Atto primo

 

Scena prima

Sala reale.
Tiberio. Seiano. Coro di pretoriani. Ligdo domestico di Seiano.

Immagine d'epoca ()

 Q 

Tiberio, Seiano, pretoriani, Ligdo

 

SEIANO

Sostegno de l'impero,  

splendor del Lazio, deità di Roma,

le pretorie coorti

reggi, modera, e doma.

Io de l'impero tuo,

or ch'i regni del mondo

con quelli delle sfere

teco Giove divide,

Tiberio non temer, farò l'Alcide.

TIBERIO

Voi conspicue falangi, eroiche schiere

del mio Seiano amato,

seguite la fortuna, amate il fato.

SEIANO

Non avran gl'imperi miei

sdegni rei,

ire torbide,

odio insano.

CORO

Viva viva Seiano.

SEIANO

Non alberga nel mio core

fier rigore,

cui si porgano

preghi invano.

CORO

Viva viva Seiano.

 

Scena seconda

Gaio Cesare. Tiberio. Seiano. Coro di Pretoriani. Ligdo.

<- Cesare

 

CESARE

Cieca sorte  

quanto innalzi quest'altero!

Ma incostante

non hai fede,

e un dì lo calcherai col nudo piede.

TIBERIO

Giovane generoso,

che gl'occulti natali

con la virtù crescente ogn'ora illustri,

spera giorni felici;

tutti de la milizia i gradi adempi,

e di Seiano mio segui gl'esempi.

(parte)

 

Tiberio, Seiano, pretoriani ->

CESARE

Non sicuro sentiero,

Tiberio, mi dimostri. Io, cui son noti

i miei nobili esordi,

ancor ch'altrui saggia ragion gl'occulti,

con oprar non oscuro

dal genitor non tralignar procuro.

 

Tu m'assisti, e mi reggi;  

le vie del tuo voler tu pur m'addita,

incompresa bontà, virtù infinita.

Tu mi salva, e proteggi,

auror del tutto, sempiterna vita,

incompresa bontà, virtù infinita.

Cesare ->

 

Scena terza

Ligdo.

 

 

Voi, che con tanti lumi,  

quante son le facelle, onde splendete,

a l'opre de' mortali

indefesse vegliate, eterni cieli,

deh perché sovra i rei piovete il bene?

E gli innocenti poi lasciate in pene!

 

Ma de l'eterne menti  

di penetrar gl'arcani

l'insano ardir onde giammai assumo?

Io, ch'un atomo sono, un'ombra, un fumo!

Quel ch'altrui rassembra gioia

forse è pena,

che dà noia;

e con faccia di martire

il gioire forse viene.

E invano la cagion saper presumo

io, ch'un atomo sono, un'ombra, un fumo.

Sfondo schermo () ()

Ligdo ->

 

Scena quarta

Germanico. Soldati.

<- Germanico, soldati

 

GERMANICO

O felice chi non ama!  

E non porta acceso il core

da l'ardore

del bendato

faretrato,

che gran nume il mondo chiama.

O felice chi non ama!

 

Di due labbra vezzosette  

o ridenti, o dispettose

stan le rose,

d'ogni affetto

vuoto il petto

non le teme, o non le brama,

o felice chi non ama!

 

Scena quinta

Seiano. Suo corteggio. Germanico. Suoi soldati.

<- Seiano, corteggio

 

SEIANO

Germanico?  

GERMANICO

Seiano?

Di Tiberio a' comandi

da l'Armenia, ove Agrippa

a le romane legioni impera,

per tua sposa condussi

Agrippina sua prole,

centro de la bellezza, idea del sole.

Precorsi ad avvisarti:

or qual chiede il suo merto

pomposo incontro imponi,

mentre fra le sue tende,

vicino al monte Celio ella m'attende.

Il sol, ch'unito in un sol globo ardente

splende colà nel cielo,

bipartito in due rai

ne gli occhi suoi vedrai.

Al candor de la fronte,

al vermiglio del labbro,

cedon le rose, e i gigli onde s'infiora

la più vezzosa Aurora,

de la strada celeste

smalta il candido latte il puro seno,

e sul crin biondo, e vago,

con precipizi d'oro inonda il Tago.

SEIANO

Germanico, rimanti.

GERMANICO

Altro non dici?

SEIANO

Addio.

GERMANICO

Men scortese a uno scita

risponderesti, o a un barbaro numida.

