Dichiarazione de i proverbi, e vocaboli mal proferiti, e stroppiati da i contadini de i villaggi intorno Firenze, de' quali nel presente drama rusticale ad arte s'è servito l'autore

ATTO PRIMO

SCENA PRIMA

Riccio

Ricciolina

Capelli crespi, e inanellati. Ciocca di capelli arricciata artifiziosamente.

Beffarsi

Non curare, mettere in scherzo, non fare stima.

SCENA TERZA

Annuale

Tutto 'l corso dell'anno.

Magheri

Magri, aridi, sterili, tenui.

Pretto

Puro, schietto, non mischiato.

Golpe

Golpe del grano, grano guasto dalla golpe. Per similitudine vale, guasto, cattivo; corrotto: peste che lo divora, latinamente aerugo.

Carcioferi

Carciofi, spezie di cardo, che fa una boccia a guisa di piva, e buono a mangiare.

Spagheri

Sparagi, frutice noto.

Mignola

Quando l'ulivo manda fuori quelle boccioline, noi chiamiamo nel nostro parlare questo moto della natura mignolare.

Preta

Pietra, Saffo.

Giulivo

Lieto, contento, gioioso, giocondo; i franzesi chiamano giulivo il bello, perché è giocondo.

Ciuco

Nome col quale i contadini chiamano l'asino, e col quale nell'uso significhiamo ancora un uomo stolido, e ignorante.

Checchène

Ch'è ch'è; ad ora ad ora.

Aia

Aia, spazio di terra spianato, e accomodato per battervi il grano, e le biade.

Da imo a sommo

Da basso ad alto. La voce imo, cioè profondo, è tutta latina, e poetica, usata da Dante per lo più in rima, e da Fazio degli Uberti nel Dittamondo, e dal Petrarca, il quale di più ne' Trionfi impiegò questa medesima frase da imo a sommo:

«Onde da imo

produsse al sommo l'edifizio santo.»

E come suole avvenire delle voci, e delle frasi del Petrarca, che egli seppe scerre con tanto giudizio, che in un certo modo antivedde, che elle erano per esser sempre aggradite dall'uso, ella s'è mantenuta anche in oggi, onde il Firenzuola, come ricevuta, e comune la ripose in una delle sue prose.

Valicare

Passare, trapassare.

Sovvallo

Cosa che viene senza spesa, e per lo più da godersi in brigata.

Sciopera

Levare chi che sia dalle sue faccende, facendoli perder tempo.

SCENA NONA

Ciapino

Jacopino, diminutivo di Jacopo.

Trambusto

Trambusto, da trambustare, che vale rimuovere le cose, confondendole, e disordinandole. Confusione.

Filosomia

Fisonomia, aria, effigie, somiglianza. Detta così con iscambiamento di lettera, è lo stesso che fisonomia; la lettera N si vede similmente scambiata colla L nelle voci storlomia, e strolomia, che in volgare fiorentino di quel tempo esprimevano la greca voce astronomia, sì come filosomia, e più comunemente fisonomia rappresentano in nostra lingua ciò. che i greci dissero physiognomia, cioè regola di conoscere le nature, e l'inclinazioni, e questa regola vien messa in opera dal considerare la persona, gli occhi, il volto, la fronte di chi che sia, per lo che, come ottimamente è stato osservato nel Vocabolario della Crusca, l'uso piglia fisonomia ancora per la stessa aria, ed effigie degli uomini, onde si dice uno avere buona, bella, cattiva, brutta fisonomia, e in un libro antico di sonetti citato dal medesimo Vocabolario si legge questo verso:

«La tua fisonomia traditoresca»

cioè cera, aria di traditore.

