Atto primo

 

Scena prima

Gran tempio dedicato al sole con ara e simulacro del medesimo.
Cosroe, Siroe e Medarse.

Bozzetti

 Q 

Cosroe, Siroe, Medarse

 

COSROE

Figli, di voi non meno  

che del regno io son padre; io deggio a voi

la tenerezza mia ma deggio al regno

un successore in cui

de la real mia sede

riconosca la Persia un degno erede.

Oggi un di voi fia scelto e quello io voglio

che meco il soglio ascenda

e meco il freno a regolarne apprenda.

Felice me, se pria

che m'aggravi le luci il sonno estremo

potrò veder sì glorioso il figlio

che in pace o fra le squadre

giunga la gloria ad oscurar del padre.

MEDARSE

Tutta dal tuo volere

la mia sorte dipende.

SIROE

E in qual di noi

il più degno ritrovi?

COSROE

Eguale è il merto.

Amo in Siroe il valore,

la modestia in Medarse.

(a Siroe)

In te l'animo altero,

la giovanile etade in lui mi spiace.

Ma i difetti d'entrambi il tempo e l'uso

a poco a poco emenderà. Frattanto

temo che a nuovi sdegni

la mia scelta fra voi gli animi accenda.

Ecco l'ara, ecco il nume,

giuri ciascun di tolerarla in pace

e giuri al nuovo erede

serbar senza lagnarsi ossequio e fede.

SIROE

(Che giuri il labro mio!

Ah no.)

MEDARSE

Pronto ubbidisco. (Il re son io.)

«A te nume fecondo

cui tutti deve i pregi suoi natura

s'offre Medarse e giura

porgere al nuovo rege il primo omaggio.

Il tuo benigno raggio,

s'io non adempio il giuramento intero,

splenda sempre per me torbido e nero.»

COSROE

Amato figlio. Al nume

Siroe t'accosta e dal minor germano

ubbidienza impara.

MEDARSE

Ei pensa e tace.

COSROE

Deh perché la mia pace

ancor non assicuri?

Perché tardi? Che pensi?

SIROE

E vuoi ch'io giuri?

Questa ingiusta dubbiezza

abbastanza m'offende. E quali sono

i vanti onde Medarse aspiri al trono?

Tu sai padre tu sai

di quanto lo prevenne il nascer mio.

Era avvezzo il mio core

già gl'insulti a soffrir d'empia fortuna,

quando udì il genitore

i suoi primi vagiti entro la cuna.

Tu sai di quante spoglie

Siroe finora i tuoi trionfi accrebbe.

Sai tu quante ferite

mi costi la tua gloria. Io sotto il peso

gemea de la lorica in faccia a morte

fral sangue ed il sudore ed egli intanto

traeva in ozio imbelle

fra gli amplessi paterni i giorni oscuri.

Padre sai tutto questo e vuoi ch'io giuri?

COSROE

So ancor di più. Fin del nemico Asbite

so ch'Emira la figlia

amasti a mio dispetto e mi rammento

che sospirar ti vidi

nel dì ch'io tolsi a lui la vita e 'l regno.

Odio allor mi giurasti;

e s'Emira vivesse

chi sa fin dove il tuo furor giungesse.

SIROE

Appaga pure appaga

quel cieco amor che a me ti rende ingiusto.

Sconvolgi per Medarse

gli ordini di natura. Il vegga in trono

dettar leggi la Persia; e me fra tanto

confuso tra la plebe

de' popoli vassalli

imprimer vegga in su l'imbelle mano

baci servili al mio minor germano.

Chi sa? Vegliano i numi

in aiuto agli oppressi. Egli è secondo

d'anni e di merti e ci conosce il mondo.

COSROE

Infino a le minacce

temerario t'inoltri? Io voglio...

MEDARSE

Ah padre

non ti sdegnar, a lui concedi il trono,

basta a me l'amor tuo.

