Atto secondo

 

Scena prima

Sala regia illuminata in tempo di notte. Varie credenze d'intorno. Gran mensa imbandita nel mezzo con quattro sedili intorno ed una sedia in faccia.
Sibari, poi Ircano con spada nuda.

Bozzetti

 Q 

Sibari, ministri, una guardia

 

SIBARI

Ministri, al re sia noto  

che già pronta è la mensa.

(parte una guardia)

una guardia ->

 

È giunto il tempo  

che l'accortezza mia

col morir di Scitalce il grave inciampo

mi tolga d'un rivale e m'assicuri

che mai scoprir non possa

la sua voce, il mio scritto

quanto Sibari un dì finse in Egitto.

 

<- Ircano

IRCANO

E pur il giungerò. Dov'è Scitalce?  

Ov'è Tamiri? È questo

il luogo della mensa?

SIBARI

E qual furore

t'arma la destra?

IRCANO

Io vuò Scitalce estinto.

SIBARI

(Ah di costui lo sdegno

scompone il mio disegno.)

IRCANO

Additami dov'è!

SIBARI

Vana è l'impresa.

Come speri assalirlo

nella reggia racchiuso,

a Tamiri vicino,

fra i custodi reali, al fianco a Nino?

IRCANO

Opprimerò con lui

Nino, i custodi e questa reggia intera.

Né potranno sottrarlo ai colpi miei

tutti armati in difesa i vostri dèi.

SIBARI

Ah non turbin le risse

il piacer della mensa.

IRCANO

E tu non sai

qual torto mi sovrasti?

SIBARI

Il so. Condanno

l'ingiustizia in Tamiri e compatisco

il tuo giusto furor ma che farai?

IRCANO

Che farò? Mi vedrai

dell'ingiusto imeneo troncare il laccio.

(in atto di partire)

SIBARI

Ferma.

IRCANO

Non m'arrestar.

SIBARI

Ma tu non brami

Scitalce estinto?

IRCANO

Sì.

SIBARI

Dunque ti placa,

egli morrà, fidati a me; salvarlo

sol potrebbe il tuo sdegno.

IRCANO

Io non t'intendo.

Corro prima a svenarlo e poi l'arcano

mi spiegherai.

(in atto di partire)

SIBARI

Ma senti. (A lui conviene

tutto scoprir.) Poss'io di te fidarmi?

IRCANO

Parla.

SIBARI

Per odio antico

Scitalce è mio nemico; il torto indegno

che al tuo merto si fa cresce il mio sdegno.

Ond'io, ma non parlar, già nella mensa

preparai la sua morte.

IRCANO

E come?

SIBARI

È certo

che Scitalce è lo sposo. A lui Tamiri

dovrà, come è costume,

il primo nappo offrir; per opra mia

questo sarà d'atro veleno infetto.

IRCANO

Se m'inganni...

SIBARI

Ingannarti! E chi sottrarmi

potrebbe al tuo furore!

Passami allor con questo ferro il core.

IRCANO

Mi fiderò ma poi...

(ripone la spada)

SIBARI

Taci, che il re già s'avvicina a noi.

 

Scena seconda

Semiramide, Tamiri, Mirteo, Scitalce, preceduti da Ballerini, seguìti da Paggi, Cavalieri e detti.

<- ballerini, Semiramide, Tamiri, Mirteo, Scitalce, paggi, cavalieri

 

SEMIRAMIDE

Ecco il luogo o Tamiri  

ove gli altrui sospiri

attendono da te premio e mercede.

(Io tremo e fingo.)

TAMIRI

Ogni misura eccede

la real pompa e nella reggia assira

non s'introdusse mai

con più fasto il piacer.

MIRTEO

Qui la tua cura

del ricco Gange e dell'eoe maremme

i tesori e le gemme

tutte adunò.

SCITALCE

Da mille faci e mille

vinta è la notte e ripercosso intorno

fiammeggia oltre il costume

fra l'ostro e l'or moltiplicato il lume.

SEMIRAMIDE

Scitalce, al nuovo sposo

io preparai la fortunata stanza

pegno dell'amor mio.

SCITALCE

(Finge costanza.)

Ah se quello foss'io

chi più di me saria felice?

SEMIRAMIDE

(Ingrato.)

IRCANO
(a Scitalce)

Come mai del tuo fato

puoi dubitar? Saggia è Tamiri e vede

che il più degno tu sei.

