Atto primo

 

Scena prima

Simona, e Despina.

 Q 

Simona, Despina

 

SIMONA

Ti torno a dir Despina,  

ch'il marito si piglia

come la medicina,

che quando può giovare

non bisogna badare,

ma se ben contro a gusto,

senza pensarvi più

bisogna serrar gli occhi, e mandar giù.

DESPINA

Ma questa qui sarebbe

non da fargli serrare,

ma da fargli più tosto vomitare.

SIMONA

Alla fine della fine

Trespolo, che cos'ha che ti dispiaccia?

DESPINA

E che volete voi, che mi ci piaccia?

SIMONA

Egli è vago, e grazioso.

DESPINA

Come un orso è peloso.

SIMONA

Egli è savio, ricco, e bello.

DESPINA

Non ha punto di cervello.

 

SIMONA

Uomo schietto,  

è perfetto:

DESPINA

Tutto sciatto,

mezzo matto.

SIMONA

Migliorar più non si può.

DESPINA

Ed in somma io non lo vo'.

 

SIMONA

E come non lo vuoi.  

DESPINA

Dico di no, pigliatelo per voi.

 

SIMONA

Ah ragazza maledetta,  

dispettosa, superbetta;

l'ha due dì,

e che sì

che la vorrà saperne più di me?

SIMONA

Io non la voglio a fé.

Insieme

DESPINA

Io non lo voglio a fé.

 

Scena seconda

Nino, Simona, e Despina.

<- Nino

 

NINO

Balia, balia, che c'è?  

SIMONA

O siet'il bentornato signor Nino.

L'hai da pigliare in tanta tua malora,

che, siete tornat'ora?

NINO

Sì ben: ma che c'è stato?

SIMONA

Disubbidientaccia,

vi sete voi straccato?

NINO

No, ma lei in che v'ha disubbidito?

SIMONA

Sì, sì brontola pur quanto tu vuoi,

e nel viaggio avete voi patito?

NINO

Madonna no. Ma quale

è la cagion, che voi state a gridarla?

SIMONA

Gridavo seco a conto di sposarla.

NINO

Ma sentite Simona;

Despina è giovinetta,

meraviglia non è ch'abbia aborrito

il nome di marito.

SIMONA

Sì, se ben l'è piccina

la se ne piglierebbe una dozzina.

NINO

Dunque, che rumor c'è?

SIMONA

Che la non vuol quello, che piace a me.

DESPINA

Lo piglierei, s'ella mi desse un uomo,

ma non vo', signor Nino

che mia dia per marito un babbuino.

SIMONA

Il tutor d'Artemisia

Trespolo gli vuo' dare.

DESPINA

Guardate s'è un partito

che per pigliar marito

si possa migliorare!

Insieme

SIMONA

Guardate s'è un partito

che per pigliar marito

si possa peggiorare!

 

NINO

Questo è un mal da poterci rimediare.

Ma dite; e che cos'è

di Ciro mio fratello?

Del suo poco cervello

ha egli ancor delucidato i rai?

SIMONA E DESPINA

Gli è più pazzo, che mai.

 

NINO

Cruda sorte, iniquo amore,  

che fec'io, che fece quello?

Ond'a lui tolt'ha 'l cervello,

ed a me rapito ha 'l core.

Cruda sorte, iniquo amore,

che fec'io, che fece quello?

 

 

Balia non pensat'altro  

andateven'in casa,

ch'io con Despina so,

che modo troverò,

che senza più gridar vi soddisfaccia.

 
(Simona parte)

Simona ->

 

DESPINA

Se vi riesce sputatem'in faccia.

 

Scena terza

Nino, e Despina.

 

NINO

E ben, Despina, dimmi  

se per il tempo, ch'io son stato fuori

ha deposto Artemisia i suoi rigori?

DESPINA

L'è più cruda, che mai,

non vuol saper d'amore, e non vuol guai.

NINO

Ah mio rigido fato,

ah mia sorte severa,

mentr'avete accoppiato

a bellezza sì vaga, alma sì fiera.

Certo per altro oggetto

ha le fiamme nel petto.

Ma di', Despina, di'

osservaste tu mai,

se d'Artemisia il cuore

avvampi d'altra fiamma, o d'altro ardore?

