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La prosperità di Elio Seiano

LA PROSPERITÀ DI ELIO SEIANO

Dramma per musica.

Versione sintetica a cura di www.librettidopera.it.

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Libretto di Nicolò MINATO.
Musica di Antonio SARTORIO.

Prima esecuzione: gennaio 1667, Venezia.


Intervenienti:

TIBERIO imperatore

baritono

Elio SEIANO favorito dell'imperatore

contralto

LIVIA

soprano

GERMANICO suo fratello

soprano

AGRIPPINA

soprano

Gaio CESARE

soprano

LIGDO confidente di Elio Seiano

tenore

PLANCINA vecchia, con Agrippina

contralto

EUDEMO paggio, con Agrippina

tenore

OMBRA DI DRUSO che fu marito di Livia e fu fatto avvelenar da Seiano

altro


Coro di Soldati pretoriani. Coro di Servi. Coro di Damigelle. Coro di Cavalieri. Coro di Popolo. Coro di Paggi.

L'opera si rappresenta in Roma, e ne' luoghi suburbani di essa.

Serenissima altezza

L'ossequii del mio cuore, umiliato all'immensità del merito dell'a. v. ser., le grazie de' suoi virtuosi fatte per felicitare l'armonie di questo dramma, e il beato motivo d'una nascente speranza di veder glorificata la mia penna con qualche comando di a. v. ser. sono le riverenti lusinghe, che affidano il mio ardire di coronar questi fogli con lo splendore infinito del di lei augustissimo nome. Si degni, che mentre giungono queste carte alle sue mani, si prostri il mio ossequio più divoto a' suoi piedi, e conceda, che l'ombre delle debolezze del mio ingegno restino coperte sotto i fulgori, che il nome immortale dell'a. v. ser. imprimerà su la fronte di questo dramma.

Compatisca l'ardire con quella benignità ch'in essa ammirandosi, confonde le memorie de' secoli, e insegna nuove meraviglie allo stupore; e si degni donarmi per un raggio delle sue grazie il titolo di suo servo, che non meno a' suoi piedi, che su queste carte imprimo; sublimando la mia fortuna alla gloria di potermi pubblicare all'universo.

Di v. a. ser.

Umil. divot. e rev. serv.

Nicolò Minato

Di Venezia lì 15 gennaio 1667

Lettore

Eccomi a supplicarti ancora del tuo benigno compatimento alle mie debolezze. Già col Xerse, con l'Artemisia, l'Antioco, lo Scipione, il Muzio, il Seleuco, e il Pompeo, credo, che ti sii reso avvezzo a tollerarmi, mentre vedo la cortesissima continuazione delle tue grazie; le quali mi fanno sempre più bramare di servirti, professando io di farlo per ossequio, e per tributo di riverenza a' tuoi favori. A questo dramma, nominato La prosperità di Seiano, doveva la sera immediatamente seguente vedersi l'altro intitolato La caduta di Seiano, ma per non ritardarti il godimento de gl'insigni virtuosi che v'intervengono, e il diletto della musica del signor Antonio Sartorio maestro di cappella del serenissimo di Bransvich, il quale ti farà stupire con l'armonia delle sue note, s'è voluto prevenire con questa, per farti poi in brevi giorni sentire anco l'altra composizione. So che le voci fato, destino, dèi, e simili saranno da te ricevute nel solito sentimento della favolosa antichità: essendoti noto, che per la cattolica fede sono pronto a spargere il sangue, come per servire al tuo diletto spargo gl'inchiostri. Compatisci: e vivi felice.

Argomento

Di quello che si ha dall'istoria.

Elio Seiano posto alla corte di Tiberio imperatore di Roma incontrò sì felice fortuna, che prima fatto capitano de' pretoriani, fu poi arricchito dall'imperatore d'innumerevoli favori. Concorsero tra gli altri due casi felici per Seiano ad accrescergli la grazia di Tiberio: l'uno, che salvò la di lui statua nell'incendio del monte Celio, avendola intatta fatta ritirar dalle fiamme; l'altro che sedendo Tiberio sotto certo volto di grotta, o loggia, rovinando questo sopra Tiberio, vi si sottopose Seiano, e lo sostenne fin che fuggì senza offesa. Finalmente fatto vecchio Tiberio volendo partirsi di Roma lasciò in suo luogo nell'imperio Seiano. Questi però aveva sempre nutriti pessimi costumi sotto speciosa apparenza. Nel suo cuore avevano di continuo tenuto gran posto i pensieri d'arrivare all'impero: quindi fece morir d'occulto veleno Druso, ch'era marito di Livia, per facilitarsi e la strada al dominio, e la consecuzione degli amori di essa. Perseguitò Agrippina figlia di Vipsanio Agrippa, e Germanico di lei marito, a segno che questi morì di veleno, e se bene operato da Pisone, forse però non innocente di quella morte Seiano: Ita Cornelius Tacitus.

Di quello che si finge.

Sopra quest'istoria, abbandonando i funesti successi del veleno di Druso seguìto molt'anni prima, e allontanandosi da quello di Germanico, nel colmo della felicità di Seiano, non lasciando la proprietà istorica, nella qualità de' sentimenti di ciascun personaggio, per intreccio del dramma si fingono li seguenti verisimili.

Che da Tiberio fosse stata destinata a Seiano per sposa Agrippina: e che, trovandosi questa nell'Armenia dove Vipsanio suo genitore comandava alle romane milizie, fosse stato mandato Germanico per levarla. Che poi arrivando vicino a Roma egli precorra con gl'avvisi, perché sia comandato l'incontro; ma che, lodandola molto Germanico, se ne ingelosisca Seiano, e ricusi d'accettarla, mosso anco a ciò dall'amore ch'a Livia fatta vedova di Druso egli portava: e indi ne divenga persecutore.

Che Livia non sapesse, che il marito Druso fosse caduto per opera di Seiano: piacendo all'autore occultar alla memoria ch'ella fosse conscia, anzi per indegna causa, compartecipe del delitto.

Che G. Cesare fratello d'Agrippina vivesse in Roma tenendo occulti i suoi natali per comando paterno, che fin da le fasce l'aveva finto smarrito per tenerlo celato a motivo d'auguri e oracoli d'Apollo. E che questo sia invaghito di Livia, la quale inclinando a Seiano, ricusi di corrispondere a Cesare.

In questo stato di cose si forma il dramma, nominato La prosperità di Seiano.

Atto primo
Scena prima

Sala reale.
Tiberio. Seiano. Coro di pretoriani. Ligdo domestico di Seiano.

SEIANO

Sostegno de l'impero,

splendor del Lazio, deità di Roma,

le pretorie coorti

reggi, modera, e doma.

Io de l'impero tuo,

or ch'i regni del mondo

con quelli delle sfere

teco Giove divide,

Tiberio non temer, farò l'Alcide.

TIBERIO

Voi conspicue falangi, eroiche schiere

del mio Seiano amato,

seguite la fortuna, amate il fato.

SEIANO

Non avran gl'imperi miei

sdegni rei,

ire torbide,

odio insano.

CORO

Viva viva Seiano.

SEIANO

Non alberga nel mio core

fier rigore,

cui si porgano

preghi invano.

CORO

Viva viva Seiano.

Scena seconda

Gaio Cesare. Tiberio. Seiano. Coro di Pretoriani. Ligdo.

CESARE

Cieca sorte

quanto innalzi quest'altero!

Ma incostante

non hai fede,

e un dì lo calcherai col nudo piede.

TIBERIO

Giovane generoso,

che gl'occulti natali

con la virtù crescente ogn'ora illustri,

spera giorni felici;

tutti de la milizia i gradi adempi,

e di Seiano mio segui gl'esempi.

(parte)

CESARE

Non sicuro sentiero,

Tiberio, mi dimostri. Io, cui son noti

i miei nobili esordi,

ancor ch'altrui saggia ragion gl'occulti,

con oprar non oscuro

dal genitor non tralignar procuro.

Tu m'assisti, e mi reggi;

le vie del tuo voler tu pur m'addita,

incompresa bontà, virtù infinita.

Tu mi salva, e proteggi,

auror del tutto, sempiterna vita,

incompresa bontà, virtù infinita.

Scena terza

Ligdo.

Voi, che con tanti lumi,

quante son le facelle, onde splendete,

a l'opre de' mortali

indefesse vegliate, eterni cieli,

deh perché sovra i rei piovete il bene?

E gli innocenti poi lasciate in pene!

Ma de l'eterne menti

di penetrar gl'arcani

l'insano ardir onde giammai assumo?

Io, ch'un atomo sono, un'ombra, un fumo!

Quel ch'altrui rassembra gioia

forse è pena,

che dà noia;

e con faccia di martire

il gioire forse viene.

E invano la cagion saper presumo

io, ch'un atomo sono, un'ombra, un fumo.

Scena quarta

Germanico. Soldati.

GERMANICO

O felice chi non ama!

E non porta acceso il core

da l'ardore

del bendato

faretrato,

che gran nume il mondo chiama.

O felice chi non ama!

Di due labbra vezzosette

o ridenti, o dispettose

stan le rose,

d'ogni affetto

vuoto il petto

non le teme, o non le brama,

o felice chi non ama!

Scena quinta

Seiano. Suo corteggio. Germanico. Suoi soldati.

SEIANO

Germanico?

GERMANICO

Seiano?

Di Tiberio a' comandi

da l'Armenia, ove Agrippa

a le romane legioni impera,

per tua sposa condussi

Agrippina sua prole,

centro de la bellezza, idea del sole.