De la sposa bramata

altro senso non hai? Se d'un nemico

t'esprimessi gl'encomi

più rigido, o insensato,

dimmi dì, partiresti?

Di Seiano son questi

i costumi sublimi, onde Tiberio

sì l'inalza, e l'onora?

 

Da l'uscio de l'Aurora  

fino d'Atlante al mar

ricalca quanto sai

biondo rettor de' rai

i corsi tuoi

più discortese cor mirar non puoi.

Caucasa rupe alpestre,

cui le vene indurò

borea co' freddi venti

sian pur rigidi, algenti

i marmi tuoi,

sasso più duro mai produr non puoi.

Germanico, soldati, Seiano, corteggio ->

 

Scena sesta

Tiberio. Poi Seiano. Guardie.

<- Tiberio, guardie

 

TIBERIO

Vive sempre un uom, che regna,  

tra le guardie de' sospetti

prigioniero del decoro.

Ha legati insin gli affetti,

cinto ogn'or di ceppi d'oro.

E si trova esposto sempre

a censura rigorosa

del malevolo plebeo;

e l'invidia dispettosa

cerca ogn'or di farlo reo.

Mesto se n' vien Seiano;

che fia?

 

<- Seiano

SEIANO

Signor con alma ingiusta,

Germanico la sposa

ch'a me conduce, adora. Io con tua pace

più signor non la voglio;

con encomi affettati, e lusinghieri

la lingua contumace

del cor acceso m'additò la face.

TIBERIO

Che mi narri?

SEIANO

L'altero

aspira a nozze; e forse,

con rubelli pensieri,

va disegnando imperi.

TIBERIO

Sempre audace 'l conobbi.

SEIANO

I cenni tuoi?

L'onor de' miei sponsali?

Il rispetto? la fede?

Nel temerario core

non frenaro l'ardore?

TIBERIO

Vanne: renderò vano ogni disegno.

SEIANO

(Il colpo che prefissi ha colto al segno.)

 

TIBERIO

Tanto più facili  

sono a cader

quanto più s'ergono

di genio torbido

folli pensier:

tanto più facili

sono a cader.

Tanto più i fulmini

denno temer

quanto più inalzano

eccelse macchine

il volto altier:

tanto più fulmini

denno temer.

Tiberio, Seiano, guardie ->

 

Scena settima

Livia. Germanico, Accompagnamento.

<- Livia

 

LIVIA

Non cessate  

stelle irate,

di scherzar con noi mortali.

Son fatali

le cadute,

né resister vi può forza, o virtute.

 

Sordi cieli.  

Si quereli

quanto sa mortal dolente,

ch'inclemente,

adirato

non può forza, o virtù placar il fato.

A Germanico avverso

gira sempre il destino

e con mutanze inopinate incerte

quant'egli opra di bene in mal converte.

 

 

Eccolo a punto.

 

<- Germanico, accompagnamento

GERMANICO

Livia,  

quanto più, ch'io rifletto

al sentimento austero,

che Seiano mostrò, (qual ti narrai)

più confuso rimango

e meco stesso il mio destin compiango.

LIVIA

Reggano a lor talento

le stelle i sensi altrui,

opriam noi qual richiede

giusta innocenza; inviolabil fede.

 

Scena ottava

Ligdo. Germanico. Livia.

<- Ligdo

 

LIGDO

Tiberio questo foglio  

a te signor, invia.

GERMANICO

Porgi.

LIVIA

Cieli che fia!

GERMANICO

(legge)

«Ove Agrippina attende

vanne e senza dimore,

tosto la riconduci al genitore.»

Che leggo mai?

LIVIA

Che sento!

GERMANICO

Ah Tiberio, ah Seiano!

In Armenia ad Agrippa

ricondurrò la figlia!

Ripudiata, e non veduta! O cieli!

Di sì eccelsa bellezza

così ingiusto rifiuto!

Ed io sarò ministro

d'opre così deformi?

Che potrò dir? Assentirò ad espormi

a l'ire, a le vendette

d'ingiuria irragionevole, indecente?

No, no: voglio più tosto

viver giorni mendichi,

abitator silvestre

o in arena deserta, o in balza alpestre.

LIVIA

Odi, ferma, se fuggi

diran, che d'Agrippina

con sinistri rapporti,

tu gli sprezzi inducesti,

tu a' rifiuti movesti.