DESPINA

Che volete, ch'io sappia,

so che tal volta piange,

la vedo sospirare,

or borbotta fra denti,

ora pianta una vigna;

se questi ch'io vi do

sian poi segni d'amore io non lo so.

NINO

Ah pur troppo son questi

segni dell'amor suo

evidenti non men, che sian funesti.

 

Che t'ho fatto empio amor dimmi  

che? Che?

Che sì barbaro, e sì rio

l'idol mio

non mi vuole usar mercé?

Che t'ho fatto empio amor dimmi

che? Che?

 

DESPINA

Ma padrone oramai  

non avete i prim'anni;

voi vi pigliate pur gli sciocchi affanni?

Non vuol esservi amante?

Sì che nel mondo non ce ne son tante?

 

NINO

Ma però come la mia  

tutta grazia, e cortesia

nel mio genio non ce n'è.

E il mio core

nell'amore

notte, e dì

sarà sempre così, sempre immutabile.

Che quel che vuol il fato è inevitabile.

 

 

Ma vorrei ben, Despina,  

che tu per aiutarmi,

mi facessi un favore,

che fingessi d'amare il suo tutore.

 

DESPINA

Il finger d'amare  

lo posso ben fare,

non dico di no,

ma farlo da vero,

oh questo pensiero

venir non mi può.

 

NINO

Basta, che tu t'infinga.

 

DESPINA

Fin a finger lo farò;  

ma un marito, che sia brutto,

ch'io lo voglia, oh questo no.

Fin a finger lo farò.

 

NINO

Per togliermi di guai,  

basta, tu lo farai?

DESPINA

Non vi date pensiero,

sarà mia cura il fingere:

con lui però vorrei ben dir da vero.

Despina, Nino ->

 

Scena quarta

Artemisia sola.

<- Artemisia

 

ARTEMISIA

Quando mai fra tanti, e tanti    

duoli, e stenti,

e tormenti,

che trafiggono gl'amanti,

si trovò maggior martire,

d'esser amante, e non poterlo dire?

S

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Artemisia infelice  

che di Trespolo ardendo,

del mio proprio tutore

m'arrossisco a scoprirgli il mio dolore.

 

Ah rossor troppo tiranno,  

troppo barbaro, tropp'empio,

fai lo scempio

d'un cuor, che viva in amoroso affanno.

Ah rossor troppo tiranno,

troppo barbaro, tropp'empio.

Cieli dunque, che farò?

Palesate il vostro intento.

Tacerò:

ma se taccio, oh che tormento!

 

 

Parlerò; ma egual sorte  

s'io parlo moro, e s'io non parlo ho morte.

Ma già le luci mie stanche dal pianto

mi domandan riposo.

Sì, sì, dunque dormite

almen voi mie pupille;

già che vergogna, e amore

non fan dormir quella del mio tutore.

 

Scena quinta

Ciro solo, e Artemisia, che dorme.

<- Ciro

 

CIRO

Ah, ah, ah, ah, ah,  

che spropositi si fa?

Ah, ah, ah, ah, ah.

Che ha da far con Catone

catinella, e catino?

La ronda, col rondone,

se questo è un uomo, e quello è un uccellino?

E nessun lo considera, e lo sa.

Ah, ah, ah, ah, ah,

che spropositi si fa!

Chiaman botte quel vasone,

che riempesi di vino,

e poi chiamano un bottone

quel bordel sì piccolino,

e nessuno lo considera, e lo sa

né rimedio gli si dà.

Ah, ah, ah, ah, ah,

che spropositi si fa!

 

 

Chi è quest'addormentato?  

Ell'è una donna a fé,

oh vien pure il gran sonno ancor a me.

(sbadiglia)

Ma sta; sento rumore,

certo ch'ella si sogna,

mi sento per la vita un pizzicore,

stat'a veder, che m'ha a venir la rogna.

Ma me ne voglio andare,

e perché ho da partire?

Eh voglio ritornare;

ma gli è meglio fuggire.

Ma che fo?

Me ne vo?

O sto qui?

Sì', o no?

No, o sì?

Eh sì.

Eh no.

Eh no.

Eh sì.

Tant'è, gli è meglio addormentarsi qui.

