[N. 1 - Preludio] | ||
Scena prima |
Una sala nel palazzo Ducale di Venezia. Di fronte veroni gotici, da' quali scorge parte della città e delle lagune a chiaro di luna. A destra dello spettatore due porte, una che mette negli appartamenti del Doge, l'altra all'ingresso comune; a sinistra altre due porte che guidano all'aula del Consiglio de' dieci, ed alle carceri di stato. Tutta la scena è rischiarata da due torce di cera, sostenute da bracci di legno sporgenti dalle pareti. |
membri del Consiglio, membri della Giunta |
[N. 2 - Coro d'introduzione] | ||
CORO |
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IIº |
mistero, ~ | |
Iº |
qui regnino intorno. | |
IIº |
Qui veglia costante ~ la notte ed il giorno sul veneto fato ~ di Marco il leon. | |
TUTTI |
Silenzio, mistero ~ Venezia fanciulla nel sen di quest'onde ~ protessero in culla, e il fremer del vento ~ fu prima canzon. Silenzio, mistero ~ la crebber possente de' mari signora ~ temuta, prudente per forza e consiglio, ~ per gloria e valor. Silenzio, mistero ~ la serbino eterna, sien l'anima prima ~ di chi la governa, ispirin per essa ~ timore ed amor. | |
Scena seconda |
Detti, Barbarigo e Loredano, che entrano dalla comune. |
<- Barbarigo, Loredano |
BARBARIGO |
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CORO |
Il numero è pieno. | |
LOREDANO |
E il Doge? | |
CORO |
Fra i primi ~ qui venne sereno, de' Dieci nell'aula ~ poi tacito entrò. | |
TUTTI |
Or vadasi adunque, ~ giustizia ne intende, giustizia che eguali ~ qui tutti ne rende, giustizia che splendido ~ qui seggio posò. | |
(entrano nell'aula del Consiglio) | membri del Consiglio, membri della Giunta -> | |
Scena terza |
Loredano e Barbarigo. |
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[N. 3 - Scena e cavatina] | ||
LOREDANO |
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BARBARIGO |
Ma l'odio tuo quando avrà fine? | |
LOREDANO |
Quando vendicato sarò. | |
BARBARIGO |
Perdé tre figli... | |
LOREDANO |
Il quarto vive ancora; io vo' che parta o mora... Questo mi gridan dal lor freddo avello l'ombre inulte del padre e del fratello... Vita per vita... e me ne debbon due... Nelle mie carte è scritto; col sangue han da pagare il lor delitto. | |
CORO |
Qui venga tratto il reo. | |
(il Fante del Consiglio, e due comandadori escono dalla sala, ed entrano nella porta che mette al carcere) | <- Fante, due comandadori Fante, due comandadori -> | |
BARBARIGO |
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LOREDANO |
(Sei giunto alfine, o giorno di vendetta!) All'opra ne sian guida ed al pensiero freddo silenzio... (a Barbarigo) e veneto mistero. | |
(entrano in consiglio) | Barbarigo, Loredano -> | |
Scena quarta |
Jacopo Foscari che viene dal carcere preceduto dal Fante, fra i due Comandadori. |
<- Jacopo, Fante, due comandadori |
FANTE |
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JACOPO |
Ah sì, ch'io senta ancora, ch'io respiri aura non mista a gemiti e sospiri. | |
(il Fante entra in Consiglio) | Fante -> | |
Scena quinta |
Jacopo e i due Comandadori di guardia. |
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JACOPO |
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Scena sesta |
Detti ed il Fante che viene dal Consiglio. |
<- Fante |
FANTE |
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JACOPO |
(Al mio sguardo almen vi cela, ciel pietoso, il genitor!) | |
FANTE |
Sperar puoi pietà, clemenza... | |
JACOPO |
Chiudi il labbro, o mentitor. | |
(tutti entrano nella sala del Consiglio) | Jacopo, Fante, due comandadori -> | |
Scena settima |
Atrio superiore nel palazzo Foscari. Vi sono varie porte all'intorno con sopra ritratti dei procuratori, senatori, ecc., della famiglia Foscari. Il fondo è tutto forato da gotici archi, a traverso i quali si scorge il Canalazzo, ed in lontano l'antico ponte di Rialto. La sala è illuminata da grande fanale pendente nel mezzo. |
<- Lucrezia, ancelle |
[N. 4 - Scena, coro e cavatina] | ||
LUCREZIA |
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CORO |
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LUCREZIA |
Ah sì, conforto ai miseri del cielo è la pietà! | |
CORO |
Sperar puoi dal ciel clemente un conforto al tuo dolor. | |
