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Scena prima |
Portici. Sesto solo, col distintivo de' congiurati sul manto. |
Q
Sesto
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Oh dèi, che smania è questa!
Che tumulto ho nel cor! Palpito, agghiaccio:
m'incammino, m'arresto: ogni aura, ogni ombra
mi fa tremare. Io non credea che fosse
sì difficile impresa esser malvagio.
Ma compirla convien. Già per mio cenno
Lentulo corre al Campidoglio. Io deggio
Tito assalir. Nel precipizio orrendo
è scorso il piè. Necessità divenne
ormai la mia ruina. Almen si vada
con valore a perir. Valore? E come
può averne un traditor? Sesto infelice,
tu traditor! Che orribil nome! E pure
t'affretti a meritarlo. E chi tradisci?
Il più grande, il più giusto, il più clemente
principe della terra, a cui tu devi
quanto puoi, quanto sei. Bella mercede
gli rendi in vero! Ei t'innalzò per farti
il carnefice suo. M'inghiotta il suolo
prima ch'io tal divenga. Ah! non ho core,
Vitellia, a secondar gli sdegni tui:
morrei, prima del colpo, in faccia a lui.
S'impedisca... ma come,
or che tutto è disposto?... Andiamo, andiamo
Lentulo a trattener. Sieguane poi
quel che il fato vorrà. Stelle, che miro!
Arde già il Campidoglio! Ahimè! l'impresa
Lentulo incominciò. Forse già tardi
sono i rimorsi miei.
Difendetemi Tito, eterni dèi!
(vuol partire)
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Scena seconda |
Annio e detto. |
<- Annio
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ANNIO |
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SESTO |
Io corro, amico...
Oh dèi! non m'arrestar.
(vuol partire)
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ANNIO |
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SESTO |
Vado... per mio rossor già lo saprai.
(parte)
| Sesto ->
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Scena terza |
Annio, poi Servilia, indi Publio con Guardie. |
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ANNIO |
«Già lo saprai per mio rossor»! Che arcano
si nasconde in que' detti! A quale oggetto
celarlo a me? Quel pallido sembiante,
quel ragionar confuso,
stelle! che mai vuol dir? Qualche periglio
sovrasta a Sesto. Abbandonar no 'l deve
un amico fedel. Sieguasi.
(vuol partire)
| |
| <- Servilia
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SERVILIA |
Al fine,
Annio, pur ti riveggo.
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ANNIO |
Ah! mio tesoro,
quanto deggio al tuo amor! Torno a momenti:
perdonami, se parto.
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SERVILIA |
E perché mai
così presto mi lasci?
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| <- Publio, guardie
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PUBLIO |
Annio, che fai?
Roma tutta è in tumulto, il Campidoglio
vasto incendio divora; e tu frattanto
puoi star senza rossore
tranquillamente a ragionar d'amore?
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SERVILIA |
| |
ANNIO |
(Or di Sesto i detti
più mi fanno tremar. Cerchisi...)
(in atto di partire)
| |
SERVILIA |
E puoi
abbandonarmi in tal periglio?
| |
ANNIO |
(Oh dio!
fra l'amico e la sposa
divider mi vorrei.) Prendine cura,
Publio, per me. Di tutti i giorni miei
l'unico ben ti raccomando in lei.
(parte frettoloso)
| Annio, guardie ->
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Scena quarta |
Servilia e Publio. |
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SERVILIA |
Publio, che inaspettato
accidente funesto!
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PUBLIO |
Ah, voglia il cielo
che un'opra sia del caso, e che non abbia
forse più reo disegno
chi destò quelle fiamme!
| |
SERVILIA |
Ah! tu mi fai
tutto il sangue gelar.
| |
PUBLIO |
Torna, o Servilia,
a' tuoi soggiorni e non temer. Ti lascio
quei custodi in difesa, e corro intanto
di Vitellia a cercar. Tito m'impone
d'aver cura d'entrambe.
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SERVILIA |
E ancor di noi
Tito si rammentò?
| |
PUBLIO |
Tutto rammenta;
provvede a tutto; a riparare i danni,
a prevenir le insidie, a ricomporre
gli ordini già sconvolti... Oh, se il vedessi
della confusa plebe
gl'impeti regolar! Gli audaci affrena;
i timidi assicura; in cento modi
sa promesse adoprar, minacce e lodi.
Tutto ritrovi in lui: ci vedi insieme
il difensor di Roma,
il terror delle squadre,
l'amico, il prence, il cittadino, il padre.
| |
SERVILIA |
Ma, sorpreso così, come ha saputo...