COSROE

No, per sua pena

voglio che in questo dì suo re t'adori,

voglio oppresso il suo fasto e veder voglio

qual mondo s'armi a sollevarlo al soglio.

 

Se il mio paterno amore  

sdegna il tuo cuore altero,

più giudice severo

che padre a te sarò.

E l'empia fellonia

che forse volgi in mente

prima che adulta sia

nascente opprimerò.

(parte)

Cosroe ->

 

Scena seconda

Siroe e Medarse.

 

SIROE

E puoi senza arrossirti  

fissar Medarse in sul mio volto i lumi?

MEDARSE

Olà così favella

Siroe al suo re? Sai che de' giorni tuoi

oggi l'arbitro io sono.

Cerca di meritar la vita in dono.

SIROE

Troppo presto t'avanzi

a parlar da monarca. In su la fronte

la corona paterna ancor non hai

e per pentirsi al padre

rimane ancor di questo giorno assai.

 

Scena terza

Emira in abito da uomo col nome d'Idaspe e detti.

<- Emira

 

EMIRA

Perché di tanto sdegno  

principi vi accendete?

Ah cessino una volta

le fraterne contese. In sì bel giorno

d'amor, di genio eguali

Seleucia vi rivegga e non rivali.

MEDARSE

A placar m'affatico

gli sdegni del germano,

tutto sopporto e m'affatico invano.

SIROE

Come finge modestia!

EMIRA

È a me palese

l'umiltà di Medarse.

SIROE

Ah caro Idaspe

è suo costume antico

d'insultar simulando.

MEDARSE
(ad Emira)

Il senti amico?

Quant'odio in seno accolga

vedilo al volto acceso, al guardo bieco.

EMIRA

Parti, non l'irritar, lasciami seco.

SIROE
(a Medarse)

Perfido.

MEDARSE

Oh dio m'oltraggi

senza ragion; deh tu lo placa Idaspe.

Digli che adoro in lui

de la Persia il sostegno e il mio sovrano.

EMIRA
(a Medarse)

Vanne.

MEDARSE

(Il trionfo mio non è lontano.)

(parte)

Medarse ->

 

Scena quarta

Emira e Siroe.

 

SIROE

Bella Emira adorata.  

EMIRA

Taci, non mi scoprir, chiamami Idaspe.

SIROE

Nessun ci ascolta e solo

a me nota qui sei.

Senti qual torto io soffro

dal padre ingiusto.

EMIRA

Io già l'intesi; e intanto

Siroe che fa? Riposa

stupido e lento in un letargo indegno

e allor che perde un regno

quasi inerme fanciullo armi non trova

onde contrasti al suo destin crudele

che infecondi sospiri e che querele.

SIROE

Che posso far?

EMIRA

Che puoi?

Tutto potresti. A tuo favor di sdegno

arde il popol fedele; un colpo solo

il tuo trionfo affretta

ed unisce a la tua la mia vendetta.

SIROE

Che mi chiedi mia vita?

EMIRA

Un colpo io chiedo

necessario per noi. Sai quale io sia.

SIROE

Lo so. L'idolo mio,

l'indica principessa Emira sei.

EMIRA

Ma quella io sono a cui da Cosroe istesso

Asbite il genitor fu già svenato.

Ma son quella infelice

che sotto ignoto ciel priva del regno

erro lontan da le paterne soglie

per desio di vendetta in queste spoglie.

SIROE

Oh dio per opra mia

nella regia t'avanzi e giungi a tanto

che di Cosroe il favor tutto possiedi;

e ingrata a tanti doni

puoi rammentarti e la vendetta e l'ira?

EMIRA

Ama Idaspe il tiranno e non Emira.

Pensa, se tua mi brami,

ch'io voglio la sua morte.

SIROE

Ed io potrei

da Emira esser accolto

immondo di quel sangue

e coll'orror d'un parricidio in volto?