Precorsi ad avvisarti:

or qual chiede il suo merto

pomposo incontro imponi,

mentre fra le sue tende,

vicino al monte Celio ella m'attende.

Il sol, ch'unito in un sol globo ardente

splende colà nel cielo,

bipartito in due rai

ne gli occhi suoi vedrai.

Al candor de la fronte,

al vermiglio del labbro,

cedon le rose, e i gigli onde s'infiora

la più vezzosa Aurora,

de la strada celeste

smalta il candido latte il puro seno,

e sul crin biondo, e vago,

con precipizi d'oro inonda il Tago.

SEIANO

Germanico, rimanti.

GERMANICO

Altro non dici?

SEIANO

Addio.

GERMANICO

Men scortese a uno scita

risponderesti, o a un barbaro numida.

De la sposa bramata

altro senso non hai? Se d'un nemico

t'esprimessi gl'encomi

più rigido, o insensato,

dimmi dì, partiresti?

Di Seiano son questi

i costumi sublimi, onde Tiberio

sì l'inalza, e l'onora?

Da l'uscio de l'Aurora

fino d'Atlante al mar

ricalca quanto sai

biondo rettor de' rai

i corsi tuoi

più discortese cor mirar non puoi.

Caucasa rupe alpestre,

cui le vene indurò

borea co' freddi venti

sian pur rigidi, algenti

i marmi tuoi,

sasso più duro mai produr non puoi.

Scena sesta

Tiberio. Poi Seiano. Guardie.

TIBERIO

Vive sempre un uom, che regna,

tra le guardie de' sospetti

prigioniero del decoro.

Ha legati insin gli affetti,

cinto ogn'or di ceppi d'oro.

E si trova esposto sempre

a censura rigorosa

del malevolo plebeo;

e l'invidia dispettosa

cerca ogn'or di farlo reo.

Mesto se n' vien Seiano;

che fia?

SEIANO

Signor con alma ingiusta,

Germanico la sposa

ch'a me conduce, adora. Io con tua pace

più signor non la voglio;

con encomi affettati, e lusinghieri

la lingua contumace

del cor acceso m'additò la face.

TIBERIO

Che mi narri?

SEIANO

L'altero

aspira a nozze; e forse,

con rubelli pensieri,

va disegnando imperi.

TIBERIO

Sempre audace 'l conobbi.

SEIANO

I cenni tuoi?

L'onor de' miei sponsali?

Il rispetto? la fede?

Nel temerario core

non frenaro l'ardore?

TIBERIO

Vanne: renderò vano ogni disegno.

SEIANO

(Il colpo che prefissi ha colto al segno.)

TIBERIO

Tanto più facili

sono a cader

quanto più s'ergono

di genio torbido

folli pensier:

tanto più facili

sono a cader.

Tanto più i fulmini

denno temer

quanto più inalzano

eccelse macchine

il volto altier:

tanto più fulmini

denno temer.

Scena settima

Livia. Germanico, Accompagnamento.

LIVIA

Non cessate

stelle irate,

di scherzar con noi mortali.

Son fatali

le cadute,

né resister vi può forza, o virtute.

Sordi cieli.

Si quereli

quanto sa mortal dolente,

ch'inclemente,

adirato

non può forza, o virtù placar il fato.

A Germanico avverso

gira sempre il destino

e con mutanze inopinate incerte

quant'egli opra di bene in mal converte.

Eccolo a punto.

GERMANICO

Livia,

quanto più, ch'io rifletto

al sentimento austero,

che Seiano mostrò, (qual ti narrai)

più confuso rimango

e meco stesso il mio destin compiango.

LIVIA

Reggano a lor talento

le stelle i sensi altrui,

opriam noi qual richiede

giusta innocenza; inviolabil fede.

Scena ottava

Ligdo. Germanico. Livia.

LIGDO

Tiberio questo foglio

a te signor, invia.

GERMANICO

Porgi.

LIVIA

Cieli che fia!

GERMANICO

(legge)

«Ove Agrippina attende

vanne e senza dimore,

tosto la riconduci al genitore.»

Che leggo mai?

LIVIA

Che sento!

GERMANICO

Ah Tiberio, ah Seiano!

In Armenia ad Agrippa

ricondurrò la figlia!

Ripudiata, e non veduta! O cieli!

Di sì eccelsa bellezza

così ingiusto rifiuto!

Ed io sarò ministro

d'opre così deformi?

Che potrò dir? Assentirò ad espormi

a l'ire, a le vendette

d'ingiuria irragionevole, indecente?

No, no: voglio più tosto

viver giorni mendichi,

abitator silvestre

o in arena deserta, o in balza alpestre.

LIVIA

Odi, ferma, se fuggi

diran, che d'Agrippina

con sinistri rapporti,

tu gli sprezzi inducesti,

tu a' rifiuti movesti.

GERMANICO

Avvertenza prudente.

LIVIA

Cangia, cangia pensiero:

vattene, il tutto narra,

semplice esecutor, e messaggiero.

GERMANICO

Andrò: che fia giammai?

L'ambasciator, del prencipe è un'eco vivo;

replica le sue voci;

e chi sarà che de l'ingiurie altrui

voglia punir lo speco

perché nel sen loquace alberga un'eco?

Scena nona

Gaio Cesare. Livia.

CESARE

Livia! (Oh dio non m'arrischio.)

Livia.

LIVIA

Gaio che brami?

CESARE

Non so qual ne la fronte

nume t'alberghi, e deità risieda,

che con occulta forza

ad adorar i lumi tuoi mi sforza.

LIVIA

Cesare il genio tuo

qual debole bambin, ch'ancor vagisce,

tutto apprende per grande, e s'atterrisce.

CESARE

Eh se tu concedessi

un poco d'alimento

di cortese speranza al cor amante

tosto il bambino diverria gigante.

LIVIA

La speranza è una chimera

che ogni un fingere la sa;

ella nasce in ogni core,

chi la vuole sempre l'ha;

ella è un'ombra lusinghiera,

che il desio seguendo va.

La speranza è una chimera

che ogni un fingere la sa.

Un piacer è la speranza,

che ottenerlo ogni uno può,

a ciascun, che la pretende

ella mai non dice no.

Chi le presta fede intiera

consolato ogn'ora sta.

La speranza è una chimera

che ogni un fingere la sa.

CESARE

Così cruda mi lasci, e per mio danno

mi palesi, e m'insegni

che la speranza è un volontario inganno.

Picciol nume

di ferirmi puoi lasciar;

lo sperar

se mi fia vano

cessa di saettar cieco inumano.

Se la speme

che potrebbe consolar

il penar

pur mi deride,

lascia cor mio d'amar beltà ch'uccide.

Scena decima

Seiano. Poi Livia.

SEIANO

Se potesse il cor cessar

di seguire una beltà,

quand'è stanco di penar,

chiamerei felicità

il servire, e l'adorar.

Ma perché prefisso fu,

che chi misero cadé

in amor non sorge più,

un inferno dir si de'

l'amorosa servitù.

Ecco Livia: non so se gelosia

di Germanico, o pure

la beltà di costei

a escluder Agrippina

induca i sensi miei. Bella?

LIVIA

Seiano.

SEIANO

È possibile mio bene,

ch'il mio duol sia tuo contento,

tue delizie le mie pene,

tuo piacer il mio tormento?

LIVIA

Come poss'io, Seiano,

creder mai a le tue voci amorose,

se fin là da l'Armenia

vai cercando le spose.

SEIANO

Così volea Tiberio: e ben tu scorgi

al genitor delusa

ritornar Agrippina,

e a l'impero latin Livia vicina.

LIVIA

A l'impero latin? come Seiano?

SEIANO

Tiberio è già canuto: e tu non vedi

che tutto a mio favor il ciel dispone,

che mi seguon gli scettri, e le corone?

LIVIA

Sì ma esposto rimiro

a l'ire, a le vendette il mio germano.

SEIANO

Ti lascio: pensa, o Livia

con più elevato ingegno.

E metti in paragon fratello, e regno.

LIVIA

Chi su l'altrui ruine

i regni fabbricò,

cadé, precipitò.

A tutto il ciel sovrasta:

per viver lieto l'esser re non basta.

Chi con l'altrui cadute

alzarsi procurò

cadé, precipitò.

Chi nutre rei pensieri

viver contento lunghi dì non speri.

Scena undicesima

Villa deliziosa fuori di Roma con siti d'acque cadenti, confina col monte Celio.
Agrippina. Plancina nutrice.

AGRIPPINA

Fonti limpide, e chiare,

che con passi d'argento

per strade di smeraldi ite fuggendo,

anch'io fuggir amor da voi apprendo.

Come 'l continuo corso

rende chiaro 'l cristallo

de l'onda vostra che giamai s'oscura

così 'l fuggir amor fa l'alma pura.

PLANCINA

Troppo omai differisce

Germanico il ritorno.

AGRIPPINA

Tardan forse il soggiorno

gl'apparati, e le pompe.

PLANCINA

Le gioie prolungate

riescono più grate.

AGRIPPINA

Sento però nel core

un palpitar confuso, ed indistinto

che mi par, fra sospiri

precursor di sventure, e di martiri.

Su la rota de la sorte

sorda, e cieca, ogn'uno sta,

né mai sa

quando fermi il corso abile

del legno instabile.

Adirate ogn'un, che nacque

le sue stelle ritrovò

né si può

mai saper, benché si preghino,

quando si pieghino.

PLANCINA

Agrippina

è vicina a lo sposo,

e riposo

non ritrova:

io per prova

ben l'intendo,

benché parli in frase oscura;

è un appetito sol de la natura?