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PUBLIO |
Eh! Servilia, t'inganni:
Tito non si sorprende. Un impensato
colpo non v'è, che no 'l ritrovi armato.
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| |
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Sia lontano ogni cimento,
l'onda sia tranquilla e pura,
buon guerrier non s'assicura,
non si fida il buon nocchier.
Anche in pace, in calma ancora,
l'armi adatta, i remi appresta,
di battaglia o di tempesta
qualche assalto a sostener.
(parte)
| Publio ->
|
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Scena quinta |
Servilia sola. |
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Dall'adorato oggetto
vedersi abbandonar; saper che a tanti
rischi corre ad esporsi; in sen per lui
sentirsi il cor tremante, e nel periglio
non poterlo seguir: questo è un affanno
d'ogni affanno maggior; questo è soffrire
la pena del morir senza morire.
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| |
|
Almen, se non poss'io
seguir l'amato bene,
affetti del cor mio,
seguitelo per me.
Già sempre a lui vicino
raccolti Amor vi tiene,
e insolito cammino
questo per voi non è.
(parte)
| Servilia ->
|
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Scena sesta |
Vitellia e poi Sesto. |
<- Vitellia
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VITELLIA |
Chi per pietà m'addita
Sesto dov'è? Misera me! Per tutto
ne chiedo invano, in van lo cerco. Almeno
Tito trovar potessi!
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| <- Sesto
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SESTO |
(senza veder Vitellia)
Ove m'ascondo!
Dove fuggo, infelice!
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VITELLIA |
| |
SESTO |
Crudel, sarai contenta. Ecco adempito
il tuo fiero comando.
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VITELLIA |
| |
SESTO |
Già Tito... oh dio! già dal trafitto seno
versa l'anima grande.
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VITELLIA |
| |
SESTO |
No, no 'l fec'io, ché, dell'error pentito,
a salvarlo correa; ma giunsi appunto
che un traditor del congiurato stuolo
da tergo lo feria. «Ferma!» gridai;
ma il colpo era vibrato. Il ferro indegno
lascia colui nella ferita e fugge.
A ritrarlo io m'affretto;
ma con l'acciaro il sangue
n'esce, il manto m'asperge, e Tito, oh dio!
Manca, vacilla e cade.
| |
VITELLIA |
Ah! ch'io mi sento
morir con lui.
| |
SESTO |
Pietà, furor mi sprona
l'uccisore a punir; ma il cerco invano;
già da me dileguossi. Ah! principessa,
che fia di me? come avrò mai più pace?
Quanto, ahi quanto mi costa
il desio di piacerti!
| |
VITELLIA |
Anima rea,
piacermi! Orror mi fai. Dove si trova
mostro peggior di te? quando s'intese
colpo più scellerato? Hai tolto al mondo
quanto avea di più caro; hai tolto a Roma
quanto avea di più grande. E chi ti fece
arbitro de' suoi giorni?
Di': qual colpa, inumano!
Punisti in lui? L'averti amato? È vero:
questo è l'error di Tito;
ma punir no 'l dovea chi l'ha punito.
| |
SESTO |
Onnipotenti dèi! son io? Mi parla
così Vitellia? E tu non fosti...
| |
VITELLIA |
Ah! taci,
barbaro, e del tuo fallo
non volermi accusar. Dove apprendesti
a secondar le furie
d'un'amante sdegnata?
Qual anima insensata
un delirio d'amor nel mio trasporto
compreso non avrebbe? Ah! tu nascesti
per mia sventura. Odio non v'è che offenda
al par dell'amor tuo. Nel mondo intero
sarei la più felice,
empio! se tu non eri. Oggi di Tito
la destra stringerei; leggi alla terra
darei dal Campidoglio; ancor vantarmi
innocente potrei. Per tua cagione
son rea, perdo l'impero,
non spero più conforto;
e Tito, ah, scellerato! e Tito è morto.
| |
| |
|
Come potesti, oh dio!
perfido traditor!...
Ah, che la rea son io!
sento gelarmi il cor,
mancar mi sento.
Pria di tradir la fé,
perché, crudel! perché...
Ah! che del fallo mio
tardi mi pento.
(parte)
| Vitellia ->
|
|
|
Scena settima |
Sesto e poi Annio. |
|
| |
SESTO |
Grazie, o numi crudeli! Or non mi resta
più che temer. Della miseria umana
questo è l'ultimo segno. Ho già perduto
quanto perder potevo. Ho già tradito
l'amicizia, l'amor, Vitellia e Tito.
