Atto secondo

 

Scena prima

Portici.
Sesto solo, col distintivo de' congiurati sul manto.

Bozzetti

 Q 

Sesto

 

 

Oh dèi, che smania è questa!  

Che tumulto ho nel cor! Palpito, agghiaccio:

m'incammino, m'arresto: ogni aura, ogni ombra

mi fa tremare. Io non credea che fosse

sì difficile impresa esser malvagio.

Ma compirla convien. Già per mio cenno

Lentulo corre al Campidoglio. Io deggio

Tito assalir. Nel precipizio orrendo

è scorso il piè. Necessità divenne

ormai la mia ruina. Almen si vada

con valore a perir. Valore? E come

può averne un traditor? Sesto infelice,

tu traditor! Che orribil nome! E pure

t'affretti a meritarlo. E chi tradisci?

Il più grande, il più giusto, il più clemente

principe della terra, a cui tu devi

quanto puoi, quanto sei. Bella mercede

gli rendi in vero! Ei t'innalzò per farti

il carnefice suo. M'inghiotta il suolo

prima ch'io tal divenga. Ah! non ho core,

Vitellia, a secondar gli sdegni tui:

morrei, prima del colpo, in faccia a lui.

S'impedisca... ma come,

or che tutto è disposto?... Andiamo, andiamo

Lentulo a trattener. Sieguane poi

quel che il fato vorrà. Stelle, che miro!

Arde già il Campidoglio! Ahimè! l'impresa

Lentulo incominciò. Forse già tardi

sono i rimorsi miei.

Difendetemi Tito, eterni dèi!

(vuol partire)

 

Scena seconda

Annio e detto.

<- Annio

 

ANNIO

Sesto, dove t'affretti?  

SESTO

Io corro, amico...

Oh dèi! non m'arrestar.

(vuol partire)

ANNIO

Ma dove vai?

SESTO

Vado... per mio rossor già lo saprai.

(parte)

Sesto ->

 

Scena terza

Annio, poi Servilia, indi Publio con Guardie.

 

ANNIO

«Già lo saprai per mio rossor»! Che arcano  

si nasconde in que' detti! A quale oggetto

celarlo a me? Quel pallido sembiante,

quel ragionar confuso,

stelle! che mai vuol dir? Qualche periglio

sovrasta a Sesto. Abbandonar no 'l deve

un amico fedel. Sieguasi.

(vuol partire)

 

<- Servilia

SERVILIA

Al fine,

Annio, pur ti riveggo.

ANNIO

Ah! mio tesoro,

quanto deggio al tuo amor! Torno a momenti:

perdonami, se parto.

SERVILIA

E perché mai

così presto mi lasci?

 

<- Publio, guardie

PUBLIO

Annio, che fai?

Roma tutta è in tumulto, il Campidoglio

vasto incendio divora; e tu frattanto

puoi star senza rossore

tranquillamente a ragionar d'amore?

SERVILIA

Numi!

ANNIO

(Or di Sesto i detti

più mi fanno tremar. Cerchisi...)

(in atto di partire)

SERVILIA

E puoi

abbandonarmi in tal periglio?

ANNIO

(Oh dio!

fra l'amico e la sposa

divider mi vorrei.) Prendine cura,

Publio, per me. Di tutti i giorni miei

l'unico ben ti raccomando in lei.

(parte frettoloso)

Annio, guardie ->

 

Scena quarta

Servilia e Publio.

 

SERVILIA

Publio, che inaspettato  

accidente funesto!

PUBLIO

Ah, voglia il cielo

che un'opra sia del caso, e che non abbia

forse più reo disegno

chi destò quelle fiamme!

SERVILIA

Ah! tu mi fai

tutto il sangue gelar.

PUBLIO

Torna, o Servilia,

a' tuoi soggiorni e non temer. Ti lascio

quei custodi in difesa, e corro intanto

di Vitellia a cercar. Tito m'impone

d'aver cura d'entrambe.

SERVILIA

E ancor di noi

Tito si rammentò?