 

Scena sesta

Trespolo, Ciro, e Artemisia, che segue a dormire.

<- Trespolo

 

TRESPOLO

O garbato, o garbato,  

Artemisia là in terra, e 'l pazzo a lato.

Senza dubbio egli è quello.

Orsù, vedo che il pazzo

vuol cominciare a metter cervello.

Lei? Che fa qui signore?

CIRO

Zitto, non far rumore.

TRESPOLO

Via signor pazzo, cominciate a ire.

CIRO

Lasciatela dormire.

TRESPOLO

Sì che voi il sonno per non gli guastare

la volevi ninnare?

Artemisia, Artemisia.

ARTEMISIA

E chi mi toglie dal riposo mio?

CIRO

Eh nessuno, nessuno.

TRESPOLO

Oh buono, io, io.

ARTEMISIA

Riflettendo al mio duol qui fra me stessa,

restai dal sonno, a poco, a poco oppressa.

TRESPOLO

Se non si dava il caso, in conclusione

d'abbattermi a venire,

voi volevi sentire altra oppressione,

che quella del dormire.

 

ARTEMISIA

Ma chi è questo, che m'è qui vicino?  

TRESPOLO

Egli è quel pazzo, quel fratel di Nino.

ARTEMISIA

Sì, sì, sempre di questo

io ho sentito dir gran cose fuori.

TRESPOLO

S'io non venivo presto

le volevi però sentir maggiori.

Orsù, padron, mio caro,

noi c'avremmo a parlare,

e che voi ci sentissi io non vorrei.

CIRO

Non son qui per sentir i fatti d'altri:

ero per fare i miei.

TRESPOLO

E già me n'ero avviso.

Andate via in buon ora.

CIRO

Ma vo', che venga meco la signora.

ARTEMISIA

Che gran fastidio, o dio!

TRESPOLO

Sì, sì verrà; vostra signoria s'avvisi.

CIRO

Non so se cognizione ha del mio merto?

TRESPOLO

Sì, vi conosce certo.

CIRO

Ma se non m'ha parlato,

come può mai sapere il mio bisogno?

TRESPOLO

V'avrà parlato in sogno.

CIRO

Vo' lasciargli il mio nome.

TRESPOLO

Eh, che lo sa.

CIRO

Ma come?

TRESPOLO

Oh che pazienza!

CIRO

Vo' dirlo, o ch'io m'adiro.

Quanto al mio nome, è Ciro,

ch'alle genti persiane

in lingua lor vorrebbe dir un cane.

TRESPOLO

E per quanto si vede

siet'un cane amorevole, e alla moda;

perché a fatica viste le persone

voi vi mettete a dimenar la coda

volete uscir di qui?

ARTEMISIA

Fatemi tanta grazia di partirvi.

CIRO

Ora vado signora ad obbedirvi.

(parte)

Ciro ->

 

ARTEMISIA

Pur alfin s'è partito.  

TRESPOLO

O mal viaggio, egli se n'è pur ito.

(Ciro torna)

<- Ciro

ARTEMISIA

O cieli, ecco che torna.  

O stelle contro me troppo spietate?

TRESPOLO

Orsù, ch'il can vuol delle bastonate.

CIRO

Signora, io son tornato,

perch'io m'ero scordato.

Dianzi di riverir vossignoria.

(parte)

Ciro ->

 

TRESPOLO

Terra via, terra via.

 

Scena settima

Trespolo, e Artemisia.

 

TRESPOLO

Tant'è gli è cane, e pazzo,  

che son due modi strani,

perch'il cervello addrizzare ai pazzi

gli è come addrizzar le gambe ai cani.

Or, Artemisia mia, preso ho partito

(eh non dite di no)

di darvi un dì marito,

perch'io son vecchio, e so,

che tutte le fanciulle, o savie, o ardite,

com'una certa lor età compiscono,

son giusto, come i fiaschi d'acquavite,

che quando non si turano svaniscono.

ARTEMISIA

Ed io voglio pigliarlo. È ben dovere,

ma vo' però, che sia di mio piacere.

 

Un marito  

non gradito,

troppe angosce al cuor ne dà,

d'un consorte poi, che sia

tutto genio, e simpatia

qual mai gioia maggior dar si potrà?