MIRTEO

Che ascolto! Ircano

chi mai ti rese umano?

Dov'è il tuo foco e l'impeto natio?

IRCANO

Comincio amico ad erudirmi anch'io.

TAMIRI

Così mi piaci.

MIRTEO

È molto.

SCITALCE
(a Semiramide e a Tamiri)

Io non intendo

se da senno o per gioco

parla così.

IRCANO

(M'intenderai fra poco.)

SEMIRAMIDE

Più non si tardi, ognun la mensa onori.

 
Dopo seduta nel mezzo Semiramide, siedono alla destra di lei Tamiri e poi Scitalce, alla sinistra Mirteo e poi Ircano. Sibari in piedi appresso Ircano. Intanto sinfonia, coro e ballo.
 

CORO

Il piacer, la gioia scenda  

fidi sposi al vostro cor.

Imeneo la face accenda,

la sua face accenda Amor.

PARTE DEL CORO

Fredda cura, atro sospetto

non vi turbi e non v'offenda

e d'intorno al regio letto

con purissimo splendor...

CORO

Imeneo la face accenda,

la sua face accenda Amor.

PARTE DEL CORO

Sorga poi prole felice

che ne' pregi egual si renda

alla bella genitrice,

all'invitto genitor.

CORO

Imeneo la face accenda,

la sua face accenda Amor.

PARTE DEL CORO

E se fia che amico nume

lunga età non vi contenda,

a scaldar le fredde piume,

a destarne il primo ardor...

CORO

Imeneo la face accenda,

la sua face accenda Amor.

 

ballerini, paggi, cavalieri, ministri ->

SEMIRAMIDE

In lucido cristallo aureo liquore  

Sibari a me si rechi.

SIBARI

(Ardir mio core.)

(va a prender la tazza)

IRCANO

(Il colpo è già vicino.)

MIRTEO

Oh dio s'appressa

il momento funesto.

TAMIRI

Che gioia!

SCITALCE

Che sarà!

SEMIRAMIDE

Che punto è questo!

SIBARI

Compito è il cenno.

 
(Sibari posa la sottocoppa con la tazza avanti a Semiramide e va a lato d'Ircano)
 

SEMIRAMIDE

(dà la tazza a Tamiri)

Or prendi

Tamiri e scegli. Il sospirato dono

presenta a chi ti piace

e goda quegli il grand'acquisto in pace.

TAMIRI

Il dubbio o prenci in cui finor m'involse

l'eguaglianza de' merti

discioglie il genio e non offende alcuno

se al talamo ed al trono

l'un o l'altro solleva.

Ecco lo sposo e il re; Scitalce beva.

(posa la tazza avanti Scitalce)

SEMIRAMIDE

Io lo previdi.

MIRTEO

Oh sorte!

SCITALCE

(Ah qual impegno!)

SIBARI

(Or s'avvicina a morte.)

IRCANO

Via Scitalce, che tardi? Il re tu sei.

SCITALCE

(E deggio in faccia a lei

annodarmi a Tamiri!)

TAMIRI
(a Semiramide)

Egli è dubbioso ancora.

SEMIRAMIDE

Alfin risolvi.

SCITALCE

E Nino

lo comanda a Scitalce?

SEMIRAMIDE

Io non comando,

fa' il tuo dover.

SCITALCE

Sì lo farò. (L'ingrata

si punisca così.) D'ogn'altro amore

mi scordo in questo punto... Ah non ho core.

(volendo bere e poi s'arresta)

Porgi a più degno oggetto

il dono o principessa, io non l'accetto.

(posa la tazza)

TAMIRI

Come!

SIBARI

(O sventura!)

IRCANO
(a Scitalce)

E lei ricusi, allora

che al regno ti destina?

Non s'offende in tal guisa una regina.

SEMIRAMIDE
(ad Ircano)

Qual cura hai tu, se accetta

o se rifiuta il dono?

MIRTEO

Lascialo in pace.

IRCANO
(a Scitalce)

Io sono

difensor di Tamiri; e tu non devi

la tazza ricusar, prendila e bevi.

TAMIRI
(ad Ircano)

Principe invan ti sdegni; ei col rifiuto

non me, sé stesso offende

e al demerito suo giustizia rende.

IRCANO

No no, voglio ch'ei beva.