PUBLIO

Tutto rammenta;

provvede a tutto; a riparare i danni,

a prevenir le insidie, a ricomporre

gli ordini già sconvolti... Oh, se il vedessi

della confusa plebe

gl'impeti regolar! Gli audaci affrena;

i timidi assicura; in cento modi

sa promesse adoprar, minacce e lodi.

Tutto ritrovi in lui: ci vedi insieme

il difensor di Roma,

il terror delle squadre,

l'amico, il prence, il cittadino, il padre.

SERVILIA

Ma, sorpreso così, come ha saputo...

PUBLIO

Eh! Servilia, t'inganni:

Tito non si sorprende. Un impensato

colpo non v'è, che no 'l ritrovi armato.

 

Sia lontano ogni cimento,  

l'onda sia tranquilla e pura,

buon guerrier non s'assicura,

non si fida il buon nocchier.

Anche in pace, in calma ancora,

l'armi adatta, i remi appresta,

di battaglia o di tempesta

qualche assalto a sostener.

(parte)

Publio ->

 

Scena quinta

Servilia sola.

 

 

Dall'adorato oggetto  

vedersi abbandonar; saper che a tanti

rischi corre ad esporsi; in sen per lui

sentirsi il cor tremante, e nel periglio

non poterlo seguir: questo è un affanno

d'ogni affanno maggior; questo è soffrire

la pena del morir senza morire.

 

Almen, se non poss'io  

seguir l'amato bene,

affetti del cor mio,

seguitelo per me.

Già sempre a lui vicino

raccolti Amor vi tiene,

e insolito cammino

questo per voi non è.

(parte)

Servilia ->

 

Scena sesta

Vitellia e poi Sesto.

<- Vitellia

 

VITELLIA

Chi per pietà m'addita  

Sesto dov'è? Misera me! Per tutto

ne chiedo invano, in van lo cerco. Almeno

Tito trovar potessi!

 

<- Sesto

SESTO

(senza veder Vitellia)

Ove m'ascondo!

Dove fuggo, infelice!

VITELLIA

Ah, Sesto! ah, senti!

SESTO

Crudel, sarai contenta. Ecco adempito

il tuo fiero comando.

VITELLIA

Ahimè! che dici?

SESTO

Già Tito... oh dio! già dal trafitto seno

versa l'anima grande.

VITELLIA

Ah, che facesti!

SESTO

No, no 'l fec'io, ché, dell'error pentito,

a salvarlo correa; ma giunsi appunto

che un traditor del congiurato stuolo

da tergo lo feria. «Ferma!» gridai;

ma il colpo era vibrato. Il ferro indegno

lascia colui nella ferita e fugge.

A ritrarlo io m'affretto;

ma con l'acciaro il sangue

n'esce, il manto m'asperge, e Tito, oh dio!

Manca, vacilla e cade.

VITELLIA

Ah! ch'io mi sento

morir con lui.

SESTO

Pietà, furor mi sprona

l'uccisore a punir; ma il cerco invano;

già da me dileguossi. Ah! principessa,

che fia di me? come avrò mai più pace?

Quanto, ahi quanto mi costa

il desio di piacerti!

VITELLIA

Anima rea,

piacermi! Orror mi fai. Dove si trova

mostro peggior di te? quando s'intese

colpo più scellerato? Hai tolto al mondo

quanto avea di più caro; hai tolto a Roma

quanto avea di più grande. E chi ti fece

arbitro de' suoi giorni?

Di': qual colpa, inumano!

Punisti in lui? L'averti amato? È vero:

questo è l'error di Tito;

ma punir no 'l dovea chi l'ha punito.

SESTO

Onnipotenti dèi! son io? Mi parla

così Vitellia? E tu non fosti...

VITELLIA

Ah! taci,

barbaro, e del tuo fallo

non volermi accusar. Dove apprendesti

a secondar le furie

d'un'amante sdegnata?

Qual anima insensata

un delirio d'amor nel mio trasporto

compreso non avrebbe? Ah! tu nascesti

per mia sventura. Odio non v'è che offenda

al par dell'amor tuo. Nel mondo intero

sarei la più felice,

empio! se tu non eri. Oggi di Tito

la destra stringerei; leggi alla terra

darei dal Campidoglio; ancor vantarmi

innocente potrei. Per tua cagione

son rea, perdo l'impero,

non spero più conforto;

e Tito, ah, scellerato! e Tito è morto.