Gaveggia

Vagheggia, vagheggiare vale fare all'amore; cioè stare a rimirare fisamente, con diletto, e attenzione l'amata; viene da vago, cioè amante. Per trasposizione di lettere detto in cambio di vagheggia; maniera usata da' villani, e dagl'idioti, che straziano, e stroppiano le voci secondo, che lor torna in acconcio, e a maggior comodità di pronunzia, o pure per una lor melensaggine, o trascuratezza, o vezzo ch'e' si sia, così frebbe, crapa, e preta dicono i contadini in vece di febbre, capra, e pietra, e simili; il Boccaccio nella Giornata seconda, novella nona, fa dire a Bernabò da Genova «Io son mercatante, e non fisofolo», in vece di filosofo, stroppiando così a posta la parola per rappresentare più al vivo il costume del personaggio, ch'egli introduce a parlare, non letterato, ma mercante. E questa è regola inviolabile da osservarsi da tutti i compositori, i quali talvolta con una sola forma di favellare introducano indistintamente personaggi di varia condizione.

Dileggia

Beffa, deride, si piglia giuoco, schernisce, invilisce, sfata.

Trassina

Mette sottosopra, rivolta, maneggia, tiene inquieta, tribolata.

Il mal nemico

Il diavolo, il quale dalla Scrittura è chiamato malur, malignus, adversarius, detto però da Dante avversario d'ogni male, e dal Petrarca duro avversario, dal beato Jacopone nelle sue laude avversiere, e da noi toscani corrottamente versiera; chi poi lo chiama mal nemico sfugge di nominare il diavolo per suo nome, come nome infausto, e per parlare con la lingua del contado, di cattiv'uria, cioè di cattivo augurio.

In giolito

In allegrezza, in riposo, in calma.

SCENA DECIMA

Guati

Guardi, difenda, conservi.

Bene assetta

Ben vestita, con bella acconciatura di capo, linda, ben'accomodata, e adorna.

Gamurra

Veste da donna. Ottavio Ferrari nell'origine della lingua italiana cammurra, zimarra.

Ariento

Argento, voce antica fiorentina rimasa oggi con molt'altre tra' contadini.

Cappizzi

Voce ammirativa, come capperi, cappita, canchita, canchero, cappuccio, tutte particelle, che significano maraviglia, e asseverazione.

Corbezzoloni

Corbezzoli grandi, frutti del corbezzolo, ch'è una pianta di non molta grandezza, non perde foglia, fa il suo frutto rotondo, che gialleggia nella rossezza ed è grande come una grossa ciriegia.

Madornali

Grandi, si dice per aggiunto di rami, o frutti principali degli alberi, e delle piante.

Maniato

Desso, quello stesso, quel proprio talmente, che si scambia il ritratto dall'originale; verisimilmente deriva da miniato, cioè dipinto con estrema diligenza, ed espresso al vivo. Un antico rimatore citato nel Vocabolario alla voce miniare disse “Nel cuor l'ho miniato.” cioè impresso per l'appunto, e incarnato, e noi quando vogliamo lodare alcuno di qualche opera fatta a perfezione, e per l'appunto dichiamo, egli ha dipinto.

Rattratto

Ritratto, figura cavata dal naturale.

Scomido

Scomodo.

Lie

Lì, quivi, in quel luogo.

A fene

A fé, sorta di giurare.

Ene

È.

Strabilio

Strabiliare, maravigliarsi fuor di modo, strasecolo, esco fuori di me per lo stupore.

Deliberi

Liberi. Deliberare in vece del semplice liberare è proprietà particolare della lingua franzese, l'usarono i nostri autori Dante, il Boccaccio, e più che volentieri Giovanni Villani vaghissimo d'inserire ne' suoi scritti voci di Francia, né sdegnò il nostro per altro schivo, e gentil poeta Francesco Petrarca anche più secondo la lingua francese dire diliurare

«Ben venne a diliurarmi un grande amico

per somma, ed ineffabil cortesia».

Può essere, che in que' tempi questa voce fosse comunemente accettata in Toscana, e che poi dall'uso discacciata dalla città, si sia mantenuta, come molte altre, come in sicuro refugio, ne' contadi, e per le ville.

Damo

Amante, vago.

Ruzzica

Ruticare, bucinare, andar dicendo riservatamente, con riguardo; esserne qualche boce, sentore.

Enno

Sono.

Mene

Me.

Stiè

Stette.

Tornoe

Tornò.

Rimescolata

Da rimescolamento, che è quel terrore, che ci vien da subita paura, o dolore, dal rimescolarsi il sangue.

