Atto terzo

 

Siracusa: il tempio di Volinnia

Sacrario.
Argelia, coro di Sacerdotesse, poi Admeto.

 Q 

Argelia

 

CORO INTERNO DI SACERDOTESSE

S'innalzi a te per l'etra  

coi propiziati incensi,

coi voli della cetra,

il canto mesto dei notturni amor!

E tu rivela intanto

ai suscitati sensi

le voluttà del pianto,

le mistiche dolcezze del dolor!

 

ARGELIA

(inginocchiata sui gradini di marmo davanti alla statua della dèa)

Delle tu bende, o diva,

all'infelice Argelia

svela l'arcano che fa muto il cor!

Diffondi sull'amara

estasi mia,

il fascino immortal

che tutto oblia!

Cospargimi sull'ara

il crin di fior!

Strappane un sol... fatal...

quel dell'amor!

Fa' ch'io non l'ami più...

se tanta è pur, o dea, la tua virtù!

 

CORO INTERNO DI SACERDOTESSE

E tu rivela intanto

la voluttà del pianto,

le mistiche dolcezze del dolor!

ARGELIA

O tu che in ciel rifrangi

il nugol d'or,

o tu, che, a notte, piangi

il gran dolor,

astro dai freddi rai,

mar dei sospir,

a lui che tanto amai

volate a dir:

ch'ei trovi a me virtù

se un dio no 'l può, perch'io non l'ami più!

 
Alle ultime note d'Argelia, Admeto penetra furtivamente nel sacrario e s'inginocchia, inosservato, al fianco suo.

<- Admeto

 
Argelia e Admeto
 

ADMETO

Argelia, ei no 'l potrà!

ARGELIA

(alzandosi vivamente - Admeto fa altrettanto)

Deliro! Sogno!

ADMETO

Fissa la mia pupilla!... Admeto io sono!...

ARGELIA

Sei tu che torni a me?... Tutto io perdono!

 

ADMETO

Ritorno a te siccome a sera tornano  

gemine stelle nel dolente ciel...

Disgiunte fece un breve dì nostr'anime,

or le congiunga della notte il vel!

ARGELIA

Ben dici, Admeto: le divise lagrime

sono il sol che ci resti uman gioir!

Al fianco mio non ti fu dato vivere

ora... il sento... con me vieni a morir!

 

ADMETO E ARGELIA

D'un palpito uniti

nel gaudio supremo,

i cieli infiniti

tentare sapremo,

le palme insertando,

a pari volando,

dai campi del duol,

ai lampi del sol,

col riso sul labbro,

coll'estasi in sen,

rapiti all'ebbrezza

del divo seren!

 

CORO INTERNO DI SACERDOTESSE
(più debolmente)

S'innalzi a te per l'etra

coi voli della cetra

il canto mesto dei notturni amor!

 

ARGELIA

La moribonda prece  

segna vicino il mattutino albor...

Lasciarti deggio. ~

ADMETO

Ora fatale!

ARGELIA

Ma non fia questo ~ l'ultimo vale...

ADMETO

Per noi la notte ~ del tetro avel

fia il primo giorno ~ vissuto in ciel!

ARGELIA

Ah! Sì: la notte ~ del tetro avel

fia il primo giorno ~ vissuto in ciel!

 
(Argelia esce)

Argelia ->

 
Admeto e Dardano.

<- Dardano

 

DARDANO

(avanzandosi rapidamente)  

Il re corsaro in questa soglia!

ADMETO
(stupito)

Numi!

DARDANO

Non paventar! Una io ti devo (Ahi! Quanto!)

vita diletta... Argelia hai fatto salva...

salvo farti vogl'io! ~ Secura nave

ti riconduca a' lidi tuoi...

ADMETO

Deliri?

DARDANO

Ricusi il dono? ~ Ma sai qual sorte

Grecia ti serbi? ~

ADMETO

Lo so! La morte!

A te che preme ~ se spento io cada

da greca spada? ~ Sol non cadrò!

DARDANO

Ripensa, Admeto! ~ Ripensa!

ADMETO

No!

