Atto secondo

 

Scena prima

Sala magnifica, etc...
Coro di Convitati e di diversi Lavoratori che partono cantando.

 Q 

convitati, lavoratori, Mascherone, Giacinto

 

CORO

Grazie alziamo o buona gente,  

al gentil benefattor,

che ci dà liberalmente

vario cibo, e buon liquor.

Sopra lui da largo corno

l'oro versi la fortuna,

perché possa ogni giorno

segni dar del suo bel cor.

 

convitati, lavoratori ->

MASCHERONE

Che vi pare signor? Siete contento  

finor del gusto mio?

GIACINTO

Tutto è un portento.

Non si poteva meglio

nell'animo vedermi; hai più quattrini?

MASCHERONE

Ho ancora due zecchini.

Veder volete il conto?

GIACINTO

Come? a me questo affronto?

Eccoti un'altra borsa.

Nuovi divertimenti

or devi immaginar; un giorno è questo

dedicato al piacere;

dopo quel che s'è fatto,

per acquistarsi il nome

di grande, e generoso,

qualche cosa vi vuol di strepitoso.

MASCHERONE

Bravo signor padrone,

da vero veneziano;

lasciate fare a me; vogliam dar foco

al cannone più grosso;

(lo voglio rosicar infino all'osso.)

GIACINTO

Questo è quello ch'io bramo: intanto io vado

Emilia a ritrovar; son curioso

di sapere qual fine, ebbe la cosa,

e se ancor di Strettonio è fatta sposa!

MASCHERONE

E potete voi credere?...

GIACINTO

Ma non vedi ch'io burlo! Ad ogni modo

mi voglio divertir; punire io voglio

la collera, che ha finto;

voglio che impari a rispettar Giacinto.

(parte)

Giacinto ->

 

Scena seconda

Mascherone poi Lauretta.

 

MASCHERONE

Non bisogna tardar, per i poltroni  

non son fatti i bei colpi, e se la sorte

per me s'è dichiarata,

deggio ben profittar di tal giornata.

O addio Lauretta; (forse da costei

potrò scoprir terreno;

adularla convien.)

 

<- Lauretta

LAURETTA
(con ansietà)

(Ecco l'indegno.

Mascherone, tu qui!

MASCHERONE

Quai meraviglie?

LAURETTA

Tu sei vivo? tu sano?

MASCHERONE

E perché deggio

esser morto, o ammalato?

LAURETTA

Ma lascia, ch'io ti guardi...

Sei sano dappertutto?

Non hai rotta la testa,

rovinata la schiena,

fracassate le braccia?

 
(lo guarda dappertutto volgendolo di qua e di là)
 

MASCHERONE

Che diavolo vuoi dir? sbrigati, parla.

LAURETTA

Lasciami respirar...

MASCHERONE

Ebben? Sei stolta?

No caro Mascheron, taci, ed ascolta.

 

LAURETTA

Dopo pranzo addormentata,  

feci un sogno così strano,

che m'ha tutta spaventata,

che tremar ancor mi fa.

In un bosco cupo, e fosco

d'esser tratta a me parea,

dove un picciolo bisbiglio

da principio si facea

ma crescendo in un istante

in tumulto stravagante,

non udia, che pianti, e gridi,

urli, smanie, tonfi, e stridi,

e una voce non ignota,

che parea chieder pietà.

Mentre avea la testa assorta

da confuse, e varie idee,

vedo un diavol, che ti porta

qua e là per le vallée,

e seguito da una schiera

brutta brutta, nera nera,

con bastoni noderosi

ti dà colpi sì furiosi

ch'or la schiena, ed or le braccia

cricche, cracche udiansi far.

E sì vive eran le cose

ch'io vedeva, e ch'io sentia,

che quantunque un sogno sia

parmi ancor la verità.

Testa testa Mascherone!

Spesso il sogno, è una visione

d'una cosa, che sarà.

(parte)

Lauretta ->

 

Scena terza

Mascherone solo.

 

 

Non è cattivo sogno: io non son uomo  

da farmi far paura; eppure eppure

da rider non mi fa; vedo per aria

certe nuvole... basta,

starò cogli occhi in testa, alfin de' guai

una barca a fuggir non manca mai.

(parte)

Mascherone ->

 
 

Scena quarta

Gabinetto.
Doralice e Berto, indi Strettonio.

 Q 

Doralice, Berto

 

BERTO

Sarà bello il pensier, ma non mi posso  

appien capacitar; son padre e tutto

dubitar mi fa.

DORALICE

È ver, ma credo

che voi mi conosciate; alfin da voi

chiedo sol questo giorno; a me lasciatela,

vicina aver la deggio

a ogni evento possibile; fidatevi;

Emilia è in buone mani.

BERTO

Ebben si faccia;

ancor per questa volta

vo' far quel che volete.

 

<- Strettonio

STRETTONIO
(con fretta)

Oh signor suocero,  

è un'ora ch'io vi cerco.

BERTO

(Mancava questo intoppo.)

STRETTONIO

Addio sorella.

DORALICE
(a Berto)

(Convien tenerlo a bada

con qualche altro pretesto.)

STRETTONIO

E così seguitando il mio discorso,

bramerei di sapere

qual ora stabiliste

al far questi sponsali.

BERTO

Avete preparato

il tutto per le nozze?