Ficcar chiodo

Star fermo nelle sue deliberazioni, fermar una cosa, come si fa, quando ella si conficca; questo credo che allusivamente volessero dimostrare i romani, quando in tempo di peste creavano il dittatore a posta per la funzione solenne del ficcare il chiodo; quasi fermassero in quella maniera la peste. Livio libro 7° ab urbe condita. 5 Cum piaculorum magis conquisitio animos, quam corpora morbi afficerent, repetitum ex seniorum memoria dicitur pestilentiam quondam clavo a dictatore fuisse sedatam.

Rucoli

Ruzzolare. Che che sia, che si rivolga per terra.

SCENA UNDECIMA

Scondito

Non condito. Per metafora sciocco, senza giudizio, senza sale, scipito.

Dar la baia

Uccellare, motteggiare.

Cinguettare

Il parlar de' fanciulli, quando è cominciano a favellare. Ciarlare istucchevolmente di bagattelle, e di cose vane.

SCENA DECIMATERZA

Vetta

Parte estrema di sopra. Cima, sommità; forse viene dal latino vertex, o vitta.

Erino

Erano.

Dar pasto

Mantenere in speranza.

Soppiatto

Nascosamente, sotto mano, quasi sotto il piatto, non in palese.

Rozza

Carogna.

Fare una sciarra

Far riffa, far contesa, quistione.

Gli ha preso pelo

S'è ombrato, s'è insospettito; da cavalli timidi, e sospettosi, che hanno paura dell'ombra. E ombra è detto il pelo. Stazio al quarto della Tebaide per contentarsi di questo esempio solo:

Dum roseis venis umbra genis.

Lo sdruco

L'apro, lo fendo, lo spacco.

Mastuco

Mastico, che significa disfare il cibo co' denti.

Ingrugni

Pigli il grugno. T'adiri, pigli grugno, tieni il broncio, tutti segni di cruccio, di collera.

Costolone

Rozzo, villano, duro, zotico, cotennone.

Cosìne

Così, nell'istesso modo ch'è verbo. Dante disse è, e la nostra plebe anche dice ene, e non solamente si dice da essa quie, ma quine; all'istessa guisa interviene a così, che cosìe e cosìne.

Totene lo 'mpaccio

Levane la speranza, levane il pensiero.

Per mio piatto

A mia disposizione.

ATTO SECONDO

SCENA TERZA

Un cavalletto

Un cavalluccio, una citazione, un comandamento. Tutti i magistrati di Firenze hanno qualche propria arme, o insegna. Il Magistrato degli Otto usa un uomo a cavallo, che corre, e questa tal'arme pone anco nelle citazioni, che manda, e perciò dette citazioni, si chiamano cavallucci.

Appaia

Comparisca, m'appresenti alla ragione, al tribunale di giustizia.

Apparuto

Comparso, appresentato. Sì come da parere si forma, e si disse da' buoni autori paruto per parso, così alla medesima proporzione da apparere, che nel medesimo modo, che apparire trovasi usato, potè farsi benissimo apparuto, ma l'uso non l'ha ricevuto se non nella plebe, e ne' contadini.

Fiaba

Bugia, menzogna, falsità di parole.

Musichieri

Musici, canterini.

Strimpellare

Sonare a mal modo.

A zonzo

Andar vagando in qua, e in là. Ed è lo stesso che aioni, che il Boccaccio nella lingua de' contadini del suo tempo disse andare aiato. Il Vocabolario della Crusca alla parola zonzo così ragiona: andare a zonzo, andare attorno, e non saper dove, tolta la metafora da animali volatili, come pecchie, vespe, calabroni, che volano in qua, e in là ronzando, e poi cita alcuni comici, e poeti giocosi, che si sono serviti di questa maniera.

Citarrino

La mandola, la chitarra piccola, detta per lezio invece di chitarrino.

Ti pappi

Ti mangi, consumi, divori, come fanno della pappa ingordamente i fanciulli.