 

DARDANO

Morta l'avrà ~ sul tuo nefasto tumulo,  

del fero dio ~ lo scellerato stral!

Svelto sarà ~ quel fior ch'hai fatto languido,

crudo amator, ~ dal turbine avernal!

ADMETO

Destin, destin! ~ In un istesso vel,

non nati ancor, ~ ci volle uniti il ciel!

DARDANO

Fui fero, il so; ~ del mio funesto orgoglio

il gran fallir ~ il nume in lei colpì!

Ma a' piedi tuoi ~ chi t'oltraggiò s'umilia...

Dimmi se mai ~ spuntò più orribil dì!

Salva la rendi, o pria, crudel, su me

ritorci il ferro, che non ha mercé!

 

ADMETO

(in atto di piegare un ginocchio)

Chiamami figlio!  

DARDANO

(rialzandosi violentemente)

Ah! Che dicesti tu?

ADMETO

(stendendogli la mano)

Chiamami figlio!

DARDANO

Te!

ADMETO

Deh! Falla mia!

DARDANO

Sull'odiato talamo

salir Argelia?... Mai!... Piuttosto pera!

(esce imprecando)

Dardano ->

 

ADMETO

Per te perir? Ah! Tu non hai mercé!

Fia maledetto il parricida in te!

(si allontana in direzione opposta)

Admeto ->

 
 

Siracusa: il palazzo di Nidio

Il gineceo.
Nel fondo giardini - All'ingiro colonnato dorico - Fontana nel mezzo.
Nidio, Alfeo, Labdaco, Etere, Patrizi, Nocchieri, poi Dejanice.
Sovra ricchi cuscini babilonesi, stanno mollemente adagiate le Etere con plettri dorati. Citariste.

 Q 

etere, citariste

 
Danza delle Etere.
 

LE ETERE
(accompagnate colle citare dalle Citariste)

Degli ènei tripodi  

ai calidi profumi,

dell'ignee perle

ai moribondi lumi,

brevi son l'ore

all'afrodisio metro...

e canta Amore,

s'anco inerti le dita, il vago plettro!

Amor, delizia

celestialmente umana,

amplesso olimpico

e voluttà profana!...

Di molli lagrime

grava le ciglia un vel,

perché riapransi

affascinate dall'ebbrezza in ciel.

 

<- patrizi, nocchieri, Nidio, Alfeo, Labdaco

CORO DI PATRIZI E NOCCHIERI

(entrando vivamente)  

Evohé! Evohé!

Ambre sui tripodi,

narcisi, balsami,

musiche, faci!

Le ridde, il turbine,

gli ebri deliri,

i nappi, i baci!

Ad Afrodisia

il vieto metro

non gema il plettro!

Una si canti

una si crei

madre d'incanti

nuovi agli dèi,

irresistibile

divinità!

La voluttà!

 
Durante questo Coro, comparisce Dejanice nello strano abbigliamento delle indovine egizie; essa si aggira inquieta come in traccia di taluno che non si trovi; i Nocchieri le si fanno intorno e' mentre essa vorrebbe sottrarsi inosservata la traggono verso il proscenio. Ha il volto coperto di un velo fittissimo. Le Etère s'alzano e le si fanno intorno.

<- Dejanice

 

LE ETERE

Un'egizia! Un'egizia! Una sibilla!  

Su qual fatata spuma

vogasti a noi dai culmini di Cuma?

Strappa la cetra, ti contorci e strilla!

 
(alcune citariste le pongono in mano una cetra)
 

DEJANICE

Una cetra perché? Dove la voce  

cantando piange?

Derisïon atroce!

L'Egizia canta e il vil strumento frange!

(getta e spezza sdegnosamente la cetra)

 

Colà, nell'oasi    

verde dell'arido

saaro deserto,

le rose s'amano,

come le vergini,

a cielo aperto.

Là non ricovera

arcani palpiti

la chiusa tenda...

Come il sol fulgido

l'amore libero

è senza benda...

Fu là, nel fascino

dei caldi rai,

fu là che amai!

Ecco! Lo scalpito

odi dell'arabo

bianco corsiero?

