Amici miei... soldati...

(ai deputati)

E voi del par diletti a me...

(riceve delle suppliche)

Porgete:

a me, a me s'aspetta: io deggio

su' miei figli vegliar, perché sia pago

ogni voto, se giusto.

Bello il poter non è, che de' soggetti

le lacrime non terge, e ad incorrotta

gloria non mira.

Avresti alcuna

beltà dimenticato?

(dato uno sguardo)

(Amelia... ah dessa ancor! dessa ancor! L'anima mia

in lei rapita ogni grandezza oblia!)

Il cenno mio di là con essi attendi.  

(Amelia!)

(Oh ciel! lo sposo suo!)

Per la gloria è molto,

nulla pe 'l cor. Segreta, acerba cura

m'opprime.

Ah no... non più...

(Gran dio!)

E che?

Prosegui.

Ah! gli è di ciò che parli?

Altro non sai?...

Che importa? Io li disprezzo.

Taci: nel sangue

contaminarmi allor dovrei. Non fia,

no 'l vo'. Del popol mio

l'amor mi guardi, e mi protegga iddio.

S'avanzi.

(offrendogli dispacci a firmare)

Conte!

Che leggo!... il bando ad una donna! Or donde?

Qual è il suo nome?... di che rea?

S'appella

Ulrica, dell'immondo

sangue dei negri.

Che nell'antro abbietto

chiama i peggiori, d'ogni reo consiglio

sospetta già. Dovuto è a lei l'esiglio:

né muta il voto mio.

Che ne di' tu?

Che vaga coppia...

che protettor!

Sia condannata.  

Ebben... tutti chiamate...

...or v'apro un mio pensier.

Signori, oggi d'Ulrica  

alla magion v'invito,

ma sotto altro vestito;

io là sarò.

Sì, vo' gustar la scena.

Qual tema!...

E tu m'appronta un abito

da pescator.

Ogni cura si doni al diletto,  

e s'accorra nel magico tetto:

tra la folla de' creduli ognuno

s'abbandoni e folleggi con me.

Arrivo il primo!  

(Favella da franco soldato.)

(mette il rotolo nella tasca di Silvano, che non s'avvede)

(Mentire non de'.)

Che veggo! sull'uscio segreto

un servo d'Amelia!

Sentite: la mia

signora, che aspetta là fuori, vorria

pregarvi in segreto d'arcano parer.

(Amelia!)

(Non me!)

(si nasconde nel gabinetto)

(nascosto)

(Che ascolto!)

(Anima mia!)

(Povero cor!)

(Non sola:

ché te degg'io seguir.)

(ad Oscar)

Taci, nascondile che qui son io.

(ad Ulrica)

Or tu sibilla, che tutto sai,

della mia stella mi parlerai.

Orsù, amici.

(offrendo la mano ad Ulrica)

L'onore a me cedi.

Tacete.

Su, prosegui.

Parla.

Te lo impongo.

Se sul campo d'onor, ti son grato.

Finisci il vaticinio.  

Di', chi fia dunque l'uccisor?

Benissimo!

(offrendo la destra ai circostanti che non osano toccare)

Qual è di voi, che provi

l'oracolo bugiardo?...

Nessuno!

Eccolo.  

Sì: perché la man che stringo

è del più fido amico mio!

Né, chi fossi il genio tuo

ti rivelò, né che voleano al bando

oggi dannarti.

(gettandole una borsa)

T'acqueta e prendi.

Non più.