Scena ottava |
Dette e Pisana che giunge piangendo. |
<- Pisana |
LUCREZIA |
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PISANA |
Nuovo esilio al tuo nobil consorte del Consiglio accordò la clemenza. | |
LUCREZIA |
Lucrezia -> | |
PISANA E CORO |
Ti confida; protegger l'eterno l'innocenza dal cielo vorrà. | |
Scena nona |
Sala come alla prima scena. |
membri del Consiglio, membri della Giunta |
[N. 5 - Coro] | ||
CORO |
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IIº |
Ma lo condanna allo Sforza il foglio scritto. | |
(s'allontanano) | ||
Iº |
Giusta pena al suo delitto nell'esilio troverà. | |
IIº |
Rieda a Creta. | |
Iº |
Solo rieda. | |
IIº |
Non si celi la partenza... | |
TUTTI |
Imparziale tal sentenza il Consiglio mostrerà. | |
Al mondo sia noto, ~ che qui contro i rei, presenti o lontani, ~ patrizi o plebei, veglianti son leggi ~ d'eguale poter. Qui forte il leone ~ col brando, con l'ale raggiunge, percuote ~ qualunque mortale che ardito levasse ~ un detto, un pensier. | ||
Scena decima |
Gabinetto privato del Doge. Avvi una gran tavola coperta di damasco, sopra una lumiera d'argento; una scrivania e varie carte; di fianco un gran seggiolone. |
(nessuno) <- Doge |
[N. 6 - Scena e romanza] | ||
DOGE |
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(♦) | ||
Scena undicesima |
Detto ed un Servo, poi Lucrezia Contarini. |
<- Servo |
[N. 7 - Scena e duetto, finale I] | ||
SERVO |
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DOGE |
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(il Servo parte) | Servo -> <- Lucrezia | |
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LUCREZIA |
Che far mi resta, se mi mancan folgori a incenerir queste canute tigri che de' dieci s'appellano Consiglio?... | |
DOGE |
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LUCREZIA |
Il so. | |
DOGE |
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LUCREZIA |
Son leggi ai dieci or sol odio e vendetta. | |
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DOGE |
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LUCREZIA |
Di sua innocenza dubiti? Non la conosci ancora! | |
DOGE |
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LUCREZIA |
Sol per veder Venezia vergò il fatale scritto. | |
DOGE |
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LUCREZIA |
E aver ne déi pietà. | |
DOGE |
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LUCREZIA |
Ascoltami: senti il paterno amore... | |
DOGE |
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LUCREZIA |
Deponi quel rigore... | |
DOGE |
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LUCREZIA |
Perdona, a me t'arrendi... | |
DOGE |
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LUCREZIA |
Se tu dunque potere non hai, meco vieni pe 'l figlio a pregare. Il mio pianto, il tuo crine, vedrai, potran forse ottenere pietà. Questa almeno, quest'ultima prova, non lasciamo, signor, di tentare; l'amor solo di padre ti mova, che del Doge più forse potrà. | |
DOGE |
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LUCREZIA |
Tu piangi?... la tua lagrima sperar mi lascia ancor! | |
Sala nel palazzo Ducale di Venezia; di fronte veroni gotici, da' quali scorge parte della città e delle lagune a chiaro di luna; a destra due porte, una che mette negli appartamenti del Doge, l'altra all'ingresso comune; a sinistra altre due porte che guidano all'aula del Consiglio de' dieci, ed alle carceri di stato; tutta la scena è rischiarata da due torce di cera, sostenute da bracci di legno sporgenti dalle pareti.
Atrio superiore nel palazzo Foscari; vi sono varie porte all'intorno con sopra ritratti dei procuratori, senatori, ecc., della famiglia Foscari; il fondo è tutto forato da gotici archi, a traverso i quali si scorge il Canalazzo, ed in lontano l'antico ponte di Rialto; la sala è illuminata da grande fanale pendente nel mezzo.
[N. 4 - Scena, coro e cavatina]
No, mi lasciate... andar io voglio a lui
Sala come alla prima scena
Gabinetto privato del Doge; una gran tavola coperta di damasco, sopra una lumiera d'argento; una scrivania e varie carte; di fianco un gran seggiolone.
[N. 7 - Scena e duetto, finale I]