Scena prima |
Falsirena, Idonia. |
<- Falsirena, Idonia |
Argomento. | ||
Esce Falsirena maga, e insieme con lei Idonia consigliera d'amore. Costei narra alla maga, come in quel bosco è giunto vaghissimo garzone in abito di cacciatore, e con facondia le descrive la bellezza di lui sì rara, e meravigliosa, ch'ella se n'invaghisce; e determina, d'abbandonar gl'incanti, per seguire gli amori. Ma da Idonia è consigliata, a non tralasciargli. Anzi, per poter più agevolmente allettare, e ritenere il garzone, è esortata, a cangiare quel rozzo bosco in ameno giardino, accioché egli a tal vista raffreni il passo, e la maga abbia facile occasione, di ritrovarlo a quelle vaghezze intento. Onde Falsirena con Idonia partono, ad incantare il bosco, e tramutarlo in giardino. | ||
FALSIRENA |
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IDONIA |
Or, or, che facea segno su 'l mattin rugiadoso, d'inargentare il ciel l'alba ridente, vidi aspetto sì degno, tra questo bosco ombroso far de la sua beltà mostra lucente, e parve il sol, che precorresse l'alba: se non ch'il suo splendore avanza l'alba, ed è del sol maggiore. | |
FALSIRENA |
Forse tra queste selve mirasti il biondo Apollo incurvar l'arco, e saettar le belve? | |
IDONIA |
Ah, ch'egli ha di costui pregi tanto minori, quant'egli i corpi: e quest'impiaga i cori. | |
FALSIRENA |
Dimmi dunque, qual nume raccolto in mortal velo qui spande eterno lume, e lieto cangia queste piagge in cielo. | |
IDONIA |
Questo novello Amore de' crini il bel tesoro torce in anella d'oro: ne la fronte ha il candore de l'argentato giglio: distinto in vivo ardore di geminata stella, è 'l doppio ciglio: la fronte ha di diamante: tra perle, e tra rubini colorisce il sembiante, qual con vario color mostrar si suole su i mattutin confini la rosa emola a l'alba, e pari al sole. E sembra Amor, poi che qual aura, o lampo instabil gira, o corre a volo il campo. | |
FALSIRENA |
Deh più non spirar voglie a l'avido desio; che soave si scioglie in dolcezza il cor mio. | |
IDONIA |
Per pompa di sé stessa più leggiadra fattura dal suo mirabil seno non partorì natura. Ha cinto al fianco intorno il risonante corno, e, su l'omer portando arco dorato, lo stral ha in mano, e la faretra a lato. | |
FALSIRENA |
Sì gran beltà celeste, bench'a le luci ignota, mi rende amante il core; ch'anco il bello del cielo, bench'invisibil sia, con occulta virtù l'alme inamora. | |
IDONIA |
A fiori d'or contesta di fin vermiglio tinge la prezïosa vesta, e di zona di perle il seno cinge; desta ne' campi ogni suo riso i fiori, apre ne' corpi ogni suo passo i cori. | |
FALSIRENA |
Per vaghezza sì degna, per aspetto sì raro provo amor, e no 'l miro, e pria, ch'avvampi, a incenerire imparo. | |
IDONIA |
Ove 'l guardo raggira, a quel sembiante adorno l'aer chiaro si mira, si rasserena il giorno. | |
FALSIRENA |
Deh che vinta mi rendo, e d'incognito foco il core accendo: amante è in me la fede, ciò, che l'occhio non scorge, il pensier vede. O meraviglie al mondo altere, e sole, son lontana, ed avvampo: mi struggo a i raggi, e non ho visto il sole. Dunque lunge da me magici incanti; poich'Amor più di voi ha degne l'opre, ed ha famosi i vanti. | |
IDONIA |
O stolta pria, ch'amante. Anzi sol la magia a l'impresa d'amor scorta ti sia. | |
FALSIRENA |
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IDONIA |
Amor senz'arti muore. | |
FALSIRENA |
Amor sdegna fierezza. | |
IDONIA |
Ma non odia vaghezza. Vorrei, che questi campi al suon de' maghi accenti rendessi a lui d'ogni beltà ridenti, ond'allettato da la ricca pompa de la superba sede qua il cor volgesse, e qui fermasse il piede. | |
FALSIRENA |
Piace l'amico avviso. Forse vista sì degna qui fia, che 'l piè ritegna a la nova beltà di paradiso. | |
IDONIA |
Indi tra pompe altere a la brama del core l'alletterai con lusinghieri accenti; poi che s'avanza tra le pompe Amore. | |
FALSIRENA |
A tempo, o lieta Idonia, d'allettamenti accorti saggia maestra sei, onde per te riporti d'ogni sua guerra il cor dolci trofei. Ma più non si ritardi; al mio mago valore spiri 'l campo vaghezza, e l'aria amore. | |
Falsirena, Idonia -> | ||
Scena seconda |
Adone, Eco. |
<- Adone |
Argomento. | ||