Scena dodicesima

Germanico. Poi Agrippina, e Plancina.

GERMANICO

Chi ha nemica la fortuna

viver lieto mai non speri,

ogni gioia

si fa noia

sempr'avversa, ed importuna

la ritrovi a' tuoi pensieri.

Quand'il crine altrui ritolse

usa poi costumi fieri.

Ogni bene

cangia in pene,

e tormenti solo aduna,

ove pria donò piaceri.

AGRIPPINA

Momenti più noiosi

non ebbi mai.

PLANCINA

Signora

egli è qui. Lieta, lieta.

AGRIPPINA

Parmi confuso, e mesto.

Germanico?

GERMANICO

Agrippina?

AGRIPPINA

Turbato i rassembri.

Che riporti? Favella.

GERMANICO

L'influenze maligne.

O l'incostanza umana.

Anzi sospetti, gelosie (confuso

non ritrovo il principio).

AGRIPPINA

Intesi, intesi.

Forse de le mie nozze

è pentito Seiano?

Parla; rispondi.

GERMANICO

A ricondurti al padre

m'invia Tiberio. I cieli

m'attestino qual sento

ira, confusion, pena, tormento.

PLANCINA

Sventurata ch'ascolto? Oh cieli! oh dèi!

AGRIPPINA

Io sprezzata così?

Io così vilipesa?

Mi ripudia Seiano?

Mi caccia Tiberio?

È mia colpa? È suo sdegno? O mio destino?

Tutto mi svela, dì.

GERMANICO

Con giuste lodi

spiegai le tue bellezze,

le ampliai, le descrissi

con nobil paragon di ciel, di sole.

PLANCINA

Sii tu pur benedetto.

GERMANICO

Mossero gelosia le mie parole.

PLANCINA

Vedi, vedi che sorte?

GERMANICO

Ei mi suppose amante. E già che puote

concepirmi infedele,

e s'indusse Tiberio

a credermi sleal; m'avesse almeno

tratta l'alma dal seno.

Se questa è reità, se quest'è colpa,

il colpevol io sono, io sono il reo;

fa venir chi m'uccida,

ch'il morir a' tuoi piè mi fia trofeo.

AGRIPPINA

Sorgi: che sì crudel già non son io,

quant'è stolto Seiano.

Di te s'ingelosì? dunque il tuo merto

maggiore del suo confessa.

Che gelosia non nasce

di chi più vil si crede

in chi più degno si conosce. I' certo

di Seiano i giudizi,

di Tiberio gl'assensi

stimar poco non oso.

Sarai dunque mio sposo,

che di questi imenei,

s'ei degno ti stimò, degno tu sei.

PLANCINA

Bene a fé, bene!

GERMANICO

Ferma Agrippina: questo

è un dar forza a i sospetti.

AGRIPPINA

È un vendicarsi

di chi li concepì.

GERMANICO

Ma farmi reo

di vile infedeltà.

AGRIPPINA

Falsa è l'accusa.

GERMANICO

Ma ch'il saprà?

AGRIPPINA

Gli dèi.

GERMANICO

E Roma, e 'l mondo?

AGRIPPINA

Basta:

così risolsi; e di vibrato dardo

fermar il preso corso è più leggero,

che di donna cangiar fermo pensiero.

PLANCINA

Buon pro signor, addio.

A fé lo piglierei per sposo anch'io.

Scena tredicesima

Germanico.

Quanto meco tu scherzi iniqua sorte!

Quel ch'accettar non posso

cortese m'esibisci.

D'impossibili gioie

prodiga m'arricchisci

e perché maggior pena il mal mi rechi

tu m'avvicini al sol, e poi m'acciechi.

A gl'assalti di beltà

chi resiste

molto fa.

Qui consiste

la costanza, e la fortezza!

Ha più forza una bellezza

ch'un esercito non ha.

Chi resiste

molto fa.

Pur a i lacci d'un bel crin

sol chi vuole

cede al fin.

Se per Iole

a filar s'indusse Alcide,

de l'insania v'è chi ride;

che s'Amor è un dio bambin

sol chi vuole

cede al fin.

Scena quattordicesima

Plancina. Eudemo.

PLANCINA

Se le chiome

tempo avaro incanutì

tutti ancora non sopì

i pensieri del piacere;

chi mi parla di godere

mi discaccia ogni martir

e mi fa ringiovanir.

Non si perde

con i giorni la virtù,

solo acerbi in gioventù

sono i frutti de' diletti,

ma si rendon più perfetti

se stagion li maturò,

chi no 'l prova dir no 'l può.

EUDEMO

T'inganni a fé se credi

persuader altrui

a far già mai rifiuto

di vaga treccia d'or per crin canuto.

Come vuoi tu ch'Amore,

ch'è tenero bambino,

alimentar si possa

sol di pelli rugose, e d'arid'ossa?

PLANCINA

Non son già qual tu credi

consunta da l'età,

ho qualche avanzo ancor di mia beltà.

EUDEMO

La femmina invecchiata

è un vestito all'antica,

ogn'uno lo ricusa,

è stato bello un dì ma più non s'usa.

PLANCINA

Ecco Agrippina: taci.

Scena quindicesima

Agrippina. Plancina. Eudemo. Poi Germanico.

AGRIPPINA

Lucide faci

ch'in cielo splendete;

piovete

serene

vezzosi splendori

ch'in sen del mio bene

diventino ardori.

Picciolo nume

quel dardo, che spezza

asprezza,

rigore,

se gloria tu brami

avventa in quel core,

fa pure ch'egli ami.

EUDEMO

Eccolo a fé.

AGRIPPINA

Germanico che pensi?

GERMANICO

A le mie pene acerbe.

AGRIPPINA

L'esser amato è pena?

GERMANICO

Oh dio, deh taci.

AGRIPPINA

M'aborrisci tu forse?

GERMANICO

Tolganlo i cieli.

AGRIPPINA

Adunque

segui 'l mi' amor.

GERMANICO

Non posso.

AGRIPPINA

Chi te 'l vieta?

GERMANICO

La sorte.

AGRIPPINA

E 'l tuo voler?

GERMANICO

È servo.

AGRIPPINA

Di chi?

GERMANICO

De la ragion.

AGRIPPINA

Chiedi a Tiberio

ch'a me ti doni.

GERMANICO

Chiederei la morte.

AGRIPPINA

Io 'l chiederò.

GERMANICO

Tanto abbassar ti vuoi

a chi t'offende?

AGRIPPINA

Bellicosi acciari

saran le voci mie. Vattene a lui,

di' che per vendicarmi

armerò queste genti.

E aggiunte a le mie forze

moverò le vicine,

desterò le lontane,

porrò catene al Tebro,

cingerò 'l Campidoglio;

di Seian, di Tiberio

farò crollar l'orgoglio:

e solo por il freno

a' marziali ardori

potrai tu con le nozze, e con gl'amori.

GERMANICO

Agrippina!

AGRIPPINA

Eseguisci.

GERMANICO

Deh raffrena lo sdegno,

in pace lascia gl'innocenti colli,

(si inginocchia)

e solo in me rivolto

l'impeto sfoga.

AGRIPPINA

Stolto

e l'error tuo non vedi?

Io t'offro 'l seno, e tu vuoi starmi a' piedi?

Scena sedicesima

Germanico, poi Plancina. Eudemo. Ligdo. Genti con tizzoni di fuoco in mano lieti d'averlo estinto.

GERMANICO

Volete così

mie nemiche deità.

Soffrirò,

tacerò,

fors'un dì si cangerà

quel destin, che m'agitò,

e benigno mi sarà.

Soffrirò,

tacerò.

Al fin cesserà

l'ostinato suo rigor.

Soffrirò,

tacerò

ne le pene, e nel dolor,

così forse vincerò

di mia sorte il rio tenor.

Soffrirò,

tacerò.

(parte)

LIGDO

Par che voli la fiamma

d'intorno al Celio monte

e sì viva s'apprese,

che con progressi immensi in picciol ora

opre di lungh'età strugge, e divora.

La statua di Tiberio

solo preme a Seiano.

CORO

A questa s'accorra

si salvi, si guardi,

e nulla si tardi.

(partono)

Si vede arder il monte.

PLANCINA E EUDEMO

Ahimè.

PLANCINA

Per lo timore

non so dov'io mi vada.

EUDEMO

Dov'io sia non discerno.

PLANCINA

Il monte Celio diventò l'inferno!

EUDEMO

Ma già cessa la fiamma,

parte chi l'ammorzò.

PLANCINA

Non ci fermiam qui, no.

EUDEMO

No, no, ch'a dir il vero

sei tant'arida, e secca

che se la fiamma ti s'appiccia intorno,

pria, ch'estinguer si possa,

t'abbrucia viva, viva insin su l'ossa.

Otto Persone con tizzoni di fuoco in mano fanno un ballo.

Atto secondo
Scena prima

Cortile in Roma.
Cesare. Livia.

CESARE

Io temo.

LIVIA

Io spero.

LIVIA E CESARE

Ma temo sperando,

ma spero temendo,

languisco godendo,

gioisco penando,

temer, e sperar

è tutto un languire,

è tutto un penar.

CESARE

Livia?

LIVIA

Cesare?

CESARE

Vano

sarà dunque il mio amore?

LIVIA

A due fiamme non basta un solo core!

CESARE

Ami dunque?

LIVIA

Seiano.

CESARE

Né per me v'è conforto?

LIVIA

Egli nel cor mi vive.

CESARE

(Ed io son morto.)