TAMIRI

Eh taci. Intanto

per degno premio al tuo cortese ardire

l'offerta di mia mano

ricevi tu con più giustizia Ircano.

IRCANO

Io!

TAMIRI

Sì.

(prende la tazza per darla ad Ircano)

Con questo dono

te destino al mio trono, all'amor mio.

IRCANO
(piano a Sibari)

Sibari che farò?

SIBARI
(piano ad Ircano)

Mi perdo anch'io.

TAMIRI

Perché taci così? Forse tu ancora

vuoi ricusarmi?

IRCANO

No, non ti ricuso;

penso... Vorrei... Ma temo... (Io son confuso.)

SEMIRAMIDE
(ad Ircano)

Principe tu non devi

un momento pensar, prendila e bevi.

Troppo il rispetto offendi

a Tamiri dovuto.

MIRTEO

Ma parla.

TAMIRI

Ma risolvi.

IRCANO

Ho risoluto.

(s'alza e prende la tazza)

Vada la tazza a terra.

(getta la tazza)

SCITALCE

E qual furore insano...

IRCANO

Così riceve un tuo rifiuto Ircano.

TAMIRI

Ah questo è troppo!

(s'alza e seco tutti)

 

Ognun disprezza il dono,

dunque ridotta io sono

a mendicar chi le mie nozze accetti?

Forse per oltraggiarmi

in Assiria veniste? O il mio sembiante

è deforme a tal segno

che a farlo tollerar non basti un regno?

SEMIRAMIDE

È giusta l'ira tua.

MIRTEO

Dell'amor mio

dovresti o principessa...

TAMIRI

Alcun d'amore

più non mi parli. Io sono offesa e voglio

punito l'offensor. Scitalce mora.

Ei col primo rifiuto

il mio dono avvilì. Chi sua mi brama

a lui trafigga il petto,

venga tinto di sangue ed io l'accetto.

 

(a Scitalce)

Tu mi disprezzi ingrato  

ma non andarne altero;

trema d'aver mirato

superbo il mio rossor.

Chi vuol di me l'impero

passi quel core indegno.

Voglio che sia lo sdegno

foriero dell'amor.

(parte)

Tamiri ->

 

Scena terza

Semiramide, Scitalce, Mirteo, Ircano e Sibari.

 

SEMIRAMIDE

(Il mio bene è in periglio  

per essermi fedel.)

IRCANO

Scitalce andiamo.

All'offesa Tamiri

il dono offrir della tua testa io voglio.

SCITALCE

Vengo e di tanto orgoglio

arrossir ti farò.

(Scitalce in atto di partire seguìto da Ircano)

SEMIRAMIDE

(Stelle, che fia!)

MIRTEO

Arrestatevi olà, l'impresa è mia.

IRCANO

Io primiero al cimento

chiamai Scitalce.

MIRTEO

Io difensor più giusto

son di Tamiri.

IRCANO

Ella di te non cura

né mai ti scelse.

MIRTEO

Ella ti sdegna, offesa

dal tuo rifiuto.

IRCANO

E tu pretendi?...

MIRTEO

E vuoi?...

SCITALCE

Tacete, è vano il contrastar fra voi.

A vendicar Tamiri

venga Ircano, Mirteo, venga uno stuolo,

solo io sarò né mi sgomento io solo.

(in atto di partire)

SEMIRAMIDE

Fermati (oh dio).

SCITALCE

Che chiedi?

SEMIRAMIDE

In questa reggia

sugl'occhi miei Tamiri

il rifiuto soffrì; prima d'ogn'altro

io son l'offeso e pria d'ogn'altro io voglio

l'oltraggio vendicar; qui prigioniero

resti Scitalce e qui deponga il brando.

Sibari sia tuo peso

la custodia del reo.

SCITALCE

Come?

SIBARI

Che intendo!

SEMIRAMIDE

(Così non mi paleso e lo difendo.)

SCITALCE

Ch'io ceda il brando mio?

SEMIRAMIDE

Non più, così comando, il re son io.

SCITALCE

Così comandi e parli

a Scitalce così? Colpa sì grande

ti sembra il mio rifiuto? Ah troppo insulti

la sofferenza mia, qui potrei farti

forse arrossire.

SEMIRAMIDE

Olà t'accheta e parti.

SCITALCE

Ma qual perfidia è questa! Ove mi trovo!