Uccidetemi almeno,
smanie che m'agitate,
furie che lacerate
questo perfido cor. Se lente siete
a compir la vendetta,
io stesso, io la farò.
(in atto di snudar la spada)
| |
| <- Annio
|
ANNIO |
Sesto, t'affretta!
Tito brama...
| |
SESTO |
Lo so, brama il mio sangue:
tutto si verserà.
(in atto di snudar la spada)
| |
ANNIO |
Ferma! che dici?
Tito chiede vederti. Al fianco suo
stupisce che non sei, che l'abbandoni
in periglio sì grande.
| |
SESTO |
Io!... Come?... E Tito
nel colpo non spirò?
| |
ANNIO |
Qual colpo? Ei torna
illeso dal tumulto.
| |
SESTO |
Eh! tu m'inganni:
io stesso lo mirai cader trafitto
da scellerato acciaro.
| |
ANNIO |
| |
SESTO |
Nel varco augusto, ove si ascende
quinci presso al Tarpeo.
| |
ANNIO |
No, travedesti:
tra il fumo e tra il tumulto,
altri Tito ti parve.
| |
SESTO |
Altri? E chi mai
delle cesaree vesti
ardirebbe adornarsi? Il sacro alloro,
l'augusto ammanto...
| |
ANNIO |
Ogni argomento è vano:
vive Tito ed è illeso. In questo istante
io da lui mi divido.
| |
SESTO |
Oh dèi pietosi!
Oh caro prence! oh dolce amico! Ah! lascia
che a questo sen... ma non m'inganni?
| |
ANNIO |
Io merto
sì poca fé! Dunque tu stesso a lui
corri e 'l vedrai.
| |
SESTO |
Ch'io mi presenti a Tito
dopo averlo tradito?
| |
ANNIO |
| |
SESTO |
Io del tumulto, io sono
il primo autor.
| |
ANNIO |
| |
SESTO |
| |
ANNIO |
| |
SESTO |
Amico,
m'ha perduto un istante. Addio. M'involo
alla patria per sempre.
Ricordati di me. Tito difendi
da nuove insidie. Io vo ramingo, afflitto
a pianger fra le selve il mio delitto.
| |
ANNIO |
Fermati! Oh dèi! pensiam... Senti. Finora
la congiura è nascosta; ognuno incolpa
di quest'incendio il caso: or la tua fuga
indicar la potrebbe.
| |
SESTO |
| |
ANNIO |
Che tu non parta ancor, che taccia il fallo,
che torni a Tito, e che con mille emendi
prove di fedeltà l'error passato.
| |
SESTO |
Colui, qualunque sia, che cadde estinto,
basta a scoprir...
| |
ANNIO |
Là dov'ei cadde, io volo.
Saprò chi fu; se il ver si sa; se parla
alcun di te. Pria che s'induca augusto
a temer di tua fé, potrò avvertirti:
fuggir potrai. Dubbio è 'l tuo mai, se resti;
certo, se parti.
| |
SESTO |
Io non ho mente, amico,
per distinguer consigli. A te mi fido.
Vuoi ch'io vada? anderò... Ma Tito, oh numi!
mi leggerà sul volto.
(s'incammina e si ferma)
| |
ANNIO |
Ogni tardanza,
Sesto, ti perde.
| |
SESTO |
Eccomi, io vo...
(come sopra)
Ma questo
manto asperso di sangue?
| |
ANNIO |
| |
SESTO |
Quell'infelice
che per Tito io piangea.
| |
ANNIO |
Cauto l'avvolgi,
nascondilo, e t'affretta.
| |
SESTO |
Il caso, oh dio!
potria...
| |
ANNIO |
Dammi quel manto: eccoti il mio.
(cambia il manto)
Corri: non più dubbiezze,
fra poco io ti raggiungo.
(parte)
| Annio ->
|
| |
SESTO |
Io son sì oppresso,
così confuso io sono,
che non so se vaneggio o se ragiono.
| |
| |
|
Fra stupido e pensoso,
dubbio così s'aggira
da un torbido riposo
chi si destò talor;
che desto ancor delira
fra le sognate forme,
che non sa ben se dorme,
non sa se veglia ancor.