STRETTONIO

Che deggio preparar? Io per me credo

che quando ci son io

è preparato il resto.

BERTO

Ma il costume del mondo or non è questo.

E poi mia figlia Emilia

ama il gusto, e la moda, e non potria

sposar con cor contento

un uomo che par nato al quattrocento.

Non dirò, che chi maritasi

debba perder la testa,

e in un ballo, o in una festa

tutto il suo gittare invan.

V'ha nel mondo una misura

cui passar non è permesso,

benché alcun la passi spesso

sol per far quel ch'altri fan...

 

Ma poi pretendere  

con quel cappello,

con quel vestito,

con quel mantello

la mia figliuola

voler sposar;

al vostro merito

per far giustizia,

parmi o ser genero,

tale avarizia,

che vi dovreste

fin vergognar.

(parte)

Berto ->

 

Scena quinta

Doralice, e Strettonio.

 

DORALICE

Udiste la lezione  

caro signor fratello?

Saria tempo mi pare

di far tacere il mondo;

siete un ritratto, che non ha il secondo.

STRETTONIO

Ma cosa ha poi di strano

questa figura mia, perché ciascuno

mi debba criticar?

DORALICE

Tutto: la testa,

le maniere, il vestire,

il guardar, il parlare,

che un orso più che un uom vi fa sembrare.

STRETTONIO

E come si potria trovar un modo,

facile e in un economo,

di piacer alla gente?

DORALICE

Se di me vi fidate

io ve l'insegnerò.

STRETTONIO

Suvvia parlate.

 

DORALICE

Mettetevi in distanza,  

statemi ad osservar;

un poco di creanza

prima vi vo' insegnar.

Fatemi un bell'inchino,

baciatemi la mano;

non state sì lontano

mi fate incomodar.

Occhio prontezza, e grazia,

quello ch'io fo voi fate,

qua quel cappel; guardate:

così si dée portar.

Così si muove il passo,

così la man si tiene,

provate; non va bene,

peggio; tornate a far.

Così lo porta il matto,

così il plebeo lo porta,

la punta è troppo storta;

mostrate il camminar.

Sentite all'orecchio,

mio caro, fratello,

voi siete già vecchio

per far più cervello;

la pianta è già dura

non serve studiar,

né credo che il diavolo

vi possa cangiar.

(parte)

Doralice ->

 

Scena sesta

Strettonio solo.

 

 

Questa saria davvero  

una scuola perfetta

per gir modernamente all'ospedale.

Con questo naturale

che bisbetico, e burbero si crede

da mille cerca-gonzi bloccatori

che vivono alle spalle de' minchioni,

la mia borsa assicuro, e il mio danaro,

e mi giova che ognun mi creda avaro.

Gracchiar dunque lasciam; già so che il mondo

vuol sempre criticar, fa mal chi spende,

chi non spende fa peggio; Emilia è saggia

ed in me troverà senza di questo,

quanto fa d'uopo per un buon marito.

Un cappello, un vestito

disgustar non la può, qualor confronti

l'ideal col reale; e caso ancora

che scontenta ella fosse

non saprei cosa far; in questa vita

mi son anch'io fatto un sistema, a cui

invano si contrasta;

vada ben, vada mal, mi piace, e basta.

 

I capricci del cervello  

vari sono, e ognun lo sa;

ed il mondo ci par bello

sol per questa varietà.

Chi del gioco si diletta,

chi di caccia, e di cavalli,

chi a una turba che l'alletta

dà conviti, feste, e balli,

chi vuol tutte aver le mode,

e chi gode di viaggiar.

Io poi soletto

nel mio stanzino

godo di chiudermi

sera, e mattino,

con cor che balzami

per la dolcezza

con man che tremami

per l'allegrezza,

al mio carissimo

scrigno m'accosto,

dove in bell'ordine,

vedo disposto

raro tesoro,

d'argento, e d'oro,

piastre, zecchini,

doppie, dobloni,

scudi, ducati

gran medaglioni,

frutto dolcissimo

de' miei sudor,

sola delizia

di questo cor.

Le borse io piglio,

cavo il denaro,

consola il ciglio

color sì raro:

poi numerandolo

tre volte almeno,

guardolo, tastolo,

lo stringo al seno,

e dal diletto

che m'empie il petto

mi cresce l'anima

si gonfia il cor,

e ho in tasca Venere

Bacco, ed Amor.

(parte)

Strettonio ->

 

Scena settima

Doralice, Emilia, Lauretta.

<- Doralice, Emilia, Lauretta

 

DORALICE

Non s'è ottenuto poco  

dal padre vostro Emilia:

or che siete con me sperar possiamo,

di deluder l'iniquo Mascherone,

e di far aprir gli occhi

al povero Giacinto.

EMILIA

Cara amica

quanto grata vi sono!

DORALICE

Lasciamo i complimenti, tu Lauretta,

sta' dietro quanto puoi

a tutti i loro passi,

e di tutto m'avverti.

LAURETTA

Non temete Signora,

poiché mi raccontaste

tante ribalderie

strangolar lo vorrei colle man mie.

(parte)

Lauretta ->

 

Scena ottava

Doralice, Emilia, poi Giacinto.

 

DORALICE

Mi par, che venga gente, egli è Giacinto;  

io vado; Emilia all'erta.

Non gli aprite il cor vostro:

fingete indifferenza.

