Atto secondo

 

Scena prima

Cortile in Roma.
Cesare. Livia.

 Q 

Cesare, Livia

 

CESARE

Io temo.  

LIVIA

Io spero.

LIVIA E CESARE

Ma temo sperando,

ma spero temendo,

languisco godendo,

gioisco penando,

temer, e sperar

è tutto un languire,

è tutto un penar.

 

CESARE

Livia?  

LIVIA

Cesare?

CESARE

Vano

sarà dunque il mio amore?

LIVIA

A due fiamme non basta un solo core!

CESARE

Ami dunque?

LIVIA

Seiano.

CESARE

Né per me v'è conforto?

LIVIA

Egli nel cor mi vive.

CESARE

(Ed io son morto.)

Dimmi, indurti a gl'affetti

d'uom sì torbido, altero

che può mai?

LIVIA

Quel ch'io spero.

CESARE

E di me, che sarà?

LIVIA

Chiedilo a' cieli!

CESARE

T'adoro.

LIVIA

Or che vorresti?

CESARE

Amor.

LIVIA

Tardo 'l chiedesti: ecco Seiano,

parti ch'ingelosirlo i' non vorrei.

CESARE

Che miseria è la mia? pietade o dèi!

 

Scena seconda

Seiano. Livia. Cesare.

<- Seiano

 

SEIANO

La rota instabile  

cieca fortuna

fisse per me,

e in van rivolgerla

si crede a fé,

che più mutabile

ella non è.

 

 

Livia, di'? risolvesti

d'assentir a' miei preghi?

CESARE

(Voglia 'l ciel che lo neghi.)

LIVIA

Gradirti non poss'io,

se fautor non ti fai

di Germanico mio.

CESARE

(Or che dirà costui?)

SEIANO

Sarò di sue fortune

preservator fedele.

CESARE

(Ahi fiera sorte.)

LIVIA

Chi di ciò m'assicura?

SEIANO

Sopra la vita sua Seian lo giura.

CESARE

(Spergiuri d'amator il ciel non cura.

(parte)

Cesare ->

 

LIVIA

Proteggi l'opre sue.

SEIANO

Sosterrò le sue parti.

 

LIVIA

Ed io d'amarti  

non cesserò,

fin che spirito, e vita in seno avrò.

SEIANO

Dunque mio bene,

centro sarà

de le fortune mie la tua beltà.

LIVIA

Spera Seiano

felice amor,

esulti l'anima tua, festeggi 'l cor.

SEIANO

Meta beata

de' miei desir:

alberga nel tuo seno il mio gioir.

Livia ->

 

Scena terza

Tiberio. Seiano.

<- Tiberio

 

TIBERIO

Mio Seiano gradito,  

lascia ch'al sen ti stringa,

e che gl'obblighi miei

con le stesse tue braccia al cor mi cinga.

SEIANO

Signor di debil servo

l'umiltà troppo esalti, e troppo onori.

TIBERIO

Del Celio il vasto incendio

a cui l'effigie mia sottrar facesti

gran motivi ti diede

d'illustrar la tua fede.

Onde per segno espresso,

che nel merto crescendo ogn'ora vai,

compagno dell'impero a me sarai.

SEIANO

Signor gl'uffici imiti

del luminoso nume,

e con egual costume;

mentre gl'ossequi miei di rai circondi

la luce a l'ombre in sen spargi, e diffondi.

TIBERIO

Ma Germanico giunge,

vediam ciò ch'ei riporti.

SEIANO

Come Agrippina tollerò i suoi torti!

 

Scena quarta

Germanico. Tiberio. Seiano.

<- Germanico

 

GERMANICO

Signor torno a' tuoi piedi.  

TIBERIO

Agrippina che fa?

GERMANICO

Nel suo sembiante

vidi belve nemee,

ircane tigri, barbari leoni,

arpie, cerberi, furie.

SEIANO

E torni vivo!

GERMANICO

Fu grand'il rischio.

SEIANO

E come

s'uniro belve, arpie, cerberi, e furie

con le rose, co' i gigli

con un sol così vago,

con il candor del ciel, con l'or del Tago?