Nella reggia d'Assiria o fra i deserti

dell'inospita Libia! Udiste mai

che fosse più fallace

il Moro infido o l'Arabo rapace?

No no; l'arabo, il moro

han più idea di dovere,

han più fede tra loro anche le fiere.

(getta la spada)

 

Voi che le mie vicende,  

voi che i miei torti udite

fuggite, sì fuggite.

(ad Ircano)

Qui legge non s'intende,

(a Mirteo)

qui fedeltà non v'è.

(a Semiramide)

E puoi tiranno, e puoi

senza rossor mirarmi?

Qual fede avrà per voi

chi non la serba a me?

(parte con Sibari)

Scitalce, Sibari ->

 

Scena quarta

Semiramide, Ircano, e Mirteo.

 

SEMIRAMIDE

(Conoscerai fra poco  

che son pietosa e non crudel.)

MIRTEO

Perdona

signor s'io troppo ardisco. Il tuo comando

Scitalce a un punto e la mia speme oltraggia.

IRCANO

Perché mi si contende

il trionfar di lui?

SEMIRAMIDE

Chi mai t'intende!

Or Tamiri non curi ed or la brami?

MIRTEO

Ma tu l'ami o non l'ami?

IRCANO

No 'l so.

SEMIRAMIDE

Se amavi allor, come in te nacque

d'un rifiuto il desio?

IRCANO

Così mi piacque.

MIRTEO

Se ti piacque così, perché la pace

or mi vieni a turbar?

IRCANO

Così mi piace.

MIRTEO

Strano piacer, dell'amor mio ti fai

rivale Ircano ed il perché non sai.

IRCANO

Quante richieste! Alfine

che vorreste da me?

SEMIRAMIDE

Da te vorrei

ragion dell'opre tue.

MIRTEO

Saper desio

qual core in seno ascondi.

SEMIRAMIDE

Spiegati.

MIRTEO

Non tacer.

SEMIRAMIDE

Parla.

MIRTEO

Rispondi.

 

IRCANO

Saper bramate  

tutto il mio core?

Non vi sdegnate

lo spiegherò.

Mi dà diletto

l'altrui dolore,

perciò d'affetto

cangiando vo.

Il genio è strano,

lo veggo anch'io.

Ma tento invano

cangiar desio;

l'istesso Ircano

sempre sarò.

(parte)

Ircano ->

 

Scena quinta

Semiramide, Mirteo.

 

MIRTEO

Vedi quanto son io  

sventurato in amore. Un tal rivale

si preferisce a me.

SEMIRAMIDE

Non è Tamiri

sposa finor; molto sperar tu puoi.

Scitalce è prigionier, si rese Ircano

dell'imeneo col suo rifiuto indegno.

Facilmente otterrai la sposa e il regno.

MIRTEO

Che giova il merto; io soffrirò ma poi

chi ragion mi farà? Forse Tamiri?

SEMIRAMIDE

Avranno i tuoi sospiri

da lei mercede. A tuo favore io stesso

tutto farò. Ti bramerei felice.

MIRTEO

Come goder mi lice

la tua pietà?

SEMIRAMIDE

Ti meravigli o prence

perché il mio cor non vedi.

Tu più caro mi sei di quel che credi.

 

MIRTEO

Io veggo in lontananza  

fra l'ombre del timor

di credula speranza

un languido splendor

che inganna e piace.

Avvezzo a ritrovarmi

son io fra tante pene

che basta a consolarmi

l'immagine d'un bene,

ancor fallace.

(parte)

Mirteo ->

 

Scena sesta

Semiramide.

 

 

Di Scitalce il rifiuto  

è una prova d'amor. Questa mi toglie

de' tradimenti suoi

l'immagine dal cor. Questa risveglia

le mie speranze e questa

mille teneri affetti in sen mi desta.

T'intendo amor. Mi vai

la sua fé rammentando e non gl'inganni.

Quanto è facile mai

nella felicità scordar gli affanni!

 

Il pastor se torna aprile  

non rammenta i giorni algenti.

Dall'ovile all'ombre usate

riconduce i bianchi armenti

e l'avene abbandonate

fa di nuovo risuonar.

Il nocchier placato il vento

più non teme o si scolora.

Ma contento in su la prora

va cantando in faccia al mar.