(parte)

Doralice ->

 

EMILIA

Ah ch'io morir mi sento in sua presenza.

 

Scena nona

Emilia, e Giacinto.

<- Giacinto

 

GIACINTO

Eccola: che far deggio!  

Che serietà! Ma non voglio esser certo

il primo a salutarla.

EMILIA

(Non parlo per mia fé, s'egli non parla.)

GIACINTO

Cosa diamine dice.

EMILIA

Favella tra sé stesso.

GIACINTO

Vorria, ma non ardisce.

EMILIA

Ha perduto il coraggio.

GIACINTO

Non cedo, caschi il mondo.

EMILIA

Si crepi, ma si vinca.

GIACINTO

È forte come un tronco.

EMILIA

(È duro come un sasso.)

GIACINTO

(Vo' veder la fin, cantiam per spasso.)

 

GIACINTO

Che forza di spirito  

si trova oggidì!

La donna era fragile

non è più così.

EMILIA

Che teste di merito,

nel mondo vi son!

Son quelle che formano

la moda, e il buon ton.

GIACINTO

Un tempio alla gloria

vedrem fabbricar.

EMILIA

De' matti la gabbia

vedrem allargar.

GIACINTO

Che nobili detti!

EMILIA

Che vaghi concetti!

GIACINTO

Sui bronzi, sui marmi

faransi tagliar.

EMILIA

Sui pubblici fogli

faransi stampar.

EMILIA

La rabbia mi rode,

crepare mi sento

se resto un momento...

è meglio parlar.

Insieme

GIACINTO

La rabbia la rode

lo veggio, lo sento,

se resta un momento...

è meglio parlar.

 

EMILIA

Signor ridicolo,

dunque ascoltate.

GIACINTO

Madam svenevole

dunque parlate.

EMILIA

Siete una bestia

senza giudizio,

che è già sul margine

del precipizio;

che invano scuotere...

che invan correggere...

l'ira mi soffoca...

parlar non so.

GIACINTO

Non v'arrabbiate,

da me imparate,

che più flemmatico

risponderò.

Siete savissima,

ciascun lo dice,

siete l'arabica

rara fenice;

ma da una femmina,

da un capo in cuffia

le leggi prendere

mai non potrò.

EMILIA

Vendetta, o barbaro

far ne saprò.

(parte)

Emilia ->

 

GIACINTO

Non state a piangere

ch'io riderò.

 

Scena decima

Giacinto e Mascherone.

<- Mascherone

 

MASCHERONE

Eccomi di ritorno; il tutto è fatto,  

il tutto è già disposto

alla gran serenata;

già la barca ci attende,

ho trovate le maschere e a momenti

i musici verran; cantar dobbiamo

il famoso quartetto

del trionfo d'Adone;

voi rappresenterete il bel garzone.

GIACINTO

Tu chi farai?

MASCHERONE

Vulcano: questa volta

al colmo giungeremo

della magnificenza.

GIACINTO

Ho un gusto estremo.

MASCHERONE

Datemi de' denari; i miei progetti

se son belli vedrete;

vi sarà molto più che non credete.

GIACINTO

Questo è il fin de' miei voti; ecco tu devi:

(gli dà una borsa)

vincer l'aspettazione

del paese, del mondo, e di me stesso.

MASCHERONE

Quanto so far conoscerete adesso.

GIACINTO

Tutto questo va bene,

ma che pensiam d'Emilia? La sua mano

Strettonio mi contende,

e fin l'idea di un tal rival m'offende.

MASCHERONE

E di che paventate?

GIACINTO

Di nulla veramente;

ma sono nel puntiglio,

e la voglio finir; vo' ch'ella stessa

a ceder prima sia: tutto si tenti

per accrescer la stima,

e l'amor ch'ha per me.

Troppo ci perdo della gloria mia,

se non fo che doman sposa mi sia.

 

Rendiam coi tratti illustri,  

famoso il nome mio,

sì che i futuri lustri,

sappian quel ch'ho fatto io,

e i Ciri, i Cresi, i Cesari

si tacciano per me.

Parli di me la patria

per piazze, e per casini,

s'esco di casa, il popolo

corra per farmi inchini,

e sieno le mie glorie

le storie dei caffè.

Mi adocchino le belle

dai palchi, e dai balconi,

mi scrivan dei biglietti,

mi voglian far de' doni,

e spasimanti ammiranmi

dal capo fino ai piè.

E la superba Emilia

che par sì forte adesso,

temendo aver rivale

tutto il femmineo sesso...

MASCHERONE

Al piede vi precipiti

per implorar mercé.

Insieme

GIACINTO

Al piede mi precipiti

per implorar mercé.

 
(partono)

Giacinto, Mascherone ->

 

Scena undicesima

Doralice, Emilia, e poi Lauretta.

Doralice, Emilia

 

DORALICE

Presto non perdiam tempo; a mascherarvi  

andatevene tosto, io già di tutto

parlai col signor Berto, e sì opportuno

trovato ha il mio pensiero,

che già si trasvestì da gondoliero.

EMILIA

Ma come mai poteste

tante cose scoprir?

DORALICE

Da questo foglio

che il birbante ha perduto; a caso poi

nelle stesse mie stanze

eran venuti i musici. Le vesti

io mi feci lasciar, donando ad essi

una medaglia d'oro,

e noi dovremo far le parti loro.