A volo, a turbine

giunge da Nubia

il bel guerriero!

A terra ei balza,

e dal mio turgido

seno anelante

un grido s'alza!

Grido ch'ei soffoca

col bacio amante!

È lui! È lui!

Fu là che, ahi misera!

Amata io fui!

Ché non ritorni,

ché non ritorni?

Le notti piangono...

d'amplessi vedova,

per me si velano,

a bruno i giorni!

Deserta è l'oasi...

sole... errabonde

vagan gazzelle!...

Più non riflettonsi

sulle mie sponde

le amiche stelle!

Spenta ho ogni brama...

non ho più lagrime...

ei più non m'ama!

S

 
Durante la canzone di Dejanice, Labdaco, confuso tra i Nocchieri cartaginesi, ne ha seguite con crescente attenzione le mosse, e ha fatto parte a' suoi Compagni delle sue impressioni.
 

LABDACO

(accostandosi a Dejanice, sottovoce)  

D'Irambo e Leuco, o Egizia,

novella mi sai dar?

DEJANICE

(come punta dall'aspide, fra sé)

(Scoperta son! Oh fulmini!)

LABDACO

(ritornando verso Nidio ed Alfeo)

È vano il dubitar!

 
(nel frattempo Nidio ed Alfeo han dato parte ai siracusani delle rivelazioni di Labdaco, con gesti significativi, additando Dejanice; i greci alla lor volta parlano sommessamente alle citariste)
 

LABDACO

Non val la larva ~ delatrice,  

che al re corsaro ~ rubò l'amplesso,

sol per rivenderlo ~ a peso d'or.

CORO

Onde il sapesti? ~

LABDACO

Dardano istesso

me lo svelava! ~

CORO

Infamia! Orror!

Oh la beffarda! ~ Oh la bugiarda!

che ruba a Diana ~ la castità!

Tutti contamina... ~ sgombri di qua!

(Labdaco scompare; Nidio, Alfeo e il coro appressandosi a Dejanice, circondandola)

Labdaco ->

 

CORO

Ché ti chiudi a biechi ludi

o mendace in falso vel?

Sfolgorar i seni ignudi

che non fai davanti al ciel?

Te non ha dell'orgia oscena

fatta sazia il saturnal?

Si fa sfinge la sirena;

nota sei... mentir non val!

Qui gli amplessi, a prezzi infami,

non si vendono... si dan!

L'uom, cui dir tu puoi che l'ami,

leghi e vendi al suo tiran!

 

DEJANICE

O crudeli, la mercé

d'un pugnale si accordi a me!

 

<- Admeto

CORO

Cortigiana! ~ Delatrice!

Di costà rimovi il piè!

ADMETO

(che è entrato alle ultime parole del Coro)

Forse è solo un'infelice...

s'ella è tale, è sacra a me!

DEJANICE

(fra sé, con accento disperato)

(È vendetta inesorata,

sommi dèi, la sua mercé!)

CORO

(allontanandosi e volgendosi indietro, con accento di scherno)

Cortigiana!... Delatrice!...

bel campion, rimanga a te!

 
(escono)

Nidio, Alfeo, etere, patrizi, nocchieri, citariste ->

 
Dejanice, Admeto.
 

ADMETO

Strappa il tuo vel... Dimmi chi sei... Perché  

giovar ti possa!

(Dejanice cade im ginocchio davanti ad Admeto e si scopre senza proferir parola)

 

Tu!... Tu... In tanto abisso

cader potesti?... No!... Dimmi che menti!...

Dimmi che un reo mistero...

DEJANICE

Ahimè! Perdona!

ADMETO

Ahi! Dunque, ahi! Dunque è vero?

DEJANICE

Pietà, pietà, m'uccidi!

 

ADMETO

Tra noi s'uccide, o femmina,  

solo chi s'odia o s'ama!

Con le tue pari macchiasi

sin d'un pugnal la lama!

Donna e patrizia, scendere

sì basso hai tu potuto?

Dimmi a qual prezzo a Dardano

Admeto hai tu venduto?

Dillo! E, se vuoi dell'or

colmar te n' posso ancor!