EMIRA

Ed io potrei spergiura

veder del padre mio l'ombra negletta,

pallida e sanguinosa

girarmi intorno e domandar vendetta,

e fra le piume intanto

posar de l'uccisore al figlio accanto?

SIROE

Dunque...

EMIRA

Dunque se vuoi

stringer la destra mia Siroe già sai

che devi oprar.

SIROE

Non lo sperar giammai.

EMIRA

Senti, se il tuo mi nieghi

è già pronto altro braccio. In questo giorno

compir l'opra si deve; e sono io stessa

premio de la vendetta. Il colpo altrui

se la tua destra prevenir non osa,

non salvi il padre e perderai la sposa.

SIROE

Ah non son questi o cara

que' sensi onde addolcivi il mio dolore.

Qui l'odio ti conduce

e fingi a me che ti conduca amore!

EMIRA

Io ti celai lo sdegno

finché Cosroe fu padre, or ch'è tiranno

vendicar teco volli i torti miei

né il figlio in te più ritrovar credei.

SIROE

Parricida mi brami! E sì gran pena

merta l'ardir d'averti amata?

EMIRA

Assai

m'è palese il tuo cor, no che non m'ami.

SIROE

Non t'amo!

EMIRA

Ecco Laodice, ella che gode

l'amor tuo lo dirà.

SIROE

Soffro costei

sol per Cosroe che l'ama, in lei lusingo

un possente nemico.

 

Scena quinta

Laodice e detti.

<- Laodice

 

EMIRA

Alfin giungesti  

a consolar Laodice un fido amante.

O quante volte, o quante

ei sospirò per te.

LAODICE

L'afferma Idaspe,

il crederò.

EMIRA

Ti dirà Siroe il resto.

SIROE

(Che nuovo stil di tormentarmi è questo!)

LAODICE
(a Siroe)

E potrei lusingarmi

che s'abbassi ad amarmi

prence illustre il tuo cor?

EMIRA

Per te sicuro

è l'amor suo.

SIROE
(piano ad Emira)

Per lei?

EMIRA
(piano a Siroe)

Taci spergiuro.

LAODICE

E rende amor sì poco

il suo labro loquace?

EMIRA

Sai che un fido amatore avvampa e tace.

LAODICE

Ma il silenzio del labro

tradiscon le pupille. Ed ei né meno

fissa un guardo al mio volto; anzi confuso

stupidi fissa in terra i lumi suoi.

Direi che disapprova i detti tuoi.

EMIRA

Eh Laodice t'inganni.

Siroe tu non conosci, io lo conosco.

D'Idaspe egli ha rossore.

SIROE
(piano ad Emira)

Non è vero idol mio.

EMIRA
(piano a Siroe)

Sì traditore.

LAODICE

Siroe rossor! Sinora

taccia non ha ma se v'è taccia in lui

sai ch'è l'ardir, non la modestia.

EMIRA

Amore

cangia affatto i costumi.

Rende il timido audace,

fa l'audace modesto.

SIROE

(Che nuovo stil di tormentarmi è questo!)

EMIRA

Meglio è lasciarvi in pace, a' fidi amanti

ogn'altra compagnia troppo è molesta.

LAODICE

Idaspe e pur mi resta

un gran timor ch'ei non m'inganni.

EMIRA

Affatto

condannar non ardisco il tuo sospetto.

Mai nel fidarsi altrui

non si teme abbastanza, il so per prova.

Rara in amor la fedeltà si trova.

 

D'ogni amator la fede  

è sempre mal sicura.

Piange, promette e giura,

chiede, poi cangia amore,

facile a dir che muore,

facile ad ingannar.

E pur non ha rossore

chi un dolce affetto oblia,

come il tradir non sia

gran colpa nell'amar.

(parte)

Emira ->

 

Scena sesta

Siroe e Laodice.

 

LAODICE

Siroe non parli? Or di che temi? Idaspe  

più presente non è, spiega il tuo foco.

SIROE

(Che importuna!) Ah Laodice

scorda un amor ch'è tuo periglio e mio.