 

Come potesti, oh dio!  

perfido traditor!...

Ah, che la rea son io!

sento gelarmi il cor,

mancar mi sento.

Pria di tradir la fé,

perché, crudel! perché...

Ah! che del fallo mio

tardi mi pento.

(parte)

Vitellia ->

 

Scena settima

Sesto e poi Annio.

 

SESTO

Grazie, o numi crudeli! Or non mi resta  

più che temer. Della miseria umana

questo è l'ultimo segno. Ho già perduto

quanto perder potevo. Ho già tradito

l'amicizia, l'amor, Vitellia e Tito.

Uccidetemi almeno,

smanie che m'agitate,

furie che lacerate

questo perfido cor. Se lente siete

a compir la vendetta,

io stesso, io la farò.

(in atto di snudar la spada)

 

<- Annio

ANNIO

Sesto, t'affretta!

Tito brama...

SESTO

Lo so, brama il mio sangue:

tutto si verserà.

(in atto di snudar la spada)

ANNIO

Ferma! che dici?

Tito chiede vederti. Al fianco suo

stupisce che non sei, che l'abbandoni

in periglio sì grande.

SESTO

Io!... Come?... E Tito

nel colpo non spirò?

ANNIO

Qual colpo? Ei torna

illeso dal tumulto.

SESTO

Eh! tu m'inganni:

io stesso lo mirai cader trafitto

da scellerato acciaro.

ANNIO

Dove?

SESTO

Nel varco augusto, ove si ascende

quinci presso al Tarpeo.

ANNIO

No, travedesti:

tra il fumo e tra il tumulto,

altri Tito ti parve.

SESTO

Altri? E chi mai

delle cesaree vesti

ardirebbe adornarsi? Il sacro alloro,

l'augusto ammanto...

ANNIO

Ogni argomento è vano:

vive Tito ed è illeso. In questo istante

io da lui mi divido.

SESTO

Oh dèi pietosi!

Oh caro prence! oh dolce amico! Ah! lascia

che a questo sen... ma non m'inganni?

ANNIO

Io merto

sì poca fé! Dunque tu stesso a lui

corri e 'l vedrai.

SESTO

Ch'io mi presenti a Tito

dopo averlo tradito?

ANNIO

Tu lo tradisti?

SESTO

Io del tumulto, io sono

il primo autor.

ANNIO

Come! Perché?

SESTO

Non posso

dirti di più.

ANNIO

Sesto è infedele!

SESTO

Amico,

m'ha perduto un istante. Addio. M'involo

alla patria per sempre.

Ricordati di me. Tito difendi

da nuove insidie. Io vo ramingo, afflitto

a pianger fra le selve il mio delitto.

ANNIO

Fermati! Oh dèi! pensiam... Senti. Finora

la congiura è nascosta; ognuno incolpa

di quest'incendio il caso: or la tua fuga

indicar la potrebbe.

SESTO

E ben, che vuoi?

ANNIO

Che tu non parta ancor, che taccia il fallo,

che torni a Tito, e che con mille emendi

prove di fedeltà l'error passato.

SESTO

Colui, qualunque sia, che cadde estinto,

basta a scoprir...

ANNIO

Là dov'ei cadde, io volo.

Saprò chi fu; se il ver si sa; se parla

alcun di te. Pria che s'induca augusto

a temer di tua fé, potrò avvertirti:

fuggir potrai. Dubbio è 'l tuo mai, se resti;

certo, se parti.

SESTO

Io non ho mente, amico,

per distinguer consigli. A te mi fido.

Vuoi ch'io vada? anderò... Ma Tito, oh numi!

mi leggerà sul volto.

(s'incammina e si ferma)

ANNIO

Ogni tardanza,

Sesto, ti perde.

SESTO

Eccomi, io vo...

(come sopra)

Ma questo

manto asperso di sangue?

ANNIO

Chi quel sangue versò?