(parte)

Semiramide ->

 
 

Scena settima

Appartamenti terreni.
Sibari, poi Ircano.

 Q 

Sibari

 

SIBARI

L'accortezza a che val, se ognor con nuovi  

impensati accidenti

la fortuna nemica

d'ogni disegno mio le fila intrica.

Tutto ho tentato invano,

vive Scitalce e sa la trama Ircano.

 

<- Ircano

IRCANO

Vieni Sibari.  

SIBARI

E dove?

IRCANO

A Tamiri.

SIBARI

Perché?

IRCANO

Voglio che a lei

discolpi il mio rifiuto.

SIBARI

Il suo pensiero

come appagar?

IRCANO

Con palesarle il vero.

SIBARI

Il vero!

IRCANO

Sì. Tu le dirai ch'io l'amo,

che per non ber la morte

io ricusai, ch'era la tazza aspersa

di nascosto velen, che tua la cura

fu d'apprestarlo e che dai detti tui

l'inganno a favorir sedotto io fui.

SIBARI

Signor che dici? E pubblicar vogliamo

un delitto comun. Reo della frode

saresti al par di me. Fra lor di colpa

differenza non hanno

chi meditò, chi favorì l'inganno.

IRCANO

D'un desio di vendetta alfin Tamiri

mi creda reo, non del rifiuto e sappia

perché la ricusai.

SIBARI

Troppo mi chiedi,

ubbidir non poss'io.

IRCANO

Ebben, taccia il tuo labbro e parli il mio.

(in atto di partire)

SIBARI

Senti. (Al riparo.) Il tuo parlar scompone

un mio pensier che può giovarti.

IRCANO

E quale?

SIBARI

Pria che sorga l'aurora io di Tamiri

possessor ti farò.

IRCANO

Come?

SIBARI

Al tuo cenno

sull'Eufrate non hai

navi, seguaci ed armi?

IRCANO

Ebben, che giova?

SIBARI

Ai reali giardini il fiume istesso

bagna le mura e si racchiude in quelli

di Tamiri il soggiorno; ove tu voglia

col soccorso de' tuoi

l'impresa assicurar, per tal sentiero

rapir la sposa e a te recarla io spero.

IRCANO

Dubbia è l'impresa.

SIBARI

Anzi sicura. Ognuno

sarà immerso nel sonno; a questa insidia

non v'è chi pensi e incustodito è il loco.

IRCANO

Parmi che a poco a poco

mi piaccia il tuo pensier ma non vorrei...

SIBARI

Eh dubitar non déi. Fidati, io vado

mentre cresce la notte

il sito ad esplorar; tu co' più fidi

dell'Eufrate alle sponde

sollecito ti rendi.

IRCANO

A momenti verrò, vanne e m'attendi.

 

SIBARI

Vieni, che poi sereno  

alla tua bella in seno

ti troverà l'aurora

quando riporta il dì.

Farai d'invidia allora

impallidir gli amanti

e senza affanni o pianti

tu goderai così.

(parte)

Sibari ->

 

Scena ottava

Ircano, poi Tamiri, indi Mirteo.

 

IRCANO

O qual rossore avranno  

se m'arride il destino

e Scitalce e Mirteo, Tamiri e Nino.

 

<- Tamiri

TAMIRI

Che si fa? Che si pensa? Ancor non turba  

il valoroso Ircano

né pur con la minaccia i sonni al reo?

IRCANO

Hai difensor più degno, ecco Mirteo.

 

<- Mirteo

TAMIRI

Prence che rechi? È vinto  

Scitalce ancor?

MIRTEO

Si vincerà, se basta

esporre a tua difesa il sangue mio.

TAMIRI

Il tuo pronto desio

avrà premio da me.

IRCANO

Degno d'affetto

veramente è Mirteo. Rozzo in amore

non è come son io. Ne sa gl'arcani.

È sprezzato e no 'l cura;

è offeso e non s'adira.

Con legge e con misura

or piange ed or sospira;

e pur alla sua fede

un'ombra di speranza è gran mercede.

MIRTEO

No 'l nego.

TAMIRI

Al nuovo giorno

sarà forse mio sposo. Ei non invano

a mio favor s'affanna.

IRCANO

Fortunato Mirteo. (Quanto s'inganna.)

 

Tu sei lieto, io vivo in pene,  

ma se nacqui sventurato

che farò? Soffrir conviene

del destin la crudeltà.