Se mio sposo non diviene,

chi è il mio cuor quel, ch'è il mio bene

Artemisia giammai si sposerà.

 

TRESPOLO

O quanto a questo è giusto,  

che sia di vostro gusto.

È ben ver, che bisogna

mandar via la vergogna,

ma dir liberamente chi vi piace.

Non far la mon'onesta, e far il tace.

ARTEMISIA

Quanti segni n'ho dati!

Voi lo sapete, e fallo

ma...

TRESPOLO

Ma, le brache di un gallo,

bisogna dir chi, e come,

bisogna dirmi il nome.

ARTEMISIA

Il nome del mio amante,

ch'io lo possa ridire

questo qui gli è impossibile.

TRESPOLO

Sicuro è un negromante,

che faccia qualche diavol comparire,

o qualche altra fantasima terribile.

ARTEMISIA

Avevo nel disegno

di darvelo a conoscer con un segno.

TRESPOLO

Ditemelo mai più.

ARTEMISIA

Ma venite più su, perch'ho in concetto

in casa di fuggir quando l'ho detto.

TRESPOLO

Eccovi qui vicina,

perché se non vi basta entrare in casa,

vi possiate fuggire anco in cantina.

ARTEMISIA

Ma poi me lo darete?

TRESPOLO

Certo ve lo darò

ARTEMISIA

Se poi dite di no?

TRESPOLO

O che diavol sarà?

Venga la rabbia quando lo dirà.

ARTEMISIA

Farete, che m'accetti?

TRESPOLO

Trespolo vi promette,

che farà, che v'accetti,

s'egli avesse a comprar dugento accette.

O cominciate a dire?

ARTEMISIA

Voglio esser sulla soglia.

TRESPOLO

Mi vien pur la gran voglia

l'ho pur avuto a dire.

A noi, dite mai più.

ARTEMISIA

Venite più quassù.

TRESPOLO

Verrò dove volete

ma quando lo direte?

ARTEMISIA

Altri che lui non c'è;

or vi dico, chi egli è.

Quel ch'amo è qui presente,

ed eccetto che lui non v'è altra gente,

or eccovelo detto.

M'avrà pur inteso a suo dispetto.

(in casa)

Artemisia ->

 

Scena ottava

Trespolo, e Ciro.

<- Ciro

 

TRESPOLO

Quel ch'amo è qui presente?  

Ed eccetto che lui non v'è altra gente.

Che diavol c'è d'intorno?

O cospetto di me!

Gli è pazzo, il pazzo affé

o questa ci mancava

non meraviglia, che si vergognava.

CIRO

Buongiorno signor mio.

TRESPOLO

Bacio le mani anch'io.

Chi l'avrebbe mai detto

ch'avessi un viso, come il suo sì bello

dietr'ad un pazzo a perdere il cervello!

CIRO

Chiamavi forse me?

Mi volevi parlare?

TRESPOLO

E signor no. Tant'è

non mi ci so arrecare.

CIRO

Parlerò dunque a voi.

TRESPOLO

Noi ci parleremo poi.

E pur bisogna dargliela.

E rimedio non c'è,

perché se no, lo piglierà da sé.

CIRO

Non si può parlar più?

TRESPOLO

O via dite pur su.

CIRO

M'avresti a far veder quella ragazza,

che qui dianzi svegliasti

con tant'asinità?

TRESPOLO

Voglio servir la sua bestialità.

Che, vi par forse bella?

Ditemi vi piac'ella?

CIRO

Io non lo posso su due piè sapere.

TRESPOLO

E però dianzi in terra

vi volevi distender a giacere;

ma perché queste voglie

di volerla vedere?

La piglieresti voi forse per moglie?

CIRO

Io non ne son lontan d'opinione,

per quanto tempo?

TRESPOLO

Oh ve' pazzo briccone!

Che, risolvete di pigliarla o no?

CIRO

Se l'ho a pigliarla per sempre io non la vo'.

 

 

Non vo' poi, che vi volessi  

rimborsar sul patrimonio

quando morto io non potessi

il debito pagar del matrimonio.

TRESPOLO

O questo poi non vi dia noia no;

perch'in tal caso v'assicurerò.