Dimmi, indurti a gl'affetti

d'uom sì torbido, altero

che può mai?

LIVIA

Quel ch'io spero.

CESARE

E di me, che sarà?

LIVIA

Chiedilo a' cieli!

CESARE

T'adoro.

LIVIA

Or che vorresti?

CESARE

Amor.

LIVIA

Tardo 'l chiedesti: ecco Seiano,

parti ch'ingelosirlo i' non vorrei.

CESARE

Che miseria è la mia? pietade o dèi!

Scena seconda

Seiano. Livia. Cesare.

SEIANO

La rota instabile

cieca fortuna

fisse per me,

e in van rivolgerla

si crede a fé,

che più mutabile

ella non è.

Livia, di'? risolvesti

d'assentir a' miei preghi?

CESARE

(Voglia 'l ciel che lo neghi.)

LIVIA

Gradirti non poss'io,

se fautor non ti fai

di Germanico mio.

CESARE

(Or che dirà costui?)

SEIANO

Sarò di sue fortune

preservator fedele.

CESARE

(Ahi fiera sorte.)

LIVIA

Chi di ciò m'assicura?

SEIANO

Sopra la vita sua Seian lo giura.

CESARE

(Spergiuri d'amator il ciel non cura.

(parte)

LIVIA

Proteggi l'opre sue.

SEIANO

Sosterrò le sue parti.

LIVIA

Ed io d'amarti

non cesserò,

fin che spirito, e vita in seno avrò.

SEIANO

Dunque mio bene,

centro sarà

de le fortune mie la tua beltà.

LIVIA

Spera Seiano

felice amor,

esulti l'anima tua, festeggi 'l cor.

SEIANO

Meta beata

de' miei desir:

alberga nel tuo seno il mio gioir.

Scena terza

Tiberio. Seiano.

TIBERIO

Mio Seiano gradito,

lascia ch'al sen ti stringa,

e che gl'obblighi miei

con le stesse tue braccia al cor mi cinga.

SEIANO

Signor di debil servo

l'umiltà troppo esalti, e troppo onori.

TIBERIO

Del Celio il vasto incendio

a cui l'effigie mia sottrar facesti

gran motivi ti diede

d'illustrar la tua fede.

Onde per segno espresso,

che nel merto crescendo ogn'ora vai,

compagno dell'impero a me sarai.

SEIANO

Signor gl'uffici imiti

del luminoso nume,

e con egual costume;

mentre gl'ossequi miei di rai circondi

la luce a l'ombre in sen spargi, e diffondi.

TIBERIO

Ma Germanico giunge,

vediam ciò ch'ei riporti.

SEIANO

Come Agrippina tollerò i suoi torti!

Scena quarta

Germanico. Tiberio. Seiano.

GERMANICO

Signor torno a' tuoi piedi.

TIBERIO

Agrippina che fa?

GERMANICO

Nel suo sembiante

vidi belve nemee,

ircane tigri, barbari leoni,

arpie, cerberi, furie.

SEIANO

E torni vivo!

GERMANICO

Fu grand'il rischio.

SEIANO

E come

s'uniro belve, arpie, cerberi, e furie

con le rose, co' i gigli

con un sol così vago,

con il candor del ciel, con l'or del Tago?

GERMANICO

Ogni beltà più fulgida, e più pura

nembo di sdegno oscura.

TIBERIO

Ma che fece? partì?

GERMANICO

Vestita d'armi

sì che rassembra a punto

una Venere armata,

o da Gradivo un mascherato Amore,

vibra lampi di sdegno, e di furore.

Suscita le sue genti

a l'ire, a le vendette,

e di lucido acciar cinta la chioma

d'improvviso minaccia il Tebro, e Roma.

TIBERIO

Sì crudel? sì feroce?

GERMANICO

A l'armi avvezza

vestì ne' teneri anni elmi, e lorica;

la seguon numerose

varie genti pompose,

queste in falangi ostili ella converte,

minacciando ire espresse, e guerre aperte!

SEIANO

Sbarbicar dal terreno

convien pianta nociva

pria ch'i rami distenda.

TIBERIO

Or dunque; prendi

le schiere preparate

per flagellar con l'armi

la Pannon ia superba, e tosto opponiti,

con guerra repentina,

a l'ire d'Agrippina.

SEIANO

Sovvengati la fede

a la patria dovuta,

va' combatti, trionfa

e torna vincitor di palme cinto,

se la Venere armata,

s'il mascherato Amor già non t'ha vinto.

Scena quinta

Germanico.

S'in odio m'avete,

o cieli

crudeli,

almen m'uccidete;

sul misero crine

di fulmini ardenti,

tempeste cadenti,

perché non sciogliete,

s'in odio m'avete?

S'aver fé mi fate,

o stelle

rubelle,

almen m'uccidete!

A tormi la vita

con ire letali

le parche fatali,

perché non movete,

s'in odio m'avete?

Scena sesta

Livia. Germanico.

LIVIA

O dolci ferite

mi fate languir:

e pur m'aggradite

col farmi morir,

tra' mesti sospiri

mi sento cader,

e pur tra' martiri

io trovo piacer.

Germanico? esponesti

a Tiberio a Seiano

gli sdegni d'Agrippina,

gli assalti che minaccia,

le guerre, che destina?

GERMANICO

Sì.

LIVIA

Che ti disse?

GERMANICO

Capitan m'elesse

contro di lei.

LIVIA

Ch'ascolto!

GERMANICO

Mira in qual labirinto

misero son involto! E quai, se vinco,

de le vittorie mie saran le spoglie?

Condur cattiva in Roma

chi mi s'offre per moglie? E s'io son vinto

col danno de la patria

andrà congiunto il mio,

e potrà forse la calunnia altrui

di fellonia notarmi.

Or vedi, ferità di ciel tiranno,

il vincer o 'l cader m'è sempre danno.

LIVIA

Ne l'angustie più gravi

la virtù si cimenta.

Le lusinghe del senso, e del desio

supera, vinci; e segui

il destin, che ti chiama,

o a la morte, o a la fama.

GERMANICO

Per sentier generoso

seguirò l'orme illustri,

di lealtà, di fede.

Pur che nulla s'adombri

la nobiltà de l'alma il resto pera.

Sì, sì dunque m'invio

dov'il destin mi chiama,

o a la morte, o a la fama.

LIVIA

A la forza de le stelle

ben resistere si può;

ma 'l mortal ben spesso imbelle

via d'ostarli non trovò.

Può 'l saggio, e 'l forte

vincer le stelle, e dominar la sorte.

Violenti i moti loro

i pianeti non han già,

il mortal, per suo decoro,

incolpando il fato va.

Può 'l saggio, e 'l forte

vincer le stelle, e dominar la sorte.

Scena settima

Seiano. Livia. Ligdo.

SEIANO

Idolo mio!

LIVIA

Le voci

non rispondono a l'opre.

SEIANO

Perché?

LIVIA

Lasci Germanico di Marte

esposto a l'ire armate.

SEIANO

Le vittorie sperate

cresceranno i suoi merti.

LIVIA

Son del nume guerrier gli eventi incerti.

SEIANO

Contro femmina imbelle

è certa la vittoria.

LIVIA

Il cimento è maggior, minor la gloria.

SEIANO

A le più scelte coppie

aggiungerò guerrieri,

ond'i trionfi suoi più certi speri.

Amerai

chi t'adora?

Dimmi un sì.

LIVIA

Non posso ancora.

Cor dolente

non dà loco

di Cupido al dolce foco,

a la fiamma lusinghiera.

SEIANO

Spera, spera,

che d'allori

cinto 'l crine tornerà.

LIVIA

Gioirà,

se ciò fia,

l'alma mia.

SEIANO

Cessa dunque

d'esser fiera.

LIVIA

Spera, spera.

SEIANO

Ma tra tanto

più languire

tu mi fai.

Amerai

chi t'adora?

Dimmi un sì.

LIVIA

Non posso ancora.

(parte)

SEIANO

Che sofferenza! Oppresso

Germanico vedrò: ch'a la mia speme

d'arrivar a' diademi

ostacolo sì forte

è troppo periglioso.

Livia s'inganni pur, con forma aperta,

che chi finger non sa, regnar non merta.

LIGDO

Quanti sono ch'oggidì

fan così.

Molte paion cortesie,

né son altro che bugie.

Più trattar con verità

non si sa.

Quest'usanza già fiorisce

s'accarezza, e si tradisce.

Scena ottava

Campagna deliziosa fuori di Roma.
Agrippina vestita d'armi. Plancina. Eudemo.

AGRIPPINA

Bambino ch'è nudo,

d'eserciti ignaro,

mi veste d'acciaro,

mi porge lo scudo.

Di sdegno guerriero

irato furore

m'accende nel core

il picciolo arciere.

EUDEMO

Contro di noi, signora,

un esercito invia

adirato Tiberio:

e già, già s'avvicina.

PLANCINA

Siam perduti Agrippina.

AGRIPPINA

Come sì d'improvviso

ebbe pronte le schiere?

EUDEMO

Erano mosse

ver la Pannonia.

AGRIPPINA

Tosto

opporrò le mie genti,

l'avvantaggio del sito,

l'armi più forti, e forse

le milizie più esperte,

e unito a la ragion desio di gloria

ci daran la vittoria

EUDEMO

Solo a stupor m'induce,

che de l'armi latine

è Germanico il duce.

AGRIPPINA

Germanico?

PLANCINA

Che narri?

AGRIPPINA

Contro di me? Strano destin.

PLANCINA

Che pensa?

Che farà?