Arrandella

Stringere fortemente, come le some, che acciò stiano legate, si stringono col randello. Randello nel Vocabolario vien definito così: Baston corto, piegato in arco, che serve per istrignere le funi, con le quali si legano le some, o cosa simile. Rhabdos in greco significa verga, bastone, mazza, onde quei che andavano avanti a' consoli di Roma colle verghe, colle scuri legate, perciò furono detti da' romani lictores, e da' greci rhabduchi, cioè virgiferi. L'antico volgarizzatore delle Vite di Plutarco, della cui autorità si serve il Vocabolario della Crusca, ora bastonieri gli appella, ora mazzieri. Da rhabdos adunque si fece, come vuole il Vossio nell'Etimologico, presso i latini radius, che significa un bastone, con quale si misura, e da radius ne venne a noi in forma di nome diminutivo, randello.

Sbarbica

Sbarba, sradica, toglie fin dalle barbe, svelle dalle radici.

Tribbia

Tritare, ridurre in minutissime particelle. Tribula, e tribulum presso gli agricoltori latini è uno strumento, col quale si batteva il grano, che Servio sopra quel luogo di Virgilio “tribulaque trahaeque, et iniquo pondere rasiri, dice essere una sorta di treggia, o carro. Da questo nome gli scrittori ecclesiastici secondo il Vossio formarono il verbo tribulare, e 'l nome tribulatio, che altrimenti da' medesimi si dice pressura; e dal latino tribulare abbiamo il nostro tribbiare, di cui però non si trova esempio ne' nostri scrittori, ma è parola frequente nell'uso, e specialmente tra quegli di contado.

Mi fori

Mi buchi, mi pertugi.

L'assillo

Un animaletto alato, poco maggior d'una mosca, che punge asprissimamemte, da' latini asilus, da' greci è dimandato oestrum. La descrizione dell'assillo altrimenti detto tafano è da Virgilio al libro 3 delle cose della villa in quei versi:

«Est lucos Silari circa, ilicibusque virentem plurimus alburnum volitans, cui nomen asilo romanum est; oestron gray vertere vocantes; asper, acerba sonans; quo tota exterrita silvis diffugiunt armenta; furit mugitibus aether concussus, silvaeque, et sicci ripa Tanagri

Di qui aver l'assillo, e assillare, smaniare per violenza di passione, non trovar posa, né requie.

Fiacca

Rompe, spezza, fracassa con violenza, e con impeto, sconquassa, fracassa. Onde noi nell'uso fiaccar le braccia, cioè bastonare; l'esempio di Seneca citato nella voce fiaccato nel Vocabolario, «vecchiezza è nome d'etade lassa, e non fiaccata», è dell'epistola 26 «quoniam quidam senectus lassa aetatis, non fracta nomen est». Perciò dunque fiaccare si prende per indebolire in estremo, e fiacco per rotto, sconquassato, fracassato, e senza forze.

Codione o codrione

L'estremità delle reni, appunto sopra 'l stesso.

Bricino

Briciolino, minuzzolo, che casca dalle cose che si mangiono, ed è proprio del pane. Latino mica; nell'esposizione de' vangeli di fra Simone da Cascia Agostiniano, si legge, “niuno è sì crudele, che cacci i cani, che mangiono le brice, che caggiono dalla mensa de' lor figliuoli”, autorità portata nel Vocabolario della Crusca. Da bricia dunque, che corrisponde al latino mica, si son fatti i diminutivi briciola, e briciolo, di qui è derivata la forma del diminutivo bricino.

Appollicai

Appollaiai, cioè l'andare, che fanno i polli a pollaio, e quivi si posano a dormire.

Scioglia

Sciolga.

Bucegli

Bovi giovini, giovenchi, vitelli.

Brucherà la foglia

Leverà, corrà le fronde da' rami per pascolarne i giumenti, vitelli ed altri animali. Tolta la similitudine dal bruco, che rode le foglie, e i frutti, e spoglia gli alberi. Dante in una delle sue nobilissime canzoni mostrò l'origine di questa voce, quando volendo esprimere, che il pensiero amoroso, che se gli era fitto nella mente gli andava rodendo, e consumando quella virtù, e valore, che gli era rimasto, prese dal bruco la similitudine, non isdegnando d'impiegare a questo proposito come molto espressivo il verbo brucare dicendo:

«Colli denti d'amor già si manduca

ciò che nel pensier bruca

la mia virtù».

