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Siroe, re di Persia

SIROE, RE DI PERSIA

Dramma per musica.

Versione sintetica a cura di www.librettidopera.it.

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Libretto di Pietro METASTASIO.
Musica di Domenico SARRO.

Prima esecuzione: 27 gennaio 1727, Napoli.


Personaggi:

COSROE re di Persia, amante di Laodice

contralto

SIROE primogenito del medesimo e amante di Emira

soprano

MEDARSE secondogenito di Cosroe

contralto

EMIRA principessa di Cambaia in abito da uomo sotto nome d'Idaspe amante di Siroe

soprano

LAODICE amante di Siroe e sorella di Arasse

soprano

ARASSE generale dell'armi persiane ed amico di Siroe

soprano




La scena è nella città di Seleucia.

Eminentissimo principe

Son così preziosi i momenti che l'eminenza vostra concede alla publica quiete che io non ardirei defraudarne la mia patria in qualsivoglia picciola parte, ove il costume non giustificasse la mia temerità. Pure nel presentarvi questo dramma non si distingue poco il mio profondo rispetto, non già per l'omaggio dovutovi ma bensì per la violenza ch'io faccio a me stesso trascurando a bello studio l'opportunità di celebrarvi, per non istancare la vostra generosa modestia, col tanto a voi rincrescevol suono delle proprie giustissime lodi. Fortunata rassegnazione, se basterà a procurarmi dall'eminenza vostra la continuazione di quel clementissimo patrocinio, onde mi vien permessa la gloria di sottoscrivermi di vostra eminenza umilissimo, devotissimo ed obbligatissimo servo.

Angelo Carasale

Argomento

Cosroe II re di Persia trasportato da soverchia tenerezza per Medarse suo minor figliuolo, giovane di fallaci costumi, volle associarlo alla corona defraudandone ingiustamente Siroe suo primogenito principe valoroso ed intolerante, il quale fu vendicato di questo torto dal popolo e dalle squadre che infinitamente l'amavano e si sollevarono a suo favore.

Cosroe nel dilatar con l'armi i confini del dominio persiano, si era tanto inoltrato con le sue conquiste verso l'oriente che avea tolto ad Asbite re di Cambaia il regno e la vita. Né dalla licenza de' vincitori avea potuto salvarsi alcuno della regia famiglia, fuori che la principessa Emira figlia del suddetto Asbite, la quale, dopo aver lungamente peregrinato, persuasa alfine non meno dall'amore, che avea già concepito antecedentemente per Siroe, che dal desiderio di vendicar la morte del proprio padre, si ridusse nella corte di Cosroe in abito virile col nome d'Idaspe, dove dissimulando sempre l'odio suo, incognita a ciascuno, fuori che a Siroe, ed introdotta da lui medesimo, seppe tanto avanzarsi nella grazia di Cosroe che divenne il di lui più amato confidente. Sopra questi fondamenti tratti in parte dagli scrittori della storia bizantina ed in parte verosimilmente ideati si ravvolgono gli avvenimenti del dramma.

Le parole numi, fato, eccetera non hanno cosa alcuna di comune cogl'interni sentimenti dell'autore che si professa vero cattolico.

Atto primo
Scena prima

Gran tempio dedicato al sole con ara e simulacro del medesimo.
Cosroe, Siroe e Medarse.

COSROE

Figli, di voi non meno

che del regno io son padre; io deggio a voi

la tenerezza mia ma deggio al regno

un successore in cui

de la real mia sede

riconosca la Persia un degno erede.

Oggi un di voi fia scelto e quello io voglio

che meco il soglio ascenda

e meco il freno a regolarne apprenda.

Felice me, se pria

che m'aggravi le luci il sonno estremo

potrò veder sì glorioso il figlio

che in pace o fra le squadre

giunga la gloria ad oscurar del padre.

MEDARSE

Tutta dal tuo volere

la mia sorte dipende.

SIROE

E in qual di noi

il più degno ritrovi?

COSROE

Eguale è il merto.

Amo in Siroe il valore,

la modestia in Medarse.

(a Siroe)

In te l'animo altero,

la giovanile etade in lui mi spiace.

Ma i difetti d'entrambi il tempo e l'uso

a poco a poco emenderà. Frattanto

temo che a nuovi sdegni

la mia scelta fra voi gli animi accenda.

Ecco l'ara, ecco il nume,

giuri ciascun di tolerarla in pace

e giuri al nuovo erede

serbar senza lagnarsi ossequio e fede.

SIROE

(Che giuri il labro mio!

Ah no.)

MEDARSE

Pronto ubbidisco. (Il re son io.)

«A te nume fecondo

cui tutti deve i pregi suoi natura

s'offre Medarse e giura

porgere al nuovo rege il primo omaggio.

Il tuo benigno raggio,

s'io non adempio il giuramento intero,

splenda sempre per me torbido e nero.»

COSROE

Amato figlio. Al nume

Siroe t'accosta e dal minor germano

ubbidienza impara.

MEDARSE

Ei pensa e tace.

COSROE

Deh perché la mia pace

ancor non assicuri?

Perché tardi? Che pensi?

SIROE

E vuoi ch'io giuri?

Questa ingiusta dubbiezza

abbastanza m'offende. E quali sono

i vanti onde Medarse aspiri al trono?

Tu sai padre tu sai

di quanto lo prevenne il nascer mio.

Era avvezzo il mio core

già gl'insulti a soffrir d'empia fortuna,

quando udì il genitore

i suoi primi vagiti entro la cuna.

Tu sai di quante spoglie

Siroe finora i tuoi trionfi accrebbe.

Sai tu quante ferite

mi costi la tua gloria. Io sotto il peso

gemea de la lorica in faccia a morte

fral sangue ed il sudore ed egli intanto

traeva in ozio imbelle

fra gli amplessi paterni i giorni oscuri.

Padre sai tutto questo e vuoi ch'io giuri?

COSROE

So ancor di più. Fin del nemico Asbite

so ch'Emira la figlia

amasti a mio dispetto e mi rammento

che sospirar ti vidi

nel dì ch'io tolsi a lui la vita e 'l regno.

Odio allor mi giurasti;

e s'Emira vivesse

chi sa fin dove il tuo furor giungesse.

SIROE

Appaga pure appaga

quel cieco amor che a me ti rende ingiusto.

Sconvolgi per Medarse

gli ordini di natura. Il vegga in trono

dettar leggi la Persia; e me fra tanto

confuso tra la plebe

de' popoli vassalli

imprimer vegga in su l'imbelle mano

baci servili al mio minor germano.

Chi sa? Vegliano i numi

in aiuto agli oppressi. Egli è secondo

d'anni e di merti e ci conosce il mondo.

COSROE

Infino a le minacce

temerario t'inoltri? Io voglio...

MEDARSE

Ah padre

non ti sdegnar, a lui concedi il trono,

basta a me l'amor tuo.

COSROE

No, per sua pena

voglio che in questo dì suo re t'adori,

voglio oppresso il suo fasto e veder voglio

qual mondo s'armi a sollevarlo al soglio.

Se il mio paterno amore

sdegna il tuo cuore altero,

più giudice severo

che padre a te sarò.

E l'empia fellonia

che forse volgi in mente

prima che adulta sia

nascente opprimerò.

(parte)

Scena seconda

Siroe e Medarse.

SIROE

E puoi senza arrossirti

fissar Medarse in sul mio volto i lumi?

MEDARSE

Olà così favella

Siroe al suo re? Sai che de' giorni tuoi

oggi l'arbitro io sono.

Cerca di meritar la vita in dono.

SIROE

Troppo presto t'avanzi

a parlar da monarca. In su la fronte

la corona paterna ancor non hai

e per pentirsi al padre

rimane ancor di questo giorno assai.

Scena terza

Emira in abito da uomo col nome d'Idaspe e detti.

EMIRA

Perché di tanto sdegno

principi vi accendete?

Ah cessino una volta

le fraterne contese. In sì bel giorno

d'amor, di genio eguali

Seleucia vi rivegga e non rivali.

MEDARSE

A placar m'affatico

gli sdegni del germano,

tutto sopporto e m'affatico invano.

SIROE

Come finge modestia!

EMIRA

È a me palese

l'umiltà di Medarse.

SIROE

Ah caro Idaspe

è suo costume antico

d'insultar simulando.

MEDARSE

(ad Emira)

Il senti amico?

Quant'odio in seno accolga

vedilo al volto acceso, al guardo bieco.

EMIRA

Parti, non l'irritar, lasciami seco.

SIROE

(a Medarse)

Perfido.

MEDARSE

Oh dio m'oltraggi

senza ragion; deh tu lo placa Idaspe.

Digli che adoro in lui

de la Persia il sostegno e il mio sovrano.

EMIRA

(a Medarse)

Vanne.

MEDARSE

(Il trionfo mio non è lontano.)

(parte)

Scena quarta

Emira e Siroe.

SIROE

Bella Emira adorata.

EMIRA

Taci, non mi scoprir, chiamami Idaspe.

SIROE

Nessun ci ascolta e solo

a me nota qui sei.

Senti qual torto io soffro

dal padre ingiusto.

EMIRA

Io già l'intesi; e intanto

Siroe che fa? Riposa

stupido e lento in un letargo indegno

e allor che perde un regno

quasi inerme fanciullo armi non trova

onde contrasti al suo destin crudele

che infecondi sospiri e che querele.

SIROE

Che posso far?

EMIRA

Che puoi?

Tutto potresti. A tuo favor di sdegno

arde il popol fedele; un colpo solo

il tuo trionfo affretta

ed unisce a la tua la mia vendetta.