SESTO

Quell'infelice

che per Tito io piangea.

ANNIO

Cauto l'avvolgi,

nascondilo, e t'affretta.

SESTO

Il caso, oh dio!

potria...

ANNIO

Dammi quel manto: eccoti il mio.

(cambia il manto)

Corri: non più dubbiezze,

fra poco io ti raggiungo.

(parte)

Annio ->

 

SESTO

Io son sì oppresso,

così confuso io sono,

che non so se vaneggio o se ragiono.

 

Fra stupido e pensoso,  

dubbio così s'aggira

da un torbido riposo

chi si destò talor;

che desto ancor delira

fra le sognate forme,

che non sa ben se dorme,

non sa se veglia ancor.

(parte)

Sesto ->

 
 

Scena ottava

Galleria terrena adornata di statue, corrispondente a' giardini.
Tito e Servilia.

 Q 

Tito, Servilia, guardie

 

TITO

Contro me si congiura! Onde il sapesti?  

SERVILIA

Un de' complici venne

tutto a scoprirmi, acciò da te gl'implori

perdono al fallo.

TITO

E Lentulo è infedele?

SERVILIA

Lentulo è della trama

lo scellerato autor. Sperò di Roma

involarti l'impero, unì seguaci,

dispose i segni, il Campidoglio accese

per destare un tumulto; e già correa,

cinto del manto augusto,

a sorprender l'indegno! ed a sedurre

il popolo confuso.

Ma, giustizia del ciel! le istesse vesti,

ch'ei cinse per tradirti,

fur tua difesa e sua ruina. Un empio,

fra i sedotti da lui, corse, ingannato

dalle auguste divise,

e, per uccider te, Lentulo uccise.

TITO

Dunque morì nel colpo?

SERVILIA

Almen, se vive,

egli no 'l sa.

TITO

Come l'indegna tela

tanto poté restarmi occulta?

SERVILIA

E pure

fra' tuoi custodi istessi

de' complici vi son. Cesare, è questo

lo scellerato segno onde fra loro

si conoscono i rei. Porta ciascuno

pari a questo, signor, nastro vermiglio,

che su l'omero destro il manto annoda:

osservalo e ti guarda.

TITO

Or di', Servilia:

che ti sembra un impero? Al bene altrui

chi può sacrificarsi

più di quello ch'io feci? E pur non giunsi

a farmi amar; pur v'è chi m'odia e tenta

questo sudato alloro

svellermi dalla chioma,

e ritrova seguaci, e dove? in Roma.

Tito, l'odio di Roma! Eterni dèi!

Io, che spesi per lei

tutti i miei dì, che per la sua grandezza

sudor, sangue versai,

e or sul Nilo, or su l'Istro arsi e gelai!

Io, che ad altro, se veglio,

fuor che alla gloria sua pensar non oso;

che, in mezzo al mio riposo,

non sogno che il suo ben; che, a me crudele,

per compiacere a lei,

sveno gli affetti miei, m'opprimo in seno

l'unica del mio cor fiamma adorata!

Oh patria! oh sconoscenza! oh Roma ingrata!

 

Scena nona

Sesto, Tito e Servilia.

<- Sesto

 

SESTO

(Ecco il mio prence. Oh, come  

mi palpita, al mirarlo, il cor smarrito!)

TITO

Sesto, mio caro Sesto, io son tradito!

SESTO

(Oh rimembranza!)

TITO

Il crederesti, amico?

Tito è l'odio di Roma. Ah! tu che sai

tutti i pensieri miei, che senza velo

hai veduto il mio cor, che fosti sempre

l'oggetto dei mio amor, dimmi se questa

aspettarmi io dovea crudel mercede!

SESTO

(L'anima mi trafigge e non se 'l crede.)

TITO

Dimmi: con qual mio fallo

tant'odio ho mai contro di me commosso?

SESTO

Signor...

TITO

Parla.

SESTO

Ah! signor, parlar non posso.

TITO

Tu piangi, amico Sesto: il mio destino

ti fa pietà. Vieni al mio seno. Oh, quanto

mi piace, mi consola

questo tenero segno

della tua fedeltà!