Adone arriva in scena timoroso dell'ire di Marte, che, avendo anch'egli saputo i nuovi amori della sua amata Venere con Adone, era sceso in terra, per vendicarsi contro il garzone, il quale ha tema sì grande, che gli cagiona alla vista varie illusioni, né vi è cosa nella scena, che non gli rappresenti imagine di spavento. Onde lasso, e dolente chiede al cielo, qual fine avranno i suoi travagli. Eco gli risponde, il consola, l'affida, e gli annunzia, che in quel luogo, ed in quell'istesso giorno ha da ritrovare la sua desiderata, Venere; lieto si mette a riposare sotto un elce, e per la stanchezza ivi s'addormenta. | ||
ADONE |
lunge fugga il mio piede, e di Marte crudel l'ire paventi. Per Venere la bella contro me fiero spira il bellicoso dio turbini di terror, fulmini d'ira. Ma più, che 'l crudo Marte a la vendetta intento, me medesmo pavento; poiché fuggo i furori, e mi cingon tra boschi ombre d'orrori. Deh (lasso) che vegg'io, e qual ombra spirante segue il mio piè tremante? O mio spirito insano, dubbioso di me tremo, e, fatt'ombra di orror, l'ombra mia temo. Segui, segui il camino, che spesso a pronto cor fausto è 'l destino. Ma qual spina, qual sasso mi tronca il calle, e mi sospende il passo? O mia vista schernita, ombra d'orror mentita. Se non che forse (ahi cieco) tra così duro errore spine mi son le cure, e sasso il core. Ma dove il piè rivolgo? Arresta il passo, arresta, ch'odo di flebil voce risonar la foresta. Folle: l'aura mi scherne. Anzi pietoso il vento in sì mesti sussurri forse parla con me del mio tormento; e, per fuggir la tema, invano i passi scioglio; che, se temo l'orror, nel sen l'accoglio. Ma chi fra tanto fia, ch'in sì remoti boschi m'additi il giusto fin dell'error mio? | |
ECO |
Io. | |
ADONE |
E chi sei tu, che meco parli da cavo sen d'ignoto speco? | |
ECO |
Eco. | |
ADONE |
Quella, ch'a l'altrui voglie con presaghe risposte il ver discioglie? | |
ECO |
Scioglie. | |
ADONE |
Ah perch'in tanti affanni di trovar il suo ben l'alma dispera? | |
ECO |
Spera. | |
ADONE |
E fia, che lieto il core tra sì folt'ombre il suo bel sole ammiri? | |
ECO |
Miri. | |
ADONE |
Ma quando avvenir dée, che per Venere in sen gioia m'alloggi? | |
ECO |
Oggi. | |
[Aria di tre parti] | ||
ADONE più, che de' vostri fiori, liete de' miei contenti sol fia, che per voi spiri, e in voi dimori, e sotto il vel frondoso di quest'elce gradita avido di riposo lusinghi la mia speme, e la mia vita. Per la fuga già stanco, carco d'acerbo duolo, giaccia languido il fianco, e gli sia piuma l'erba, e letto il suolo. | ||
Scena terza |
Falsirena, Idonia, Adone, coro di Ninfe, e di Pastori, Ballarini. |
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Argomento. | ||
Falsirena dentro la scena dice, aver già incantato il bosco, per farlo divenir giardino. Idonia le risponde, che vuol restare, a custodire quegl'incanti. Falsirena poi esce fuori in scena, e, veggendo Adone addormentato, ed al volto, ed a gli abiti riconoscendolo per quello, che poco prima Idonia le aveva descritto, prorompe in parole d'eccessi d'amore. A quelle voci si risveglia Adone, il quale è da Falsirena invitato alle vaghezze di quel bosco. Adone dolente del suo stato non ama quelle vaghezze, ed ella non cessa di pregarlo; finalmente Adone ricordandosi, che ivi (come Eco aveva predetto) dovea ritrovare la sua Venere, accetta l'invito; e, mentre vogliono partire, si muta la scena in delizioso giardino. S'apre la prospettiva, e si vede nell'estremo di essa una fonte bellissima con spalliere d'alberi, in mezzo a' quali stanno con ordine frapposti Ninfe, Pastori, e Ballarini. Il coro di Ninfe, e di Pastori invita Adone a quelle delizie. Entrano Adone, e Falsirena. E i Ballarini alla loro presenza fanno danze intramezzate con canti, e con passeggi. Tutti poi ritornano dentro la prospettiva, la quale si riserra, e si cangia anch'essa in apparenza di giardino. | ||
FALSIRENA |
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IDONIA |
Ed io qui resto intanto tra quest'ombre selvagge, a goder l'aure, e custodir le piagge. | |
FALSIRENA |
Già di vaghezza intorno ho 'l piano e 'l colle ornato, e pronto a un cenno solo ha per me dispiegato fra bei nembi di fior Zefiro il volo. | |
<- Falsirena | ||