EUDEMO

Dunque pure

Germanico la sdegna.

PLANCINA

Eh se di sposi

v'è tanta carestia

Roma non fa per me in fede mia.

AGRIPPINA

O là: candide insegne

s'espongan tosto. Voi

a Germanico andate,

ditegli che sospendo

l'armi, e con lui di favellar attendo.

EUDEMO

Ubbidita sarai.

PLANCINA

Più strani eventi non s'udir giamai.

AGRIPPINA

Fier contrasto

nel mio core

fa vendetta

con amore.

E s'affretta

di vedermi ogn'un sua preda,

pur convien ch'un d'essi ceda.

Nel mio seno

del lor foco

ambi armati

son entrati

e fra poco,

bench'ogn'un di vincer creda,

converrà, ch'un d'essi ceda.

Scena nona

Eudemo. Germanico. Agrippina. Plancina.

EUDEMO

Germanico signora

giunge a' tuoi cenni.

PLANCINA

Che dirà giamai?

AGRIPPINA

S'ascolti. (De l'alma

si turba la pace,

si scuote la calma.)

Germanico?

GERMANICO

Agrippina.

AGRIPPINA

Tu d'armate falangi

duce contro di me?

GERMANICO

Che far poss'io,

s'il destin m'è nemico?

AGRIPPINA

Che pretendi?

GERMANICO

Lo chiedi

al mio fato.

AGRIPPINA

Assalirmi?

Le genti debellarmi?

O vincermi, o fugarmi?

Tutto facesti omai: cedo; son vinta,

verrò se 'l chiedi prigioniera, e serva

partirò, se l'imponi;

sarò qual più t'aggrada,

e fuggitiva, e preda.

L'opre del tuo poter Tiberio veda.

GERMANICO

Dunque cedi a l'impresa?

AGRIPPINA

Per non recarti offesa.

GERMANICO

Partiran le tue genti?

AGRIPPINA

A un tuo cenno, in momenti.

GERMANICO

L'ira s'estinse?

AGRIPPINA

Cade ogni furore.

GERMANICO

Terminaro gli sdegni?

AGRIPPINA

Ha vinto amore.

GERMANICO

Vanne dunque: e gli dèi

ti siano amici.

AGRIPPINA

E parti

così, rigido ingrato!

Tu fra le regie nato

non già no: ma tra i boschi, e su le balze

più gelide, più strane

avesti il latte da le tigri ircane.

GERMANICO

A fronte de le schiere

in grado di nemico

dimmi Agrippina, oh dio,

con lusinghe d'amor parlar poss'io?

AGRIPPINA

Vieni a le tende.

GERMANICO

Lo saprà Tiberio,

la mia fede s'oscura,

la lealtà s'offende.

AGRIPPINA

Ormai m'annoia

la stolida viltà, l'asprezza austera,

che con titoli illustri

di lealtà, di fé coprir procuri.

Torna fastoso a Roma.

Per non sdegnar Tiberio

pregiudica a te stesso,

vilipendi Agrippina. Anch'io mi parto,

e a l'Armenia m'invio,

per più non rimirarti. Ingrato, addio.

GERMANICO

Fermati, oh dio, pubblicherò che t'amo

a Tiberio, a Seiano, a Roma, al mondo.

AGRIPPINA

Ne' favor di fortuna

tosto il ben si disperde,

e chi perde un istante il tutto perde.

PLANCINA

Ah, ah ti spiace eh?

A fé ti credo, a fé,

che sì buona vivanda,

sì facilmente amor altrui non manda.

EUDEMO

Speranza più non v'è,

a fé tu merti, a fé,

sempre in continue brame

de' piaceri d'amor languir di fame.

Scena decima

Germanico.

La vita che giova,

se non a penar!

Con volo rapace

la gioia fugace

nascendo dispar,

il mal si ritrova,

il ben non appar.

La vita che giova,

se non a penar!

Speranza fallace

sol usa ingannar,

di cauto mortale

prudenza non vale

i colpi a schivar.

Ch'il fato riprova

l'umano sperar,

la vita che giova,

se non a penar!

Scena undicesima

Agrippina. Germanico.

AGRIPPINA

Tu non parti? che fai?

GERMANICO

Cerco 'l mio core

che qui perdei.

AGRIPPINA

Tiberio

saprà queste dimore,

adirar lo farai.

GERMANICO

Al mio dolente cor non crescer guai.

AGRIPPINA

Al tuo cor? Se non l'hai, che qui 'l perdesti!

GERMANICO

Non ho cor per gioire,

ben ho cor per languire.

AGRIPPINA

Non più: vanne, ch'in faccia a le tue schiere

in grado di nemico,

di lusinghiero amor parlar non déi.

GERMANICO

(Lasso troppo cadei.)

Parto sì.

AGRIPPINA

Che farai?

GERMANICO

Quanto concede

a la forza d'amor onore, e fede.

AGRIPPINA

Da le fiamme de lo sdegno

nacque amore

nel mio core,

e s'avanza a sì gran segno,

che son fatta a poco a poco

tutta fiamma, e tutta foco;

e non so

quando più l'estinguerò.

Era fiamma di vendetta

quell'affetto

che nel petto

m'avvampò con tanta fretta,

ma cangiossi a poco a poco

quella fiamma in alto foco.

E non so

quando mai l'estinguerò.

Scena dodicesima

Giardino in Roma.
Livia. G. Cesare.

LIVIA

Ho pietà del tuo duolo.

CESARE

Or perché mi tormenti?

LIVIA

Io?

CESARE

Sì.

LIVIA

Come?

CESARE

Prigionier mi tieni.

LIVIA

Libertà ti concedo.

CESARE

Mi dai ciò, ch'io non chiedo.

LIVIA

Dunque incolpa te stesso.

CESARE

Accuso te, che mi legasti.

LIVIA

Credi,

Cesare, che t'inganni.

CESARE

Sono i tuoi crini d'or i miei tiranni.

LIVIA

S'amor tolse l'auree fila

da' miei crini, e ti legò,

li rubò,

ch'io nulla so.

E t'inganna, e teco finge,

spezza il nodo, che ti stringe.

S'ei ti dice che lo strale

da' miei lumi pur uscì,

lo rapì,

quando ferì.

E t'inganna, e teco finge,

spezza il nodo, che ti stringe.

(parte)

CESARE

Che fate voi con me

speranze vane?

Inumane dispietate

son armate di fierezze

le bellezze ch'adorate.

Se d'aita, e di pietate

loco alcuno più non v'è,

che fate voi con me?

Non albergate più

dentr'il mio core,

ogni ardore cessi pure:

se sicure voi non sete,

né potete a le punture

de l'acerbe mie sventure

aver punto di mercé,

che fate voi con me?

Scena tredicesima

Tiberio. Seiano. Ligdo.

TIBERIO

Sì, sì fuori di Roma,

e lungi dal comando

bramo condur i miei canuti giorni;

lo scettro vuol depor la stanca mano.

E le mie veci sosterrà Seiano.

SEIANO

De l'impero latino,

benché assente sia tu, l'alma sarai.

Così 'l sol vago, e biondo,

sia lontan quanto vuol, dà vita al mondo.

TIBERIO

L'Atlante mio sarai.

SEIANO

Pur ch'io non sia 'l Fetonte,

ch'inesperto cadé dal carro aurato.

TIBERIO

Troppo Seiano amato

il paragon disdice.

SEIANO

Sempre più dée temer chi è più felice!

TIBERIO

La fortuna dispettosa

cede al fin alla virtù.

Quanto quella è più noiosa,

tanto questa è forte più.

Inimica rigorosa

l'una e l'altra sempre fu,

ma fortuna dispettosa

cede al fin alla virtù.

SEIANO

Ferma signor, ch'a noi

Germanico se n' viene.

Scena quattordicesima

Germanico. Livia. Seiano. Tiberio.

GERMANICO

Le picciole arene

sì non scuote

vento irato,

quanto me bersaglia il fato!

LIVIA

Ecco Tiberio.

GERMANICO

A te signor m'inchino.

TIBERIO

Così tosto ritorni?

GERMANICO

Ali mi diede

il contento, e la gioia.

A l'apparir, signor, de le tue genti,

al lampeggiar de l'armi,

ed a lo stender sol l'aquile a i venti,

abbagliata, atterrita

cesse Agrippina, ritirò le schiere:

parte, si dà per vinta, altro non chiede,

ed io questi trofei porto al tuo piede.

TIBERIO

Or la tua fé conosco;

al tuo merito applaudo,

e contento t'abbraccio.

LIVIA

Lieta respiro.

SEIANO

Ed io già son di ghiacci.

TIBERIO

Chiedi ciò che t'aggrada: a' merti tuoi

nulla sia, che si neghi.

GERMANICO

(Adesso è tempo.)

Già che Seian ricusa

le nozze d'Agrippina.

SEIANO

(Ah ah l'intendo.)

GERMANICO

A me signor concedi

ch'io le ottenga.

LIVIA

(Dimanda inopportuna!)

SEIANO

Che ti dissi? Ora vedi

s'i sospetti son certi.

TIBERIO

Le nozze d'Agrippina! Ah ben comprendo

gl'affettati concerti,

resti prigion l'infido...

Le colpe son patenti,

l'infedeltà sicura,

l'ingiuria manifesta.

LIVIA

Oh dèi, che sento?

TIBERIO

E l'istessa vittoria è un tradimento.

SEIANO

Vieni, vieni; lo sdegno

di Tiberio placar ambi cerchiamo.

LIVIA

Così 'l fato ci arrida.