Il buio della sera

favorisce il progetto.

EMILIA

Ma qual vantaggio poi

da tal trasvestimento

ricavar si potrà?

DORALICE

Lasciar Giacinto

oggi con Mascherone

imprudenza saria. Tutto possiamo

temer da quel ribaldo,

ma finiamo le ciarle; ecco Lauretta.

 

<- Lauretta

LAURETTA

In questo punto stesso  

insieme sono usciti.

DORALICE

Sai tu dov'è Strettonio?

LAURETTA

Uscito è anch'esso

confuso, ed arrabbiato,

ma non so la ragion, né dove è andato.

 
(entra un gondoliero)

<- gondoliero

 

DORALICE

Ben bene: ecco la barca: tu Lauretta  

fa' intanto quel che sai.

Andate Emilia: e fate

voi pur quel ch'io detto:

protegga il ciel pietoso il mio progetto.

 
(partono)

Doralice, Emilia, Lauretta, gondoliero ->

 
 

Scena dodicesima

Veduta della piazzetta e canale con barche.
Strettonio in picciola barca, con tre Suonatori ordinariamente vestiti, e con chitarrino. Poi Giacinto, Emilia, Doralice, e Mascherone vestiti da Adone, Venere, Marte, e Vulcano in una pomposissima barca, con banda di Suonatori.

 Q 

Strettonio, tre suonatori

 

STRETTONIO

Queste son le finestre  

della mia bella Emilia; io non potea

da ciò disimpegnarmi.

Spenderò quattro lire,

ma vi vuole pazienza.

È un tratto necessario

in queste circostanze,

per non lasciarmi vincere

dal fratello Giacinto,

di cui per accidente

ho saputo il progetto: io lo prevengo,

e più caro al mio ben così divengo.

Ho tre gran suonatori;

due corni, e un contrabbasso: va benissimo.

Io poi col mio chitarrino,

e con qualche galante canzonetta

farò proprio stordir la mia diletta.

Vo' veder se s'accosta;

seguite ad accordar... non vedo alcuno

or la farò sortire... il canto mio

amici accompagnate;

ecco d'accordo io son; suvvia suonate.

 

Vegnì sulla finestra,  

vegnì cara Nineta,

sentì una canzoneta

che fata xe per vu.

Se non ve piase el canto

ve piasa chi lo fa,

l'è quello, che xe tanto

stracoto, e brustolà.

Vu se del sol più bela,

più bianca dela luna,

la matutina stela

tanto zentil no xe.

De rose avé el viseto,

de neve avé el nasin,

e par proprio un confeto

quel vostro bel bochin.

Vegnì caro tesoro,

lassé che mi ve veda,

vegnì se no mi moro...

 

 

Ma qual suono è mai questo,  

ch'io sento da lontano?...

 

CORO

Tranquille spirate,  

aurette beate

all'inclita figlia

di Giove, e del mar.

Né soffio importuno

di torbidi venti

sì dolci momenti

ardisca turbar.

 

GIACINTO

Scendete a terra amici, in questo stretto  

della gente il tumulto

evitar noi potrem: ehi cosa è quello?

Strettonio? O sciocco avaro!

Fingiam di non vederlo,

e godremo la scena.

<- Giacinto, Lauretta, Emilia, Berto, Mascherone, Doralice, suonatori

STRETTONIO

Guardiam come finisce...

LAURETTA

Che teste stravaganti.

EMILIA

Questi i miei sposi son.

BERTO
(a Emilia)

Questi gli amanti.

GIACINTO

D'Emilia la finestra

chiusa affatto non è.

MASCHERONE

Ella sta certo

di dietro ad ascoltarci: incominciamo:

ed il noto concerto omai cantiamo.

 

GIACINTO

Volgi volgi o bella dèa,  

al tuo caro amato Adone

il bel guardo che ricrea

questo core a te fedel.

DORALICE

Togli togli o Citerea

ogni speme a un vil mortale,

né abbia Marte per rivale

un agreste pastorel.

STRETTONIO

Zitto zitto, miei signori,

un po' più di discrezione

di tal posto io son padrone,

non mi state più a seccar.

MASCHERONE E GIACINTO

(Non badiam a questo pazzo,

seguitiam pure a cantar.)

EMILIA E DORALICE

Per guarire questo pazzo,

cosa mai ci tocca far!

MASCHERONE

Pensa pensa, o moglie rea,

che alla rete un dì t'ho colta,

e potresti un'altra volta

ne' miei lacci ritornar.

EMILIA

Pazzi pazzi che voi siete

se credete spaventarmi:

terra, o ciel non può cangiarmi,

solo Adon io voglio amar.

STRETTONIO

Non è questa la creanza

cospettaccio cospettone...

di tal posto io son padrone

mi farete bestemmiar.

DORALICE

Marte io son terribil nume

e paventa i sdegni miei,

porrò in arme uomini e dèi

per potermi vendicar.

GIACINTO

Non paventa il vostro nume,

il mio cor, gli affetti miei,

s'armeranno tutti i dèi

per me solo vendicar.

Insieme

MASCHERONE

Son Vulcan terribil nume

e paventa i sdegni miei,

porrò in arme uomini e dèi

per potermi vendicar.