Voi godete; io del mio fato

vado a piangere il rigore.

Così tutta al vostro amore

lascerò la libertà.

(parte)

Ircano ->

 

Scena nona

Tamiri, e Mirteo.

 

MIRTEO

Felice me, se un giorno  

pietosa ti vedrò.

TAMIRI

Se di Scitalce

pria non sei vincitor, tu di Tamiri

possessor non sarai.

MIRTEO

L'avrei punito

s'ei fosse in libertà. Nino lo rese

suo prigionier.

TAMIRI

Perché?

MIRTEO

Per vendicarti.

TAMIRI

Per vendicarmi! E chi richiese a lui

questa vendetta! Io voglio

che il punisca un di voi.

MIRTEO

Libero ei vada,

eccomi pronto.

TAMIRI

A me lascia la cura

della sua libertà. Tu pensa al resto.

MIRTEO

Ubbidirò ma poi

stringerò la tua destra?

TAMIRI

Io mi spiegai

abbastanza con te.

MIRTEO

Sì, ma potresti

pentirti ancor.

TAMIRI

(Quant'è importuno!) Ingiusto

è il tuo timore.

MIRTEO

Oh dio,

così avvezzo son io

invano a sospirar che sempre temo,

sempre m'agita il petto...

TAMIRI

Mirteo cangia favella o cangia affetto.

Io tollerar non posso

un languido amator che mi tormenti

con assidui lamenti,

che mai lieto non sia, che sempre innanzi

mesto mi venga e che tacendo ancora

con la fronte turbata

mi rimproveri ognor ch'io sono ingrata.

MIRTEO

Tiranna, e qual tormento

ti reco mai, se timido e modesto

di palesarti appena

ardisco il mio martir? Sola a sdegnarti

tu sei fra tante e tante

al sospirar d'un rispettoso amante.

 

Fiumicel, che s'ode appena  

mormorar fra l'erbe e i fiori,

mai turbar non sa l'arena

e alle ninfe ed ai pastori

bell'oggetto è di piacer.

Venticel, che appena scuote

picciol mirto o basso alloro,

mai non desta la tempesta

ma cagione è di ristoro

allo stanco passegger.

(parte)

Sfondo schermo () ()

Mirteo ->

 

Scena decima

Tamiri, poi Semiramide.

 

TAMIRI

E qual sul mio nemico  

ragione ha Nino! Io chiederò... Ma viene.

 

<- Semiramide

 

Signor, perché si tiene  

prigioniero Scitalce?

SEMIRAMIDE

A tuo riguardo.

Voglio che a' piedi tuoi supplice, umile

ti chieda quell'altero

e perdono e pietà.

TAMIRI

Gran pena invero.

Eh non basta al mio sdegno. Io vuò che il petto

esponga al nudo acciaro. Io vuò che sia

la sua vita in periglio e se un rivale

sugl'occhi miei gli trafiggesse il seno

nel suo morir sarei contenta appieno.

SEMIRAMIDE

Ah mal conviene a tenera donzella

mostrar fuor del costume

di brama sì tiranna il core acceso.

TAMIRI

Parli così perché non sei l'offeso.

La sua morte mi giova.

SEMIRAMIDE

(Lo sdegno con l'amor venga alla prova.)

Tamiri ascolta. Alfine

ho desio d'appagarti e già che vuoi

Scitalce estinto io la tua brama adempio.

Ma non chiamarmi poi barbaro ed empio.

TAMIRI

Anzi giusto, anzi amico

chiamar ti deggio.

SEMIRAMIDE

In solitaria parte

farò che innanzi a te cada trafitto.

TAMIRI

Sì sì. Del tuo delitto

tardi ingrato da me pietà vorrai.

SEMIRAMIDE

Che bel piacer avrai del nudo acciaro

vedergli al primo colpo

della morte il terror correr sul viso.

Veder più volte invano

la prigioniera mano

sforzar le sue catene

per dar soccorso alle squarciate vene.

Inutilmente il labbro

tentar gli accenti, la pupilla errante

i rai cercar della smarrita luce,

e alternamente il capo

a vacillare astretto

or sul tergo cadergli ed or sul petto.

TAMIRI

Oh dio.

SEMIRAMIDE

(Già impallidisce.) Odimi. Allora

prima che affatto ei mora

aprigli il sen con le tue mani istesse.