GERMANICO

Ogni beltà più fulgida, e più pura

nembo di sdegno oscura.

TIBERIO

Ma che fece? partì?

GERMANICO

Vestita d'armi

sì che rassembra a punto

una Venere armata,

o da Gradivo un mascherato Amore,

vibra lampi di sdegno, e di furore.

Suscita le sue genti

a l'ire, a le vendette,

e di lucido acciar cinta la chioma

d'improvviso minaccia il Tebro, e Roma.

TIBERIO

Sì crudel? sì feroce?

GERMANICO

A l'armi avvezza

vestì ne' teneri anni elmi, e lorica;

la seguon numerose

varie genti pompose,

queste in falangi ostili ella converte,

minacciando ire espresse, e guerre aperte!

SEIANO

Sbarbicar dal terreno

convien pianta nociva

pria ch'i rami distenda.

TIBERIO

Or dunque; prendi

le schiere preparate

per flagellar con l'armi

la Pannon ia superba, e tosto opponiti,

con guerra repentina,

a l'ire d'Agrippina.

SEIANO

Sovvengati la fede

a la patria dovuta,

va' combatti, trionfa

e torna vincitor di palme cinto,

se la Venere armata,

s'il mascherato Amor già non t'ha vinto.

Tiberio, Seiano ->

 

Scena quinta

Germanico.

 

S'in odio m'avete,  

o cieli

crudeli,

almen m'uccidete;

sul misero crine

di fulmini ardenti,

tempeste cadenti,

perché non sciogliete,

s'in odio m'avete?

S'aver fé mi fate,

o stelle

rubelle,

almen m'uccidete!

A tormi la vita

con ire letali

le parche fatali,

perché non movete,

s'in odio m'avete?

 

Scena sesta

Livia. Germanico.

<- Livia

 

LIVIA

O dolci ferite  

mi fate languir:

e pur m'aggradite

col farmi morir,

tra' mesti sospiri

mi sento cader,

e pur tra' martiri

io trovo piacer.

Sfondo schermo () ()

 

 

Germanico? esponesti  

a Tiberio a Seiano

gli sdegni d'Agrippina,

gli assalti che minaccia,

le guerre, che destina?

GERMANICO

Sì.

LIVIA

Che ti disse?

GERMANICO

Capitan m'elesse

contro di lei.

LIVIA

Ch'ascolto!

GERMANICO

Mira in qual labirinto

misero son involto! E quai, se vinco,

de le vittorie mie saran le spoglie?

Condur cattiva in Roma

chi mi s'offre per moglie? E s'io son vinto

col danno de la patria

andrà congiunto il mio,

e potrà forse la calunnia altrui

di fellonia notarmi.

Or vedi, ferità di ciel tiranno,

il vincer o 'l cader m'è sempre danno.

LIVIA

Ne l'angustie più gravi

la virtù si cimenta.

Le lusinghe del senso, e del desio

supera, vinci; e segui

il destin, che ti chiama,

o a la morte, o a la fama.

GERMANICO

Per sentier generoso

seguirò l'orme illustri,

di lealtà, di fede.

Pur che nulla s'adombri

la nobiltà de l'alma il resto pera.

Sì, sì dunque m'invio

dov'il destin mi chiama,

o a la morte, o a la fama.

 

LIVIA

A la forza de le stelle  

ben resistere si può;

ma 'l mortal ben spesso imbelle

via d'ostarli non trovò.

Può 'l saggio, e 'l forte

vincer le stelle, e dominar la sorte.

Violenti i moti loro

i pianeti non han già,

il mortal, per suo decoro,

incolpando il fato va.

Può 'l saggio, e 'l forte

vincer le stelle, e dominar la sorte.

Sfondo schermo () ()

Germanico ->

 

Scena settima

Seiano. Livia. Ligdo.

<- Seiano, Ligdo

 

SEIANO

Idolo mio!  

LIVIA

Le voci

non rispondono a l'opre.

SEIANO

Perché?

LIVIA

Lasci Germanico di Marte

esposto a l'ire armate.

SEIANO

Le vittorie sperate

cresceranno i suoi merti.

LIVIA

Son del nume guerrier gli eventi incerti.