SIROE

Che mi chiedi mia vita?

EMIRA

Un colpo io chiedo

necessario per noi. Sai quale io sia.

SIROE

Lo so. L'idolo mio,

l'indica principessa Emira sei.

EMIRA

Ma quella io sono a cui da Cosroe istesso

Asbite il genitor fu già svenato.

Ma son quella infelice

che sotto ignoto ciel priva del regno

erro lontan da le paterne soglie

per desio di vendetta in queste spoglie.

SIROE

Oh dio per opra mia

nella regia t'avanzi e giungi a tanto

che di Cosroe il favor tutto possiedi;

e ingrata a tanti doni

puoi rammentarti e la vendetta e l'ira?

EMIRA

Ama Idaspe il tiranno e non Emira.

Pensa, se tua mi brami,

ch'io voglio la sua morte.

SIROE

Ed io potrei

da Emira esser accolto

immondo di quel sangue

e coll'orror d'un parricidio in volto?

EMIRA

Ed io potrei spergiura

veder del padre mio l'ombra negletta,

pallida e sanguinosa

girarmi intorno e domandar vendetta,

e fra le piume intanto

posar de l'uccisore al figlio accanto?

SIROE

Dunque...

EMIRA

Dunque se vuoi

stringer la destra mia Siroe già sai

che devi oprar.

SIROE

Non lo sperar giammai.

EMIRA

Senti, se il tuo mi nieghi

è già pronto altro braccio. In questo giorno

compir l'opra si deve; e sono io stessa

premio de la vendetta. Il colpo altrui

se la tua destra prevenir non osa,

non salvi il padre e perderai la sposa.

SIROE

Ah non son questi o cara

que' sensi onde addolcivi il mio dolore.

Qui l'odio ti conduce

e fingi a me che ti conduca amore!

EMIRA

Io ti celai lo sdegno

finché Cosroe fu padre, or ch'è tiranno

vendicar teco volli i torti miei

né il figlio in te più ritrovar credei.

SIROE

Parricida mi brami! E sì gran pena

merta l'ardir d'averti amata?

EMIRA

Assai

m'è palese il tuo cor, no che non m'ami.

SIROE

Non t'amo!

EMIRA

Ecco Laodice, ella che gode

l'amor tuo lo dirà.

SIROE

Soffro costei

sol per Cosroe che l'ama, in lei lusingo

un possente nemico.

Scena quinta

Laodice e detti.

EMIRA

Alfin giungesti

a consolar Laodice un fido amante.

O quante volte, o quante

ei sospirò per te.

LAODICE

L'afferma Idaspe,

il crederò.

EMIRA

Ti dirà Siroe il resto.

SIROE

(Che nuovo stil di tormentarmi è questo!)

LAODICE

(a Siroe)

E potrei lusingarmi

che s'abbassi ad amarmi

prence illustre il tuo cor?

EMIRA

Per te sicuro

è l'amor suo.

SIROE

(piano ad Emira)

Per lei?

EMIRA

(piano a Siroe)

Taci spergiuro.

LAODICE

E rende amor sì poco

il suo labro loquace?

EMIRA

Sai che un fido amatore avvampa e tace.

LAODICE

Ma il silenzio del labro

tradiscon le pupille. Ed ei né meno

fissa un guardo al mio volto; anzi confuso

stupidi fissa in terra i lumi suoi.

Direi che disapprova i detti tuoi.

EMIRA

Eh Laodice t'inganni.

Siroe tu non conosci, io lo conosco.

D'Idaspe egli ha rossore.

SIROE

(piano ad Emira)

Non è vero idol mio.

EMIRA

(piano a Siroe)

Sì traditore.

LAODICE

Siroe rossor! Sinora

taccia non ha ma se v'è taccia in lui

sai ch'è l'ardir, non la modestia.

EMIRA

Amore

cangia affatto i costumi.

Rende il timido audace,

fa l'audace modesto.

SIROE

(Che nuovo stil di tormentarmi è questo!)

EMIRA

Meglio è lasciarvi in pace, a' fidi amanti

ogn'altra compagnia troppo è molesta.

LAODICE

Idaspe e pur mi resta

un gran timor ch'ei non m'inganni.

EMIRA

Affatto

condannar non ardisco il tuo sospetto.

Mai nel fidarsi altrui

non si teme abbastanza, il so per prova.

Rara in amor la fedeltà si trova.

D'ogni amator la fede

è sempre mal sicura.

Piange, promette e giura,

chiede, poi cangia amore,

facile a dir che muore,

facile ad ingannar.

E pur non ha rossore

chi un dolce affetto oblia,

come il tradir non sia

gran colpa nell'amar.

(parte)

Scena sesta

Siroe e Laodice.

LAODICE

Siroe non parli? Or di che temi? Idaspe

più presente non è, spiega il tuo foco.

SIROE

(Che importuna!) Ah Laodice

scorda un amor ch'è tuo periglio e mio.

Se Cosroe che t'adora

giunge a scoprir...

LAODICE

Non paventar di lui,

nulla saprà.

SIROE

Ma Idaspe...

LAODICE

Idaspe è fido

e approva il nostro amore.

SIROE

Non è sempre d'accordo il labro e il core.

LAODICE

Ci tormentiamo invano

s'altra ragion non v'è per cui si ponga

tanto affetto in oblio.

SIROE

Altre ancor ve ne son. Laodice addio.

LAODICE

Senti, perché tacerle?

SIROE

Oh dio, risparmia

la noia a te d'udirle,

a me il rossor di palesarle.

LAODICE

E vuoi

sì dubbiosa lasciarmi? Eh dille o caro.

SIROE

(Che pena.) Io le dirò... No no, perdona,

deggio partir.

LAODICE

No 'l soffrirò, se pria

l'arcano non mi sveli.

SIROE

Un'altra volta

tutto saprai.

LAODICE

No no.

SIROE

Dunque m'ascolta.

Ardo per altra fiamma, io son fedele

a più vezzosi rai,

non t'amerò, non t'amo e non t'amai.

E se speri ch'io possa

cangiar voglia per te, lo speri invano.

Mi sei troppo importuna. Ecco l'arcano.

Se il labro amor ti giura,

se mostra il ciglio amor,

il labro è mentitor,

t'inganna il ciglio.

Un altro cor procura,

scordati pur di me

e sia la tua mercé

questo consiglio.

(parte)

Scena settima

Laodice.

E tolerar potrei

così acerbo disprezzo! Ah non fia vero.

Si vendichi l'offesa, ei non trionfi

del mio rossor, mille nemici a un punto

contro gli desterò, farò che il padre

nell'affetto e nel regno

lo creda suo rival, farò che tutte

Arasse il mio germano

a Medarse in aita offra le schiere.

E se non godo appieno

non sarò sola a sospirare almeno.

Scena ottava

Arasse e detta.

ARASSE

Di te germana in traccia

sollecito ne vengo.

LAODICE

Ed opportuno

giungi a me.

ARASSE

Più necessaria mai

l'opra tua non mi fu.

LAODICE

Né mai più ardente

bramai di favellarti. Or sappi...

ARASSE

Ascolta.

Cosroe di sdegno acceso

vuol Medarse sul trono, il cenno è dato

del solenne apparato; il popol freme,

mormorano le squadre.

Tu de l'ingiusto padre

svolgi se puoi lo sdegno

ed in Siroe un eroe conserva al regno.

LAODICE

Siroe un eroe! T'inganni; ha un'alma in seno

stoltamente feroce, un cor superbo

che solo è di sé stesso

insano ammirator, ch'altri non cura

e che tutto in tributo

il mondo al suo valor crede dovuto.

ARASSE

Che insolita favella! E credi...

LAODICE

E credo

necessaria per noi la sua rovina.

La caduta è vicina,

non t'opporre a la sorte.

ARASSE

E chi mai fece

così cangiar Laodice?

LAODICE

Penetrar questo arcano a te non lice.

ARASSE

Condannerà ciascuno

il tuo genio volubile e leggiero.

LAODICE

Costanza è spesso il variar pensiero.

O placido il mare

lusinghi la sponda

o porti con l'onda

terrore e spavento

è colpa del vento,

sua colpa non è.

S'io vo con la sorte

cangiando sembianza,

virtù l'incostanza

diventa per me.

(parte)

Scena nona

Arasse.

Non tradirò per lei

l'amicizia, il dover. Chi sa qual sia

la taciuta cagione ond'è sdegnata?

Sarà ingiusta o leggiera. È stile usato

del molle sesso. Oh quanto,

quanto donne leggiadre

saria più caro il vostro amore a noi

se costanza e beltà s'unisse in voi.

L'onda che mormora

tra sponda e sponda,

l'aura che tremola

tra fronda e fronda

è meno istabile

del vostro cor.

Pur l'alme semplici

de' folli amanti

sol per voi spargono

sospiri e pianti

e da voi sperano

fede in amor.

(parte)

Scena decima

Camera interna di Cosroe con tavolino e sedia.
Siroe con foglio.

Da l'insidie d'Emira

si tolga il genitor. Con questo foglio

di mentiti caratteri vergato

si palesi il periglio,

ma si celi l'autor. Se il primo io taccio

tradisco il padre. E se il secondo io svelo

sacrifico il mio ben. Così...

(posa il foglio)

Ma parmi

che il re s'inoltri a questa volta. Oh dio

che farò? S'ei mi vede

dubiterà che venga

da me l'avviso ed a scoprirgli il reo

m'astringerà. Meglio è celarsi. Oh numi

da voi difesa sia

Emira, il padre e l'innocenza mia.