GERMANICO

Avvertenza prudente.

LIVIA

Cangia, cangia pensiero:

vattene, il tutto narra,

semplice esecutor, e messaggiero.

GERMANICO

Andrò: che fia giammai?

L'ambasciator, del prencipe è un'eco vivo;

replica le sue voci;

e chi sarà che de l'ingiurie altrui

voglia punir lo speco

perché nel sen loquace alberga un'eco?

Germanico, Ligdo, accompagnamento ->

 

Scena nona

Gaio Cesare. Livia.

<- Cesare

 

CESARE

Livia! (Oh dio non m'arrischio.)  

Livia.

LIVIA

Gaio che brami?

CESARE

Non so qual ne la fronte

nume t'alberghi, e deità risieda,

che con occulta forza

ad adorar i lumi tuoi mi sforza.

LIVIA

Cesare il genio tuo

qual debole bambin, ch'ancor vagisce,

tutto apprende per grande, e s'atterrisce.

CESARE

Eh se tu concedessi

un poco d'alimento

di cortese speranza al cor amante

tosto il bambino diverria gigante.

 

LIVIA

La speranza è una chimera  

che ogni un fingere la sa;

ella nasce in ogni core,

chi la vuole sempre l'ha;

ella è un'ombra lusinghiera,

che il desio seguendo va.

La speranza è una chimera

che ogni un fingere la sa.

Un piacer è la speranza,

che ottenerlo ogni uno può,

a ciascun, che la pretende

ella mai non dice no.

Chi le presta fede intiera

consolato ogn'ora sta.

La speranza è una chimera

che ogni un fingere la sa.

 

CESARE

Così cruda mi lasci, e per mio danno

mi palesi, e m'insegni

che la speranza è un volontario inganno.

 

Picciol nume  

di ferirmi puoi lasciar;

lo sperar

se mi fia vano

cessa di saettar cieco inumano.

Se la speme

che potrebbe consolar

il penar

pur mi deride,

lascia cor mio d'amar beltà ch'uccide.

Livia, Cesare ->

 

Scena decima

Seiano. Poi Livia.

<- Seiano

 

SEIANO

Se potesse il cor cessar  

di seguire una beltà,

quand'è stanco di penar,

chiamerei felicità

il servire, e l'adorar.

Ma perché prefisso fu,

che chi misero cadé

in amor non sorge più,

un inferno dir si de'

l'amorosa servitù.

 

 

Ecco Livia: non so se gelosia

di Germanico, o pure

la beltà di costei

a escluder Agrippina

induca i sensi miei. Bella?

 

<- Livia

LIVIA

Seiano.  

SEIANO

È possibile mio bene,

ch'il mio duol sia tuo contento,

tue delizie le mie pene,

tuo piacer il mio tormento?

LIVIA

Come poss'io, Seiano,

creder mai a le tue voci amorose,

se fin là da l'Armenia

vai cercando le spose.

SEIANO

Così volea Tiberio: e ben tu scorgi

al genitor delusa

ritornar Agrippina,

e a l'impero latin Livia vicina.

LIVIA

A l'impero latin? come Seiano?

SEIANO

Tiberio è già canuto: e tu non vedi

che tutto a mio favor il ciel dispone,

che mi seguon gli scettri, e le corone?

LIVIA

Sì ma esposto rimiro

a l'ire, a le vendette il mio germano.

SEIANO

Ti lascio: pensa, o Livia

con più elevato ingegno.

E metti in paragon fratello, e regno.

 

LIVIA

Chi su l'altrui ruine  

i regni fabbricò,

cadé, precipitò.

A tutto il ciel sovrasta:

per viver lieto l'esser re non basta.

Chi con l'altrui cadute

alzarsi procurò

cadé, precipitò.

Chi nutre rei pensieri

viver contento lunghi dì non speri.

 

Seiano, Livia ->

 

Scena undicesima

Villa deliziosa fuori di Roma con siti d'acque cadenti, confina col monte Celio.
Agrippina. Plancina nutrice.

 Q 

Agrippina, Plancina

 

AGRIPPINA

Fonti limpide, e chiare,  

che con passi d'argento

per strade di smeraldi ite fuggendo,

anch'io fuggir amor da voi apprendo.

Come 'l continuo corso

rende chiaro 'l cristallo

de l'onda vostra che giamai s'oscura

così 'l fuggir amor fa l'alma pura.