Se Cosroe che t'adora

giunge a scoprir...

LAODICE

Non paventar di lui,

nulla saprà.

SIROE

Ma Idaspe...

LAODICE

Idaspe è fido

e approva il nostro amore.

SIROE

Non è sempre d'accordo il labro e il core.

LAODICE

Ci tormentiamo invano

s'altra ragion non v'è per cui si ponga

tanto affetto in oblio.

SIROE

Altre ancor ve ne son. Laodice addio.

LAODICE

Senti, perché tacerle?

SIROE

Oh dio, risparmia

la noia a te d'udirle,

a me il rossor di palesarle.

LAODICE

E vuoi

sì dubbiosa lasciarmi? Eh dille o caro.

SIROE

(Che pena.) Io le dirò... No no, perdona,

deggio partir.

LAODICE

No 'l soffrirò, se pria

l'arcano non mi sveli.

SIROE

Un'altra volta

tutto saprai.

LAODICE

No no.

SIROE

Dunque m'ascolta.

Ardo per altra fiamma, io son fedele

a più vezzosi rai,

non t'amerò, non t'amo e non t'amai.

E se speri ch'io possa

cangiar voglia per te, lo speri invano.

Mi sei troppo importuna. Ecco l'arcano.

 

Se il labro amor ti giura,  

se mostra il ciglio amor,

il labro è mentitor,

t'inganna il ciglio.

Un altro cor procura,

scordati pur di me

e sia la tua mercé

questo consiglio.

(parte)

Siroe ->

 

Scena settima

Laodice.

 

 

E tolerar potrei  

così acerbo disprezzo! Ah non fia vero.

Si vendichi l'offesa, ei non trionfi

del mio rossor, mille nemici a un punto

contro gli desterò, farò che il padre

nell'affetto e nel regno

lo creda suo rival, farò che tutte

Arasse il mio germano

a Medarse in aita offra le schiere.

E se non godo appieno

non sarò sola a sospirare almeno.

 

Scena ottava

Arasse e detta.

<- Arasse

 

ARASSE

Di te germana in traccia  

sollecito ne vengo.

LAODICE

Ed opportuno

giungi a me.

ARASSE

Più necessaria mai

l'opra tua non mi fu.

LAODICE

Né mai più ardente

bramai di favellarti. Or sappi...

ARASSE

Ascolta.

Cosroe di sdegno acceso

vuol Medarse sul trono, il cenno è dato

del solenne apparato; il popol freme,

mormorano le squadre.

Tu de l'ingiusto padre

svolgi se puoi lo sdegno

ed in Siroe un eroe conserva al regno.

LAODICE

Siroe un eroe! T'inganni; ha un'alma in seno

stoltamente feroce, un cor superbo

che solo è di sé stesso

insano ammirator, ch'altri non cura

e che tutto in tributo

il mondo al suo valor crede dovuto.

ARASSE

Che insolita favella! E credi...

LAODICE

E credo

necessaria per noi la sua rovina.

La caduta è vicina,

non t'opporre a la sorte.

ARASSE

E chi mai fece

così cangiar Laodice?

LAODICE

Penetrar questo arcano a te non lice.

ARASSE

Condannerà ciascuno

il tuo genio volubile e leggiero.

LAODICE

Costanza è spesso il variar pensiero.

 

O placido il mare  

lusinghi la sponda

o porti con l'onda

terrore e spavento

è colpa del vento,

sua colpa non è.

S'io vo con la sorte

cangiando sembianza,

virtù l'incostanza

diventa per me.

(parte)

Sfondo schermo () ()

Laodice ->

 

Scena nona

Arasse.

 

 

Non tradirò per lei  

l'amicizia, il dover. Chi sa qual sia

la taciuta cagione ond'è sdegnata?

Sarà ingiusta o leggiera. È stile usato

del molle sesso. Oh quanto,

quanto donne leggiadre

saria più caro il vostro amore a noi

se costanza e beltà s'unisse in voi.