Scena undicesima

Cosroe, Siroe in disparte e poi Laodice.

COSROE

Che da un superbo figlio

prenda leggi il mio cor! Troppo sarei

stupido in tolerarlo.

(vedendo Laodice)

E quale o cara

insolita ventura a me ti guida?

LAODICE

Vengo a chieder difesa, in questa regia

non basta il tuo favor perch'io non tema,

v'è chi m'oltraggia e chi m'insulta.

COSROE

A tanto

chi potrebbe avanzarsi?

LAODICE

E il mio delitto

è l'esser fida a te.

COSROE

Scopri l'indegno

e lascia di punirlo a me la cura.

LAODICE

Un tuo figlio procura

di sedurre il mio amor, perch'io ricuso

di renderlo contento

minaccia il viver mio.

SIROE

(Numi, che sento!)

COSROE

De l'amato Medarse

esser colpa non può. Siroe è l'audace.

LAODICE

Purtroppo è ver. Tu vedi

qual uopo ho di soccorso; imbelle e sola

contro un figlio real che far poss'io?

SIROE

(Tutto il mondo congiura a danno mio.)

COSROE

Anche in amor costui

rivale ho da soffrir! Tergi i bei lumi,

rassicurati o cara.

(passeggiando)

Ah Siroe ingrato

ancor questo da te? Cosroe non sono

s'io non farò... Basta... Vedrai...

SIROE

(Che pena!)

LAODICE

(Fu mio saggio consiglio

il prevenir l'accusa.)

COSROE

Indegno figlio!

(siede; e s'avvede del foglio, lo prende e legge da sé)

LAODICE

S'io preveder potea

nel tuo cor tanto affanno avrei... (Qual foglio

stupido ei legge e impallidisce!)

COSROE

Oh numi.

E che più di funesto

può minacciarmi il ciel. Che giorno è questo?

(s'alza)

LAODICE

Che ti affligge o signor?

Scena dodicesima

Medarse e detti.

MEDARSE

Padre io ti miro

cangiato in volto.

COSROE

Ah senti

caro Medarse e inorridisci.

MEDARSE

(Un foglio!)

LAODICE

(Che mai sarà!)

COSROE

(legge)

«Cosroe, chi credi amico

insidia la tua vita. In questo giorno

il colpo ha da cader. Temi in ciascuno

il traditor. Morrai, se i tuoi più cari

de la presenza tua tutti non privi.

Chi ti avvisa è fedel, credilo e vivi.»

LAODICE

Gelo d'orrore!

COSROE

E qual pietà crudele

è il salvarmi così? Da mano ignota

mi vien l'avviso e mi si tace il reo.

Dunque temer degg'io

gli amici, i figli? In ogni tazza ascosa

crederò la mia morte? In ogni acciaro

la minaccia crudel vedrò scolpita?

E questo è farmi salvo? E questa è vita?

SIROE

(Misero genitor!)

MEDARSE

(Non si trascuri

sì opportuna occasion.)

COSROE

Medarse tace,

Laodice non favella?

LAODICE

Io son confusa.

MEDARSE

S'io non parlai finor volli al tuo sdegno

un reo celar che ad ambi è caro. Alfine

quando giunge all'estremo il tuo cordoglio

non ho cor di tacerlo. È mio quel foglio.

SIROE

(Ah mentitor.)

COSROE

L'empio conosci e ancora

l'ascondi a l'ira mia?

MEDARSE

(s'inginocchia)

Padre adorato

perdona al traditor, basti che salvi

siano i tuoi giorni. Ah non voler nel sangue

di questo reo contaminar la mano.

Chi t'insidia è tuo figlio, è mio germano.

SIROE

(Che tormento è tacer.)

COSROE

Sorgi. A Medarse

chi l'arcano scoprì?

MEDARSE

Fu Siroe istesso.

LAODICE

(Chi 'l crederebbe!)

MEDARSE

Ei mi volea compagno

al crudel parricidio; invan m'opposi,

la tua morte giurò, perciò Medarse

in quel foglio scoprì l'empio desio.

SIROE

(si scopre)

Medarse è un traditor. Quel foglio è mio!

MEDARSE

(Oh ciel!)

LAODICE

(Che veggio mai.)

COSROE

Siroe nascoso

ne le mie stanze!

MEDARSE

Il suo delitto è certo.

SIROE

Ei mente, a te mi trasse

il desio di salvarti; un core ardito

ti desidera estinto e sei tradito.

Scena tredicesima

Emira sotto nome d'Idaspe e detti.

EMIRA

Chi tradisce il mio re? Per sua difesa

ecco il braccio, ecco l'armi.

SIROE

Solo Idaspe mancava a tormentarmi.

COSROE

(dà il foglio ad Emira, quale lo legge da sé)

Vedi amico a qual pena

mi serba il ciel.

LAODICE

(Che inaspettati eventi!)

EMIRA

(rende il foglio a Cosroe)

Donde l'avviso? È noto il reo?

MEDARSE

Medarse

tutto svelò.

SIROE

Il germano

t'inganna Idaspe, io palesai l'arcano.

COSROE

Dunque perché non scopri

l'insidiator?

SIROE

Dirti di più non deggio.

EMIRA

Perfido, e in questa guisa

di mentita virtù copri il tuo fallo?

A chi giovar pretendi? Hai già tradito

l'offensore e l'offeso. Ei non è salvo,

interrotto è il disegno

e vanti per tua gloria un foglio indegno?

Traditore io vorrei...

(a Cosroe)

Signor, de' sdegni miei

perdon ti chiedo, è il mio dover che parla.

Perché son fido al padre,

io non rispetto il figlio.

È mio proprio interesse il tuo periglio.

LAODICE

(Che ardir!)

COSROE

Quanto ti deggio amato Idaspe.

Impara ingrato impara. Egli è straniero,

tu sei mio sangue; il mio favore a lui,

a te donai la vita; e pure ingrato

ei mi difende e tu m'insidi il trono.

SIROE

Difendermi non posso e reo non sono.

MEDARSE

L'innocente non tace, io già parlai.

EMIRA

Via che pensi? Che fai? Chi giunse a tanto

può ben l'opra compir. Tu non rispondi?

So perché ti confondi. Hai pena e sdegno

che del tuo core indegno

tutta l'infedeltà mi sia palese.

Perciò taci e arrossisci,

perciò nemmeno in volto osi mirarmi.

SIROE

Solo Idaspe mancava a tormentarmi.

COSROE

Medarse, quel silenzio

giustifica l'accusa.

MEDARSE

Io non mentisco.

EMIRA

Se un mentitor si cerca

Siroe sarà.

SIROE

Ma questo è troppo Idaspe.

Non ti basta? Che vuoi?

EMIRA

Vuò che tu assolva

da' sospetti il mio re.

SIROE

Che dir poss'io?

EMIRA

Di' che il tuo fallo è mio. Di' pur ch'io sono

complice del delitto, anzi che tutta

è tua la fedeltà, la colpa è mia.

(a Cosroe)

Capace ancor di questo egli saria.

COSROE

Ma lo sarebbe invan. Facile impresa

l'ingannarmi non è. So la tua fede.

EMIRA

Così fosse per te di Siroe il core.

COSROE

Lo so ch'è un traditore. Ei non procura

difesa né perdono.

SIROE

Difendermi non posso e reo non sono.

MEDARSE

E non è reo chi niega

al padre un giuramento?

LAODICE

Non è reo l'ardimento

del tuo foco amoroso?

COSROE

Non è reo chi nascoso

io stesso ho qui veduto?

EMIRA

Non è reo chi ha potuto

recar quel foglio e si sgomenta e tace

quando seco io ragiono.

SIROE

Tutti reo mi volete e reo non sono.

La sorte mia tiranna

farmi di più non può.

M'accusa e mi condanna

un'empia ed un germano,

l'amico e il genitor.

Ogni soccorso è vano,

che più sperar non so.

Perché fedel son io

questo è il delitto mio,

questo diventa error.

(parte)

Scena quattordicesima

Cosroe, Emira, Medarse e Laodice.

COSROE

Olà s'osservi il prence.

EMIRA

A la tua cura

io veglierò.

MEDARSE

Quand'hai tant'alme fide

paventi un traditor?

LAODICE

Troppo t'affanni.

COSROE

Chi sa qual sia fedele e qual m'inganni.

EMIRA

E puoi temer di me?

COSROE

No caro Idaspe.

Anzi tutta confido

al tuo bel cor la sicurezza mia.

Scuopri l'indegna trama

ed in Cosroe difendi un re che t'ama.

EMIRA

Ad anima più fida

commetter non potevi il tuo riposo.

Del mio dover geloso il sangue stesso

io verserò signor, quando non basti

tutta l'opra e 'l consiglio.

COSROE

Trovo un amico allor che perdo un figlio.

Al torrente che ruina

da la gelida pendice

sia riparo a un infelice

la tua bella fedeltà.

Il periglio s'avvicina,

a fuggirlo è incerto il piede,

se gli manca la tua fede

altra scorta un re non ha.

(parte)

Scena quindicesima

Emira, Medarse, Laodice.

MEDARSE

Avresti mai creduto

in Siroe un traditor?

LAODICE

Tanto infedele

lo prevedesti e temerario tanto?

EMIRA

E qual viltade è questa

d'insultar chi non v'ode? Alfin dovrebbe

più rispetto Medarse ad un germano,

a un principe Laodice.

Non sempre delinquente è un infelice.

