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Un cortile nell'interno del castello di Ekebù; a sinistra, un porticato di legno annerito dal fumo, che si stende in volte larghe, salendo dal proscenio, fino al fondo; ad ogni arcata corrisponde, a regolare distanza, una porta che lascerà intravvedere l'interno della fucina, il grosso maglio appeso al soffitto, il fornello a mantice, le incudini e le bocche lontane dai forni; la fucina è deserta; a destra, invece, si vede la facciata interna del castello, in pietre ruvide e bigie; ciuffi d'erbe appassite penzolano dagli spigoli e dai cornicioni; qualche pianta giallastra e moribonda è sulla piccola porta d'entrata, poco lontano dalla quale c'è una bassa e lunga panchina di pietra, che fronteggia la prima arcata del portico; presso a questa, spicca un rozzo sedile di pietra; nel fondo, una cancellata di legno divide il cortile della strada, oltre la quale si distende la campagna arsa dalla siccità.
Se ne vanno? / Se ne vanno. / Plebe ignobile ed infida.
Anna! / Ebbene? / Piange! Guardala! Piange troppo... Almen direi.
Anna! Pregavi? / Sì / Piangi? Perché?
(grida festose lontane)
Gridano ancora. Senti? Addio / Anna! Un istante
Giosta! La Comandante! La Comandante! È qui!
Ragazzi! Mille diavoli! Marmotte!
(il maglio cade e tuona; i forni avvampano; fiamme calde balenano nella fucina; squillano i martelli)
(la Comandante muore; silenzio profondo)
Giosta! È morta! / Morta! / Cavalieri di Ekebù!
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