 

DEJANICE

(rialzandosi e indietreggiando inorridita)

A me dell'oro! Barbaro

ché non mi squarci il cor!

Straziata, offesa ~ del vitupero

segnava il patto ~ coll'uom fatal...

Ma il redimeva ~ sacro un pensiero,

quel di salvarti ~ dal suo pugnal!

Admeto, oh guardami, ~ mentia l'incanto

di quell'amplesso ~ che mio ti fe'?

Mentir potevano ~ i baci, il pianto

che sparsi misera! ~ in seno a te?

Io non t'amava? ~ Io ti vendea?...

Oh! No - T'è noto ~ io non son rea!

Di' che non m'ami ~ e a carni infami

sparmii il tuo ferro ~ la tua pietà!

A far finita ~ l'orribil vita,

solo il tuo sprezzo ~ bastar potrà!

 

ADMETO

(Tortura orribile! ~ Dubbio codardo!

Forse più misera ~ che infame ell'è!)

DEJANICE

Admeto, ascoltami! ~ sol d'un tuo sguardo,

d'una parola ~ chiedo mercé!

ADMETO

(con impeto imperioso)

Ed osi ancora? ~ lungi da me!

DEJANICE

(manda un grido)

Menzogna! Menzogna ~ sei bella e felice,

l'amplesso t'inebrii ~ di un altro amator!

Ritenta il tuo ludo, ~ fatal delatrice,

suggella la morte ~ col bacio d'amor!

 

DEJANICE

Admeto!  

ADMETO

Mi lascia!

DEJANICE

Admeto, m'ascolta!

La morte ti chiedo ~ la morte a' tuoi piè!

ADMETO

I numi, i mortali ~ qui t'abbiano assolta,

memoria d'infamia ~ tu resti per me!

 
La respinge. Dejanice cade svenuta. Admeto s'allontana rapidamente.

Admeto ->

 

Fine (Atto terzo)

Atto primo Atto secondo Atto terzo Atto quarto

Siracusa; il tempio di Volinnia; sacrario.

Argelia
 
Argelia
<- Admeto

Argelia, ei no 'l potrà! / Deliro! Sogno!

La moribonda prece

Admeto
Argelia ->
Admeto
<- Dardano

Il re corsaro in questa soglia!

Chiamami figlio! / Ah! Che dicesti tu?

Admeto
Dardano ->

Admeto ->

Il palazzo di Nidio; il gineceo; nel fondo giardini; all'ingiro colonnato dorico; fontana nel mezzo.

etere, citariste
 

(danza delle etere)

etere, citariste
<- patrizi, nocchieri, Nidio, Alfeo, Labdaco
etere, citariste, patrizi, nocchieri, Nidio, Alfeo, Labdaco
<- Dejanice

(Dejanice ha l'abbigliamento delle indovine egizie e il volto coperto)

Una cetra perché? Dove la voce

D'Irambo e Leuco, o Egizia

Labdaco, Coro, Dejanice, poi Admeto
Non val la larva, delatrice
etere, citariste, patrizi, nocchieri, Nidio, Alfeo, Dejanice
Labdaco ->
 
etere, citariste, patrizi, nocchieri, Nidio, Alfeo, Dejanice
<- Admeto
 
Dejanice, Admeto
Nidio, Alfeo, etere, patrizi, nocchieri, citariste ->

Strappa il tuo vel. Dimmi chi sei. Perché

Admeto! / Mi lascia! / Admeto, m'ascolta!

(Dejanice cade svenuta)

Dejanice
Admeto ->
 
Siracusa: il tempio di Volinnia Siracusa: il palazzo di Nidio
Siracusa; il foro; nel fondo il mare. Itaca; spiaggia; rocce; tra gli scogli, un sentiero. Siracusa; il tempio di Volinnia; sacrario. Il palazzo di Nidio; il gineceo; nel fondo giardini; all'ingiro colonnato dorico; fontana nel mezzo. Atrio terreno nella casa di Dardano; due porte sui due lati; vano che dà sul mare, nel fondo; lampade di...
Atto primo Atto secondo Atto quarto

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