SEIANO

Livia, Livia adorata in me confida.

Scena quindicesima

Germanico.

Perché quand'apersi

a l'aure vitali

le labbra infelici,

non erano aspersi

di fiati letali

i giorni nemici

per farmi perir?

Che d'un lungo penar meglio è 'l morir.

S'ogn'ora stancarmi

con aspri tormenti

la sorte dovea

più tosto negarmi

i primi alimenti

benigna potea,

e farmi perir,

che d'un lungo penar meglio è 'l morir.

Scena sedicesima

Ligdo. Gaio Cesare.

LIGDO

Così afflitto? per che?

CESARE

Livia m'aborre.

LIGDO

Par che tutto a contrario

influiscan le stelle.

Germanico è depresso,

e da sorte serena

inalzato Seiano.

CESARE

E Gaio pena.

LIGDO

La turba adulatrice

che se n' va con l'applauso,

quasi legno su l'onde

ove l'aura la spinge,

né sa ch'il vento stesso

che lo vezzeggia un dì, l'altro lo frange,

danza, ride, e festeggia.

CESARE

E Gaio piange.

Amor se tra gli dèi

che son tutta bontà

lurco pur hai,

perché senza pietà,

uno spirto infernal chiamar ti fai?

Se pur sei dolce nodo

che l'alme sai legar,

deh perché poi,

facendo altrui penar,

uno spirto infernal mostrar ti vuoi?

LIGDO

Lieto stuolo danzando,

e Seiano acclamando,

veggio venir: io parto,

che sapendo i suoi falli, e le sue colpe,

parmi sempre veder qualche sventura.

Quest'è un seren d'april, che poco dura.

Vengono 8 Servi facendo un ballo.

Atto terzo
Scena prima

Stanze reali.
Agrippina in abito di pellegrina. Plancina. Eudemo.

AGRIPPINA

Vendetta, e amore,

de l'alma tiranni,

inducono il core

a tesser inganni.

Tu cieco, bendato

facilita i modi,

al fine bramato

seconda le frodi.

PLANCINA

Nisa, vuoi ch'io ti chiami

principessa di Cipro?

AGRIPPINA

Sì che Roma

più non mi vide.

PLANCINA

No: ma s'io mi scordo,

o del nome, o del loco

sarà finito il gioco.

AGRIPPINA

Vedi pur che non erri.

PLANCINA

E s'Agrippina

dicessi alcuna volta

riditi pur di me; di' ch'io son stolta.

AGRIPPINA

Parla poco.

PLANCINA

A fé questa è risoluta,

fingerò d'esser muta.

EUDEMO

Queste appunto signora

son di Livia le stanze; ella se 'n viene.

AGRIPPINA

Ch'io son Nisa dicesti.

EUDEMO

Sì sì, nulla temer, tutto va bene.

Scena seconda

Livia. Agrippina. Eudemo. Plancina.

LIVIA

Principessa t'inchino. E qual già mai

fortunata mia sorte

queste grazie mi porge?

AGRIPPINA

Livia il tuo fato illustre

a ogni merto ti scorge.

Io da le patrie mura

al tempio eccelso del guerriero dio

supplice peregrina

per mio voto m'invio.

Promisi a gl'alti numi

di procurar la libertà bramata

di qualunque trovassi

ove farò passaggio

viver prigion per non indegna causa.

Tale mi fu supposto un tuo germano,

vuò cercar se m'avviene

di sottrarlo a i legami, a le catene.

PLANCINA

O come finge bene!

LIVIA

Principessa ti scorge il giusto cielo

ad opra sì cortese.

Un suo nobile amor prigion lo rese!

AGRIPPINA

Tutto esposto mi fu.

LIVIA

Ma vien appunto

con Seiano Tiberio.

AGRIPPINA

Quest'è Seiano?

LIVIA

Sì.

PLANCINA

Bizzarro incontro.

AGRIPPINA

(Mi s'accendono l'ire.)

EUDEMO

Stiamo pure ad udire.

Scena terza

Tiberio. Seiano. Agrippina. Livia. Eudemo. Plancina.

TIBERIO

Chi è costei?

SEIANO

Com'è vaga!

Scesa par da le sfere.

AGRIPPINA

Invitto Augusto,

Nisa di Cipro umile a te s'inchina.

TIBERIO

Eccelsa peregrina,

principessa sublime,

ove così t'invii?

AGRIPPINA

Per certo voto

al tempio di Gradivo.

TIBERIO

Sia felice l'arrivo; e il Tebro esulti

del suo metto arricchito.

SEIANO

(Da quei rai son ferito.)

AGRIPPINA

Dei prigion non vili,

né rei di colpe indegne,

ch'ove m'invio ritrovo,

chieder la libertà promisi a' numi;

il germano di Livia

perciò supplico in dono.

E s'è troppo il desio,

scusa la qualità del voto mio.

SEIANO

Strana richiesta!

TIBERIO

Nulla a te si neghi.

Libero sia.

AGRIPPINA

Ne l'alma

con memoria fedele

registrerò i favori.

SEIANO

(Fatt'è il mio seno un Mongibel d'ardori.)

LIVIA

A ringraziarti non ho cor che basti.

AGRIPPINA

Andrò signor con Livia.

TIBERIO

A tuo piacere

vanne, e la regia mia

co' tuoi soggiorni onora.

SEIANO

(O come di repente il cor l'adora!)

AGRIPPINA

Non è questi Seiano?

SEIANO

E sia felice,

s'a te servir gli lice.

AGRIPPINA

M'è caro di vederti.

SEIANO

Vedi un adorator de' tuoi gran merti.

AGRIPPINA

Io ti devo, Seiano,

oblighi, che non sai.

(Egli ad amarmi a fé comincia omai.)

Scena quarta

Seiano. Tiberio.

SEIANO

(E quai Nisa mi deve

oblighi ignoti?) Se per te signore

de l'intere province

fui pronto a espormi a gli odi,

a non curar fortune,

a tributar il sangue, a dar la vita,

or ti chieggo mercé. Le nozze mie

fa' procurar con Nisa:

l'alma mi fu divisa

dal sen co' lampi di que' lumi ond'ardo,

e a far l'ufficio d'alma entrò uno sguardo.

TIBERIO

Poco chiedi Seiano:

tutto oprerò per compiacerti, e credi,

che de l'anima mia,

se divisibil fatta

l'avessero gli dèi,

la metà volentieri a te darei.

Scena quinta

Germanico. Tiberio. Seiano.

GERMANICO

Signor grazie ti rendo,

che libertà mi dai;

ogn'or fido m'avesti, e ogn'or m'avrai.

TIBERIO

A Nisa il tutto devi.

GERMANICO

A chi?

TIBERIO

Di Cipro

a l'alta principessa.

GERMANICO

Come?

TIBERIO

Sol essa in libertà ti torna,

e, già, ch'ella soggiorna

con Livia tua, per emendar l'errore

in cui cadesti già, proponi a lei

di Seian gl'imenei.

Opra con lealtà: digli ch'ei l'ama,

ch'il senato gl'applaude,

Tiberio li desìa, Roma li acclama.

GERMANICO

Ubbidirò a' tuoi cenni.

TIBERIO

Vanne, e se trovi in lei fulgide faci

a i rai chiudi le luci, e ti rammenta

che se farfalla fugge

da gl'incendi del lume,

un'altra volta poi s'arde le piume.

SEIANO

Tiberio sei de le mie gioie il nume.

Scena sesta

Germanico.

Dunque, io misero deggio

altrui condir le mense, e star digiuno?

Tanto cielo importuno

contro me d'ira freme?

Perdo, perdo Agrippina, e 'l cor insieme.

Ove sete

furie cerberi,

deh correte,

laceratemi,

che a chi vive

in pena infinita

è pietà singolar toglier la vita.

Deh troncate

del mio vivere

parche irate

l'ore misere,

ch'a chi langue

in pena infinita

è pietà singolar toglier la vita.

Scena settima

Agrippina. Germanico. Plancina.

AGRIPPINA

Cessate sospiri

fermatevi un poco

a la speme che se n' viene

le mie pene

danno loco;

si ritirano i martiri,

fermatevi un poco,

cessate sospiri.

GERMANICO

(Germanico che miri?)

AGRIPPINA

Tormenti partite

lasciatemi in pace;

per uscir da' suoi affanni

usa inganni

cor sagace,

e risana le ferite.

Lasciatemi in pace,

tormenti partite.

GERMANICO

(Occhi no, non mentite.)

GERMANICO

(Sì sì ch'è dessa.) E come

Agrippina tu in Roma? In queste spoglie?

AGRIPPINA

Che Agrippina?

GERMANICO

Mia luce.

PLANCINA

O quest'è bella.

GERMANICO

Da l'insolite spoglie

la beltà, che m'accese, ah ben traluce.

AGRIPPINA

Tu deliri. Chi sei? più non ti vidi.

PLANCINA

(Io scoppio da le risa.)

GERMANICO

S'a uccidermi venisti

dillo, ch'al tuo rigore

esporrò volontario e l'alma e 'l core.

AGRIPPINA

Di', chi sei?

GERMANICO

Sì deforme

son reso a l'occhi tuoi,

che Germanico, oh dio, più non conosci?

AGRIPPINA

Tu Germanico? a fé dunque vaneggi.

Principessa di Cipro

Nisa son io che libertà impetrai

da Tiberio per te.

GERMANICO

(Sogno o son desto?)

Mia vita.

AGRIPPINA

Che ardimento.

GERMANICO

In odio forse

il tuo amor s'è rivolto?