 

L'onda che mormora  

tra sponda e sponda,

l'aura che tremola

tra fronda e fronda

è meno istabile

del vostro cor.

Pur l'alme semplici

de' folli amanti

sol per voi spargono

sospiri e pianti

e da voi sperano

fede in amor.

(parte)

Arasse ->

 
 

Scena decima

Camera interna di Cosroe con tavolino e sedia.
Siroe con foglio.

 Q 

Siroe

 

 

Da l'insidie d'Emira  

si tolga il genitor. Con questo foglio

di mentiti caratteri vergato

si palesi il periglio,

ma si celi l'autor. Se il primo io taccio

tradisco il padre. E se il secondo io svelo

sacrifico il mio ben. Così...

(posa il foglio)

Ma parmi

che il re s'inoltri a questa volta. Oh dio

che farò? S'ei mi vede

dubiterà che venga

da me l'avviso ed a scoprirgli il reo

m'astringerà. Meglio è celarsi. Oh numi

da voi difesa sia

Emira, il padre e l'innocenza mia.

 

Scena undicesima

Cosroe, Siroe in disparte e poi Laodice.

<- Cosroe

 

COSROE

Che da un superbo figlio  

prenda leggi il mio cor! Troppo sarei

stupido in tolerarlo.

 

<- Laodice

 

(vedendo Laodice)

E quale o cara  

insolita ventura a me ti guida?

LAODICE

Vengo a chieder difesa, in questa regia

non basta il tuo favor perch'io non tema,

v'è chi m'oltraggia e chi m'insulta.

COSROE

A tanto

chi potrebbe avanzarsi?

LAODICE

E il mio delitto

è l'esser fida a te.

COSROE

Scopri l'indegno

e lascia di punirlo a me la cura.

LAODICE

Un tuo figlio procura

di sedurre il mio amor, perch'io ricuso

di renderlo contento

minaccia il viver mio.

SIROE

(Numi, che sento!)

COSROE

De l'amato Medarse

esser colpa non può. Siroe è l'audace.

LAODICE

Purtroppo è ver. Tu vedi

qual uopo ho di soccorso; imbelle e sola

contro un figlio real che far poss'io?

SIROE

(Tutto il mondo congiura a danno mio.)

COSROE

Anche in amor costui

rivale ho da soffrir! Tergi i bei lumi,

rassicurati o cara.

(passeggiando)

Ah Siroe ingrato

ancor questo da te? Cosroe non sono

s'io non farò... Basta... Vedrai...

SIROE

(Che pena!)

LAODICE

(Fu mio saggio consiglio

il prevenir l'accusa.)

COSROE

Indegno figlio!

(siede; e s'avvede del foglio, lo prende e legge da sé)

LAODICE

S'io preveder potea

nel tuo cor tanto affanno avrei... (Qual foglio

stupido ei legge e impallidisce!)

COSROE

Oh numi.

E che più di funesto

può minacciarmi il ciel. Che giorno è questo?

(s'alza)

LAODICE

Che ti affligge o signor?

 

Scena dodicesima

Medarse e detti.

<- Medarse

 

MEDARSE

Padre io ti miro  

cangiato in volto.

COSROE

Ah senti

caro Medarse e inorridisci.

MEDARSE

(Un foglio!)

LAODICE

(Che mai sarà!)

COSROE

(legge)

«Cosroe, chi credi amico

insidia la tua vita. In questo giorno

il colpo ha da cader. Temi in ciascuno

il traditor. Morrai, se i tuoi più cari

de la presenza tua tutti non privi.

Chi ti avvisa è fedel, credilo e vivi.»

LAODICE

Gelo d'orrore!

COSROE

E qual pietà crudele

è il salvarmi così? Da mano ignota

mi vien l'avviso e mi si tace il reo.

Dunque temer degg'io

gli amici, i figli? In ogni tazza ascosa

crederò la mia morte? In ogni acciaro

la minaccia crudel vedrò scolpita?