SEIANO

Contro femmina imbelle

è certa la vittoria.

LIVIA

Il cimento è maggior, minor la gloria.

 

SEIANO

A le più scelte coppie  

aggiungerò guerrieri,

ond'i trionfi suoi più certi speri.

Amerai

chi t'adora?

Dimmi un sì.

LIVIA

Non posso ancora.

Cor dolente

non dà loco

di Cupido al dolce foco,

a la fiamma lusinghiera.

SEIANO

Spera, spera,

che d'allori

cinto 'l crine tornerà.

LIVIA

Gioirà,

se ciò fia,

l'alma mia.

SEIANO

Cessa dunque

d'esser fiera.

LIVIA

Spera, spera.

SEIANO

Ma tra tanto

più languire

tu mi fai.

Amerai

chi t'adora?

Dimmi un sì.

LIVIA

Non posso ancora.

(parte)

Livia ->

 

SEIANO

Che sofferenza! Oppresso  

Germanico vedrò: ch'a la mia speme

d'arrivar a' diademi

ostacolo sì forte

è troppo periglioso.

Livia s'inganni pur, con forma aperta,

che chi finger non sa, regnar non merta.

 

LIGDO

Quanti sono ch'oggidì  

fan così.

Molte paion cortesie,

né son altro che bugie.

Più trattar con verità

non si sa.

Quest'usanza già fiorisce

s'accarezza, e si tradisce.

 

Seiano, Ligdo ->

 

Scena ottava

Campagna deliziosa fuori di Roma.
Agrippina vestita d'armi. Plancina. Eudemo.

 Q 

Agrippina, Plancina, Eudemo

 

AGRIPPINA

Bambino ch'è nudo,  

d'eserciti ignaro,

mi veste d'acciaro,

mi porge lo scudo.

Di sdegno guerriero

irato furore

m'accende nel core

il picciolo arciere.

 

EUDEMO

Contro di noi, signora,  

un esercito invia

adirato Tiberio:

e già, già s'avvicina.

PLANCINA

Siam perduti Agrippina.

AGRIPPINA

Come sì d'improvviso

ebbe pronte le schiere?

EUDEMO

Erano mosse

ver la Pannonia.

AGRIPPINA

Tosto

opporrò le mie genti,

l'avvantaggio del sito,

l'armi più forti, e forse

le milizie più esperte,

e unito a la ragion desio di gloria

ci daran la vittoria

EUDEMO

Solo a stupor m'induce,

che de l'armi latine

è Germanico il duce.

AGRIPPINA

Germanico?

PLANCINA

Che narri?

AGRIPPINA

Contro di me? Strano destin.

PLANCINA

Che pensa?

Che farà?

EUDEMO

Dunque pure

Germanico la sdegna.

PLANCINA

Eh se di sposi

v'è tanta carestia

Roma non fa per me in fede mia.

AGRIPPINA

O là: candide insegne

s'espongan tosto. Voi

a Germanico andate,

ditegli che sospendo

l'armi, e con lui di favellar attendo.

EUDEMO

Ubbidita sarai.

PLANCINA

Più strani eventi non s'udir giamai.

 

AGRIPPINA

Fier contrasto  

nel mio core

fa vendetta

con amore.

E s'affretta

di vedermi ogn'un sua preda,

pur convien ch'un d'essi ceda.

Nel mio seno

del lor foco

ambi armati

son entrati

e fra poco,

bench'ogn'un di vincer creda,

converrà, ch'un d'essi ceda.

 

Scena nona

Eudemo. Germanico. Agrippina. Plancina.

 

EUDEMO

Germanico signora  

giunge a' tuoi cenni.

PLANCINA

Che dirà giamai?

AGRIPPINA

S'ascolti. (De l'alma

si turba la pace,

si scuote la calma.)

Germanico?

 

<- Germanico

GERMANICO

Agrippina.

AGRIPPINA

Tu d'armate falangi

duce contro di me?

GERMANICO

Che far poss'io,

s'il destin m'è nemico?

AGRIPPINA

Che pretendi?

GERMANICO

Lo chiedi

al mio fato.

AGRIPPINA

Assalirmi?

Le genti debellarmi?