 

PLANCINA

Troppo omai differisce  

Germanico il ritorno.

AGRIPPINA

Tardan forse il soggiorno

gl'apparati, e le pompe.

PLANCINA

Le gioie prolungate

riescono più grate.

AGRIPPINA

Sento però nel core

un palpitar confuso, ed indistinto

che mi par, fra sospiri

precursor di sventure, e di martiri.

 

Su la rota de la sorte  

sorda, e cieca, ogn'uno sta,

né mai sa

quando fermi il corso abile

del legno instabile.

Adirate ogn'un, che nacque

le sue stelle ritrovò

né si può

mai saper, benché si preghino,

quando si pieghino.

 

PLANCINA

Agrippina

è vicina a lo sposo,

e riposo

non ritrova:

io per prova

ben l'intendo,

benché parli in frase oscura;

è un appetito sol de la natura?

Agrippina, Plancina ->

 

Scena dodicesima

Germanico. Poi Agrippina, e Plancina.

<- Germanico

 

GERMANICO

Chi ha nemica la fortuna  

viver lieto mai non speri,

ogni gioia

si fa noia

sempr'avversa, ed importuna

la ritrovi a' tuoi pensieri.

Quand'il crine altrui ritolse

usa poi costumi fieri.

Ogni bene

cangia in pene,

e tormenti solo aduna,

ove pria donò piaceri.

 

<- Agrippina, Plancina

AGRIPPINA

Momenti più noiosi  

non ebbi mai.

PLANCINA

Signora

egli è qui. Lieta, lieta.

AGRIPPINA

Parmi confuso, e mesto.

Germanico?

GERMANICO

Agrippina?

AGRIPPINA

Turbato i rassembri.

Che riporti? Favella.

GERMANICO

L'influenze maligne.

O l'incostanza umana.

Anzi sospetti, gelosie (confuso

non ritrovo il principio).

AGRIPPINA

Intesi, intesi.

Forse de le mie nozze

è pentito Seiano?

Parla; rispondi.

GERMANICO

A ricondurti al padre

m'invia Tiberio. I cieli

m'attestino qual sento

ira, confusion, pena, tormento.

PLANCINA

Sventurata ch'ascolto? Oh cieli! oh dèi!

AGRIPPINA

Io sprezzata così?

Io così vilipesa?

Mi ripudia Seiano?

Mi caccia Tiberio?

È mia colpa? È suo sdegno? O mio destino?

Tutto mi svela, dì.

GERMANICO

Con giuste lodi

spiegai le tue bellezze,

le ampliai, le descrissi

con nobil paragon di ciel, di sole.

PLANCINA

Sii tu pur benedetto.

GERMANICO

Mossero gelosia le mie parole.

PLANCINA

Vedi, vedi che sorte?

GERMANICO

Ei mi suppose amante. E già che puote

concepirmi infedele,

e s'indusse Tiberio

a credermi sleal; m'avesse almeno

tratta l'alma dal seno.

Se questa è reità, se quest'è colpa,

il colpevol io sono, io sono il reo;

fa venir chi m'uccida,

ch'il morir a' tuoi piè mi fia trofeo.

AGRIPPINA

Sorgi: che sì crudel già non son io,

quant'è stolto Seiano.

Di te s'ingelosì? dunque il tuo merto

maggiore del suo confessa.

Che gelosia non nasce

di chi più vil si crede

in chi più degno si conosce. I' certo

di Seiano i giudizi,

di Tiberio gl'assensi

stimar poco non oso.

Sarai dunque mio sposo,

che di questi imenei,

s'ei degno ti stimò, degno tu sei.

PLANCINA

Bene a fé, bene!

GERMANICO

Ferma Agrippina: questo

è un dar forza a i sospetti.

AGRIPPINA

È un vendicarsi

di chi li concepì.

GERMANICO

Ma farmi reo

di vile infedeltà.

AGRIPPINA

Falsa è l'accusa.

GERMANICO

Ma ch'il saprà?

AGRIPPINA

Gli dèi.

GERMANICO

E Roma, e 'l mondo?

AGRIPPINA

Basta:

così risolsi; e di vibrato dardo

fermar il preso corso è più leggero,

che di donna cangiar fermo pensiero.

PLANCINA

Buon pro signor, addio.

A fé lo piglierei per sposo anch'io.

Agrippina, Plancina ->

 

Scena tredicesima

Germanico.