Allor...

TAMIRI

Non più.

SEMIRAMIDE

Strappagli allor quel core

e poi...

TAMIRI

Taci una volta.

SEMIRAMIDE

(Ha vinto amore.)

TAMIRI

A immagini sì fiere

o qual pietade ho intesa.

SEMIRAMIDE

Tu parli di pietade e sei l'offesa?

TAMIRI

Troppo crudel mi vuoi.

SEMIRAMIDE

Ma che vorresti?

TAMIRI

Vorrei...

 

Scena undicesima

Sibari, e detti.

<- Sibari

 

SIBARI
(a Semiramide)

Come imponesti  

Scitalce è qui.

SEMIRAMIDE

L'ascolterò fra poco,

di' che m'attenda.

(Sibari parte)

Sibari ->

 

 

E ben risolvi, a lui  

condoni il fallo?

TAMIRI

No.

SEMIRAMIDE

Dunque s'uccida.

TAMIRI

Né pur.

SEMIRAMIDE

Vedi ch'io deggio

Scitalce udir, spiegami i sensi tuoi.

TAMIRI

Sì digli...

SEMIRAMIDE

Che?

TAMIRI

Dirai... Di' ciò che vuoi.

 

Non so se sdegno sia,  

non so se sia pietà

quella che l'alma mia

così turbando va.

Forse tu meglio assai

l'intenderai di me.

Pensa che odiar vorrei,

pensa che il reo mi piace.

De' giorni miei la pace

tutta confido a te.

(parte)

Tamiri ->

 

Scena dodicesima

Semiramide, poi Scitalce senza spada.

 

SEMIRAMIDE

S'avanzi il prigionier. Mi balza in petto  

impaziente il cor. Più non poss'io

coll'idol mio dissimular l'affetto.

 

<- Scitalce

SCITALCE

Eccomi, che si chiede? A nuovi oltraggi  

vuoi forse espormi? O di mia morte è l'ora?

SEMIRAMIDE

E come hai cor di tormentarmi ancora?

Deh non fingiamo più. Dimmi che vive

nel petto di Scitalce il cor d'Idreno.

Io ti dirò che in seno

vive del finto Nino

Semiramide tua, che per salvarti

ti resi prigionier, ch'io fui l'istessa

sempre per te, che ancor l'istessa io sono.

Torna torna ad amarmi e ti perdono.

SCITALCE

Mi perdoni! E qual fallo?

Forse i tuoi tradimenti?

SEMIRAMIDE

O stelle! O dèi!

I tradimenti miei! Dirlo tu puoi?

Tu puoi pensarlo?

SCITALCE

Udite. Ella s'offende

come mai non avesse

tentato il mio morir, com'io veduto

non avessi il rival, come se alcuno

non m'avesse avvertito il mio periglio.

Rivolgi altrove o menzognera il ciglio.

SEMIRAMIDE

Che sento! E chi t'indusse

a credermi sì rea?

SCITALCE

So che ti spiacque,

la tua frode svanì. Dell'innocenza

i numi ebber pietà.

SEMIRAMIDE

Que' numi istessi,

se v'è giustizia in cielo,

dell'innocenza mia facciano fede.

Io tradir l'idol mio! Tu fosti e sei

luce degl'occhi miei,

del mio tenero cor tutta la cura.

Ah se il mio labbro mente

di nuovo ingiustamente

come già fece Idreno

torni Scitalce a trapassarmi il seno.

SCITALCE

Tu vorresti sedurmi; un'altra volta

perfida m'ingannasti;

trionfane e ti basti.

Più le lagrime tue forza non hanno.

SEMIRAMIDE

Invero è un grand'inganno

a uno straniero in braccio

sé stessa abbandonar, lasciar per lui

la patria, il genitore.

Se questo è inganno, e qual sarà l'amore?

SCITALCE

Eh ti conosco.

SEMIRAMIDE

E mi deride! Udite

se mostra de' suoi falli alcun rimorso?

Io priego, egli m'insulta,

io tutta umile, egli di sdegno acceso,

la colpevole io sembro ed ei l'offeso.

SCITALCE

No no, la colpa è mia; purtroppo io sento

rimorsi al cor ma sai di che? Di un colpo

che lieve fu, che non t'uccise allora.

SEMIRAMIDE

Barbaro non dolerti, hai tempo ancora.