E questo è farmi salvo? E questa è vita?

SIROE

(Misero genitor!)

MEDARSE

(Non si trascuri

sì opportuna occasion.)

COSROE

Medarse tace,

Laodice non favella?

LAODICE

Io son confusa.

MEDARSE

S'io non parlai finor volli al tuo sdegno

un reo celar che ad ambi è caro. Alfine

quando giunge all'estremo il tuo cordoglio

non ho cor di tacerlo. È mio quel foglio.

SIROE

(Ah mentitor.)

COSROE

L'empio conosci e ancora

l'ascondi a l'ira mia?

MEDARSE

(s'inginocchia)

Padre adorato

perdona al traditor, basti che salvi

siano i tuoi giorni. Ah non voler nel sangue

di questo reo contaminar la mano.

Chi t'insidia è tuo figlio, è mio germano.

SIROE

(Che tormento è tacer.)

COSROE

Sorgi. A Medarse

chi l'arcano scoprì?

MEDARSE

Fu Siroe istesso.

LAODICE

(Chi 'l crederebbe!)

MEDARSE

Ei mi volea compagno

al crudel parricidio; invan m'opposi,

la tua morte giurò, perciò Medarse

in quel foglio scoprì l'empio desio.

 

SIROE

(si scopre)

Medarse è un traditor. Quel foglio è mio!  

MEDARSE

(Oh ciel!)

LAODICE

(Che veggio mai.)

COSROE

Siroe nascoso

ne le mie stanze!

MEDARSE

Il suo delitto è certo.

SIROE

Ei mente, a te mi trasse

il desio di salvarti; un core ardito

ti desidera estinto e sei tradito.

 

Scena tredicesima

Emira sotto nome d'Idaspe e detti.

<- Emira

 

EMIRA

Chi tradisce il mio re? Per sua difesa  

ecco il braccio, ecco l'armi.

SIROE

Solo Idaspe mancava a tormentarmi.

COSROE

(dà il foglio ad Emira, quale lo legge da sé)

Vedi amico a qual pena

mi serba il ciel.

LAODICE

(Che inaspettati eventi!)

EMIRA

(rende il foglio a Cosroe)

Donde l'avviso? È noto il reo?

MEDARSE

Medarse

tutto svelò.

SIROE

Il germano

t'inganna Idaspe, io palesai l'arcano.

COSROE

Dunque perché non scopri

l'insidiator?

SIROE

Dirti di più non deggio.

EMIRA

Perfido, e in questa guisa

di mentita virtù copri il tuo fallo?

A chi giovar pretendi? Hai già tradito

l'offensore e l'offeso. Ei non è salvo,

interrotto è il disegno

e vanti per tua gloria un foglio indegno?

Traditore io vorrei...

(a Cosroe)

Signor, de' sdegni miei

perdon ti chiedo, è il mio dover che parla.

Perché son fido al padre,

io non rispetto il figlio.

È mio proprio interesse il tuo periglio.

LAODICE

(Che ardir!)

COSROE

Quanto ti deggio amato Idaspe.

Impara ingrato impara. Egli è straniero,

tu sei mio sangue; il mio favore a lui,

a te donai la vita; e pure ingrato

ei mi difende e tu m'insidi il trono.

SIROE

Difendermi non posso e reo non sono.

MEDARSE

L'innocente non tace, io già parlai.

EMIRA

Via che pensi? Che fai? Chi giunse a tanto

può ben l'opra compir. Tu non rispondi?

So perché ti confondi. Hai pena e sdegno

che del tuo core indegno

tutta l'infedeltà mi sia palese.

Perciò taci e arrossisci,

perciò nemmeno in volto osi mirarmi.

SIROE

Solo Idaspe mancava a tormentarmi.

COSROE

Medarse, quel silenzio

giustifica l'accusa.

MEDARSE

Io non mentisco.