EMILIA

Non paventa il vostro nume,

il mio cor, gli affetti miei,

s'armeranno tutti i dèi

per me sola vendicar.

 

STRETTONIO

Non volete terminarla?

Or finir saprò la scena,

anch'i miei farò suonar.

(ai suonatori)

Cominciate: non cedete:

rinforzate: non temete...

BERTO

Presto presto, miei signori

se annegarvi non volete.

TUTTI

Cosa è stato?

BERTO

La marina

minacciar di già vedete,

fosca è l'aria, il vento mormora,

mugghian l'onde, il ciel s'annuvola,

la ruina è già vicina

più non state ad indugiar.

CORO

Voga, premi, stali, scia.

TUTTI

Presto presto in barca in barca

non si stiamo ad annegar.

 
(partono)

Strettonio, tre suonatori, Giacinto, Lauretta, Emilia, Berto, Mascherone, Doralice, suonatori ->

 
 

Scena tredicesima

Camera.
Lauretta sola, poi Giacinto, e Mascherone.

Lauretta

 

LAURETTA

Io sono curiosissima  

di sapere qual esito

ebbe lo stratagemma; il cuor mi trema

per la signora Emilia,

per la mia padroncina,

e pe 'l signor Giacinto.

Oh quanto volentieri

impiccato vedrei

quel birbo maledetto... Ma chissà!

La mia padrona è scaltra

e potria finalmente

farlo cadere in trappola davvero;

per quanto egli sia furbo io non dispero.

Eccoli di ritorno; vo' nascondermi

e udire i lor discorsi.

 
(entra in una camera e dalla porta si fa tratto tratto vedere)
 

<- Giacinto, Mascherone

GIACINTO

Ah ah corpo di Bacco  

la scena fu graziosa.

MASCHERONE

Il diavol volle

che finì troppo tosto,

GIACINTO

Ora che si può far?

MASCHERONE

Ho già disposto.

A una festa novella

feci correre inviti; avrem fra poco

canto, ballo, accademia, e cena, e gioco.

In allegria perfetta

di passar questa sera ognun s'aspetta.

GIACINTO

M'affido al tuo buon gusto.

MASCHERONE

Non dubiti signor, diami denaro.

GIACINTO

Come? È tutto finito?

MASCHERONE

Non ancora,

ma penso al suo decoro;

penso di far veder torrenti d'oro.

GIACINTO

E in qual modo! perché?

MASCHERONE

Giocar dobbiamo;

farò banco io medesmo,

per guadagnar se posso mai le spese,

GIACINTO

Ma se tu perdi?

MASCHERONE

Io perder? non temete;

so giocar troppo ben (non sa che ho l'arte

di corregger le carte.)

GIACINTO

Ma...

MASCHERONE

Non temete dico.

GIACINTO

Ebbene: io credo ancora

aver mille zecchini

in danaro contante.

MASCHERONE

È poco veramente

far non puossi gran pompa,

potria darmi le gioie?

GIACINTO

E che far vuoi?

MASCHERONE

Quello, che fanno tutti i pari suoi;

le impegnerem sin domattina.

GIACINTO

È vero.

Ecco le chiavi.

MASCHERONE

Riuscì il pensiero.

GIACINTO

Or a spogliarmi io vado:

e in brevi istanti torno;

cosa dirà Venezia al nuovo giorno!

(parte)

Giacinto ->

 

Lauretta ->

MASCHERONE

Oh che testa! Oh che testa! in quanti modi  

non cerco il mio interesse! Io credo certo

che in così breve tempo

più far non si potea,

e seconda la sorte ogni mia idea.

Non mi manca che un colpo,

la fertile mia testa

l'ha di già immaginato;

il prodigo ho pelato, or non son sazio

se non burlo l'avaro:

con queste gioie false, con l'offerta

d'un'usura eccedente...

Va bene... ma se poi

per qualche contrattempo

si scoprisse l'inganno... Io non son solito

di lasciarmi atterrir, eppur non posso

scacciar da questa testa

quel maledetto sogno.

E mi dà da pensar più del bisogno.

 

Se una notte essendo in letto  

riposando dolcemente

d'improvviso udissi gente

alla camera picchiar.

Sto ascoltando, alzo la testa,

si raddoppiano le picchiate...

Ehi chi è là... Cosa bramate?

Chi mi viene a disturbar?

Per risposta si ribatte,

par che giù la porta cada,

di paura il cor mi batte,

non so cosa immaginar.

Veggio i sbirri, e la prigione,

la galera, ed il bastone,

la berlina, il camerotto,

il custode col biscotto,

le catene, i ceppi, i lacci,

e cent'altri uguali impacci...

Mascherone, Mascherone

in tal caso cosa far?

Eh al diavolo vanne

paura importuna,

chi prende una volta

pe 'l crin la fortuna

rimorsi non abbia,

non batta la luna,

si fidi di quella,

si lasci gui... dar.

(parte)

Mascherone ->

 

Scena quattordicesima

Emilia, poi Lauretta.

<- Emilia

 

EMILIA

Eccomi più che mai  

entrata in labirinto:

tanti usati artifici,

tante astuzie, e raggiri

a che mai ci giovaro! alcun profitto

non si trasse finora;

l'infame Mascherone

segue a sedur Giacinto; egli va incontro

all'ultima ruina, ed io frattanto

mia sorte ignoro, e mi consumo in pianto!