 

 

Ma mentre voi vivete  

dite la piglierete?

CIRO

Mentre son vivo, s'io la piglierei?

Son uomo da pigliarne sino in sei.

Ma quando me la date?

TRESPOLO

O pian piano; aspettate,

un ch'è pazzo, un ch'è ridicolo

sent'a uso al cuor martello,

perché lor non c'è pericolo,

che vi perdano il cervello.

CIRO

Non è venuta ancora?

TRESPOLO

La si liscia; vien ora.

Ma pazzo; e che pens'io?

All'amor d'altri, e lascio star il mio?

 

O Despina tanto bella    

ch'al tuo Trespolo tutore

con la spina del tuo amore

vai bucando le budella;

spina vaga, e graziosa,

spina dolce, e gioviale,

nella quale

saprei ben trovar la rosa.

S

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Ora batto, e frattanto

ritiratevi voi là su quel canto!

 

Scena nona

Artemisia, Trespolo, e Ciro in disparte.

<- Artemisia

 

ARTEMISIA

Chi batte e là?  

TRESPOLO

Lo sposo.

ARTEMISIA

Come lo sposo? O dio!

Oh mia sorte cortese!

Lodato il ciel pur alla fin m'intese?

CIRO

Ditemi: che dic'ella in conclusione?

TRESPOLO

Che voi siete un bestione.

Ma guardate che umore;

perché vi state il viso a ricoprire?

ARTEMISIA

La vergogna, e 'l timore

mi tolgono l'ardire.

TRESPOLO

Ci mancava ancor questa;

forse che non vi pare

d'esservi tanto fatta storiare?

Statemi adesso a far la mon'onesta.

CIRO

Ditemi; resto, o parto?

È ell'ancor tutta mia?

TRESPOLO

O signor no, che ce ne manca un quarto.

ARTEMISIA

Amor sì stravagante

mi facev'arrossire

nel discoprir l'amante.

TRESPOLO

Quanto a questo gli è vero

gli è un po' stravagantuccio,

ma gli ha a far un mestiero,

ch'io tengo un'opinione

che lui ne sappia quant'un cicerone.

CIRO

O fatela sbrogliata

a che siam noi?

TRESPOLO

Noi siamo all'insalata.

ARTEMISIA

E m'accetta per sua?

TRESPOLO

Ve ne fo sicurtà.

E voi siete contenta?

Voi vi voltate in là?

ARTEMISIA

O dio; la gran vergogna

m'impedisce a guardar dove bisogna.

TRESPOLO

Vogliamla noi finire

con questo vergognarsi?

Ecco lo sposo che vi dà la mano,

bisogna pur voltarsi.

CIRO

Se no questo è uno smacco,

perché io non vo', che compre gatta in sacco.

TRESPOLO

E tanto più va fatto,

perché questo è un cane, e non un gatto.

ARTEMISIA

Cielo! Che veggo! O dio!

Questo è lo sposo mio?

 

Dunque un pazzo scimunito  

per marito

Artemisia aver dovrà?

Un che meco tant'ardisce,

che non teme e s'arrossisce

di pretenderne pietà.

 

 

O questo è quello poi che non farà.

Prima di farne il grazioso, e 'l bello

rimettete il cervello.

Ch'io così non vi voglio; andate via.

(in casa)

Artemisia ->

 

TRESPOLO

Buon pro a vostra signoria.

(in casa)

Trespolo ->

 

Scena decima

Ciro solo.

 

 

Questo matrimonio,  

si può dir consumato;

se men principio non gl'è stato dato.

Ma che vogliamo noi mai dir che sia

questa nostra pazzia,

che par ch'ognun mi scacci,

badando a dir, che mi fa far versacci?

 

Ognun bada a dirmi ohibò,  

ma sapete che farò;

gli vo' far crepar di rabbia,

che per fare i versi belli

vo' far com'i filinguelli

mi vo' fat metter in gabbia.

Gli vo' far crepar di rabbia.

Ciro ->

 

Scena undicesima

Trespolo, e Artemisia.

<- Trespolo, Artemisia

 

TRESPOLO

Ma chi v'intenderebbe?  

Ora non ne so più.

Ma però da qui in su

giuro che più non me date a vendere.

