A' miei cortesi amici

La biografia dell'italiano Virgilio è sparsa di alcune nebbie così arcane, che in gran parte assomigliar la fanno ad un romanzo. Goldoni, Goethe, Duval, Tosini, e non ha guari il professor Rosini posero in scena le vicende di quel venerando prigioniero ora avvalendosi de' monumenti storici, ora delle tradizioni che più favorevoli rinvennero a colorire il loro disegno, ora delle recenti inattese scoperte d'inediti scritti usciti di mano a quello sventurato, e per lunga stagione o ignorati, o negletti, o a bello studio sepolti. Duolmi non aver potuto consultare un lavoro scenico del Nota su questo tema, di cui non sospetti giudici mi hanno favellato con somma lode.

Ora io verseggiatore mediocrissimo, ma innamorato fino dai miei più verdi anni della meravigliosa poesia, della svariata dottrina, e delle misteriose e lacrimevoli avventure dello scrittore di Aminta e di Goffredo, male avendo saputo resistere all'iterato invito d'essere il primo a consegnare arditamente questo sublime italiano alla scena melo-drammatica, che imperiosa esige tanti poetici sacrifici, mi sono giovato, per quanto mi si è permesso, degli altrui applauditi lavori, scostandomi il meno possibile dalla severa storica verità. L'epoca in cui succedono gli avvenimenti che si passano nell'atto primo e secondo, la storia li assegna all'anno 1579, si suppongono quindi trascorsi sette anni fino agli avvenimenti che si presentano nell'atto terzo, che offre le vicende di Torquato nell'anno 1586. La duchessa Eleonora, raro tipo di beltà e di virtù, logorata da lenta malattia spirò nell'anno 1581 ed io mi sono creduto non colpevole fingendo ignorata dal Tasso la di lei morte, per ottenere un migliore effetto nell'unica scena dell'atto terzo, non tenendo conto della fuga dal carcere, e delle talora capricciose peregrinazioni del mio protagonista prima che il duca Alfonso ve lo facesse nuovamente rinchiudere.

Che il Tasso vagasse ne' suoi amori; che un falso amico ne tradisse gelosi secreti, ch'era bello di tacere; che forzato fosse uno scrigno ove serbava carte improvvide destinate al fuoco; che questi troppo liberi scritti obbligassero il duca ad austere misure; che il Tasso non temperasse la soverchia sua bile anche nelle stanze della duchessa; che il Geraldini, (che nomossi Ascanio ed io nomo Roberto per iscompagnarlo da qualunque associazione d'idea che sapesse di triviale al volgo, (e sì grande è il volgo!) adoperato dal duca Alfonso in affari importanti, bassamente congiurasse contro Torquato; che della iniqua congiura fosse seme la fama altissima e l'invidiato favore in cui appo il duca, e le sorelle del duca era salito questo massimo poeta; che talora si abbandonasse Torquato al prepotente impero del suo fervido ingegno fino a dialogizzare con esseri invisibili creati dalla sua fantasia; che ciecamente credesse alle bizzarre persecuzioni d'un folletto, è tutto storico, e Manzi, Muratori, Serassi, Tiraboschi, Bettinelli, Compagnoni, Zuccàla, Giacomazzi, Maffei, Byron, Colleoni sono più o meno un'eco fedele dei medesimi racconti; solo però il Rosini, pare che presso una erudita lettera del Betti, cercando la statua dentro al marmo l'abbia meglio trovata.

Talvolta mi è riuscito far parlare Torquato con versi tolti qua e là dal suo bellissimo, e forse non abbastanza ammirato Canzoniere, e li fo stampare in carattere corsivo; benché la povertà de' miei riveli anche senza più spiegati cenni i coniati da quel rinomato fabro di splendidissimi versi. Virgolo le parole che scrissi per amore di evidenza, ma che non si cantano per studio di brevità. - Il melo-dramma è compito. Bergamasco è il protagonista; bergamasco chi le meschine mie parole arricchisce d'armonia; d'armonia che in questo argomento il core, e l'ingegno gl'inspirarono, e la cara inestinguibile rimembranza d'una patria illustre che adora.

A voi intanto, cortesi amici, gli estremi suoi melo-drammatici lavori raccomanda il vostro egro e vecchio amico

Giacopo Ferretti

Atto primo Atto secondo Atto terzo

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