 

Amor pietoso Amore  

rendimi alfin la pace,

porgi ristoro a un core

stanco di tollerar.

Basti il mio lungo pianto

l'ire a saziar del fato;

cessi un amante ingrato

di farmi sospirar.

Ah se invano, io mi lusingo

se pietà di me non hai

crudo Amor mi fai

le tue leggi seguitar?

Sfondo schermo () ()

 

<- Lauretta

EMILIA

Ma Lauretta che vuol?  

LAURETTA

La mia padrona

questo foglio vi manda.

EMILIA
(legge)

O ciel che fia!

«Emilia, consolatevi.

Giacinto sarà vostro; il cielo stesso

protegge il vostro amor, venite, e tutte

le scoperte saprete

ed i progetti miei: la vigilanza

di costei ringraziate.»

E m'ho da lusingar?

LAURETTA

Non dubitate.

EMILIA

Andiam: il ciel che vede il mio tormento

questo misero cor renda contento.

 
 

Scena quindicesima

Sala illuminata con serie di camere in prospetto etc. Quattro tavolini da gioco, ad un de' quali Mascherone, che taglia, ed i Giocatori, che puntano; agli altri diversi Giocatori.

 Q 

Mascherone, Giacinto, giocatori

 
Coro generale. Strettonio, Mascherone, Giacinto.
 

STRETTONIO

Non so, queste son gioie; eppur non lascio  

di viver inquieto, un certo ceffo

ha quel birbone... Basta un gioielliere

facciasi pur chiamar, viver non posso

un punto sol con tal spavento addosso.

 

CORO GENERALE

Che lieta notte!  

Che bei momenti!

Qui entrar non ponno

cure, e tormenti,

ma al riso invita

gioia compita

che avviva le anime,

che allegra i cor.

Di questa notte

viva l'autor.

GIACINTO

Son grato al senso

del vostro affetto,

ma questo giubilo,

ma tal diletto

d'ogni compenso

mi par maggior.

CORO

Di questa notte

viva l'autor.

MASCHERONE

Che taglio strano!

Quanti doppietti...

Ecco due setti...

perduto ha il re...

GIACINTO

Signori entrate,

che cerimonie!

 
(entrano alcune maschere)

<- maschere

 

CORO

Voi ci onorate

con gran bontà.

GIACINTO

Questo è un onore

che a me si fa.

 
(Strettonio si fa vedere)

<- Strettonio

 

GIACINTO

Io vi saluto:

signor fratello.

 

STRETTONIO

M'ha già veduto,

convien entrar.

MASCHERONE

Perde la dama.

STRETTONIO

Che bei zecchini,

che bei ducati.

MASCHERONE

Signor vincete,

STRETTONIO

Un punto solo

vorrei tentar

ma non son certo

di guadagnar.

MASCHERONE

Brava madama,

voi vinto avete:

STRETTONIO

Vadan tre soldi

su questo tre.

Corpo del diavolo

ho perso affé.

Vedo che il gioco

non è per me.

MASCHERONE

Faccian per gioco

pagato è già.

CORO

Maledettissima

sia la fortuna,

non ha la perfida

costanza alcuna

e sempre sempre

pianger ci fa.

ALTRA PARTE DEL CORO

Benedettissima

sia la fortuna

benché non serbi

costanza alcuna

pur molte volte

rider ci fa.

GIACINTO

Come va il gioco?

ALCUNI

Va mal.

ALCUNI ALTRI

Va bene.

GIACINTO

Chi vince, o perde?

MASCHERONE

Sorte va, e viene.

GIACINTO

Molto può perdersi,

gran gioco fate.

MASCHERONE

Ciascuno libero

signor lasciate...

GIACINTO

Rinfreschi prendano.

MASCHERONE

Tempo or non è.

CORO

Chi gioca ha l'anima

lontan da sé.

(il coro si ripete)

Maledettissima

sia la fortuna,

non ha la perfida

costanza alcuna

e sempre sempre

pianger ci fa.

STRETTONIO

Giochino gli altri

ch'intanto io mangio,

tutti gli scaltri

fanno così.

 

Scena sedicesima

Lauretta, poi Emilia, Doralice, e Berto in maschera. Mascherone.

<- Lauretta

 

LAURETTA

Dei forestieri  

chiedon d'entrar.

MASCHERONE

Oh saran quelli

ch'han da giocar.

GIACINTO E MASCHERONE

La porta è aperta

può ognun passar.

LAURETTA
(dietro Mascherone)

Per tuo malanno

non dubitar.

MASCHERONE

Perduto ha il paroli...

Perduto ha il nove...

Quel re ritirasi...

Or l'asso va.

GIACINTO

Largo alle maschere

signori, entrate.

 

Lauretta ->

<- Emilia, Doralice

EMILIA E DORALICE

E a noi concedesi?...

GIACINTO

Voi m'onorate.

EMILIA, DORALICE

Che grati suoni,

quanta allegria,

qual compagnia

qui se ne sta.

GIACINTO

Quivi si gioca,

di là si danza,

molti conversano

nell'altra stanza,

in questa, o in quella

potete andar,

l'entrata è libera,

come vi par.

EMILIA E DORALICE

Gli altri pur ballino:

ridano, scherzino:

noi la fortuna

vogliam provar.

STRETTONIO

Il gioielliere?

Subito vengo.