AGRIPPINA

Io non ti vidi più; va' che sei stolto.

GERMANICO

Plancina?

PLANCINA

Che Plancina.

GERMANICO

Digli, ch'io ben ravviso

l'adorato suo volto.

PLANCINA

Io non ti vidi più; va' che sei stolto.

Scena ottava

Germanico.

Sono pur suoi quei lumi,

è pur sua quella voce; e se mentirmi

potesse il ciglio, e 'l labbro,

già non m'inganna il core,

che conosce il su' ardore.

Ma s'ella 'l nega, s'a Tiberio, a Roma

si palesa per Nisa,

esser non può Agrippina; un altro volto

avrà prodotto il fato

simile a quel di lei per più schernirmi.

Non so ciò ch'io mi creda.

O larve insussistenti

son quelle ch'io miro,

o ch'io schernito sono, o che deliro.

È un Anteo mia sorte ingrata;

più che vinta, e superata,

dal poter di mia costanza

cade a terra,

più risorge, e mi fa guerra.

Di rapido torrente

ell'un impeto corrente,

cui de gl'argini 'l riparo

giova poco,

cresce, e rompe in altro loco.

Scena nona

Luogo delizioso con logge.
G. Cesare. Livia.

CESARE

Apri le luci amor,

la benda sciogliti,

il mio fiero dolor

a mirar volgiti.

E con un stral pungente

la mia bella crudel rendi clemente.

Stempra, Cupido, il gel

ch'indura l'anima

de la beltà crudel,

ch'il sen m'esanima.

E con la face ardente

il suo rigido sen rendi clemente.

Seian Nisa pretende,

potrà Livia esser mia; lieto mio core,

ella è qui. Dolce amore

che farai, se di Nisa

sarà sposo Seiano?

LIVIA

Odierò l'inumano.

CESARE

De la Psiche di Cipro

s'egli farà il Cupido?

LIVIA

Aborrirò l'infido.

CESARE

Il mio amor gradirai?

LIVIA

Ben sperar lo potrai.

CESARE

Così parto contento.

Basta questo alimento

a un'eterna costanza.

Val per mille tormenti una speranza.

LIVIA

È pur grave martir essere amante!

Ogn'ora si pena,

si mette in catena la libertà;

il core si dà

e più volte a un incostante.

È pur grave martir essere amante!

Si langue, si more;

e spesso al rigore di poca beltà

servendo si sta

e più volte a un incostante.

È pur grave martir essere amante!

Scena decima

Seiano. Tiberio. Genti.

SEIANO

Belle luci in un momento

mi rapiste il cor dal sen.

È pur dolce quel velen

che ne l'alma già mi sento.

Mi rapiste il cor dal sen,

belle luci in un momento.

Vaghi lumi in un istante

nel mio petto amor volò,

né fin or m'avveggio ben

se dà gioia o pur tormento.

Mi rapiste il cor dal sen

vaghi lumi in un momento.

TIBERIO

Seiano?

SEIANO

Mio signor?

TIBERIO

Come improvvisa

ti fece prigioniero

la bellezza di Nisa?

SEIANO

Opra in momenti la virtù efficace.

TIBERIO

Io ch'al tempo fugace

cessi già

la bionda età,

d'un incendio sì repente

sono esente.

SEIANO

Ahimè.

TIBERIO

Cieli aita, aita.

Cade un volto di loggia sotto la quale si trova Tiberio. Seiano si sottopone, e lo sostenta fin che Tiberio esce salvo.

SEIANO

Fuggi Tiberio, fuggi

pria che tu resti oppresso,

Seiano alle ruine offre sé stesso.

Poi esce non offeso anco Seiano.

TIBERIO

O stupor? Salvo sei?

SEIANO

Col favor degli dèi.

TIBERIO

Questi giorni di vita

che preservasti con valor sovrano

sono tuoi, non son miei.

Io più non vivo a me, vivo a Seiano.

SEIANO

Or m'è cara la vita,

ché per te la sprezzai.

TIBERIO

In avvenir a Roma

tu Tiberio sarai.

Ed è ben giusto sì, con cambi degni,

che s'io vivo per te, tu per me regni:

prendi.

Tiberio dà lo scettro a Seiano.

SEIANO

Signore il peso

dìasi a me, lo splendore a te rimanga.

Lo ricevo, lo bacio, e qual tuo servo

depositario tuo per te 'l conservo.

TIBERIO

Selve amiche valli amene

ben tra poco a voi verrò.

Ore placide, e serene

là tra voi goder potrò

poi che qui tra le corone

par che io regni, e son prigione.

Sotto gli ori, e sotto gl'ostri

il timor celato sta;

boschi ombriosi gl'ozi vostri

mi saran felicità,

poiché qui tra le corone

par ch'io regni e son prigione.

Scena undicesima

Agrippina. Germanico.

AGRIPPINA

Non so dir s'in nobil core

possa più

la vendetta o 'l dio d'amore.

Sol di vincere m'ingegno:

non amo per amor, amo per sdegno.

Sempre furia disdegnata

si mostrò

una femmina sprezzata.

Io sol bramo 'l mio disegno.

Non amo per amor, amo per sdegno.

AGRIPPINA

Disingannasti ancora,

Germanico, le luci: e l'insegnasti

a creder che io son Nisa?

GERMANICO

Se ciò creder io deggio

è forza ch'io ribelli

le notizie de' sensi, e insieme accusi

l'occhio di traditore

e ch'io mentisca i moti infin del core.

AGRIPPINA

Dunque per ch'io non sia

rea di questi tuoi falli

cerca di non vedermi.

GERMANICO

Odi signora.

(A' cenni di Tiberio

ubbidir mi conviene.) Al fatto cedo.

T'inchino qual si deve: e di Tiberio

deggio esporti un desio. Stringerti brama

con nodi d'Imeneo.

AGRIPPINA

(Cieli.)

GERMANICO

Ad uomo insigne.

AGRIPPINA

A chi?

GERMANICO

A Seiano

chiede Tiberio e tutta Roma acclama.

AGRIPPINA

Sempre dunque tu déi,

Germanico, propormi

di Seian gl'imenei?

Sì ch'io sono Agrippina: e venni a Roma

sol per indur Seiano

a compiacermi.

GERMANICO

Ah mi consolo invano.

AGRIPPINA

A Tiberio rapporta,

che de l'opera tua

qui non v'è d'uopo.

GERMANICO

Assenti

dunque a tali imenei?

AGRIPPINA

Grato mi fia

veder Seian pentito.

GERMANICO

E me schernito?

AGRIPPINA

Saprò far sì ch'ei le mie brame adempia.

GERMANICO

Sorte rigida, ed empia.

Aprimi questo seno,

lacera queste vene

pria ch'io d'altri ti veggia, amato bene.

AGRIPPINA

Questa, questa è la fede,

ch'a Tiberio tu déi? così tradisci

ciò che Seian desìa, Tiberio impone?

Germanico ha nel cor genio fellone?

GERMANICO

Quest'è peggio, mia vita,

che darmi morte.

AGRIPPINA

Averti

non ridi ad alcuno,

ch'Agrippina son io,

se gradirmi t'è caro.

GERMANICO

Intesi.

AGRIPPINA

Addio.

GERMANICO

A Seian che dirò?

AGRIPPINA

Ch'ei non ha d'uopo

del ministerio tuo

per movermi a gradirlo.

GERMANICO

Ahimè ch'io moro.

AGRIPPINA

(L'affliggo, lo tormento, e pur l'adoro.)

GERMANICO

Disserratevi a me profondi abissi.

Che la vostra ferità

al par di tal rigor

sarà dolce pietà.

Del sol i raggi d'or

neghi a le luci mie perpetua eclissi,

disserratevi a me profondi abissi.

Se le stelle al mio duol paion di Saceo

e non v'è pietà di me,

né men de' miei martir

posso sperar mercé;

se per farmi languir

sono eterni rigori in ciel prefissi,

disserratevi a me profondi abissi.

Scena dodicesima

Seiano. Livia.

SEIANO

Bench'instabile

vana e labile

sempr'ogn'un la ritrovò,

che non fa,

che non può,

calva, e cieca deità!

Sempre varia,

or contraria,

or benigna si mostrò,

che non può,

che non fa,

col crin d'or ch'offrendo va!

LIVIA

Ami Nisa Seiano?

Così Livia schernisci,

infedel inumano?

SEIANO

Di che ti lagni mai?

LIVIA

Che mi tradisci.

SEIANO

Non posso amar chi voglio?

LIVIA

Ama chi devi.

SEIANO

S'un oggetto più vago

mi presentan gli dèi,

dimmi, se no 'l gradissi

stolto, e vil non sarei?

LIVIA

Ah ch'il senso t'accieca.

SEIANO

La ragion mi conduce.

LIVIA

Insegna la ragion mancar di fede?

SEIANO

Troppo ardisci.

LIVIA

Non è mai troppo il vero.

SEIANO

Livia saggia tu sei, cangia pensiero.

LIVIA

Ti flagellino,

mentitor,

de le furie

col rigor

eterne pene.

Né ti splendano mai faci serene.

Sempre cadano

sul tuo crin

tutti gli impeti

del destin

misti di guai.

Né la speranza ti consoli mai.

Scena tredicesima

Agrippina. Germanico. Seiano.

GERMANICO

Io peno.

AGRIPPINA

Lo so.

GERMANICO

E non ti movi?

AGRIPPINA

No.

GERMANICO

Chi tanto sdegnosa

ti rese?

AGRIPPINA

L'offese

d'un'alma ritrosa.