EMIRA

Se un mentitor si cerca

Siroe sarà.

SIROE

Ma questo è troppo Idaspe.

Non ti basta? Che vuoi?

EMIRA

Vuò che tu assolva

da' sospetti il mio re.

SIROE

Che dir poss'io?

EMIRA

Di' che il tuo fallo è mio. Di' pur ch'io sono

complice del delitto, anzi che tutta

è tua la fedeltà, la colpa è mia.

(a Cosroe)

Capace ancor di questo egli saria.

COSROE

Ma lo sarebbe invan. Facile impresa

l'ingannarmi non è. So la tua fede.

EMIRA

Così fosse per te di Siroe il core.

COSROE

Lo so ch'è un traditore. Ei non procura

difesa né perdono.

SIROE

Difendermi non posso e reo non sono.

MEDARSE

E non è reo chi niega

al padre un giuramento?

LAODICE

Non è reo l'ardimento

del tuo foco amoroso?

COSROE

Non è reo chi nascoso

io stesso ho qui veduto?

EMIRA

Non è reo chi ha potuto

recar quel foglio e si sgomenta e tace

quando seco io ragiono.

SIROE

Tutti reo mi volete e reo non sono.

 

La sorte mia tiranna  

farmi di più non può.

M'accusa e mi condanna

un'empia ed un germano,

l'amico e il genitor.

Ogni soccorso è vano,

che più sperar non so.

Perché fedel son io

questo è il delitto mio,

questo diventa error.

(parte)

Siroe ->

 

Scena quattordicesima

Cosroe, Emira, Medarse e Laodice.

 

COSROE

Olà s'osservi il prence.  

EMIRA

A la tua cura

io veglierò.

MEDARSE

Quand'hai tant'alme fide

paventi un traditor?

LAODICE

Troppo t'affanni.

COSROE

Chi sa qual sia fedele e qual m'inganni.

EMIRA

E puoi temer di me?

COSROE

No caro Idaspe.

Anzi tutta confido

al tuo bel cor la sicurezza mia.

Scuopri l'indegna trama

ed in Cosroe difendi un re che t'ama.

EMIRA

Ad anima più fida

commetter non potevi il tuo riposo.

Del mio dover geloso il sangue stesso

io verserò signor, quando non basti

tutta l'opra e 'l consiglio.

COSROE

Trovo un amico allor che perdo un figlio.

 

Al torrente che ruina  

da la gelida pendice

sia riparo a un infelice

la tua bella fedeltà.

Il periglio s'avvicina,

a fuggirlo è incerto il piede,

se gli manca la tua fede

altra scorta un re non ha.

(parte)

Cosroe ->

 

Scena quindicesima

Emira, Medarse, Laodice.

 

MEDARSE

Avresti mai creduto  

in Siroe un traditor?

LAODICE

Tanto infedele

lo prevedesti e temerario tanto?

EMIRA

E qual viltade è questa

d'insultar chi non v'ode? Alfin dovrebbe

più rispetto Medarse ad un germano,

a un principe Laodice.

Non sempre delinquente è un infelice.

MEDARSE

Che pietà!

LAODICE

Che difesa!

MEDARSE

E tu finora

non l'insultasti?

LAODICE

Or qual cagion ti muove

a sdegnarti con noi!

EMIRA

A me lice insultarlo e non a voi.

MEDARSE

Così presto ti cangi? Or lo difendi,

or lo vorresti oppresso!

EMIRA

A voi par ch'io mi cangi e son l'istesso.

LAODICE

L'istesso! Io non t'intendo.

MEDARSE

Eh non produce

sì diversa favella un sol pensiero.

EMIRA

So che strano vi sembra e pure è vero.

 

Vedeste mai sul prato  

cader la pioggia estiva?

Talor la rosa avviva

a la viola appresso;

figlio del prato istesso

è l'uno e l'altro fiore

ed è l'istesso umore

che germogliar gli fa.