Sicché il suo cuore veniva ad essere come de' frutti si dice bruciolato, cioè guasto dal baco d'amore; il Petrarca con non minore espressione, ma con maggiore gentilezza cantò:

«Mentre che 'l cor dagli amorosi vermi

fu consumato».

Scusiti

Squisiti, di perfetta qualità.

Tutti sugna

Tutto grasso; sugna per lo più vale grasso di porco, ed è quella da' latini detta axungia.

Divinculato

Torto, piegato in qua, e in là a guisa di vinco; Lucrezio volendo spiegare un corpo, che si divincoli, lo chiamò exossatum, quasi senza ossi, e senza nodelli.

Guato

Guardo.

SCENA SETTIMA

Aghero

Agro, aspro, acerbo.

Carpato

È carpito, preso, pigliato. Carpare disse Dante par andare carpone, che è un andare carpendo la terra, cioè camminare colle mani, delle quali è proprio ufizio carpire, ma nel suo significato assoluto, nel quale l'usano i contadini, esprime pigliare, prendere, come il disse a proposito nelle sue Rime giocose l'Allegri:

«Boschereccia Talia

carpa la cornamusa».

Genia

Generazione vile, e abietta.

Groppone

Groppa.

Maghero

Magro, senza grasso.

SCENA DUODECIMA

Muine

Carezze, vezzi, cortesia, e spezie di carezze di donne, e di bambini , latinamente blanditiae, mollia verba, illecebrae. Così il Vocabolario, ove si vede questa parola in oggi usatissima essere stata anche usata nell'antico in Firenze, citandosi quivi Agnolo Pandolfini nel Trattato del governo della famiglia, e della Cronica della famiglia de' Morelli.

Ghigni

Ridi scarsamente, sorridi.

Granocchiella

Ranocchio, rana. Diminutivo in voce del semplice, come pecorelle, per pecore, rondinella, per rondine.

Pantano

Palude, o padule, luogo pieno d'acqua ferma, e di fango.

Tribbia

Trilla, canta trillando.

Guadaleschi

Ulcere, o lesioni, che si fanno nel dosso del cavallo, e altre bestie da soma. Mascalcia parola fiorentina antica, poiché usata da Brunetto famoso maestro di Dante nel suo pataffio, il guidalesco ha marcio in giulleria, cioè ha fatto il callo a esser giullare, cioè buffone, autorità addotta nel Vocabolario, sì come quella di Pietro de Crescenzi al libro 9 dell'Utilità della villa, al cap. 30, ove parla dell'infermità de' cavalli: «appresso vi fanno piaghe piccole, grandi, le quali tutte s'appellano volgarmente guidaleschi».

A ogni otta

Ad ogn'ora, a tutt'ora.

Guata

Guarda.

Arrapoli

Arrabbi.

Pappi

Mangi.

Rabbione

Rabbia grande.

Svigno

Fuggire con prestezza, e nascosamente, come quegli, che son colti, e trovati per le vigne altrui a cor l'uva.

SCENA VIGESIMATERZA

Sbucare

Uscir dalla buca, uscir fuora, comparire alla vista.

Lampanti

Risplendenti, luccicanti. Il Cecchi nella commedia intitolata L'invenzione della croce, atto primo, scena prima: «con questa scritta finta io vo cavargli trenta lampanti più di mano», cioè scudi, o zecchini.

Snoccioli

Paghi in contanti. Sborsi la moneta effettiva, si cavi fuori della borsa. Il Davanzati nel Tacito al libro VIII: «ci si snoccioli di contanti».

Carpi

Pigli.

Corbello

Vaso ritondo con fondo piano, tessuto di strisce di legno.

Gavaccioli

Peste, e quell'enfiato, che fa la peste. Enfiato sotto le ditella, o nell'anguinaia, quali erano quelli ch'apparivano, e che così volgarmente erano nominati in Firenze nella gran peste dell'anno 1346, descritta dal Boccaccio nell'introduzione del Decamerone, i quali talvolta crescevano, per usare le parole medesime del Boccaccio, come una comune mela. Non inverisimile percià è l'origine, che adduce Ottavio Ferrari di questa voce, cioè da gallozzola; Giovanni Villani al libro 12, capitolo 83: «apparendo nell'anguinaglia, o sotto le ditella certi enfiati chiamati gavaccioli, e tali ghiandusse, da' latini glindulae».