GERMANICO

Io peno.

AGRIPPINA

Lo so.

GERMANICO

E non ti movi?

AGRIPPINA

No.

Tu 'l merti.

GERMANICO

Lo so.

AGRIPPINA

E non mi fuggi?

GERMANICO

No.

AGRIPPINA

E che mi sprezzasti

pur sai?

GERMANICO

Penai.

Già parmi, che basti.

AGRIPPINA

Tu 'l merti.

GERMANICO

Lo so.

AGRIPPINA

E non mi fuggi?

GERMANICO

No.

AGRIPPINA

Ecco Seian.

GERMANICO

Io moro.

SEIANO

Principessa?

AGRIPPINA

Di Roma

arbitro fortunato.

SEIANO

Avrà signora

espresse le mie brame,

con sensi affettuosi,

Germanico finora.

GERMANICO

Il tutto esposi.

SEIANO

Acconsenti a bearmi?

AGRIPPINA

Molto deggio al destino,

che tua bontà infinita

rende pronta a giovarmi.

GERMANICO

Ahi che ferita.

SEIANO

Sarai mia sposa?

AGRIPPINA

Facciano le stelle

che secondi Seian gl'affetti miei.

GERMANICO

Io son perduto: oh dèi.

SEIANO

Trovo in te le mie gioie.

AGRIPPINA

Ed io felice sorte

da te spero ottener.

GERMANICO

Ed io la morte.

AGRIPPINA

Né certo ami Agrippina,

che la loquace diva

pubblicò per tua sposa?

SEIANO

Che memoria noiosa!

L'aborrisco, la sdegno, e la detesto.

AGRIPPINA

Sì eh?

SEIANO

Tu mi ristori

con celesti splendori.

Tu sarai la mia vita.

AGRIPPINA

Io la spero da te.

SEIANO

Tosto a vedervi

tornerò, del mio ciel faci serene.

AGRIPPINA

Dimmi: né certo mai

Agrippina amerai?

SEIANO

No, no, mio bene.

GERMANICO

Che dici?

AGRIPPINA

A te che sembra?

GERMANICO

Ei t'aborre.

AGRIPPINA

M'adora.

GERMANICO

Perché Nisa ti crede.

AGRIPPINA

Oprar io spero

sì, che quando sia noto,

ch'Agrippina son io

prontamente ei secondi il mio desio.

GERMANICO

Dunque estinto mi vuoi.

AGRIPPINA

Vivo ti bramo.

GERMANICO

Sol per tormentarmi,

mentre a Seian ti doni.

AGRIPPINA

Vuò conseguir chi amo.

GERMANICO

Ore dolenti

trarrò dunque ripiene

d'aspri martiri.

AGRIPPINA

(Ei non m'intende bene.)

GERMANICO

Addio spietata addio.

AGRIPPINA

Vanne pur! (Quasi dissi idol mio.)

Fingete, fingete,

voi belle ch'amate,

e ciò che volete

accorte celate.

Menzogna di donna

giammai si condanna,

e sol vince in amor colei ch'inganna.

Mentite, mentite;

ripulse, e speranze

se n' vadano unite

con finte sembianze;

tal volta chi è pia

si mostri tiranna,

che sol vince in amor colei ch'inganna.

Scena quattordicesima

Ligdo. Plancina. Eudemo.

LIGDO

Io non presto fede alcuna

a la voce del gioir,

che gli sforzi di fortuna

tosto sogliono svanir.

Del mortale i dì felici

non son fermi nel piacer;

piante son senza radici,

che son facili a cader.

Troppo innalzò Seiano

sorte propizia.

EUDEMO

(A fé nulla farai.)

PLANCINA

E buona pezza ormai

ch'io lo seguo (ei mi piace, e nulla perdo).

Addio signor.

LIGDO

Addio

PLANCINA

Scusa s'io ti molesto.

LIGDO

Nulla.

EUDEMO

(A pena ti mira.)

PLANCINA

Egl'è modesto.

LIGDO

Che vorresti?

PLANCINA

S'io chiedo

temo poi che t'adiri.

(Non ti par ch'ei sospiri?)

EUDEMO

Eh tu sei pazza.

LIGDO

No, ché bramo gradirti.

PLANCINA

Arde d'amore.

LIGDO

Chiedi: che tardi?

PLANCINA

Egli si strugge, e more.

Pietà, mercé.

LIGDO

Son pronto.

PLANCINA

(Io lo sapevo affé.)

LIGDO

Prendi.

PLANCINA

Che?

LIGDO

L'elemosina ti porgo.

PLANCINA

Elemosina a me?

LIGDO

Non la chiedesti?

PLANCINA

Chiedo mercé, chiedo pietà d'amore...

LIGDO

D'amor? Stolta canuta,

decrepita figura;

già per gl'anni infiniti

anco posta in oblio da la natura...

PLANCINA

Quest'è costume, questo

di cortese romano?

EUDEMO

Egl'è modesto...

PLANCINA

A una mia pari?

EUDEMO

Egli si strugge, e more.

PLANCINA

Non irritar Eudemo il mio furore.

EUDEMO

Giovinette vezzose,

che di rode il seno avete,

godete, godete

l'età fiorita e verde,

ché non ritorna il ben ch'un dì si perde.

Bellezza incanutita

è schernita da gl'amanti,

e solo tra pianti

si strugge, e si disperde:

ché non ritorna il ben ch'un dì si perde.

Scena quindicesima

Seiano. Agrippina. Livia. Germanico. Genti. Cavalieri.

AGRIPPINA, SEIANO

O giorno sereno,

s'al seno

stringerò quel bel ch'adoro.

LIVIA

(Io languisco.)

GERMANICO

(Ed io mi moro.)

SEIANO

Nisa imeneo le faci

già, già per noi accende:

con quel bel che gioie crea,

deh mio ben.

LIVIA

Infelice destin!

GERMANICO

Fortuna rea!

AGRIPPINA

Solo temo, Seiano,

che tu Agrippina adori

e meco sian mendaci i tuoi amori.

SEIANO

Amerò pria le furie.

AGRIPPINA

Certo poi?

SEIANO

Su le tempie

cadami di saette

grandine impetuosa,

s'io non l'aborro.

GERMANICO

E lo sopporta l'empia?

AGRIPPINA

Dunque sì abominosa

ell'è fatta al tuo core?

SEIANO

Non conosco di lei mostro peggiore.

AGRIPPINA

Or perché vieti altrui le nozze sue?

Quest'atto invidioso

mi rende 'l cor geloso.

GERMANICO

A che mai piega

d'Agrippina il pensiero?

SEIANO

Siasi pur di chi vuole.

Germanico Agrippina

ti lascio, ti concedo.

GERMANICO

Ah fosse vero?

SEIANO

Quietati arpia,

oggetto de' miei sdegni,

centro degl'odi miei.

GERMANICO

Che sento! O cieli! o dèi!

AGRIPPINA

Temo ancor.

SEIANO

Di che mai?

AGRIPPINA

Che ti rincresca, e te ne penta.

SEIANO

È vano

questo timor.

AGRIPPINA

Lo giuri?

SEIANO

Immutabile, e fermo

al gran Giove di Roma, al ciel l'affermo.

AGRIPPINA

Dunque se così è vero,

Agrippina son io,

e Germanico è mio.

SEIANO

Tu Agrippina?

AGRIPPINA

Io la furia,

l'oggetto de' tuoi sdegni,

centro degl'odi tuoi.

GERMANICO

Me fortunato.

SEIANO

Avvampo d'ira.

AGRIPPINA

E ritrattar non puoi

ciò ch'al cielo giurasti.

GERMANICO

O me beato!

SEIANO

M'ingannasti Agrippina.

AGRIPPINA

A questo fine

tutto finsi, ed oprai.

GERMANICO

Tu respirar mi fai.

LIVIA

Sperar io posso.

AGRIPPINA

M'offesero i sospetti,

che di me concepisti:

ove d'amor si tratta

van mutue le vicende;

e chi offese riceve offese rende.

GERMANICO

Tu ravvivi un estinto.

SEIANO

Agrippina tu hai vinto.

Cedo al voler del fato.

LIVIA

Ora Seiano

Livia, cui promettesti

gioie, grandezze, amori

non sarà tua?

SEIANO

Conosco

il voler de gli dèi.

Livia tornano a te gl'affetti miei.

AGRIPPINA

Germanico.

GERMANICO

Agrippina

amor trionfò.

AGRIPPINA

Mia gioia sarai.

GERMANICO

Tua gioia sarò.

Insieme

LIVIA

Tu porgimi o caro

la candida destra,

la tenera mano.

SEIANO

Tu porgimi o cara

la candida destra,

la tenera mano.

Scena ultima

L'ombra di Druso. Seiano. Agrippina. Livia. Germanico. Genti. Cavalieri.

Si vede un fulmine, che dà nella statua di Seiano che sarà nel mezzo della scena.

Poi comparisce l'Ombra di Druso, che impedisce Seiano di porgere la destra a Livia.

TUTTI

Ahimè.

OMBRA DI DRUSO

Ferma Seiano.

Segue poi l'opera intitolata la Caduta di Seiano, che si rappresenta la sera seguente alla recita di questa.

Fine del libretto.

Generazione pagina: 14/01/2016
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Locandina Atto primo Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima Scena tredicesima Scena quattordicesima Scena quindicesima Scena sedicesima Atto secondo Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima Scena tredicesima Scena quattordicesima Scena quindicesima Scena sedicesima Atto terzo Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima Scena tredicesima Scena quattordicesima Scena quindicesima Scena ultima