SESTO

(Morir mi sento:

non posso più. Parmi tradirlo ancora

col mio tacer. Si disinganni appieno.)

 

Scena decima

Sesto, Vitellia, Tito e Servilia.

<- Vitellia

 

VITELLIA

(Ah! Sesto è qui. Non mi scoprisse almeno.)  

SESTO

Sì, sì, voglio al suo piè...

(vuol andare a Tito)

VITELLIA

(s'inoltra e l'interrompe)

Cesare invitto,

preser gli dèi cura di te.

SESTO

(Mancava

Vitellia ancor.)

VITELLIA

Pensando

al passato tuo rischio, ancor pavento.

(piano a Sesto)

Per pietà, non parlar!

SESTO

(Questo è tormento!)

TITO

Il perder, principessa,

e la vita e l'impero

affliggermi non può. Già miei non sono

che per usarne a benefizio altrui.

So che tutto è di tutti, e che né pure

di nascer meritò chi d'esser nato

crede solo per sé. Ma, quando a Roma

giovi ch'io versi il sangue,

perché insidiarmi? Ho ricusato mai

di versarlo per lei? Non sa l'ingrata

che son romano anch'io, che Tito io sono?

Perché rapir quel che offerisco in dono?

SERVILIA

Oh vero eroe!

 

Scena undicesima

Sesto, Vitellia, Tito, Servilia, ed Annio col manto di Sesto.

<- Annio

 

ANNIO

(Potessi  

Sesto avvertir. M'intenderà.)

(a Tito)

Signore,

già l'incendio cedé; ma non è vero

che il caso autor ne sia. V'è chi congiura

contro la vita tua: prendine cura.

TITO

Annio, il so... (Ma che miro!)

(a parte a Servilia)

Servilia, il segno, che distingue i rei,

Annio non ha sul manto?

SERVILIA

Eterni dèi!

TITO

Non v'è che dubitar. Forma, colore,

tutto, tutto è concorde.

SERVILIA
(ad Annio)

Ah, traditore!

ANNIO

Io traditor!

SESTO

(Che avvenne!)

TITO

E sparger vuoi

tu ancora il sangue mio?

Annio, figlio, e perché? che t'ho fatt'io?

ANNIO

Io spargere il tuo sangue! Ah! pria m'uccida

un fulmine del ciel.

TITO

T'ascondi invano:

già quel nastro vermiglio,

divisa de' ribelli, a me scoperse

che a parte sei del tradimento orrendo.

ANNIO

Questo! Come!...

SESTO

(Ah, che feci! Or tutto intendo.)

ANNIO

Nulla, signor, m'è noto

di tal divisa. In testimonio io chiamo

tutti i numi celesti.

TITO

Da chi dunque l'avesti?

ANNIO

L'ebbi... (Se dico il ver, l'amico accuso.)

TITO

E ben?

ANNIO

L'ebbi... non so...

TITO

L'empio è confuso.

SESTO

(Oh amicizia!)

VITELLIA

(Oh timor!)

TITO

Dove si trova

principe, o Sesto amato,

di me più sventurato? Ogni altro acquista

amici almen co' benefici suoi:

io co' miei benefici

altro non fo che procurar nemici.

ANNIO

(Come scolparmi?)

SESTO

(Ah, non rimanga oppressa

l'innocenza per me.)

(piano a Vitellia, incamminandosi a Tito)

Vitellia, ormai

tutto è forza ch'io dica.

VITELLIA

(piano a Sesto)

Ah, no! che fai?

Deh! pensa al mio periglio.

SESTO

(Che angustia è questa!)

ANNIO

(Eterni dèi, consiglio!)

TITO

Servilia, e un tale amante

val sì gran prezzo?

SERVILIA

Io dell'affetto antico

ho rimorso, ho rossor.

SESTO

(Povero amico!)

TITO
(ad Annio)

Ma dimmi, anima ingrata: il sol pensiero

di tanta infedeltà non è bastato

a farti inorridir?

SESTO

(Son io l'ingrato.)

TITO

Come ti nacque in seno

furor cotanto ingiusto?