ARTEMISIA

E pur, o dèi, non m'ha saputo intendere.

 

Non è Ciro,  

che martiro

a quest'anima ne dà.

Altro bene

stare in pene

questo viscere mi fa.

 

TRESPOLO

Ma chi diavolo, sarà?

 

ARTEMISIA

Fate così. Mandiamo  

una lettera scritta a nome mio

ah quel ben che tant'amo,

sarà vostra la mano,

per fuggir quel rossor, ch'io sfuggo invano.

Così per questa via

s'intenderà chi quest'amante sia.

TRESPOLO

A noi in tanta malora,

purché noi la finissimo.

ARTEMISIA

Siete all'ordine ancora?

TRESPOLO

All'ordinissimo.

ARTEMISIA

In questa guisa il volto,

discoprendomi a voi, non s'arrossisce.

TRESPOLO

Finiamla a noi ch'il tavolin patisce.

ARTEMISIA

Orsù detto: «Mio bene».

TRESPOLO

Ed io scrivo: «Mio bene».

ARTEMISIA

«E pure a tanti segni»...

TRESPOLO

«A tanti segni».

ARTEMISIA

...«non avet'anco inteso»...

TRESPOLO

«Non avet'anco inteso».

ARTEMISIA

...«ch'il ben, per cui mi moro»...

TRESPOLO

«Per cui mi moro».

ARTEMISIA

...«che tant'amo, ed adoro»...

TRESPOLO

«Che tant'amo, ed adoro».

ARTEMISIA

Siete voi?

TRESPOLO

«Siete voi».

ARTEMISIA

Siete voi.

TRESPOLO

«Siete voi».

ARTEMISIA

Voi, voi, voi, siete voi.

TRESPOLO

Ho scritto «Siete voi».

ARTEMISIA

Dico voi voi.

TRESPOLO

E ben, «voi, voi», l'ho scritto,

o presto ch'io non posso star più ritto.

ARTEMISIA

Ah cieli, e non intende?

Seguitate, e scrivete.

«E ancor non conoscete,

che la sola vergogna»...

TRESPOLO

«Che la sola vergogna».

ARTEMISIA

...«è lei, che mi trattiene»...

TRESPOLO

«Che mi trattiene».

ARTEMISIA

...«dal dirvi, ch'el mio bene»...

TRESPOLO

«Ch'el mio bene».

ARTEMISIA

È posto in voi?

TRESPOLO

«È posto in voi».

ARTEMISIA

In voi.

TRESPOLO

«In voi».

ARTEMISIA

In voi, in voi.

TRESPOLO

O bene ho scritto «in voi».

ARTEMISIA

Ma in voi, vi dico, in voi.

TRESPOLO

O bene, e io dico che c'ho scritto «in voi».

ARTEMISIA

Ed ancor non mi giova?

E pur siete sì stolto.

TRESPOLO

«Sì stolto».

ARTEMISIA

Che non vedete il mio pensier rivolto.

TRESPOLO

«Rivolto».

ARTEMISIA

Tutt'a voi?

TRESPOLO

«Tutt'a voi».

ARTEMISIA

A voi.

TRESPOLO

«A voi».

ARTEMISIA

A voi, mio bene, a voi.

TRESPOLO

«A voi, mio bene, a voi».

ARTEMISIA

Ma voi non m'intendete, dico a voi.

TRESPOLO

Ancor questa ci va, dopo le molte,

dir ch'io non v'abbia inteso

quando c'ho scritto a voi tremila volte.

ARTEMISIA

E pur sempre ha la benda.

E che posso far più perché m'intenda?

Voi conversate meco in casa mia.

TRESPOLO

Pian piano, o questo poi

tocc'a intenderl'a me, come la stia,

che conversate meco in casa mia.

ARTEMISIA

E seguitate il sunto.

TRESPOLO

Orsù virgola, e punto.

ARTEMISIA

«Né vedete il mio cuore

viver in tanto ardore?»

TRESPOLO

«Tant'ardore».

ARTEMISIA

«Sol per cagion delle bellezze vostre?»

TRESPOLO

«Bellezze vostre».

ARTEMISIA

«Dir delle vostre proprie

è 'l sentimento mio».

TRESPOLO

E delle vostre proprie ho messo anch'io.