MEDARSE

Che pietà!

LAODICE

Che difesa!

MEDARSE

E tu finora

non l'insultasti?

LAODICE

Or qual cagion ti muove

a sdegnarti con noi!

EMIRA

A me lice insultarlo e non a voi.

MEDARSE

Così presto ti cangi? Or lo difendi,

or lo vorresti oppresso!

EMIRA

A voi par ch'io mi cangi e son l'istesso.

LAODICE

L'istesso! Io non t'intendo.

MEDARSE

Eh non produce

sì diversa favella un sol pensiero.

EMIRA

So che strano vi sembra e pure è vero.

Vedeste mai sul prato

cader la pioggia estiva?

Talor la rosa avviva

a la viola appresso;

figlio del prato istesso

è l'uno e l'altro fiore

ed è l'istesso umore

che germogliar gli fa.

Il cor non è cangiato

se accusa o se difende.

Una cagion m'accende

di sdegno e di pietà.

(parte)

Scena sedicesima

Laodice e Medarse.

LAODICE

Gran mistero in que' detti Idaspe asconde.

MEDARSE

Semplice e tu lo credi? A te dovrebbe

esser nota la corte. È di chi gode

del principe il favor questo il costume.

Gli enigmi artificiosi

sembrano arcani ascosi. Allor che il volgo

gl'intende men, più volontier gli adora,

figurandosi in essi

quel che teme o desia ma sempre invano.

Che v'è spesso l'enigma e non l'arcano.

LAODICE

Non credo che sian tali

d'Idaspe i sensi. È ver ch'io non gl'intendo

ma vo quando l'ascolto

cangiando al par di lui voglia e pensiero

né so più quel che temo o quel che spero.

L'incerto mio pensiere

non ha di che temere,

di che sperar non ha

e pur temendo va,

pur va sperando.

Senza saper perché,

n'andò così da me

la pace in bando.

(parte)

Scena diciassettesima

Medarse.

Gran cose io tento e l'intrapreso inganno

mostra il premio vicino. In mezzo a tanti

perigliosi tumulti io non pavento.

Non si commetta al mar chi teme il vento.

Fra l'orror de la tempesta

che a le stelle il volto imbruna

qualche raggio di fortuna

già comincia a scintillar.

Dopo sorte sì funesta

sarà placida quest'alma

e godrà tornata in calma

i perigli a rammentar.

Atto secondo
Scena prima

Parco reale.
Laodice, poi Siroe.

LAODICE

Che funesto piacere

è mai quel di vendetta!

Figurata diletta

ma lascia conseguita il pentimento.

Lo so ben io che sento

del periglio di Siroe in mezzo al core

il rimorso e l'orrore.

SIROE

Alfin Laodice

sei vendicata; a me soffrir conviene

la pena del tuo fallo.

LAODICE

Amato prence

così confusa io sono

che non ho cor di favellarti.

SIROE

Avesti

però cor d'accusarmi.

LAODICE

Un cieco sdegno,

figlio del tuo disprezzo,

persuase l'accusa. Ah tu perdona,

perdona o Siroe un violento amore.

Mi punisce abbastanza il mio dolore.

Non soffrirai de la menzogna il danno.

Io scoprirò l'inganno.

Saprà Cosroe ch'io fui...

SIROE

La tua ruina

non fa la mia salvezza. Anche innocente

di questa colpa, io di più grave errore

già son creduto autor. Taci, potrebbe

destar la tua pietà nuovi sospetti

d'amorosa fra noi

segreta intelligenza.

LAODICE

E quale ammenda

può farmi meritare il tuo perdono?

Tu me l'addita; a quanto

prescriver mi vorrai pronta son io.

Ma poi scordati o caro il fallo mio.

SIROE

Più no 'l rammento e se ti par che sia

la sofferenza mia di premio degna,

più non amarmi.

LAODICE

Oh dio, come potrei

lasciar sì dolci affetti in abbandono?

SIROE

Questo da te domando unico dono.

LAODICE

Mi lagnerò tacendo

del mio destino avaro

ma ch'io non t'ami, o caro,

non lo sperar da me.

Crudele in che t'offendo

se resta a questo petto

il misero diletto

di sospirar per te?

(parte)

Scena seconda

Siroe, poi Emira sotto nome d'Idaspe.

SIROE

Come quel di Laodice

potessi almen lo sdegno

placar de l'idol mio.

EMIRA

Fermati indegno!

SIROE

Ancor non sei contenta?

EMIRA

Ancor pago non sei?

SIROE

Forse ritorni

ad insultar un misero innocente?

EMIRA

Vai forse al genitore

a palesar quel che taceva il foglio?

SIROE

Quel foglio in che t'offese? Io son creduto

reo del delitto e me 'l sopporto e taccio.

EMIRA

Ed io crudel, che faccio

qualor t'insulto? Assicurar procuro

Cosroe della mia fé, più per tuo scampo

che per la mia vendetta.

SIROE

Ah dunque o cara

fa' più per me. Perdona al padre o almeno

se brami una vendetta apri il mio seno.

EMIRA

Io confonder non so Cosroe col figlio.

Odio quello, amo te, vendico estinto

il proprio genitore.

SIROE

E il mio, che vive,

per legge di natura anch'io difendo.

Sempre de la vendetta

più giusta è la difesa.

EMIRA

La generosa impresa

dunque tu siegui, io seguirò la mia.

Ma sai però qual sia

il debito d'entrambi? A noi che siamo

figli di due nemici

è delitto l'amor, dobbiamo odiarci.

Tu devi il mio disegno

scoprir a Cosroe, io prevenir l'accusa.

Tu scorgere in Emira il più crudele

implacabil nemico, in Siroe io deggio

aborrir d'un tiranno il figlio indegno.

Cominci in questo punto il nostro sdegno.

(in atto di partire)

SIROE

Mio ben t'arresta.

EMIRA

Ardisci

di chiamarmi tuo bene? Unir pretendi

il fido amante ed il crudel nemico

e ti mostri a un istante

debol nemico ed infedele amante.

SIROE

A torto l'amor mio...

EMIRA

Taci, l'amore

è ne l'odio sepolto.

Parlami di furore,

parlami di vendetta ed io t'ascolto.

SIROE

Dunque così degg'io?...

EMIRA

Sì, scordarti d'Emira.

SIROE

Emira addio.

Mi vuoi reo, mi vuoi morto,

t'appagherò. Del tradimento al padre

vado a scoprirmi autor; la tua fierezza

così sarà contenta.

(in atto di partire)

EMIRA

Sentimi, non partir.

SIROE

Che vuoi ch'io senta?

Lasciami a la mia sorte.

EMIRA

Odi, non giova

né a me né a Cosroe il farti reo.

SIROE

Ma basta

per morir innocente. Ascolta; alfine

son più figlio che amante; a me non lice

e vivere e tacer. Tutto palese

al genitor farò, quando non posso

toglierlo in altra guisa al tuo furore.

EMIRA

Va' pur, va' traditore,

accusami o t'accusa, a tuo dispetto

il contrario io farò, vedrem di noi

chi troverà più fede.

(vuol partire)

SIROE

Il mio sangue si chiede,

barbara il verserò. L'animo acerbo

pasci nel mio morir.

(cava la spada)

Scena terza

Cosroe senza Guardie e detti.

COSROE

Che fai superbo!

EMIRA

(O dèi.)

COSROE

Contro un mio fido

stringi il brando o fellon? Niega se puoi;

or non v'è chi t'accusi. Il guardo mio

non s'ingannò. Di' che mentisco anch'io.

SIROE

Tutto è vero, io son reo, tradisco il padre,

son nemico al germano, insulto Idaspe,

mi si deve la morte. Ingiusto sei

se la ritardi adesso.

Non curo uomini e dèi,

odio il giorno, odio tutti, odio me stesso.

EMIRA

(Difendetelo o numi.)

COSROE

Olà costui s'arresti.

Escono alcune Guardie.

EMIRA

Ei non volea

offendermi o signor. Cieco di sdegno

forse contro di sé volgea l'acciaro.

COSROE

Invan cerchi un riparo

con pietosa menzogna al suo delitto.

Perché fuggir?

EMIRA

La fuga

tema non era in me.

SIROE

Taci una volta,

Idaspe taci, il mio maggior nemico

è chi più mi soccorre. Il mio tormento

termini col morir.

COSROE

Sarai contento.

Pochi istanti di vita

ti restano infedel.

EMIRA

Mio re, che dici!

Necessaria a' tuoi giorni

è la vita di Siroe, ei non ancora

i complici scoprì. Morrebbe seco

il temuto segreto.

COSROE

È vero. Oh quanto

deggio al tuo amor! Vegliami sempre a lato.

SIROE

Forse incontro al tuo fato

corri così. Non può tradirti Idaspe?

EMIRA

Io tradirlo!

SIROE

In ciascuno

può celarsi il nemico, ah non fidarti.

Chi sa l'empio qual è.

COSROE

Chetati e parti.

SIROE

Mi credi infedele!

Sol questo m'affanna.

Chi sa chi t'inganna.

(Che pena è tacer!)

Sei padre, son figlio,

mi scaccia, mi sgrida.

Ma pensa al periglio,

ma poco ti fida,

ma impara a temer.

(parte con guardie)

Scena quarta

Cosroe ed Emira.

EMIRA

(Pensoso è il re.)

COSROE

(Per tante prove e tante

so che il figlio è infedel ma pur que' detti...)

EMIRA

(Forse crede a' sospetti

che Siroe suggerì.)

COSROE

(Tradirmi Idaspe!