O vincermi, o fugarmi?

Tutto facesti omai: cedo; son vinta,

verrò se 'l chiedi prigioniera, e serva

partirò, se l'imponi;

sarò qual più t'aggrada,

e fuggitiva, e preda.

L'opre del tuo poter Tiberio veda.

GERMANICO

Dunque cedi a l'impresa?

AGRIPPINA

Per non recarti offesa.

GERMANICO

Partiran le tue genti?

AGRIPPINA

A un tuo cenno, in momenti.

GERMANICO

L'ira s'estinse?

AGRIPPINA

Cade ogni furore.

GERMANICO

Terminaro gli sdegni?

AGRIPPINA

Ha vinto amore.

GERMANICO

Vanne dunque: e gli dèi

ti siano amici.

AGRIPPINA

E parti

così, rigido ingrato!

Tu fra le regie nato

non già no: ma tra i boschi, e su le balze

più gelide, più strane

avesti il latte da le tigri ircane.

GERMANICO

A fronte de le schiere

in grado di nemico

dimmi Agrippina, oh dio,

con lusinghe d'amor parlar poss'io?

AGRIPPINA

Vieni a le tende.

GERMANICO

Lo saprà Tiberio,

la mia fede s'oscura,

la lealtà s'offende.

AGRIPPINA

Ormai m'annoia

la stolida viltà, l'asprezza austera,

che con titoli illustri

di lealtà, di fé coprir procuri.

Torna fastoso a Roma.

Per non sdegnar Tiberio

pregiudica a te stesso,

vilipendi Agrippina. Anch'io mi parto,

e a l'Armenia m'invio,

per più non rimirarti. Ingrato, addio.

GERMANICO

Fermati, oh dio, pubblicherò che t'amo

a Tiberio, a Seiano, a Roma, al mondo.

AGRIPPINA

Ne' favor di fortuna

tosto il ben si disperde,

e chi perde un istante il tutto perde.

PLANCINA

Ah, ah ti spiace eh?

A fé ti credo, a fé,

che sì buona vivanda,

sì facilmente amor altrui non manda.

EUDEMO

Speranza più non v'è,

a fé tu merti, a fé,

sempre in continue brame

de' piaceri d'amor languir di fame.

Agrippina, Plancina, Eudemo ->

 

Scena decima

Germanico.

 

La vita che giova,  

se non a penar!

Con volo rapace

la gioia fugace

nascendo dispar,

il mal si ritrova,

il ben non appar.

La vita che giova,

se non a penar!

Speranza fallace

sol usa ingannar,

di cauto mortale

prudenza non vale

i colpi a schivar.

Ch'il fato riprova

l'umano sperar,

la vita che giova,

se non a penar!

 

Scena undicesima

Agrippina. Germanico.

 

AGRIPPINA

Tu non parti? che fai?  

GERMANICO

Cerco 'l mio core

che qui perdei.

AGRIPPINA

Tiberio

saprà queste dimore,

adirar lo farai.

GERMANICO

Al mio dolente cor non crescer guai.

AGRIPPINA

Al tuo cor? Se non l'hai, che qui 'l perdesti!

GERMANICO

Non ho cor per gioire,

ben ho cor per languire.

AGRIPPINA

Non più: vanne, ch'in faccia a le tue schiere

in grado di nemico,

di lusinghiero amor parlar non déi.

GERMANICO

(Lasso troppo cadei.)

Parto sì.

AGRIPPINA

Che farai?

GERMANICO

Quanto concede

a la forza d'amor onore, e fede.

 

AGRIPPINA

Da le fiamme de lo sdegno  

nacque amore

nel mio core,

e s'avanza a sì gran segno,

che son fatta a poco a poco

tutta fiamma, e tutta foco;

e non so

quando più l'estinguerò.

Era fiamma di vendetta

quell'affetto

che nel petto

m'avvampò con tanta fretta,

ma cangiossi a poco a poco

quella fiamma in alto foco.

E non so

quando mai l'estinguerò.

Sfondo schermo () ()

 
 

Scena dodicesima

Giardino in Roma.
Livia. G. Cesare.

