han spente in terra l'Odio

le unisce in ciel l'Amor!

Vieni insertiam la palma

nell'ultimo sospir!

È pur soave e calma

l'ebbrezza del morir!

 

ARGELIA E ADMETO

Mesciam nel mesto calice

la pietosa stilla

sino che l'aure tacciono

sino che il ciel scintilla!

Lasciam la fragil veste!

Quest'ultimo dolor

alla pietà celeste

confida il nostro amor!

 

<- Dejanice

DEJANICE

(contemplando i due amanti con la più viva emozione)

Ciel! Quanto ei l'ama! E quanto

s'aman, se san morir!

Oh l'inaudito schianto!

Oh! l'orrido martir!

 
Argelia versa dall'ampolla d'oro il liquore in due calici. I due amanti li toccano insieme.
 

ARGELIA, ADMETO

L'ultimo bacio in terra, il primo in ciel!  

 
S'abbracciano. Argelia si stacca per prima dall'amplesso convulso di Admeto. Mentre stanno per appressare le labbra ai calici, irrompe Dejanice, e getta a terra slanciandosi in mezzo a loro le tazze avvelenate. Admeto ed Argelia si alzano vivamente, in preda alla massima agitazione.
 

DEJANICE

Non voi! non voi! Perire altri qui dée!...

Barriera insuperabile

tra voi s'alzava un odio ed un amore!

L'odio fu spento! Mira!

 
Trascina Admeto davanti alla porta di Dardano e la spalanca. Admeto manda un grido di raccapriccio.
 

DEJANICE

Dardano è morto e Dejanice muore!

 
Si trafigge e cade fulminata, Argelia cade riversa sullo scanno. Admeto le s'inginocchia davanti.
 
Cala la tela.
 

Fine (Atto quarto)

Atto primo Atto secondo Atto terzo Atto quarto

Atrio terreno nella casa di Dardano; due porte sui due lati; vano che dà sul mare, nel fondo; lampade di bronzo pendono dagli architravi; notte profonda.

 
<- Dejanice

Sopito è il veglio. Dei letali gigli

Dejanice
<- Dardano

Ardo! Vacillo! Ove son?

Dardano, Dejanice ->
<- Dejanice

La voce sua! Non sogno! È desso! Ei viene!

(la luna illumina la scena)

Dejanice ->
<- Argelia

Ben dici, Admeto... Pieno di dolore

Argelia
<- Admeto

Admeto e Argelia, Dejanice
Mira! Son presso a spegnersi
Argelia, Admeto
<- Dejanice
 

L'ultimo bacio in terra, il primo in ciel!

(Dejanice si trafigge e cade fulminata)

 
Siracusa: atrio terreno nella casa di Dardano
Siracusa; il foro; nel fondo il mare. Itaca; spiaggia; rocce; tra gli scogli, un sentiero. Siracusa; il tempio di Volinnia; sacrario. Il palazzo di Nidio; il gineceo; nel fondo giardini; all'ingiro colonnato dorico; fontana nel mezzo. Atrio terreno nella casa di Dardano; due porte sui due lati; vano che dà sul mare, nel fondo; lampade di...
Atto primo Atto secondo Atto terzo

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