Per qual ragion?)

EMIRA

(S'ei di mia fé paventa

perdo i mezzi al disegno. Or non m'osserva.

Siam soli. Il tempo è questo.)

COSROE

(Un reo l'accusa

per render forse il fallo suo minore.)

EMIRA

(La vittima si sveni al genitore.)

(snuda la spada per ferir Cosroe)

Scena quinta

Medarse e detti.

MEDARSE

Signore.

EMIRA

(Oh dèi!)

MEDARSE

Perché quel ferro Idaspe?

EMIRA

Per deporlo al suo piè; v'è chi ha potuto

farlo temer di me. Troppo geloso

io son de l'onor mio.

Io traditore! Oh dio

nel più vivo del cor Siroe m'offese.

Finché non scopri il vero

eccomi disarmato e prigioniero.

COSROE

(Che fedeltà!)

MEDARSE

Forse il german procura

divider la sua colpa.

COSROE

Idaspe torni

per mia difesa al fianco tuo la spada.

EMIRA

Perdonami o mio re, quando è in periglio

d'un sovrano la vita ha corpo ogn'ombra.

Prima da l'alma sgombra

quell'idea che m'oltraggia e al fianco mio

poscia per tuo riparo

senza taccia d'error torni l'acciaro.

COSROE

No no, ripiglia il brando.

EMIRA

Ubbidirti non deggio.

COSROE

Io te 'l comando.

EMIRA

Così vuoi, non m'oppongo. Almen permetti

ch'io la regia abbandoni, acciò non dia

di novelli sospetti

colpa l'invidia a l'innocenza mia.

COSROE

Anzi voglio che Idaspe

sempre de' giorni miei vegli a la cura.

EMIRA

Io!

COSROE

Sì.

EMIRA

Chi m'assicura

de la fede di tanti a cui commessa

è la tua vita? Io debitor sarei

de la colpa d'ognun; s'io fossi solo...

COSROE

E solo esser tu déi.

Fra le reali guardie

le più fide tu scegli; a tuo talento

le cambia e le disponi e sia tuo peso

di scoprir chi m'insidia.

EMIRA

Al regio cenno

ubbidirò né dal mio sguardo accorto

potrà celarsi il reo. (Son quasi in porto.)

Sgombra da l'anima

tutto il timor.

Più non ti palpiti

dubbioso il cor.

Riposa e credimi

ch'io son fedel.

Se al mio regnante,

se al dover mio

per un istante

mancar poss'io,

con me si vendichi

sdegnato il ciel.

(parte)

Scena sesta

Cosroe e Medarse.

MEDARSE

Non è picciola sorte

ch'uno stranier così fedel ti sia.

Ma non basta o mio re. Maggior riparo

chiede il nostro destin.

COSROE

Sarai nel giro

di questo dì tu mio compagno al soglio.

E opporsi a due regnanti

non potrà facilmente un folle orgoglio.

MEDARSE

Anzi il tuo amor l'irrita. Ha già sedotta

del popolo fedel Siroe gran parte.

Si parla e si minaccia. Ah se non svelli

da la radice sua la pianta infesta,

sempre per noi germoglierà funesta.

Atroce ma sicuro

il rimedio saria; reciso il capo

perde tutto il vigore

l'audacia popolare.

COSROE

Io non ho core.

MEDARSE

Anch'io gelo in pensarlo; altro non resta

dunque per tua salvezza

che appagar Siroe e sollevarlo al trono.

Volontier gli abbandono

la contesa corona. Andrò lontano

per placar l'ira sua. Se questo è poco,

sazialo del mio sangue, aprimi il seno.

Sarò felice appieno

se può la mia ferita

render la pace a chi mi diè la vita.

COSROE

Sento per tenerezza

il ciglio inumidir. Caro Medarse

vieni al mio sen. Perché due figli eguali

non diemmi il ciel!

MEDARSE

Se ricusar potessi

di scemar, per salvarti, i giorni miei,

degno di sì gran padre io non sarei.

Deggio a te del giorno i rai

e per te come vorrai

saprò vivere o morir.

Io vivrò se la mia vita

è riparo a la tua sorte;

io morrò se la mia morte

può dar pace al tuo martir.

(parte)

Scena settima

Cosroe.

Più dubitar non posso.

È Siroe l'infedel. Vorrei punirlo

ma risolver non so, che in mezzo a l'ira

per lui mi parla in petto

un resto ancor del mio paterno affetto.

Fra sdegno ed amore

tiranni del core

l'antica sua calma

quest'alma perdé.

Geloso del trono,

pietoso del figlio,

incerto ragiono,

non trovo consiglio;

e intanto non sono

né padre né re.

(parte)

Scena ottava

Appartamenti terreni corrispondenti a' giardini con sedie.
Siroe senza spada ed Arasse.

ARASSE

Chi ricusa un'aita

giustifica il rigor de la sua sorte.

Disperato e non forte

prence ti mostri allor che in me condanni

un zelo che fomenta

del popolo il favor per tuo riparo.

SIROE

L'ira del fato avaro

tolerando si vince.

ARASSE

Al merto amica

rade volte è fortuna e prende a sdegno

chi meno a lei che a la virtù si affida.

SIROE

L'alma che in me s'annida

più che felice e rea

misera ed innocente esser desia.

ARASSE

Un'innocenza oblia

che avria nome di colpa. Il volgo suole

giudicar dagli eventi e sempre crede

colpevole colui che resta oppresso.

SIROE

Mi basta di morir noto a me stesso.

ARASSE

Ad onta ancor di questa

rigorosa virtù, sarà mia cura

toglierti a l'ira de l'ingiusto padre.

Il popolo e le squadre

solleverò per così giusta impresa.

SIROE

Ma questo è tradimento e non difesa.

ARASSE

Se pugnar non sai col fato

innocente sventurato,

basto solo al gran cimento,

quando langue il tuo valor.

Rende giusto il tradimento

chi punisce il traditor.

(parte)

Scena nona

Medarse e detto.

MEDARSE

Come! Nessuno è teco?

SIROE

Ho sempre a lato

la crudel compagnia di mie sventure.

MEDARSE

Son già quasi sicure

le tue felicità. Deve a momenti

qui venir Cosroe e forse

a consolarti ei viene.

SIROE

Or vedi quanto

sventurato son io. Del padre invece

giunse Medarse.

MEDARSE

Il tuo piacer saria

poter senza compagno

seco parlar; porresti in uso allora

lusinghe e prieghi e ricoprir con arte

sapresti il mal talento.

Semplice se lo speri, io no 'l consento.

SIROE

T'inganni, a me non spiace

favellar te presente,

chi delitto non ha rossor non sente.

Pena in vederti è il sovvenirmi solo

ch'abbia fonte comune il sangue nostro.

MEDARSE

Sarà mio merto e la corona e l'ostro.

Scena decima

Cosroe, Emira col nome d'Idaspe e detti.

COSROE

Veglia Idaspe a l'ingresso e il cenno mio

ne le vicine stanze

Laodice attenda.

EMIRA

Ubbidirò.

(si ritira in disparte)

COSROE

Medarse

parti.

MEDARSE

Ch'io parta! E chi difende intanto

signor le mie ragioni?

COSROE

Io le difendo.

SIROE

Resti se vuol.

COSROE

No, teco

solo esser voglio.

MEDARSE

E puoi fidarti a lui?

COSROE

Più oltre non cercar. Vanne.

MEDARSE

Ubbidisco.

Ma poi...

COSROE

Taci Medarse e t'allontana.

MEDARSE

(Mi cominci a tradir sorte inumana.)

(parte)

Scena undicesima

Cosroe, Siroe ed Emira in disparte.

COSROE

Siedi Siroe e m'ascolta.

Io vengo qual mi vuoi, giudice o padre.

Mi vuoi padre? Vedrai

fin dove giunga la clemenza mia.

Giudice vuoi ch'io sia?

Sosterrò teco il mio real decoro.

SIROE

Il giudice non temo. Il padre adoro.

(siede)

COSROE

Posso sperar dal figlio

ubbidito un mio cenno? Infin ch'io parlo

taci e mostrami in questo il tuo rispetto.

SIROE

Finché vuoi tacerò, così prometto.

EMIRA

(Che dir vorrà!)

COSROE

Di mille colpe reo

Siroe tu sei. Per questa volta soffri

che le rammenti. Un giuramento io chiedo

per riposo del regno e tu ricusi.

Ti perdono e t'abusi

di mia pietà. Mi fa palese un foglio

che v'è tra' miei più cari un traditore,

e mentre il mio timore

or da un lato, or da l'altro erra dubbioso,

io veggo te ne le mie stanze ascoso.

Che più. Medarse istesso

scopre i tuoi falli...

SIROE

E creder puoi veraci...

COSROE

Serbami la promessa, ascolta e taci.

EMIRA

(Misero prence!)

COSROE

Ognun di te si lagna,

hai sconvolta la regia, alcun sicuro

dal tuo orgoglio non è. Medarse insulti,

tenti Laodice e la minacci, Idaspe

infin sugli occhi miei svenar procuri;

né ti basta. I tumulti a danno mio

ne' popoli risvegli.

SIROE

Ah son fallaci...

COSROE

Serbami la promessa, ascolta e taci.

Vedi da quanti oltraggi

quasi sforzato a condannarti io sono

e pur tutto mi scordo e ti perdono.

Torniam figlio ad amarci, il reo mi svela

o i complici palesa. Un padre offeso

altr'ammenda non chiede

da l'offensor che pentimento e fede.