 Q 

Livia, Cesare

 

LIVIA

Ho pietà del tuo duolo.  

CESARE

Or perché mi tormenti?

LIVIA

Io?

CESARE

Sì.

LIVIA

Come?

CESARE

Prigionier mi tieni.

LIVIA

Libertà ti concedo.

CESARE

Mi dai ciò, ch'io non chiedo.

LIVIA

Dunque incolpa te stesso.

CESARE

Accuso te, che mi legasti.

LIVIA

Credi,

Cesare, che t'inganni.

CESARE

Sono i tuoi crini d'or i miei tiranni.

 

LIVIA

S'amor tolse l'auree fila

da' miei crini, e ti legò,

li rubò,

ch'io nulla so.

E t'inganna, e teco finge,

spezza il nodo, che ti stringe.

S'ei ti dice che lo strale

da' miei lumi pur uscì,

lo rapì,

quando ferì.

E t'inganna, e teco finge,

spezza il nodo, che ti stringe.

(parte)

Livia ->

 

CESARE

Che fate voi con me  

speranze vane?

Inumane dispietate

son armate di fierezze

le bellezze ch'adorate.

Se d'aita, e di pietate

loco alcuno più non v'è,

che fate voi con me?

Non albergate più

dentr'il mio core,

ogni ardore cessi pure:

se sicure voi non sete,

né potete a le punture

de l'acerbe mie sventure

aver punto di mercé,

che fate voi con me?

Cesare ->

 

Scena tredicesima

Tiberio. Seiano. Ligdo.

<- Tiberio, Seiano, Ligdo

 

TIBERIO

Sì, sì fuori di Roma,  

e lungi dal comando

bramo condur i miei canuti giorni;

lo scettro vuol depor la stanca mano.

E le mie veci sosterrà Seiano.

 

SEIANO

De l'impero latino,  

benché assente sia tu, l'alma sarai.

Così 'l sol vago, e biondo,

sia lontan quanto vuol, dà vita al mondo.

TIBERIO

L'Atlante mio sarai.

SEIANO

Pur ch'io non sia 'l Fetonte,

ch'inesperto cadé dal carro aurato.

TIBERIO

Troppo Seiano amato

il paragon disdice.

SEIANO

Sempre più dée temer chi è più felice!

 

TIBERIO

La fortuna dispettosa  

cede al fin alla virtù.

Quanto quella è più noiosa,

tanto questa è forte più.

Inimica rigorosa

l'una e l'altra sempre fu,

ma fortuna dispettosa

cede al fin alla virtù.

 

SEIANO

Ferma signor, ch'a noi

Germanico se n' viene.

Ligdo ->

 

Scena quattordicesima

Germanico. Livia. Seiano. Tiberio.

<- Germanico, Livia

 

GERMANICO

Le picciole arene  

sì non scuote

vento irato,

quanto me bersaglia il fato!

LIVIA

Ecco Tiberio.

GERMANICO

A te signor m'inchino.

TIBERIO

Così tosto ritorni?

GERMANICO

Ali mi diede

il contento, e la gioia.

A l'apparir, signor, de le tue genti,

al lampeggiar de l'armi,

ed a lo stender sol l'aquile a i venti,

abbagliata, atterrita

cesse Agrippina, ritirò le schiere:

parte, si dà per vinta, altro non chiede,

ed io questi trofei porto al tuo piede.

TIBERIO

Or la tua fé conosco;

al tuo merito applaudo,

e contento t'abbraccio.

LIVIA

Lieta respiro.

SEIANO

Ed io già son di ghiacci.

TIBERIO

Chiedi ciò che t'aggrada: a' merti tuoi

nulla sia, che si neghi.

GERMANICO

(Adesso è tempo.)

Già che Seian ricusa

le nozze d'Agrippina.

SEIANO

(Ah ah l'intendo.)

GERMANICO

A me signor concedi

ch'io le ottenga.

LIVIA

(Dimanda inopportuna!)

SEIANO

Che ti dissi? Ora vedi

s'i sospetti son certi.

TIBERIO

Le nozze d'Agrippina! Ah ben comprendo

gl'affettati concerti,

resti prigion l'infido...