 

 

Quanto meco tu scherzi iniqua sorte!  

Quel ch'accettar non posso

cortese m'esibisci.

D'impossibili gioie

prodiga m'arricchisci

e perché maggior pena il mal mi rechi

tu m'avvicini al sol, e poi m'acciechi.

 

A gl'assalti di beltà  

chi resiste

molto fa.

Qui consiste

la costanza, e la fortezza!

Ha più forza una bellezza

ch'un esercito non ha.

Chi resiste

molto fa.

Pur a i lacci d'un bel crin

sol chi vuole

cede al fin.

Se per Iole

a filar s'indusse Alcide,

de l'insania v'è chi ride;

che s'Amor è un dio bambin

sol chi vuole

cede al fin.

Germanico ->

 

Scena quattordicesima

Plancina. Eudemo.

<- Plancina, Eudemo

 

PLANCINA

Se le chiome  

tempo avaro incanutì

tutti ancora non sopì

i pensieri del piacere;

chi mi parla di godere

mi discaccia ogni martir

e mi fa ringiovanir.

Non si perde

con i giorni la virtù,

solo acerbi in gioventù

sono i frutti de' diletti,

ma si rendon più perfetti

se stagion li maturò,

chi no 'l prova dir no 'l può.

Sfondo schermo () ()

 

EUDEMO

T'inganni a fé se credi  

persuader altrui

a far già mai rifiuto

di vaga treccia d'or per crin canuto.

Come vuoi tu ch'Amore,

ch'è tenero bambino,

alimentar si possa

sol di pelli rugose, e d'arid'ossa?

 

PLANCINA

Non son già qual tu credi

consunta da l'età,

ho qualche avanzo ancor di mia beltà.

EUDEMO

La femmina invecchiata

è un vestito all'antica,

ogn'uno lo ricusa,

è stato bello un dì ma più non s'usa.

 

PLANCINA

Ecco Agrippina: taci.

 

Scena quindicesima

Agrippina. Plancina. Eudemo. Poi Germanico.

<- Agrippina

 

AGRIPPINA

Lucide faci  

ch'in cielo splendete;

piovete

serene

vezzosi splendori

ch'in sen del mio bene

diventino ardori.

Picciolo nume

quel dardo, che spezza

asprezza,

rigore,

se gloria tu brami

avventa in quel core,

fa pure ch'egli ami.

 

<- Germanico

EUDEMO

Eccolo a fé.

 

Plancina, Eudemo ->

AGRIPPINA

Germanico che pensi?  

GERMANICO

A le mie pene acerbe.

AGRIPPINA

L'esser amato è pena?

GERMANICO

Oh dio, deh taci.

AGRIPPINA

M'aborrisci tu forse?

GERMANICO

Tolganlo i cieli.

AGRIPPINA

Adunque

segui 'l mi' amor.

GERMANICO

Non posso.

AGRIPPINA

Chi te 'l vieta?

GERMANICO

La sorte.

AGRIPPINA

E 'l tuo voler?

GERMANICO

È servo.

AGRIPPINA

Di chi?

GERMANICO

De la ragion.

AGRIPPINA

Chiedi a Tiberio

ch'a me ti doni.

GERMANICO

Chiederei la morte.

AGRIPPINA

Io 'l chiederò.

GERMANICO

Tanto abbassar ti vuoi

a chi t'offende?

AGRIPPINA

Bellicosi acciari

saran le voci mie. Vattene a lui,

di' che per vendicarmi

armerò queste genti.

E aggiunte a le mie forze

moverò le vicine,

desterò le lontane,

porrò catene al Tebro,

cingerò 'l Campidoglio;

di Seian, di Tiberio

farò crollar l'orgoglio:

e solo por il freno

a' marziali ardori

potrai tu con le nozze, e con gl'amori.

GERMANICO

Agrippina!

AGRIPPINA

Eseguisci.

GERMANICO

Deh raffrena lo sdegno,

in pace lascia gl'innocenti colli,

(si inginocchia)

e solo in me rivolto

l'impeto sfoga.

AGRIPPINA

Stolto

e l'error tuo non vedi?

Io t'offro 'l seno, e tu vuoi starmi a' piedi?

Agrippina ->

 

Scena sedicesima

Germanico, poi Plancina. Eudemo. Ligdo. Genti con tizzoni di fuoco in mano lieti d'averlo estinto.