EMIRA

(Veggio Siroe commosso.

Ah mi scoprisse mai!)

SIROE

Parlar non posso.

COSROE

Odi Siroe. Se temi

per la vita del reo, paventi invano.

Se quel tu sei, nel confessarlo al padre

te stesso assolvi e ti fai strada al trono.

Se tu non sei, ti dono,

pur che noto mi sia, salvo l'indegno.

Ecco se vuoi la real destra in pegno.

EMIRA

(Ahimè.)

SIROE

Quando sicuri

siano dal tuo castigo i tradimenti,

dirò...

EMIRA

Non ti rammenti

che il tuo cenno signor Laodice attende.

SIROE

(Oh dèi!)

COSROE

Lo so, parti.

EMIRA

Dirò fra tanto...

COSROE

Di' ciò che vuoi.

EMIRA

T'ubbidirò fedele.

(a Siroe)

Perfido non parlar.

SIROE

(Quanto è crudele.)

COSROE

Spiegati e ricomponi

i miei sconvolti affetti. Or perché taci?

Perché quel turbamento?

SIROE

Oh dio!

COSROE

T'intendo.

Al nome di Laodice

resister non sapesti. In questo ancora

t'appagherò, già ti prevenni; io svelo

la debolezza mia, Laodice adoro,

con mio rossore il dico, e pure io voglio

cederla a te, sol da la trama ascosa

assicurami o figlio e sia tua sposa.

SIROE

Forse non crederai...

EMIRA

Chiedea Laodice

importuna l'ingresso, acciò non fosse

a te molesta allontanar la feci.

COSROE

E partì?

EMIRA

Sì mio re.

COSROE

Vanne e l'arresta.

EMIRA

Vado.

(a Siroe)

Mi vuoi tradir.

SIROE

(Che pena è questa!)

COSROE

Parla. Laodice è tua, di più che brami?

Dubbioso ancor ti veggio?

SIROE

Sdegno Laodice e favellar non deggio.

COSROE

(s'alza)

Perfido alfin tu vuoi

morir da traditor come vivesti.

Che più da me vorresti?

Ti scuso, ti perdono,

ti richiamo sul trono,

colei che m'innamora

ceder ti voglio e non ti basta ancora?

La mia morte, il mio sangue

è il tuo voto lo so. Saziati indegno.

Solo e senza soccorso

già teco io son, via ti soddisfa appieno,

disarmami inumano e m'apri il seno.

EMIRA

E chi tant'ira accende?

Così senza difesa

in periglio lasciarti a me non lice.

Eccomi al fianco tuo.

COSROE

Venga Laodice.

(Emira parte)

SIROE

Signor, se amai Laodice

punisca il ciel...

COSROE

Non irritar gli dèi

co' novelli spergiuri.

Scena dodicesima

Laodice, Emira e detti.

LAODICE

Eccomi a' cenni tuoi.

COSROE

Siroe m'ascolta.

Questa è l'ultima volta

ch'offro uno scampo. Abbi Laodice e il trono

se vuoi parlar ma se tacer pretendi

in carcere crudel la morte attendi.

Resti Idaspe in mia vece. A lui confida

l'autor del fallo; in libertà ti lascio

pochi momenti, in tuo favor gli adopra.

Ma se il fulmine poi cader vedrai,

la colpa è tua, che trattener no 'l sai.

Tu di pietà mi spogli,

tu desti il mio furor,

tu solo o traditor

mi fai tiranno.

Non dirmi, no, spietato.

È il tuo crudel desio

ingrato e non son io

che ti condanno.

(parte)

Scena tredicesima

Siroe, Emira e Laodice.

SIROE

(Che risolver degg'io!)

EMIRA

Felici amanti

de le vostre fortune o quanto io godo.

O Persia avventurosa,

se imitando la sposa

i figli prenderan forme leggiadre,

e se avran fedeltà simile al padre.

SIROE

(E mi deride ancor.)

LAODICE

Secondi il cielo

il lieto augurio. Ei però tace e parmi

irresoluto ancor.

EMIRA

(a Siroe)

Parla? Saria

stupidità se più tacessi.

SIROE

O dèi

lasciami in pace.

EMIRA

Il re sai che t'impose

di sceglier me presente

il carcere o Laodice.

LAODICE

Or che risolvi?

SIROE

Per me risolva Idaspe. Il suo volere

sarà legge del mio. Fra tanto io parto

e vo fra le ritorte

l'esito ad aspettar de la mia sorte.

EMIRA

Ma prence io non saprei...

SIROE

Sapesti assai

tormentarmi finora.

(Provi l'istessa pena Emira ancora.)

Fra' dubbi affetti miei

risolvermi non so.

(ad Emira)

Tu pensaci, tu sei

l'arbitro del mio cor.

Vuoi che la morte attenda?

La morte attenderò.

Vuoi che per lei m'accenda?

Eccomi tutto amor.

(parte)

Scena quattordicesima

Emira e Laodice.

EMIRA

(A costei che dirò?)

LAODICE

Da' labri tuoi

ora dipende Idaspe

il riposo d'un regno, il mio contento.

EMIRA

Di Siroe, a quel ch'io sento,

senza noia Laodice

le nozze accettaria.

LAODICE

Sarei felice.

EMIRA

Dunque l'ami?

LAODICE

L'adoro.

EMIRA

E speri la sua mano...

LAODICE

Stringer per opra tua.

EMIRA

Lo speri invano.

LAODICE

Perché?

EMIRA

Posso svelarti un mio segreto?

LAODICE

Parla.

EMIRA

Del tuo sembiante,

perdonami l'ardire, io vivo amante.

LAODICE

Di me!

EMIRA

Sì; chi mai puote

mirar senza avvampar quell'aureo crine,

quelle vermiglie gote,

le labra coralline,

il bianco sen, le belle

due rilucenti stelle. Ah se non credi

qual fuoco ho in petto accolto

guarda e vedrai che mi rosseggia in volto.

LAODICE

E tacesti...

EMIRA

Il rispetto

muto finor mi rese.

LAODICE

Ascolta Idaspe.

Amarti non poss'io.

EMIRA

Così crudele! Oh dio.

LAODICE

S'è ver che m'ami,

servi agli affetti miei. L'amato prence

con virtù di te degna a me concedi.

EMIRA

Oh questo no, troppa virtù mi chiedi.

LAODICE

Siroe si perde.

EMIRA

Il cielo

gl'innocenti difende.

LAODICE

E se la speme

me pietosa ti finge ella t'inganna.

EMIRA

Tanto meco potresti esser tiranna?

LAODICE

La tua crudel sentenza

insegna a me la tirannia.

EMIRA

Pazienza.

LAODICE

T'odierò finch'io viva e non potrai

riderti de' miei danni.

EMIRA

Saranno almen comuni i nostri affanni.

LAODICE

Amico il fato

mi guida in porto

e tu spietato

mi fai perir.

Ti renda amore

per mio conforto

tutto il dolore

che fai soffrir.

(parte)

Scena quindicesima

Emira.

Sì diversi sembianti

per odio e per amore or lascio, or prendo

ch'io me stessa talor né meno intendo.

Odio il tiranno ed a svenarlo io sola

mille non temerei nemiche squadre;

ma penso poi che del mio bene è padre.

Amo Siroe e mi pento

d'esser io la cagion del suo periglio;

ma penso poi che del tiranno è figlio.

Così sempre il mio core

è infelice ne l'odio e ne l'amore.

Non vi piacque ingiusti dèi

ch'io nascessi pastorella.

Altra pena or non avrei

che la cura d'un'agnella,

che l'affetto d'un pastor.

Ma chi nasce in regia cuna

più nemica ha la fortuna,

che nel trono ascosi stanno

e l'inganno ed il timor.

Atto terzo
Scena prima

Cortile.
Cosroe ed Arasse.

COSROE

No no, voglio che mora.

Abbastanza finora

pietosa a me per lui parlò natura.

ARASSE

Signor, chi t'assicura

che, Siroe ucciso, il popolo ribelle

non voglia vendicarlo e quando speri

i tumulti sedar non sian più fieri?

COSROE

Sollecito e nascosto

previeni i sediziosi. A lor si mostri

ma reciso del figlio il capo indegno.

Vedrai gelar lo sdegno

quando manca il fomento.

ARASSE

Innanzi a questo

violento rimedio, altro possiamo

men funesto tentarne.

COSROE

E quale? Ho tutto

posto in uso finora. Idaspe ed io

sudammo invano. Il figlio contumace

morto mi vuol, ricusa i doni e tace.

ARASSE

Dunque degg'io...

COSROE

Sì vanne, è la sua morte

necessaria per me. Pronuncio Arasse

il decreto fatal ma sento, oh dio,

gelarsi il core, inumidirsi il ciglio.

Parte del sangue mio verso nel figlio.

ARASSE

Ubbidirò con pena

ma pure ubbidirò. Di Siroe amico

io sono, è ver, ma son di te vassallo

e sa ben la mia fede

che al dover di vassallo ogn'altro cede.

Al tuo sangue io son crudele

per serbarti fedeltà.

Quando vuol d'un re l'affanno

per sua pace un reo trafitto,

è virtù l'esser tiranno

e delitto è la pietà.

(parte)

COSROE

Finché del ciel nemico

io non provai lo sdegno

mi fu dolce la vita e dolce il regno.

Ma quando il conservarli

costa al mio cor così crudel ferita

grave il regno è per me, grave è la vita.

Scena seconda

Laodice e detto.

LAODICE

Mio re che fai? Freme a la regia intorno

un sedizioso stuol che Siroe chiede.