SESTO

(Più resister non posso.) Eccomi, augusto,

a' piedi tuoi.

(s'inginocchia)

VITELLIA

(Misera me!)

SESTO

La colpa

ond'Annio è reo...

VITELLIA

Sì, la sua colpa è grande;

ma la bontà di Tito

sarà maggior. Per lui, signor, perdono

Sesto domanda e lo domando anch'io.

(piano a Sesto)

Morta mi vuoi?

SESTO

(s'alza)

(Che atroce caso è il mio!)

TITO

Annio si scusi almeno.

ANNIO

Dirò... (Che posso dir?)

TITO

Sesto, io mi sento

gelar per lui. La mia presenza istessa

più confonder lo fa. Custodi, a voi

Annio consegno. Esamini il senato

il disegno, l'errore

di questo... Ancor non voglio

chiamarti traditor. Rifletti, ingrato!

Da quel tuo cor perverso

del tuo principe il cor quanto è diverso.

 

Tu, infedel, non hai difese;  

è palese il tradimento:

io pavento d'oltraggiarti

nel chiamarti traditor.

Tu, crudel, tradir mi vuoi

d'amistà col finto velo;

io mi celo agli occhi tuoi

per pietà del tuo rossor.

(parte)

Tito ->

 

Scena dodicesima

Vitellia, Servilia, Sesto ed Annio.

 

ANNIO
(a Servilia)

E pur, dolce mia sposa...  

SERVILIA

A me t'invola:

tua sposa io più non son.

(in atto di partire)

ANNIO

Fermati e senti.

 

SERVILIA

Non odo gli accenti  

d'un labbro spergiuro;

gli affetti non curo

d'un perfido cor.

Ricuso, detesto

il nodo funesto,

le nozze, lo sposo,

l'amante e l'amor.

(parte)

Servilia ->

 

Scena tredicesima

Sesto, Vitellia ed Annio.

 

ANNIO

(E Sesto non favella?)  

SESTO

(Io moro.)

VITELLIA

(Io tremo.)

ANNIO

Ma, Sesto, al punto estremo

ridotto io sono, e non ascolto ancora

chi s'impieghi per me. Tu non ignori

quel che mi dice ognun, quel ch'io non dico.

Questo è troppo soffrir. Pensaci, amico.

 

Ch'io parto reo, lo vedi;  

ch'io son fedel, lo sai:

di te non mi scordai;

non ti scordar di me.

Soffro le mie catene;

ma questa macchia in fronte,

ma l'odio del mio bene

soffribile non è.

(parte fra le guardie)

Annio, guardie ->

 

Scena quattordicesima

Sesto e Vitellia.

 

SESTO

Posso al fine, o crudele...  

VITELLIA

Oh dio! l'ore in querele

non perdiamo così. Fuggi e conserva

la tua vita e la mia.

SESTO

Ch'io fugga e lasci

un amico innocente...

VITELLIA

Io dell'amico

la cura prenderò.

SESTO

No, fin ch'io vegga

Annio in periglio...

VITELLIA

A tutti i numi il giuro,

io lo difenderò.

SESTO

Ma che ti giova

la fuga mia?

VITELLIA

Con la tua fuga è salva

la tua vita, il mio onor. Tu sei perduto,

se alcun ti scopre, e, se scoperto sei,

pubblico è il mio segreto.

SESTO

In questo seno

sepolto resterà. Nessuno il seppe:

tacendolo morrò.

VITELLIA

Mi fiderei,

se minor tenerezza

per Tito in te vedessi. Il suo rigore

non temo già; la sua clemenza io temo:

questa ti vincerebbe. Ah! per que' primi

momenti in cui ti piacqui, ah! per le care

dolci speranze tue, fuggi, assicura

il mio timido cor. Tanto facesti:

l'opra compisci. Il più gran dono è questo

che far mi puoi. Tu non mi rendi meno

che la pace e l'onor. Sesto, che dici?

Risolvi.

SESTO

Oh dio!

VITELLIA

Sì, già ti leggo in volto

la pietà che hai di me; conosco i moti

del tenero tuo cor. Di': m'ingannai?