 

GERMANICO

Volete così  

mie nemiche deità.

Soffrirò,

tacerò,

fors'un dì si cangerà

quel destin, che m'agitò,

e benigno mi sarà.

Soffrirò,

tacerò.

Al fin cesserà

l'ostinato suo rigor.

Soffrirò,

tacerò

ne le pene, e nel dolor,

così forse vincerò

di mia sorte il rio tenor.

Soffrirò,

tacerò.

(parte)

Germanico ->

 

<- Ligdo, genti, Eudemo, Plancina

LIGDO

Par che voli la fiamma  

d'intorno al Celio monte

e sì viva s'apprese,

che con progressi immensi in picciol ora

opre di lungh'età strugge, e divora.

La statua di Tiberio

solo preme a Seiano.

 

CORO

A questa s'accorra  

si salvi, si guardi,

e nulla si tardi.

(partono)

genti, Ligdo ->

 
Si vede arder il monte.
 

PLANCINA E EUDEMO

Ahimè.  

PLANCINA

Per lo timore

non so dov'io mi vada.

EUDEMO

Dov'io sia non discerno.

PLANCINA

Il monte Celio diventò l'inferno!

EUDEMO

Ma già cessa la fiamma,

parte chi l'ammorzò.

PLANCINA

Non ci fermiam qui, no.

EUDEMO

No, no, ch'a dir il vero

sei tant'arida, e secca

che se la fiamma ti s'appiccia intorno,

pria, ch'estinguer si possa,

t'abbrucia viva, viva insin su l'ossa.

 
 
Otto Persone con tizzoni di fuoco in mano fanno un ballo.
 

Fine (Atto primo)

Atto primo Atto secondo Atto terzo

Sala reale.

Tiberio, Seiano, pretoriani, Ligdo
 

Sostegno de l'impero

Tiberio, Seiano, pretoriani, Ligdo
<- Cesare

Cieca sorte

Ligdo, Cesare
Tiberio, Seiano, pretoriani ->

Ligdo
Cesare ->

Voi, che con tanti lumi

Ligdo ->
<- Germanico, soldati

O felice chi non ama!

Germanico, soldati
<- Seiano, corteggio

Germanico? / Seiano?

Germanico, soldati, Seiano, corteggio ->
<- Tiberio, guardie

Vive sempre un uom, che regna

Tiberio, guardie
<- Seiano

Tiberio, Seiano, guardie ->
<- Livia

Non cessate

Livia
<- Germanico, accompagnamento

Livia, quanto più, che io rifletto

Livia, Germanico, accompagnamento
<- Ligdo

Tiberio questo foglio

Livia
Germanico, Ligdo, accompagnamento ->
Livia
<- Cesare

Livia! (Oh dio non m'arrischio.)

Livia, Cesare ->
<- Seiano

Seiano
<- Livia

Seiano / È possibile mio bene

Seiano, Livia ->

Villa deliziosa fuori di Roma con siti d'acque cadenti, confina col monte Celio.

Agrippina, Plancina
 

Troppo omai differisce

Agrippina, Plancina ->
<- Germanico
Germanico
<- Agrippina, Plancina

Momenti più noiosi

Germanico
Agrippina, Plancina ->

Quanto meco tu scherzi iniqua sorte!

Germanico ->
<- Plancina, Eudemo
Plancina
Se le chiome
Eudemo e Plancina
T'inganni a fé se credi

Plancina, Eudemo
<- Agrippina
Agrippina
Lucide faci
Plancina, Eudemo, Agrippina
<- Germanico

Agrippina, Germanico
Plancina, Eudemo ->

Germanico che pensi?

Germanico
Agrippina ->
Germanico
Volete così
Germanico ->
<- Ligdo, genti, Eudemo, Plancina

Par che voli la fiamma

Eudemo, Plancina
genti, Ligdo ->

(si vede ardere il monte Celio)

Ahimè / Per lo timore

(otto persone con tizzoni di fuoco in mano fanno un ballo)

 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima Scena tredicesima Scena quattordicesima Scena quindicesima Scena sedicesima
Sala reale. Villa deliziosa fuori di Roma con siti d'acque cadenti, confina col monte Celio. Cortile in Roma. Campagna deliziosa fuori di Roma. Giardino in Roma. Stanze reali. Luogo delizioso con logge.
Atto secondo Atto terzo

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