COSROE

L'avrà, l'avrà. Già d'un mio fido al braccio

la sua morte è commessa, e forse adesso

per l'aperte ferite

fugge l'anima rea. Così gliel rendo.

LAODICE

Misera me, che intendo!

E che facesti mai?

COSROE

Che feci? Io vendicai

l'offesa maestà, l'amore offeso,

i tuoi torti ed i miei.

LAODICE

Ah che ingannato sei. Sospendi il cenno.

Nell'amor tuo già mai

il prence non t'offese, io t'ingannai.

COSROE

Che dici!

LAODICE

Amore invano

chiesi da Siroe e il suo disprezzo io volli

con l'accusa punir.

COSROE

Tu ancor tradirmi?

LAODICE

Sì Cosroe, ecco la rea,

questa s'uccida e l'innocente viva.

COSROE

Innocente chi vuol la morte mia?

Viva chi t'innamora!

È reo di fellonia,

è reo perché ti piacque e vuò che mora.

LAODICE

La vita d'un tuo figlio è sì gran dono

ch'io temeraria sono

se spero d'ottenerlo! A che giovate

sembianze sfortunate!

Se placarti non sanno

mai non m'amasti e fu l'amore inganno.

COSROE

Purtroppo anima ingrata io t'adorai.

Fin de la Persia al trono

sollevarti volea né tutto ho detto.

Ho mille cure in petto,

ti conosco infedele

e pur, chi 'l crederia, ne l'alma io sento

che sei gran parte ancor del mio tormento.

LAODICE

Dunque a le mie preghiere

cedi o signor. Sia salvo il prence, e poi

uccidimi se vuoi. Sarò felice

se il mio sangue potrà...

COSROE

Parti Laodice.

Chiedendo la sua vita

colpa gli accresci e il tuo pregar m'irrita.

LAODICE

Se il caro figlio

vede in periglio

diventa umana

la tigre ircana

e lo difende

dal cacciator.

Più fiero core

del tuo non vidi,

non senti amore,

la prole uccidi,

empio ti rende

cieco furor.

(parte)

Scena terza

Cosroe, poi Emira.

COSROE

Vediam fin dove giunge

del mio destino il barbaro rigore.

Tutto soffrir saprò.

EMIRA

Rendi o signore

libero il prence al popolo sdegnato.

Minaccia in ogni lato

co' fremiti confusi

la plebe insana e s'ode in un momento

di Siroe il nome in cento bocche e cento.

COSROE

Tanto crebbe il tumulto!

EMIRA

Ogn'alma vile

divien superba. In mille destre e mille

splendono i nudi acciari e fuor de l'uso

i tardi vecchi, i timidi fanciulli

fatti arditi e veloci

somministrano l'armi ai più feroci.

COSROE

Se ancor pochi momenti

l'impeto si sospende, io più no 'l temo.

EMIRA

Perché?

COSROE

Già il fido Arasse

corse a svenar per mio comando il figlio.

EMIRA

E potesti così... Rivoca oh dio

la sentenza funesta!

Nunzio n'andrò di tua pietade io stesso...

Porgimi il regio impronto.

COSROE

Invan lo chiedi.

La sua morte mi giova.

EMIRA

Ah Cosroe, e come

così da te diverso! E dove or sono

tante virtù già tue compagne al trono?

Che mai dirà la Persia?

Il mondo che dirà? Fosti finora

amor de' tuoi vassalli,

terror de' tuoi nemici.

L'armi tue vincitrici

colà sul ricco Gange,

colà del Nilo in su le foci estreme

e l'Indo e l'Etiopo ammira e teme.

Quanto perdi in un punto! Ah se ti scordi

le leggi di natura

un fatto sol tutti i tuoi pregi oscura.

Deh con miglior consiglio...

COSROE

Ma Siroe è un traditor.

EMIRA

Ma Siroe è figlio.

Figlio che di te degno

da le paterne imprese

l'arte di trionfar sì bene apprese.

Che fu bambino ancora

la delizia di Cosroe e la speranza.

So che a pugnar qualora

partisti armato o vincitor tornasti

gli ultimi e i primi baci erano i suoi.

Ed ei lieto e sicuro

al tuo collo stendea la mano imbelle

né il sanguinoso lume

temea de l'elmo o le tremanti piume.

COSROE

Che mi rammenti!

EMIRA

Ed or quel figlio istesso,

quello s'uccide e chi l'uccide? Il padre!

COSROE

Oh dio più non resisto.

EMIRA

Ah se alcun premio

merita la mia fé, Siroe non mora.

Vado? Risolvi. Or ora

trattener non potrai la sua ferita.

COSROE

Prendi, vola a salvarlo.

(gli dà l'impronto regio)

EMIRA

Io torno in vita.

Scena quarta

Arasse e detti.

EMIRA

Arasse! O ciel!

COSROE

Ah che turbato ha il ciglio.

EMIRA

Vive il prence?

ARASSE

Non vive.

EMIRA

Oh Siroe!

COSROE

Oh figlio!

ARASSE

Ei cadde al primo colpo e l'alma grande

sul moribondo labro

soltanto s'arrestò finché mi disse:

«Difendi il padre», e poi fuggì dal seno.

COSROE

Deh soccorrimi Idaspe, io vengo meno.

EMIRA

Tu barbaro, tu piangi! E chi l'uccise?

Scellerato chi fu? Di chi ti lagni?

Va' tiranno e dal petto

mentre palpita ancor svelli quel core.

Sazia il furore interno,

torna di sangue immondo,

mostro di crudeltà, furia d'Averno,

vergogna de la Persia, odio del mondo.

COSROE

Così mi parla Idaspe! È stolto o finge!

EMIRA

Finsi finor ma solo

per trafiggerti il cor.

COSROE

Che mai ti feci?

EMIRA

Empio che mi facesti?

Lo sposo m'uccidesti,

per te padre non ho, non ho più trono.

Io son la tua nemica, Emira io sono.

COSROE

Che sento!

ARASSE

O meraviglia!

COSROE

Adesso intendo

chi mi sedusse il figlio.

EMIRA

È ver, ma invano

di sedurlo tentai. Per mia vendetta

e per tormento tuo perfido il dico.

Sappi ch'ei ti difese

da l'odio mio, ch'ei ti recò quel foglio,

che innocente morì, ch'ogni sospetto,

ch'ogni accusa è fallace;

va', pensaci e se puoi riposa in pace.

COSROE

Serba Arasse al mio sdegno

ma fra' ceppi costei.

ARASSE

Pronto ubbidisco.

Olà deponi...

EMIRA

Io stessa

disarmo il fianco mio, prendi.

(dà la spada ad Arasse, quale presala entra e poi esce con guardie)

EMIRA

(a Cosroe)

T'inganni

se credi spaventarmi.

COSROE

Ah parti ingrata.

D'un'alma disperata

l'odiosa compagnia troppo m'affligge.

EMIRA

Perché tu resti afflitto,

basta la compagnia del tuo delitto.

(parte con guardie)

Scena quinta

Cosroe e Arasse.

COSROE

Ove son! Che m'avvenne! E vivo ancora!

ARASSE

Consolati signor. Pensa per ora

a conservarti il vacillante impero,

pensa a la pace tua.

COSROE

Pace non spero.

Ho nemici i vassalli,

ho la sorte nemica. Il cielo istesso

astri non ha per me che sian felici

ed io sono il peggior de' miei nemici.

Gelido in ogni vena

scorrer mi sento il sangue.

L'ombra del figlio esangue

m'ingombra di terror.

E per maggior mia pena

veggio che fui crudele

a un'anima fedele,

a un innocente cor.

(parte)

Scena sesta

Arasse, poi Emira con Guardie e senza spade.

ARASSE

Ritorni il prigioniero. I miei disegni

secondino le stelle.

(le guardie conducono fuori Emira e al comando d'Arasse partono

ARASSE

Olà partite.

EMIRA

Che vuoi d'un empio re più reo ministro,

forse svenarmi?

ARASSE

No vivi e ti serba

illustre principessa al tuo gran sposo,

Siroe respira ancor.

EMIRA

Come!

ARASSE

La cura

d'ucciderlo accettai ma per salvarlo.

EMIRA

Perché tacerlo al padre

pentito de l'error?

ARASSE

Parve pietoso

perché più no 'l temea; se vivo il crede

la sua pietà di nuovo

diverrebbe timor. Cede a la tema

di forza la pietade.

Quella dal nostro e questa

solo da l'altrui danno in noi si desta.

EMIRA

Siroe dov'è?

ARASSE

Fra' lacci

attende la sua morte.

EMIRA

E no 'l salvasti ancor?

ARASSE

Prima degg'io

i miei fidi raccorre

per scorgerlo sicuro ove lo chiede

il popolo commosso. Or che dal padre

si crede estinto, avremo

agio bastante a maturar l'impresa.

EMIRA

Andiamo. Ah vien Medarse.

ARASSE

Non sbigottirti, io partirò, tu resta

i disegni a scoprir del prence infido.

Fidati, non temer.

EMIRA

Di te mi fido.

(parte Arasse)

Scena settima

Emira e Medarse.

EMIRA

Che ti turba o signor?

MEDARSE

Tutto è in tumulto,

e mi vuoi lieto Idaspe?

EMIRA

(Ignota ancor gli son.) Dunque n'andiamo

ad opporci a' ribelli.

MEDARSE

Altro soccorso

chiede il nostro periglio, a Siroe io vado.

EMIRA

E liberar vorresti

l'indegno autor de' nostri mali?