Il cor non è cangiato

se accusa o se difende.

Una cagion m'accende

di sdegno e di pietà.

(parte)

Emira ->

 

Scena sedicesima

Laodice e Medarse.

 

LAODICE

Gran mistero in que' detti Idaspe asconde.  

MEDARSE

Semplice e tu lo credi? A te dovrebbe

esser nota la corte. È di chi gode

del principe il favor questo il costume.

Gli enigmi artificiosi

sembrano arcani ascosi. Allor che il volgo

gl'intende men, più volontier gli adora,

figurandosi in essi

quel che teme o desia ma sempre invano.

Che v'è spesso l'enigma e non l'arcano.

LAODICE

Non credo che sian tali

d'Idaspe i sensi. È ver ch'io non gl'intendo

ma vo quando l'ascolto

cangiando al par di lui voglia e pensiero

né so più quel che temo o quel che spero.

 

L'incerto mio pensiere  

non ha di che temere,

di che sperar non ha

e pur temendo va,

pur va sperando.

Senza saper perché,

n'andò così da me

la pace in bando.

(parte)

Laodice ->

 

Scena diciassettesima

Medarse.

 

 

Gran cose io tento e l'intrapreso inganno  

mostra il premio vicino. In mezzo a tanti

perigliosi tumulti io non pavento.

Non si commetta al mar chi teme il vento.

 

Fra l'orror de la tempesta  

che a le stelle il volto imbruna

qualche raggio di fortuna

già comincia a scintillar.

Dopo sorte sì funesta

sarà placida quest'alma

e godrà tornata in calma

i perigli a rammentar.

 

Fine (Atto primo)

Atto primo Atto secondo Atto terzo

Gran tempio dedicato al sole con ara e simulacro del medesimo.

Cosroe, Siroe, Medarse
 

Figli, di voi non meno

Siroe, Medarse
Cosroe ->

E puoi senza arrossirti

Siroe, Medarse
<- Emira

(Emira in abito da uomo col nome d'Idaspe)

Perché di tanto sdegno

Siroe, Emira
Medarse ->

Bella Emira adorata

Siroe, Emira
<- Laodice

Alfin giungesti a consolar

Siroe, Laodice
Emira ->

Siroe non parli? Or di che temi?

Laodice
Siroe ->

E tolerar potrei così acerbo disprezzo!

Laodice
<- Arasse

Di te germana in traccia

Arasse
Laodice ->

Non tradirò per lei

Arasse ->

Camera interna di Cosroe con tavolino e sedia.

Siroe
 

Da l'insidie d'Emira

(Siroe in disparte)

Siroe
<- Cosroe

Che da un superbo figlio

Siroe, Cosroe
<- Laodice

E quale o cara

Siroe, Cosroe, Laodice
<- Medarse

Padre io ti miro cangiato in volto

(Siroe si rivela)

Medarse è un traditor. Quel foglio è mio!

Siroe, Cosroe, Laodice, Medarse
<- Emira

(Emira sotto nome d'Idaspe)

Chi tradisce il mio re?

Cosroe, Laodice, Medarse, Emira
Siroe ->

Olà s'osservi il prence

Laodice, Medarse, Emira
Cosroe ->

Avresti mai creduto

Laodice, Medarse
Emira ->

Gran mistero in que' detti Idaspe asconde

Medarse
Laodice ->

Gran cose io tento e l'intrapreso inganno

 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima Scena tredicesima Scena quattordicesima Scena quindicesima Scena sedicesima Scena diciassettesima
Gran tempio dedicato al sole con ara e simulacro del medesimo. Camera interna di Cosroe con tavolino e sedia. Parco reale. Appartamenti terreni corrispondenti a' giardini con sedie. Cortile. Luogo angusto e racchiuso nel castello destinato per carcere a Siroe. Gran piazza di Seleucia con veduta del palazzo reale e con apparato magnifico ordinato per la coronazione.
Atto secondo Atto terzo

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