Le colpe son patenti,

l'infedeltà sicura,

l'ingiuria manifesta.

LIVIA

Oh dèi, che sento?

TIBERIO

E l'istessa vittoria è un tradimento.

SEIANO

Vieni, vieni; lo sdegno

di Tiberio placar ambi cerchiamo.

LIVIA

Così 'l fato ci arrida.

SEIANO

Livia, Livia adorata in me confida.

Tiberio, Seiano, Livia ->

 

Scena quindicesima

Germanico.

 

Perché quand'apersi  

a l'aure vitali

le labbra infelici,

non erano aspersi

di fiati letali

i giorni nemici

per farmi perir?

Che d'un lungo penar meglio è 'l morir.

S'ogn'ora stancarmi

con aspri tormenti

la sorte dovea

più tosto negarmi

i primi alimenti

benigna potea,

e farmi perir,

che d'un lungo penar meglio è 'l morir.

Germanico ->

 

Scena sedicesima

Ligdo. Gaio Cesare.

<- Ligdo, Cesare

 

LIGDO

Così afflitto? per che?

CESARE

Livia m'aborre.

 

LIGDO

Par che tutto a contrario  

influiscan le stelle.

Germanico è depresso,

e da sorte serena

inalzato Seiano.

CESARE

E Gaio pena.

LIGDO

La turba adulatrice

che se n' va con l'applauso,

quasi legno su l'onde

ove l'aura la spinge,

né sa ch'il vento stesso

che lo vezzeggia un dì, l'altro lo frange,

danza, ride, e festeggia.

CESARE

E Gaio piange.

Amor se tra gli dèi

che son tutta bontà

lurco pur hai,

perché senza pietà,

uno spirto infernal chiamar ti fai?

Se pur sei dolce nodo

che l'alme sai legar,

deh perché poi,

facendo altrui penar,

uno spirto infernal mostrar ti vuoi?

LIGDO

Lieto stuolo danzando,

e Seiano acclamando,

veggio venir: io parto,

che sapendo i suoi falli, e le sue colpe,

parmi sempre veder qualche sventura.

Quest'è un seren d'april, che poco dura.

 
 
Vengono 8 Servi facendo un ballo.
 

Fine (Atto secondo)

Atto primo Atto secondo Atto terzo

Cortile in Roma.

Cesare, Livia
 
Cesare e Livia
Io temo / Io spero

Livia? / Cesare?

Cesare, Livia
<- Seiano
Livia, Seiano
Cesare ->

Livia e Seiano
Ed io d'amarti
Seiano
Livia ->
Seiano
<- Tiberio

Mio Seiano gradito

Seiano, Tiberio
<- Germanico

Signor torno a' tuoi piedi

Germanico
Tiberio, Seiano ->
Germanico
<- Livia

Germanico? esponesti a Tiberio

Livia
Germanico ->
Livia
<- Seiano, Ligdo

Idolo mio!

Seiano, Ligdo
Livia ->

Che sofferenza!

Seiano, Ligdo ->

Campagna deliziosa fuori di Roma.

Agrippina, Plancina, Eudemo
 

Contro di noi, signora

Germanico signora

Agrippina, Plancina, Eudemo
<- Germanico

Germanico
Agrippina, Plancina, Eudemo ->

Tu non parti? che fai?

Giardino in Roma.

Livia, Cesare
 

Ho pietà del tuo duolo

Cesare
Livia ->
Cesare ->
<- Tiberio, Seiano, Ligdo

De l'impero latino

Tiberio, Seiano
Ligdo ->
Tiberio, Seiano
<- Germanico, Livia

Le picciole arene

Germanico
Tiberio, Seiano, Livia ->
Germanico ->
<- Ligdo, Cesare

(Vengono 8 servi facendo un ballo.)

 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima Scena tredicesima Scena quattordicesima Scena quindicesima Scena sedicesima
Sala reale. Villa deliziosa fuori di Roma con siti d'acque cadenti, confina col monte Celio. Cortile in Roma. Campagna deliziosa fuori di Roma. Giardino in Roma. Stanze reali. Luogo delizioso con logge.
Atto primo Atto terzo

• • •

Testo PDF Ridotto