MEDARSE

Eh, tanto

stolto non son, corro a svenarlo.

EMIRA

Intesi

che già Siroe morì.

MEDARSE

Ma per qual mano?

EMIRA

Non so, dubbia e confusa

giunse a me la novella. E tu no 'l sai?

MEDARSE

Nulla seppi.

EMIRA

Le solite saranno

popolari menzogne.

MEDARSE

Estinto o vivo

Siroe trovar mi giova.

EMIRA

Io ti precedo.

De' tuoi disegni avrai

Idaspe esecutor. (Scopersi assai.)

(parte)

Scena ottava

Medarse.

Se la strada del trono

m'interrompe il germano, il voglio estinto.

È crudeltà, ma necessaria; e solo

quest'aita permette

di sì pochi momenti il giro angusto.

Ne' mali estremi ogni rimedio è giusto.

Benché tinta del sangue fraterno

la corona non perde splendor.

Quella colpa che guida sul trono

sfortunata non trova perdono

ma felice si chiama valor.

(parte)

Scena nona

Luogo angusto e racchiuso nel castello destinato per carcere a Siroe.
Siroe, poi Emira.

SIROE

Son stanco ingiusti numi

di soffrir l'ira vostra. A che mi giova

innocenza e virtù? S'opprime il giusto,

s'inalza il traditor. Se i merti umani

così bilancia Astrea,

o regge il caso o l'innocenza è rea.

EMIRA

Arasse non mentì, vive il mio bene.

SIROE

Ed Emira fra tanti

rigorosi custodi a me si porta?

EMIRA

Quest'impronto real fu la mia scorta.

SIROE

Come in tua man?

EMIRA

L'ebbi da Cosroe istesso.

SIROE

Se del mio fato estremo

scelse te per ministra il genitore,

per così bella morte

io perdono a la sorte il suo rigore.

EMIRA

Senti Emira qual sia.

Scena decima

Medarse e detti.

MEDARSE

Non temete o custodi, il re m'invia.

EMIRA

(O numi!)

MEDARSE

Idaspe è qui! Senza il tuo brando

ti porti in mia difesa?

EMIRA

In su l'ingresso

me 'l tolsero i custodi.

(guardando per la scena)

(Giungesse Arasse.)

SIROE

Ad insultarmi ancora

qui vien Medarse! E in qual remoto lido

posso celarmi a te?

MEDARSE

Taci o t'uccido.

(snuda la spada)

EMIRA

È lieve pena a un reo

la sollecita morte. Ancor sospendi

qualche momento il colpo, ei ne ravvisi

tutto l'orror, potrò sfogare intanto

seco il mio sdegno antico.

Tu sai ch'è mio nemico e che stringendo

contro di me fin ne la regia il ferro

quasi a morte mi trasse.

SIROE

E tanto ho da soffrir?

EMIRA

(come sopra)

(Giungesse Arasse.)

SIROE

E Idaspe è così infido

che unito a un traditor...

MEDARSE

Taci o t'uccido.

SIROE

Uccidimi crudel. Tolga la morte

tanti oggetti penosi agli occhi miei.

MEDARSE

Mori. (Mi trema il cor.)

EMIRA

(Soccorso o dèi.)

MEDARSE

Sento, né so che sia,

un incognito orror che mi trattiene.

SIROE

Barbaro a che t'arresti?

EMIRA

(come sopra)

(E ancor non viene.)

MEDARSE

Chi mi rende sì vile!

EMIRA

Impallidisci!

Dammi quel ferro, io svenerò l'indegno,

io svellerò quel core, io solo, io solo

basto di tanti a vendicar gli oltraggi.

MEDARSE

Prendi, l'usa in mia vece.

(dà la spada ad Emira)

SIROE

A questo segno

ti son odioso?

EMIRA

Or lo vedrai, superbo

se speri alcun riparo...

Difenditi mia vita, ecco l'acciaro.

(dà la spada a Siroe)

MEDARSE

Che fai, che dici Idaspe? E mi tradisci

quando a te m'abbandono?

EMIRA

No, più non sono Idaspe, Emira io sono.

SIROE

(Che sarà!)

MEDARSE

Traditori!

Verranno ad un mio grido

i custodi a punir...

SIROE

Taci o t'uccido.

Scena undicesima

Arasse con Guardie e detti.

ARASSE

Vieni Siroe.

MEDARSE

Ah difendi

Arasse il tuo signor.

ARASSE

Siroe difendo.

MEDARSE

Ah perfido.

ARASSE

(a Siroe)

Dipende

la città dal tuo cenno. Andiam, consola

con la presenza tua tant'alme fide.

Libero è il varco e lascio

questi in difesa a te. Vieni e saprai

quanto finor per liberarti oprai.

(parte e restano con Siroe le guardie)

Scena dodicesima

Siroe, Emira e Medarse.

MEDARSE

Numi! Ognun mi abbandona.

EMIRA

(a Siroe)

Andiamo o caro,

de l'amica fortuna

non si trascuri il dono.

Siegui i miei passi, ecco la via del trono.

SIROE

È pur vero idol mio

che non mi sei nemica? Oh dio che pena

il crederti infedele.

EMIRA

E tu potesti

dubitar di mia fé?

SIROE

Perdona o cara.

Tanto in odio a le stelle oggi mi vedo

che per mio danno ogn'impossibil credo.

EMIRA

Ch'io mai vi possa

lasciar d'amare

non lo credete

pupille care,

né men per gioco

v'ingannerò.

Voi foste e siete

le mie faville

e voi sarete

care pupille

il mio bel foco

finch'io vivrò.

(parte)

Scena tredicesima

Siroe, Medarse e Guardie.

MEDARSE

Siroe, già so qual sorte

sovrasti a un traditor. Più de la pena

mi sgomenta il delitto. Al soglio ascendi,

svenami pur, senza difesa or sono.

SIROE

Prendi, vivi, t'abbraccio e ti perdono.

(gli dà la spada)

Se l'amor tuo mi rendi,

se più fedel sarai,

son vendicato assai,

più non desio da te.

Sorte più bella attendi,

spera più pace al core

or che al sentier d'onore

volgi di nuovo il piè.

(parte con le guardie)

Scena quattordicesima

Medarse.

Ah con mio danno imparo

che la più certa guida è l'innocenza.

Chi si fida a la colpa

se nemico ha il destino, il tutto perde.

Chi a la virtù si affida

benché provi la sorte ognor funesta,

pur la pace de l'alma almen gli resta.

Torrente cresciuto

per torbida piena

se perde il tributo

del gel, che si scioglie,

fra l'aride sponde

più l'onde non ha.

Ma il fiume che nacque

da limpida vena,

se privo è de l'acque

che il verno raccoglie,

il corso non perde,

più chiaro si fa.

(parte)

Scena quindicesima

Gran piazza di Seleucia con veduta del palazzo reale e con apparato magnifico ordinato per la coronazione di Medarse che poi serve per quella di Siroe. Nell'aprir della scena si vede una mischia tra i Ribelli e le Guardie reali, le quali sono rincalzate e fuggono.
Cosroe, Emira e Siroe l'uno dopo l'altro, con spada nuda, indi Arasse con tutto il Popolo; Cosroe difendendosi da alcuni Congiurati, cade.

COSROE

Vinto ancor non son io.

EMIRA

Arrestatevi amici, il colpo è mio.

SIROE

Ferma Emira. Che fai? Padre, son teco.

Non temer.

EMIRA

Empio ciel!

COSROE

Figlio tu vivi!

SIROE

Io vivo e posso ancora

morir per tua difesa.

COSROE

E chi fu mai

che serbò la tua vita?

ARASSE

Io la serbai.

Libero il prence io volli,

non oppresso il mio re. Di più non chiede

il popolo fedel. Se il tuo contento

non fa la mia discolpa,

puoi la colpa punir.

COSROE

Che bella colpa!

Scena ultima

Medarse, Laodice e detti.

MEDARSE

Padre.

LAODICE

Signor.

MEDARSE

Del mio fallir ti chiedo

il perdono o la pena.

LAODICE

Anch'io son rea;

vengo al giudice mio; l'incendio acceso

in gran parte io destai.

COSROE

Siroe è l'offeso.

SIROE

Nulla Siroe rammenta.

(a Emira)

E tu mio bene

deponi alfin lo sdegno. Ah mal s'unisce

con la nemica mia, la mia diletta.

O scordati l'amore o la vendetta.

EMIRA

Più resister non posso. Io con l'esempio

di sì bella virtù l'odio abbandono.

COSROE

E perché quindi il trono

sia per voi di piacer sempre soggiorno

Siroe sarà tuo sposo.

EMIRA E SIROE

O lieto giorno.

Siegue l'incoronazione di Siroe.

COSROE

Ecco Persia il tuo re. Passi dal mio

su quel crin la corona. Io stanco alfine

volontier la depongo. Ei che a giovarvi

fu da' prim'anni inteso

saprà con più vigor soffrirne il peso.

CORO

I suoi nemici affetti

di sdegno e di timor

il placido pensier

più non rammenti.

Se nascono i diletti

dal grembo del dolor

oggetto di piacer

sono i tormenti.

Fine del libretto.

Generazione pagina: 14/01/2016
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Locandina Atto primo Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima Scena tredicesima Scena quattordicesima Scena quindicesima Scena sedicesima Scena diciassettesima Atto secondo Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima Scena tredicesima Scena quattordicesima Scena quindicesima Atto terzo Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima Scena tredicesima Scena quattordicesima Scena quindicesima Scena ultima