Sperai troppo da te? Ma parla, o Sesto!

SESTO

Partirò, fuggirò. (Che incanto è questo!)

VITELLIA

Respiro!

SESTO

Almen tal volta,

quando lungi sarò...

 

Scena quindicesima

Publio con Guardie, e detti.

<- Publio, guardie

 

PUBLIO

Sesto!  

SESTO

Che chiedi?

PUBLIO

La tua spada.

SESTO

E perché?

PUBLIO

Per tua sventura,

Lentulo non morì. Già il resto intendi.

Vieni.

VITELLIA

(Oh colpo fatale!)

(Sesto dà la spada)
 

SESTO

Al fin, tiranna...

PUBLIO

Sesto, partir conviene. È già raccolto

per udirti il senato, e non poss'io

differir di condurti.

SESTO

Ingrata, addio!

 

Se mai senti spirarti sul volto  

lieve fiato che lento s'aggiri,

di': «Son questi gli estremi sospiri

del mio fido, che muore per me.»

Al mio spirto, dal seno disciolto,

la memoria di tanti martìri

sarà dolce con questa mercé.

(parte con Publio e guardie)

Sesto, Publio, guardie ->

 

Scena sedicesima

Vitellia sola.

 

 

Misera! che farò? Quell'infelice,  

oh dio! muore per me. Tito fra poco

saprà il mio fallo, e lo sapran con lui

tutti, per mio rossor. Non ho coraggio

né a parlar, né a tacere,

né a fuggir, né a restar. Non spero aiuto,

non ritrovo consiglio. Altro non veggo

che imminenti ruine; altro non sento

che moti di rimorso e di spavento.

 

Tremo fra' dubbi miei;  

pavento i rai dei giorno;

l'aure, che ascolto intorno,

mi fanno palpitar.

Nascondermi vorrei,

vorrei scoprir l'errore:

né di celarmi ho core,

né core ho di parlar.

(parte)

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Vitellia ->

 

Fine (Atto secondo)

Atto primo Atto secondo Atto terzo

Portici.

Sesto
 

Oh dèi, che smania è questa!

Sesto
<- Annio

Sesto, dove t'affretti?

Annio
Sesto ->

Già lo saprai per mio rossor

Annio
<- Servilia

Annio, Servilia
<- Publio, guardie

Servilia, Publio
Annio, guardie ->

Publio, che inaspettato

Servilia
Publio ->

Dall'adorato oggetto

Servilia ->
<- Vitellia

Chi per pietà m'addita

Vitellia
<- Sesto

Sesto
Vitellia ->

Grazie, o numi crudeli!

Sesto
<- Annio

Sesto
Annio ->

Sesto ->

Galleria terrena adornata di statue, corrispondente a' giardini.

Tito, Servilia, guardie
 

Contro me si congiura!

Tito, Servilia, guardie
<- Sesto

Ecco il mio prence

Tito, Servilia, guardie, Sesto
<- Vitellia

Ah! Sesto è qui

Tito, Servilia, guardie, Sesto, Vitellia
<- Annio

Potessi Sesto avvertir

Servilia, guardie, Sesto, Vitellia, Annio
Tito ->

E pur, dolce mia sposa

guardie, Sesto, Vitellia, Annio
Servilia ->

E Sesto non favella?

Sesto, Vitellia
Annio, guardie ->

Posso al fine, o crudele

Sesto, Vitellia
<- Publio, guardie

Sesto! / Che chiedi?

Vitellia
Sesto, Publio, guardie ->

Misera! che farò?

Vitellia ->
 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima Scena tredicesima Scena quattordicesima Scena quindicesima Scena sedicesima
Logge a vista del Tevere negli appartamenti di Vitellia. Innanzi, atrio del tempio di Giove; indietro, parte del foro romano; da' lati, veduta del monte Palatino e... Ritiro delizioso nel soggiorno imperiale sul colle Palatino. Portici. Galleria terrena adornata di statue, corrispondente a' giardini. Camera chiusa, con porte, sedia e tavolino. Luogo magnifico, che introduce a vasto anfiteatro.
Atto primo Atto terzo

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