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e qual per gli occhi al core meraviglia mi scende? Giace Amor senza bende, il sol le luci serra, e 'l cielo è sceso in terra. Ah, ch'ho presenti i rai, di chi lontan bramai; quest'è 'l sembiante istesso, ch'Idonia a me descrisse: a l'arco, al volto il riconosco, è desso; ch'in terra beltà degna, e somma leggiadria non può vedersi, che di lui non sia. Falsirena, che miri, a che più dubbia stai, come in sì vago sole il guardo giri, né ti struggi a l'ardor di sì bei rai? Avvampo a un tempo, e gelo, ed in sì dubbie tempre non discopro i sospiri, e non gli celo. | |
ADONE |
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FALSIRENA |
Una, ch'in lieto seno d'ombre più vaghe, e chete tra mirabili pompe dolce t'invita a più gentil quïete. | |
ADONE |
Donna (se pure del ciel diva non sei) le grazie io non disdegno: ma per ira de' dèi son tra mie pene d'ogni pompa indegno. | |
FALSIRENA |
A bellezza celeste nemico il ciel non sia. Deh vieni, anima bella, (poco men, che non dissi anima mia). Ch'in sì ricche foreste mirerai di stupore opra novella; che ne' selvaggi spirti regna ancor gentilezza; aman le palme, e i mirti, e sanno i campi ancor ciò, ch'è bellezza. | |
ADONE |
A cacciator silvestre più, che vista leggiadra, piace rigido bosco, e rupe alpestre. | |
FALSIRENA |
Di questa ombrosa sede è vaga ogni pendice. Anzi v'è fera in essa, ch'ogni gran preda eccede, e, chi prender la può, rende felice. Qua, qua volgi il desio; ah, che fera è 'l mio cor, preda son io. | |
ADONE |
Forse fra tante gioie in questa selva (s'Eco il vero predisse) oggi trovar potrei la soave cagion de gli error miei. Che, s'indovina è l'alma, qui sol presago il core spera, d'impetrar posa al grande errore. | |
FALSIRENA |
Deh vieni alma gradita, e prenda omai ristoro da i travagli la vita, vita, per cui mi moro; che tra l'adorne piante ti chiama a dolci scherzi il cielo amante. | |
ADONE |
Da la brama invaghito di cangiar il tenor del mio destino, ecco, movendo il piè, seguo l'invito. | |
[Aria] | ||
FALSIRENA | ||
<- ninfe, pastori, ballarini | ||
[Coro a 6] | ||
CORO DI NINFE E DI PASTORI |
(♦) | |
Comincia il ballo. | ||
[Aria di 3, e a solo] | ||
CORO Qui fonte sorge al puro seren, che nembo piove di scherzi ripien. Sonoro monte tra vago terren, v'è lusinghiera l'alata schiera, che scioglie a' venti i suoi concenti. L'antro risponde dal concavo sen. Qui fonte sorge al puro seren, che nembo piove di scherzi ripien. | ||
I Ballarini passeggiano. | ||
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Mira, mira gioioso de la fonte l'aspetto, godi, godi festoso del giardino il diletto. | |
Segue il ballo. | ||
Qui l'aria spande adorno il suo vel, e spiega amante le gioie del ciel. L'auretta errante avviva ogni stel, produce il suolo pomposo stuolo, e suoi tesori son lieti fiori, che sprezzan l'ire del rigido gel. Qui l'aria spande adorno il suo vel, e spiega amante le gioie del ciel. | ||
I Ballarini passeggiano. | ||
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Mira, mira gioioso de la fonte l'aspetto, godi, godi festoso del giardino il diletto. | |
Segue il ballo. | ||
Qui d'or la rosa colora il suo crin, e cinge spoglie di vivo rubin. Diamanti accoglie il bel gelsomin, porporeggianti son gli amaranti, avorio è 'l viso del bel narciso, son de l'argento i gigli più fin. Qui d'or la rosa colora il suo crin, e cinge spoglie di vivo rubin. | ||
I Ballarini passeggiano. | ||
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Mira, mira gioioso de la fonte l'aspetto, godi, godi festoso del giardino il diletto. | |
Segue il ballo. | ||
Qui ricca brina imperla ogni fior, e smalta il prato di puro tesor. Il poggio ornato ha pregi d'amor; a tal bellezza, a tal vaghezza sfavilla il giorno di raggi adorno, Zefiro versa sospiri d'odor. Qui ricca brina imperla ogni fior, e smalta il prato di puro tesor. | ||
Qui si rientra. | ||
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Mira, mira gioioso de la fonte l'aspetto, godi, godi festoso del giardino il diletto. | |
Aspetto boschereccio.
(Adone s'addormenta)
(Adone si desta)
Nell'estremo della prospettiva si vede una fonte bellissima con spalliere d'alberi.
(ballo)
(ballo)
(ballo)
(ballo)
Giardino.