Sciolto i bracchi

È impazzato, proverbio usato dalla plebe fiorentina.

Cianci

Scherzi, burli, chiacchieri.

Pere cotognole

Pomi cotogni, latinamente cotonca, nome fatto da cydonia, essendo appellate tali frutte così dalla città di Cydone nell'isola di Candia.

SCENA VIGESIMOTTAVA

Nencio

Vincenzio.

Mone

Simone.

Coccheri

Niccolò.

Parri

Guasparri.

Rincivilire

Incivilire, divenir civile, da rozzo, e villano diventar civile, all'uso de' cittadini.

A bell'agio a ma' passi

Pian piano a' cattivi passi. Alle cose dubbiose bisogna andar cauto, e riguardato; il Firenzuola in una sua commedia: «pian Barbirre, adagio a ma' passi».

SCENA TRIGESIMAOTTAVA

Accomida

Acconcia, metti all'ordine, assetta, aggiusta, detto in vece di accomoda.

I sedili

Sedie rozze, senza artifizio, seggiole all'uso del contado.

Gaveggio

Vagheggio, fo all'amore, onde gaveggini si dicono nel contado, e vagheggiatori, gl'innamorati.

Piue

Più.

Crianzuto

Bencreato, civile, che fa le creanze, e come si costuma tra galant'uomini.

Tina

Caterina, stroppiatura, o abbreviatura di n ome usato in contado.

Nencia

Lorenza nome proprio, sì come Nencio, Lorenzo.

Cariole

Capriole, cavriole, salti.

Acquidocciolo

Acquidoccio, canal murato, per lo quale si conduce l'acqua da luogo a luogo.

SCENA TRIGESIMANONA

A tene

A te.

Guatare

Guardare.

A golo

A volo; preso golo per volo, come golpe per volpe.

Provana

Ostinata, garosa; credo così detta dal voler vincere la prova, cioè la gara.

Giunsi alla tromba

Questa doveria essere un'ottava della Gerusalemme del Tasso cantata sconciamente dal personaggio, che rappresenta un contadino. L'ottava è questa:

Giunto alla tomba, ove al suo spirto vivo

dolorosa prigione il ciel prefisse,

pallido, freddo, muto, e quasi privo

di movimento, al marmo gli occhi affisse,

al fin sgorgando un lagrimoso rivo

in un languido ohimè proruppe, e disse,

o sasso amato, ed onorato tanto,

che dentro hai le mie fiamme, e fuori il pianto.

ATTO TERZO

SCENA QUARTA

Sgambetta

Dimena le gambe presto.

Chinavalle

Cioè quine a valle, che significa qui sotto, opposto di quinamonte, cioè quine, e monte, qui sopra.

In vetta

In cima.

Assillo

Animaletto che punge fortemente, come s'è detto di sopra.

Diascolo

Diavolo.

SCENA QUINTA

Saccente

Che sa, sapiente, dall'antico verbo saccio, fatto dal latino sapio, si formò il participio saccente, cioè sapiente, e in questo sentimento trovasi saccente appresso antichi scrittori; prendesi per astuto, sagace; ma per lo più per prosuntuoso, impertinente, e per quello ancora, che i latini dicono stiolus.

Valicare

Passare, trapassare, tramontare.

Snello

Agile, destro, leggieri, sciolto di membra. Dal tedesco shnell, che vale l'istesso per l'appunto.

SCENA NONA

Fitto

Messo, o cacciato con violenza.

Buonasera nonna

Proverbio fiorentino, che suona, hai bevuto bene.

Hai carpato la monna


Carpare

Pigliare.

Monna

Scimia. Pigliar la monna vuol dire imbriacarsi; onde in proverbio fiorentino si dice cotto come una monna, cioè come una scimia, che per vezzo si chiama monna.