 

Strettonio, Giacinto ->

MASCHERONE

Ecco i libretti

potran puntar.

CORO

Giovani state

cogli occhi in testa;

non vi fidate

di sorte infesta,

sol per più nuocere

sembra giovar.

MASCHERONE

Qui perde l'asso...

Qui perde il sei...

Questi son miei...

Bel taglio affé!

CORO

Ma sempre sempre

perder ci tocca!

MASCHERONE

Zitto, giochiamo

senza aprir bocca.

DORALICE E EMILIA

Ad arrivare

poco dée star.

MASCHERONE

Ancor un taglio

presto facciamo

quindi possiamo

noi pur ballar.

CORO

Come sì tosto

si dée lasciar?

MASCHERONE

Sulla parola

non vuo' giocar.

CORO

Non è creanza

non è onestà.

DORALICE

Né ancor l'amico

veder si fa.

Insieme

EMILIA

Né ancor il padre

veder si fa.

 
 

Scena diciassettesima

Strettonio e detti.

<- Strettonio

 

STRETTONIO

Subissatemi, torrenti,  

fulminatemi, elementi

e voi tutte o Furie d'Erebo,

disperatevi con me.

 

<- Giacinto, altri giocatori

GIACINTO E CORO

Accorrete aiuto aiuto

accorrete un pazzo egli è.

STRETTONIO

Son perduto... Me meschino...

Ladro... perfido, assassino...

DORALICE E EMILIA

(Niente niente egli è Strettonio

e la cosa ben andrà.)

GIACINTO E MASCHERONE

Cosa vedo! Egli è Strettonio,

chissà mai cosa farà?

STRETTONIO

M'ha tradito, m'ha ingannato...

gioie false!... Il mio danaro...

Ah dov'è quel scellerato?

Io mi sento oh dio mancar.

GIACINTO

Non intendo, un sogno è questo!

Cosa mai dovremo far.

MASCHERONE

Ora tutto è manifesto...

Ah potessi almen scappar.

DORALICE

Ah venisse il padre presto!

EMILIA

Ma non può troppo indugiar.

CORO

Un disordine prevedo.

E di qua me n' voglio andar.

 
(van per uscire e s'incontrano in Berto)
 

Scena diciottesima

Berto vestito da Ufficiale schiavone, con séguito di Soldati.
Coro, Giacinto, Doralice, Emilia, Strettonio.

<- Berto, soldati

 

BERTO

Piano; nessun si muova,  

chi tutto può l'impone;

s'accosti a me il padrone,

ognun s'accosti a me.

CORO

Qualche tempesta ei porta,

gelar mi sento il core;

ma non facciam rumore

perché obbedir si dée.

GIACINTO

Eccomi qua.

Insieme

CORO

Eccoci qua.

 

BERTO

Il suo nome

ciascun mi deve dir;

né ardisca pria del giorno

di questa casa uscir.

CORO E GLI ALTRI

Chi tutto può l'impone

ciascun deve obbedir.

 

BERTO

Scrivo.  

GIACINTO

Giacinto Alocchi.

DORALICE

La marchesa Apri gli occhi.

EMILIA

Alberto de' Pazienti.

UNO DEL CORO

Giulian Stuzzicadenti.

UN ALTRO

Florindo Tartufoni.

UN ALTRO ANCORA

Il conte de' Moroni.

MASCHERONE

Ed io... Ed io...

BERTO

Via presto.

MASCHERONE

Io... Mas... che... ron... Furfanti!

BERTO

Tu Mascheron? Mi basta.

STRETTONIO

Sei tu re de' birbanti?

T'ho colto in verità.

CORO E BERTO

Silenzio.

STRETTONIO

Ei m'ha rubato.

TUTTI

Silenzio.

STRETTONIO

È un scellerato.

TUTTI

Silenzio.

BERTO

V'è giustizia:

si punirà malizia;

domani si vedrà.

MASCHERONE

Ahimè che il sogno sembrami

verificarsi già.

STRETTONIO

Ho addosso tutti i diavoli

vo ad accopparmi già.

EMILIA, DORALICE, CORO E GIACINTO

Chissà l'orribil fulmine

su chi scoppiar dovrà.

MASCHERONE

Ahimè che nella camera,

il contrabbando sta,

vedo la pelle in risico,

presto si corra là.

 
(partono tutti, e vanno nelle camere, eccettuate Emilia, e Doralice)

Strettonio, Giacinto, Berto, soldati, Mascherone, giocatori, altri giocatori, maschere ->

 

Scena diciannovesima

Emilia, Doralice, poi Lauretta.

 

DORALICE

Allegri sorella,  

la scena fu bella,

e vedo che bene

dovrà terminar.

EMILIA

Tra speme, e timore

quest'anima ondeggia,

né so qual io deggia,

seguire, o lasciar.

 

<- Lauretta

LAURETTA

Venite, venite

già in gabbia è il briccone,

già chiuso è in sua stanza,

e a dieci persone

le porte commisi

di ben custodir.

DORALICE, EMILIA E LAURETTA

Su presto il birbone

si vada a punir.

 
(partono)

Doralice, Emilia, Lauretta ->

 

CORO

Ma cosa è, che scena è questa,  

chissà mai per qual ragione?

E chi è questo Mascherone?

Che ho fatto io, ch'ho da far qui?