Eccoti il ferro mio, da te non cerco

difendermi o crudel; saziati, impiaga,

passami il cor, già la tua mano apprese

del ferirmi le vie. Mira, son queste

l'orme del tuo furor; ti volgi altrove?

Riconoscile ingrato e poi mi svena.

SCITALCE

Va', non ti credo.

SEMIRAMIDE

O crudeltade! O pena!

 

(Tradita, sprezzata  

che piango? che parlo!

se pieno d'orgoglio

non crede il dolor.)

(a Scitalce)

Che possa provarlo

quell'anima ingrata,

quel petto di scoglio,

quel barbaro cor!

(Sentirsi morire

dolente e perduta!

Trovarsi innocente!

Non esser creduta!

Chi giunge a soffrire

tormento maggior?)

(parte)

Semiramide ->

 

Scena tredicesima

Scitalce.

 

 

Partì l'infida e mi lasciò nel seno  

un tumulto d'affetti

fra lor nemici. Il suo dolor mi spiace,

la sua colpa aborrisco; e il core intanto

di rabbia freme, e di pietà sospira.

E mi si desta il pianto in mezzo all'ira.

Così fra i dubbi miei

son crudo a me, non son pietoso a lei.

 

Passegger, che su la sponda  

sta del naufrago naviglio,

or al legno ed or all'onda

fissa il guardo e gira il ciglio.

Teme il mar, teme l'arene,

vuol gittarsi e si trattiene

e risolversi non sa.

Pur la vita e lo spavento

perde alfin nel mar turbato.

Quel momento fortunato

quando mai per me verrà!

(parte)

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Scitalce ->

 

Fine (Atto secondo)

Atto primo Atto secondo Atto terzo

Sala regia illuminata in tempo di notte; varie credenze d'intorno; gran mensa imbandita nel mezzo con quattro sedili intorno ed una sedia in faccia.

Sibari, ministri, una guardia
 

Ministri, al re sia noto

Sibari, ministri
una guardia ->

È giunto il tempo

Sibari, ministri
<- Ircano

E pur il giungerò. Dov'è Scitalce?

Sibari, ministri, Ircano
<- ballerini, Semiramide, Tamiri, Mirteo, Scitalce, paggi, cavalieri

Ecco il luogo o Tamiri

(sinfonia, coro e ballo)

Sibari, Ircano, Semiramide, Tamiri, Mirteo, Scitalce
ballerini, paggi, cavalieri, ministri ->

In lucido cristallo aureo liquore

Sibari, Ircano, Semiramide, Mirteo, Scitalce
Tamiri ->

Il mio bene è in periglio

Ircano, Semiramide, Mirteo
Scitalce, Sibari ->

Conoscerai fra poco

Semiramide, Mirteo
Ircano ->

Vedi quanto son io

Semiramide
Mirteo ->

Di Scitalce il rifiuto

Semiramide ->

Appartamenti terreni.

Sibari
 

L'accortezza a che val

Sibari
<- Ircano

Vieni Sibari / E dove?

Ircano
Sibari ->

O qual rossore avranno

Ircano
<- Tamiri

Che si fa? Che si pensa?

Ircano, Tamiri
<- Mirteo

Prence che rechi? È vinto

Tamiri, Mirteo
Ircano ->

Felice me, se un giorno

Tamiri
Mirteo ->

E qual sul mio nemico

Tamiri
<- Semiramide

Signor, perché si tiene

Tamiri, Semiramide
<- Sibari

Come imponesti

Tamiri, Semiramide
Sibari ->

E ben risolvi, a lui

Semiramide
Tamiri ->

S'avanzi il prigionier. Mi balza in petto

Semiramide
<- Scitalce

Eccomi, che si chiede? A nuovi oltraggi

Scitalce
Semiramide ->

Partì l'infida e mi lasciò nel seno

Scitalce ->
 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima Scena tredicesima
Gran portico del palazzo reale corrispondente alle sponde dell'Eufrate; trono da un lato, alla... Orti pensili Sala regia illuminata in tempo di notte; varie credenze d'intorno;... Appartamenti terreni. Campagna su le rive dell'Eufrate con navi che sono incendiate, mura de' giardini reali da un... Gabinetti reali. Anfiteatro con cancelli chiusi dai lati e trono da una parte.
Atto primo Atto terzo

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