(parte)
| Sesto ->
|
| |
| | |
|
|
Scena ottava |
Galleria terrena adornata di statue, corrispondente a' giardini. Tito e Servilia. |
Q
Tito, Servilia, guardie
|
| |
TITO |
Contro me si congiura! Onde il sapesti?
| |
SERVILIA |
Un de' complici venne
tutto a scoprirmi, acciò da te gl'implori
perdono al fallo.
| |
TITO |
| |
SERVILIA |
Lentulo è della trama
lo scellerato autor. Sperò di Roma
involarti l'impero, unì seguaci,
dispose i segni, il Campidoglio accese
per destare un tumulto; e già correa,
cinto del manto augusto,
a sorprender l'indegno! ed a sedurre
il popolo confuso.
Ma, giustizia del ciel! le istesse vesti,
ch'ei cinse per tradirti,
fur tua difesa e sua ruina. Un empio,
fra i sedotti da lui, corse, ingannato
dalle auguste divise,
e, per uccider te, Lentulo uccise.
| |
TITO |
| |
SERVILIA |
Almen, se vive,
egli no 'l sa.
| |
TITO |
Come l'indegna tela
tanto poté restarmi occulta?
| |
SERVILIA |
E pure
fra' tuoi custodi istessi
de' complici vi son. Cesare, è questo
lo scellerato segno onde fra loro
si conoscono i rei. Porta ciascuno
pari a questo, signor, nastro vermiglio,
che su l'omero destro il manto annoda:
osservalo e ti guarda.
| |
TITO |
Or di', Servilia:
che ti sembra un impero? Al bene altrui
chi può sacrificarsi
più di quello ch'io feci? E pur non giunsi
a farmi amar; pur v'è chi m'odia e tenta
questo sudato alloro
svellermi dalla chioma,
e ritrova seguaci, e dove? in Roma.
Tito, l'odio di Roma! Eterni dèi!
Io, che spesi per lei
tutti i miei dì, che per la sua grandezza
sudor, sangue versai,
e or sul Nilo, or su l'Istro arsi e gelai!
Io, che ad altro, se veglio,
fuor che alla gloria sua pensar non oso;
che, in mezzo al mio riposo,
non sogno che il suo ben; che, a me crudele,
per compiacere a lei,
sveno gli affetti miei, m'opprimo in seno
l'unica del mio cor fiamma adorata!
Oh patria! oh sconoscenza! oh Roma ingrata!
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|
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Scena nona |
Sesto, Tito e Servilia. |
<- Sesto
|
| |
SESTO |
(Ecco il mio prence. Oh, come
mi palpita, al mirarlo, il cor smarrito!)
| |
TITO |
Sesto, mio caro Sesto, io son tradito!
| |
SESTO |
| |
TITO |
Il crederesti, amico?
Tito è l'odio di Roma. Ah! tu che sai
tutti i pensieri miei, che senza velo
hai veduto il mio cor, che fosti sempre
l'oggetto dei mio amor, dimmi se questa
aspettarmi io dovea crudel mercede!
| |
SESTO |
(L'anima mi trafigge e non se 'l crede.)
| |
TITO |
Dimmi: con qual mio fallo
tant'odio ho mai contro di me commosso?
| |
SESTO |
| |
TITO |
| |
SESTO |
Ah! signor, parlar non posso.
| |
TITO |
Tu piangi, amico Sesto: il mio destino
ti fa pietà. Vieni al mio seno. Oh, quanto
mi piace, mi consola
questo tenero segno
della tua fedeltà!
| |
SESTO |
(Morir mi sento:
non posso più. Parmi tradirlo ancora
col mio tacer. Si disinganni appieno.)
| |
|
|
Scena decima |
Sesto, Vitellia, Tito e Servilia. |
<- Vitellia
|
| |
VITELLIA |
(Ah! Sesto è qui. Non mi scoprisse almeno.)
| |
SESTO |
Sì, sì, voglio al suo piè...
(vuol andare a Tito)
| |
VITELLIA |
(s'inoltra e l'interrompe)
Cesare invitto,
preser gli dèi cura di te.
| |
SESTO |
(Mancava
Vitellia ancor.)
| |
VITELLIA |
Pensando
al passato tuo rischio, ancor pavento.
(piano a Sesto)
Per pietà, non parlar!
| |
SESTO |
| |
TITO |
Il perder, principessa,
e la vita e l'impero
affliggermi non può. Già miei non sono
che per usarne a benefizio altrui.
So che tutto è di tutti, e che né pure
di nascer meritò chi d'esser nato
crede solo per sé. Ma, quando a Roma
giovi ch'io versi il sangue,
perché insidiarmi? Ho ricusato mai
di versarlo per lei? Non sa l'ingrata
che son romano anch'io, che Tito io sono?