Par che come un molinello

tutto a me giri il cervello,

e il mio cuor come un martello,

dentro il sen battendo va.

Maledetto il gioco, il ballo,

maledetta la follia,

chissà mai tanta allegria

in qual pianto finirà?

 

Fine (Atto secondo)

Atto primo Atto secondo Atto terzo

Sala magnifica.

convitati, lavoratori, Mascherone, Giacinto
 
Mascherone, Giacinto
convitati, lavoratori ->

Che vi pare signor? Siete contento

Mascherone
Giacinto ->

Non bisogna tardar, per i poltroni

Mascherone
<- Lauretta

Mascherone
Lauretta ->

Non è cattivo sogno: io non son uomo

Mascherone ->

Gabinetto.

Doralice, Berto
 

Sarà bello il pensier, ma non mi posso

Doralice, Berto
<- Strettonio

Oh signor suocero

Doralice, Strettonio
Berto ->

Udiste la lezione

Strettonio
Doralice ->

Questa saria davvero

Strettonio ->
<- Doralice, Emilia, Lauretta

Non s'è ottenuto poco

Doralice, Emilia
Lauretta ->

Mi par, che venga gente, egli è Giacinto

Emilia
Doralice ->

Emilia
<- Giacinto

Eccola: che far deggio!

Giacinto e Emilia
Che forza di spirito
Giacinto
Emilia ->
 
Giacinto
<- Mascherone

Eccomi di ritorno; il tutto è fatto

Giacinto, Mascherone
Rendiam coi tratti illustri
Giacinto, Mascherone ->
Doralice, Emilia
 

Presto non perdiam tempo; a mascherarvi

Doralice, Emilia
<- Lauretta

In questo punto stesso

Doralice, Emilia, Lauretta
<- gondoliero

Ben bene: ecco la barca: tu Lauretta

Doralice, Emilia, Lauretta, gondoliero ->

Veduta della piazzetta e canale con barche.

(Strettonio in piccola barca, con tre suonatori ordinariamente vestiti, e con chitarrino; poi Giacinto, Emilia, Doralice, e Mascherone vestiti da Adone, Venere, Marte, e Vulcano in una pomposissima barca, con banda di suonatori)

Strettonio, tre suonatori
 

Queste son le finestre

Ma qual suono è mai questo

Strettonio, tre suonatori
<- Giacinto, Lauretta, Emilia, Berto, Mascherone, Doralice, suonatori

Scendete a terra amici, in questo stretto

Giacinto, Doralice, Strettonio, Mascherone, Emilia
Volgi volgi o bella dea
Strettonio, tre suonatori, Giacinto, Lauretta, Emilia, Berto, Mascherone, Doralice, suonatori ->
Lauretta
 

Io sono curiosissima

(Lauretta entra in una camera e dalla porta si fa tratto tratto vedere)

Lauretta
<- Giacinto, Mascherone

Ah ah corpo di Bacco

Lauretta, Mascherone
Giacinto ->
Mascherone
Lauretta ->

Oh che testa! Oh che testa! in quanti modi

Mascherone ->
<- Emilia

Eccomi più che mai

Emilia
<- Lauretta

Ma Lauretta che vuol?

Sala illuminata con serie di camere in prospetto; quattro tavolini da gioco.

Mascherone, Giacinto, giocatori
 

Non so, queste son gioie; eppur non lascio

Mascherone, Giacinto, giocatori
<- maschere
 
Mascherone, Giacinto, giocatori, maschere
<- Strettonio
 
 
Mascherone, Giacinto, giocatori, maschere, Strettonio
<- Lauretta
Mascherone, Giacinto, giocatori, maschere, Strettonio
Lauretta ->
Mascherone, Giacinto, giocatori, maschere, Strettonio
<- Emilia, Doralice
 
Mascherone, giocatori, maschere, Emilia, Doralice
Strettonio, Giacinto ->
 
Mascherone, giocatori, maschere, Emilia, Doralice
<- Strettonio
Mascherone, giocatori, maschere, Emilia, Doralice, Strettonio
<- Giacinto, altri giocatori
 
 
Mascherone, giocatori, maschere, Emilia, Doralice, Strettonio, Giacinto, altri giocatori
<- Berto, soldati

(Berto vestito da ufficiale schiavone)

Berto, Coro, Giacinto
Piano; nessun si muova

Scrivo / Giacinto Alocchi

Emilia, Doralice
Strettonio, Giacinto, Berto, soldati, Mascherone, giocatori, altri giocatori, maschere ->
Doralice, Emilia, Lauretta
Allegri sorella
Emilia, Doralice
<- Lauretta
 
Doralice, Emilia, Lauretta ->
 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima Scena tredicesima Scena quattordicesima Scena quindicesima Scena sedicesima Scena diciassettesima Scena diciottesima Scena diciannovesima
Sala ordinarissima, e mal fornita. Sala decente in casa del Procuratore. Gabinetto semplicissimo. Sala in casa del Procuratore con tre porte, una nel mezzo, e due laterali. Gabinetto. Camera trivialissima con armadio, e sedie. Sala sfornita. Atrio comune con quattro porte. Sala magnifica. Gabinetto. Veduta della piazzetta e canale con barche. Sala illuminata con serie di camere in prospetto; quattro tavolini da gioco. Sala.
Atto primo Atto terzo

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