ARTEMISIA

Delle vostre, e non d'altri, ah rio destino.

TRESPOLO

Si ch'avrò messo quelle di Pasquino.

ARTEMISIA

Già che non può giovar, la va serrata.

TRESPOLO

Sì, ma ci va la data.

Quanti n'abbiam del mese?

ARTEMISIA

Non lo posso sapere,

perché la vita mia colma di stenti

non numero coi dì, ma coi tormenti.

TRESPOLO

Ho messo ai trentanove.

Ora si serrerà.

 

Scena dodicesima

Nino, e detti.

<- Nino

 

NINO

Ecco qua quella fiamma,  

che con perpetuo ardore

mi cruccia l'alma, e mi tormenta il core.

TRESPOLO

Ora dite a chi va?

ARTEMISIA

La soprascritta va

(qui non m'ode altra gente)...

Ah Nino impertinente!

(entra in casa)

Artemisia ->

 

Scena tredicesima

Trespolo, e Nino.

 

TRESPOLO

A Nino? Oh questo sì  

lo pigli pure in pace,

o questo si è di garbo, o lui mi piace.

NINO

Buongiorno signor Trespolo.

A chi scrivete voi con tanto incomodo?

TRESPOLO

O signor Nino mio,

ho caro di trovarvi,

perché appunto ho una lettera da darvi.

NINO

Di chi possa inviarmela

dubbioso ancora il mio pensier vacilla.

TRESPOLO

Ve la manda Artemisia mia pupilla.

NINO

Che può voler da me?

TRESPOLO

La dirò come l'è.

Vi scrive in due parole,

ch'ella crepa del ben che lei vi vuole.

NINO

Cieli che sento? Ohimè!

La signora Artemisia

viv'amante di me?

TRESPOLO

Di voi.

NINO

Di me?

TRESPOLO

Di voi.

NINO

Di me, proprio di me?

TRESPOLO

Di voi, proprio di voi.

NINO

Di me? Di me? Di me?

TRESPOLO

La forca, che v'ingoi

di voi, di voi, di voi.

Questo è un altro bordello

oggi con questi voi

credo d'aver a perder il cervello.

Ora voi m'intendete

leggetela, tornate, e risolvete.

Che dite padron mio?

Non rispondete?

NINO

Addio.

Nino ->

 

Fine (Atto primo)

Atto primo Atto secondo Atto terzo

Villa.

Simona, Despina
 

Ti torno a dir Despina

Simona e Despina
Uomo schietto

E come non lo vuoi

Simona e Despina
Ah ragazza maledetta
Simona, Despina
<- Nino

Balia, balia, che c'è?

Balia non pensat'altro

Despina, Nino
Simona ->

E ben, Despina, dimmi

Ma padrone oramai

Ma vorrei ben, Despina

Per togliermi di guai

Despina, Nino ->
<- Artemisia

Artemisia infelice

Cieli dunque, che farò?

(Artemisia dorme)

Artemisia
<- Ciro

Chi è quest'addormentato?

Artemisia, Ciro
<- Trespolo

O garbato, o garbato

(Artemisia si sveglia)

Ma chi è questo, che m'è qui vicino?

Artemisia, Trespolo
Ciro ->

Pur alfin s'è partito

Artemisia, Trespolo
<- Ciro

O cieli, ecco che torna

Artemisia, Trespolo
Ciro ->

Tant'è gli è cane, e pazzo

O quanto a questo è giusto

Trespolo
Artemisia ->
Trespolo
<- Ciro

Quel ch'amo è qui presente?

Ma mentre voi vivete

(Ciro in disparte)

Trespolo, Ciro
<- Artemisia

Chi batte e là? / Lo sposo

Trespolo, Ciro
Artemisia ->

Ciro
Trespolo ->

Questo matrimonio

Ciro ->
<- Trespolo, Artemisia

Ma chi v'intenderebbe?

Artemisia, Trespolo
Non è Ciro

Fate così. Mandiamo

Trespolo, Artemisia
<- Nino

Ecco qua quella fiamma

Trespolo, Nino
Artemisia ->

A Nino? Oh questo sì

Trespolo
Nino ->
 
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Villa. Villa. Villa.
Atto secondo Atto terzo

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