Perché rapir quel che offerisco in dono?
| |
SERVILIA |
| |
|
|
Scena undicesima |
Sesto, Vitellia, Tito, Servilia, ed Annio col manto di Sesto. |
<- Annio
|
| |
ANNIO |
(Potessi
Sesto avvertir. M'intenderà.)
(a Tito)
Signore,
già l'incendio cedé; ma non è vero
che il caso autor ne sia. V'è chi congiura
contro la vita tua: prendine cura.
| |
TITO |
Annio, il so... (Ma che miro!)
(a parte a Servilia)
Servilia, il segno, che distingue i rei,
Annio non ha sul manto?
| |
SERVILIA |
| |
TITO |
Non v'è che dubitar. Forma, colore,
tutto, tutto è concorde.
| |
SERVILIA (ad Annio) |
| |
ANNIO |
| |
SESTO |
| |
TITO |
E sparger vuoi
tu ancora il sangue mio?
Annio, figlio, e perché? che t'ho fatt'io?
| |
ANNIO |
Io spargere il tuo sangue! Ah! pria m'uccida
un fulmine del ciel.
| |
TITO |
T'ascondi invano:
già quel nastro vermiglio,
divisa de' ribelli, a me scoperse
che a parte sei del tradimento orrendo.
| |
ANNIO |
| |
SESTO |
(Ah, che feci! Or tutto intendo.)
| |
ANNIO |
Nulla, signor, m'è noto
di tal divisa. In testimonio io chiamo
tutti i numi celesti.
| |
TITO |
| |
ANNIO |
L'ebbi... (Se dico il ver, l'amico accuso.)
| |
TITO |
| |
ANNIO |
| |
TITO |
| |
SESTO |
| |
VITELLIA |
| |
TITO |
Dove si trova
principe, o Sesto amato,
di me più sventurato? Ogni altro acquista
amici almen co' benefici suoi:
io co' miei benefici
altro non fo che procurar nemici.
| |
ANNIO |
| |
SESTO |
(Ah, non rimanga oppressa
l'innocenza per me.)
(piano a Vitellia, incamminandosi a Tito)
Vitellia, ormai
tutto è forza ch'io dica.
| |
VITELLIA |
(piano a Sesto)
Ah, no! che fai?
Deh! pensa al mio periglio.
| |
SESTO |
| |
ANNIO |
| |
TITO |
Servilia, e un tale amante
val sì gran prezzo?
| |
SERVILIA |
Io dell'affetto antico
ho rimorso, ho rossor.
| |
SESTO |
| |
TITO (ad Annio) |
Ma dimmi, anima ingrata: il sol pensiero
di tanta infedeltà non è bastato
a farti inorridir?
| |
SESTO |
| |
TITO |
Come ti nacque in seno
furor cotanto ingiusto?
| |
SESTO |
(Più resister non posso.) Eccomi, augusto,
a' piedi tuoi.
(s'inginocchia)
| |
VITELLIA |
| |
SESTO |
La colpa
ond'Annio è reo...
| |
VITELLIA |
Sì, la sua colpa è grande;
ma la bontà di Tito
sarà maggior. Per lui, signor, perdono
Sesto domanda e lo domando anch'io.
(piano a Sesto)
Morta mi vuoi?
| |
SESTO |
(s'alza)
(Che atroce caso è il mio!)
| |
TITO |
| |
ANNIO |
| |
TITO |
Sesto, io mi sento
gelar per lui. La mia presenza istessa
più confonder lo fa. Custodi, a voi
Annio consegno. Esamini il senato
il disegno, l'errore
di questo... Ancor non voglio
chiamarti traditor. Rifletti, ingrato!
Da quel tuo cor perverso
del tuo principe il cor quanto è diverso.
| |
| |
|
Tu, infedel, non hai difese;
è palese il tradimento:
io pavento d'oltraggiarti
nel chiamarti traditor.
Tu, crudel, tradir mi vuoi
d'amistà col finto velo;
io mi celo agli occhi tuoi
per pietà del tuo rossor.
(parte)
| Tito ->
|
|
|
Scena dodicesima |
Vitellia, Servilia, Sesto ed Annio. |
|
| |
ANNIO (a Servilia) |
E pur, dolce mia sposa...
| |
SERVILIA |
A me t'invola:
tua sposa io più non son.
(in atto di partire)
| |
ANNIO |
| |
| |
|
SERVILIA
Non odo gli accenti
d'un labbro spergiuro;
gli affetti non curo
d'un perfido cor.