Buonotta

Buon'ora.

Cotto

Ubriaco, avvinazzato. Il vino è chiamato fuoco, onde meritevolmente diamo nome di cotto a' briachi; Platone interdicendo nel libro secondo delle Leggi l'uso del vino a' giovani minori di diciotto anni, dice che quegli, che altrimenti fanno, aggiungono fuoco al fuoco. Che perciò il Mureto ne' suoi ammaestramenti al suo piccol nipote: «aut vinum ne tange, aut prolue lympha; cum vino indulges, igni, puer, adycis ignem».

Zufola

Bevi, dall'atto di chi tiene attaccata la bocca al fiasco, che pare che suoni il zufolo.

Temporale

Tempo.

Brusco

Turbato, annuvolato.

Scroscia

Pioggia smoderata, voce formata dallo strepito, che fa l'acqua nel cadere. Dante nell'Inferno c. 24 disse crosciare colpi, cioè mandargli giù con istrepito, e spessi a guisa dell'acqua grossa: “che cotai colpi per vendetta croscia”. Nel poema intitolato Cirisso Calvaneo cominciato da Luca Pulci, e continovato da Bernardo Giambullari al libro terzo si legge:

Faceva già pel suo petto una scroscia

di lagrime.

Espressione somigliante a quella d'Ovidio nel quarto de' Libri de' suoi pianti all'elegia prima:

Inque sinum maestae labitur imber aquae;

che il Petrarca nobilmente disse:

Piovemmi amare lagrime dal viso

con un vento angoscioso di sospiri.

Ventavolo

Il vento. Il Pulci nella Beca: “e combattea ventavolo, e rovaio”. Rovaio è vento boreale, ventavolo potrebbe essere il vento euro.

Assidera

Agghiaccia, agghiada, quasi muoio di freddo. Intirizzisco di freddo. Sido è freddo eccessivo, ed è detto dal latino sidus, cioè stella, intendendosi la stella tramontana, dalla quale si spicca quello che Virgilio chiama «Borea penetrabile frigus». Tuttociò par che si ricavi dal Burchiello, il quale benché poeta strano, e autore di stile, che non è stile, contribuisce per la sua parte alla gentilezza di nostra lingua:

La stella tramontana è suta folle

a porsi in luogo da morir di sido.

Da sido dunque è nato il verbo assiderarsi, cioè morir di freddo. E assiderato, rattratto dal freddo, e come noi diciamo, raggricchiato.

Frugola

Fruga, stuzzica.

Rintuzza

Rientra in sé stessa. Raggrinchia.

Agghiado

Agghiado, muoio di freddo; da ghiado, latinamente gladius; in Giovanni Villani, morto a ghiado è il medesimo, che dire è morto di coltello. Da' latini occisus gladio, onde agghiadarsi il cuore per lo dolore, è lo stesso, che esser passato, trafitto, partito dal dolore, come da acuta spada, o da coltello tagliente; venire un ghiado al cuore, che dissero l'Ariosto, e 'l Berni lo stesso, che venire una coltellata nel cuore; dal freddo acuto, e come chiamò il freddo della tramontana Virgilio, penetrevole, è stato fatto agghiadare per similitudine. Marziale d'Alvergna ne' suoi Arresti d'amore volendo esprimere un ghiacciar forte, disse in sua lingua: geler a pierre fendant, ghiacciare fino ad arrivare il ghiaccio a fender le pietre.

Chiocciola

Lumaca, latinamente cochlea.

SCENA VIGESIMASECONDA

Paia

S'appaia, s'accompagna.

Combutta

Significa fare a mezzo d'una cosa con un'altro, latinamente coniectus, collatio; mettere in massa.

Litame

Concime, concio, da' latini laetamen, perché facit laetas segetes, e concia, e migliora i terreni.

Nentrasine fossa

Al maggior segno, quanto mai dir si possa, quasi intra fines fossa, dentro al confino della fossa, fino all'ultimo, per affatto.

SCENA VENTESIMASESTA

Paierò

M'accoppierò, m'accompagnerò, m'appaierò.

Me mae

Mia madre.

Atto primo Atto secondo Atto terzo

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