Ricuso, detesto
il nodo funesto,
le nozze, lo sposo,
l'amante e l'amor.
(parte)
| Servilia ->
|
|
|
Scena tredicesima |
Sesto, Vitellia ed Annio. |
|
| |
ANNIO |
| |
SESTO |
| |
VITELLIA |
| |
ANNIO |
Ma, Sesto, al punto estremo
ridotto io sono, e non ascolto ancora
chi s'impieghi per me. Tu non ignori
quel che mi dice ognun, quel ch'io non dico.
Questo è troppo soffrir. Pensaci, amico.
| |
| |
|
Ch'io parto reo, lo vedi;
ch'io son fedel, lo sai:
di te non mi scordai;
non ti scordar di me.
Soffro le mie catene;
ma questa macchia in fronte,
ma l'odio del mio bene
soffribile non è.
(parte fra le guardie)
| Annio, guardie ->
|
|
|
Scena quattordicesima |
Sesto e Vitellia. |
|
| |
SESTO |
Posso al fine, o crudele...
| |
VITELLIA |
Oh dio! l'ore in querele
non perdiamo così. Fuggi e conserva
la tua vita e la mia.
| |
SESTO |
Ch'io fugga e lasci
un amico innocente...
| |
VITELLIA |
Io dell'amico
la cura prenderò.
| |
SESTO |
No, fin ch'io vegga
Annio in periglio...
| |
VITELLIA |
A tutti i numi il giuro,
io lo difenderò.
| |
SESTO |
Ma che ti giova
la fuga mia?
| |
VITELLIA |
Con la tua fuga è salva
la tua vita, il mio onor. Tu sei perduto,
se alcun ti scopre, e, se scoperto sei,
pubblico è il mio segreto.
| |
SESTO |
In questo seno
sepolto resterà. Nessuno il seppe:
tacendolo morrò.
| |
VITELLIA |
Mi fiderei,
se minor tenerezza
per Tito in te vedessi. Il suo rigore
non temo già; la sua clemenza io temo:
questa ti vincerebbe. Ah! per que' primi
momenti in cui ti piacqui, ah! per le care
dolci speranze tue, fuggi, assicura
il mio timido cor. Tanto facesti:
l'opra compisci. Il più gran dono è questo
che far mi puoi. Tu non mi rendi meno
che la pace e l'onor. Sesto, che dici?
Risolvi.
| |
SESTO |
| |
VITELLIA |
Sì, già ti leggo in volto
la pietà che hai di me; conosco i moti
del tenero tuo cor. Di': m'ingannai?
Sperai troppo da te? Ma parla, o Sesto!
| |
SESTO |
Partirò, fuggirò. (Che incanto è questo!)
| |
VITELLIA |
| |
SESTO |
Almen tal volta,
quando lungi sarò...
| |
|
|
Scena quindicesima |
Publio con Guardie, e detti. |
<- Publio, guardie
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| |
PUBLIO |
| |
SESTO |
| |
PUBLIO |
| |
SESTO |
| |
PUBLIO |
Per tua sventura,
Lentulo non morì. Già il resto intendi.
Vieni.
| |
VITELLIA |
| |
| (Sesto dà la spada) | |
| |
SESTO |
| |
PUBLIO |
Sesto, partir conviene. È già raccolto
per udirti il senato, e non poss'io
differir di condurti.
| |
SESTO |
| |
| |
|
Se mai senti spirarti sul volto
lieve fiato che lento s'aggiri,
di': «Son questi gli estremi sospiri
del mio fido, che muore per me.»
Al mio spirto, dal seno disciolto,
la memoria di tanti martìri
sarà dolce con questa mercé.
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| (parte con Publio e guardie) | Sesto, Publio, guardie ->
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Scena sedicesima |
Vitellia sola. |
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Misera! che farò? Quell'infelice,
oh dio! muore per me. Tito fra poco
saprà il mio fallo, e lo sapran con lui
tutti, per mio rossor. Non ho coraggio
né a parlar, né a tacere,
né a fuggir, né a restar. Non spero aiuto,
non ritrovo consiglio. Altro non veggo
che imminenti ruine; altro non sento
che moti di rimorso e di spavento.
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Tremo fra' dubbi miei;
pavento i rai dei giorno;
l'aure, che ascolto intorno,
mi fanno palpitar.
Nascondermi vorrei,
vorrei scoprir l'errore:
né di celarmi ho core,
né core ho di parlar.
(parte)
| (♦)
(♦)
Vitellia ->
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