Atto terzo

 

Scena prima

Leandro, Bruscolo.

Leandro, Bruscolo

 

LEANDRO

Con sì belle apparenze,  

ad imitare 'l vero,

come facesti?

BRUSCOLO

Posi

polvere, pece, e zolfo

in quel pozzo senz'acqua, e dentro ascosi

quell'amico, ch'a tempo il fuoco accese;

tirati da più corde,

sotto forma diabolica, onde usciro

quattro fanciulli, in aria

che fer volando spaventoso giro.

LEANDRO

Ma ch'avvenne di Lisa?

BRUSCOLO

Allor che meco

tremante io conducea la vaga preda,

gridò; a quella voce

corse turba veloce

di sbirri; lascio Lisa, ed il mio scampo

raccomando alle suola.

Mi seguiron, ma invano.

Chi corre, corre, ma chi fugge vola.

LEANDRO

D'Anselmo il giusto sdegno

come placar potrai?

BRUSCOLO

Anco questo aggiustai;

poc'anzi, che d'accordo

restammo in questa notte

di cavare il tesoro,

lo pregai di soccorso; il vecchio ingordo

disse, non metterò nero sul bianco.

Anderà la querela sotto banco.

Noia mi dà, che 'l gobbo,

dop'essersi ben bene imbriacato,

di cantina è scappato

né so dove trovarlo.

LEANDRO

Il tutto scoprirà.

BRUSCOLO

Il ciel m'aiuterà.

LEANDRO

Ma del tesoro

che seguir deve? In fine

prevedo irreparabili ruine.

BRUSCOLO

A questa torre intorno

Anselmo porterassi

quattr'ore dopo, che sia spento 'l giorno;

io qui tutte fingendo

adunare a suo pro le furie inferne,

gli vo' far apparire

lucciole per lanterne.

LEANDRO

In te dunque m'acquieto; in te la sorte

rispose a' miei diletti, o vita, o morte.

Leandro ->

 

Scena seconda

Bruscolo.

 

 

Di così grande impresa  

per non m'abbandonare 'n sul più bello,

deh, care furberie, state 'n cervello.

 

Scena terza

Moro, Bruscolo.

<- Moro

 

MORO

Più durar io non la posso;  

donde l'è,

per ficcarsi intorno a me,

la disgrazia veloce ognor galoppa,

ma poi diventa zoppa

nel partirmisi da dosso;

più durar io non la posso.

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BRUSCOLO

Bizzarro figurino!  

l'ho per modello fino.

MORO

Quanto può e quanto sa,

alla vostra carità

si raccomanda un povero compagno.

BRUSCOLO

Tentare 'l voglio. Buon lustro calcagno.

MORO

È di calca anco questo;

buono specchio, e buon drago.

BRUSCOLO

Risponde a touno; adesso sì son pago;

ha vostrigi smorfito?

MORO

Sol per mettere in susto

con la smorfia gridavo.

BRUSCOLO

Per trappolare è bravo; tien lugagni?

MORO

Del giannicolo è in berta.

BRUSCOLO

Te la vo' dire aperta,

hai trovato riscontro; io son ruffante.

MORO

Io ti sarò costante.

BRUSCOLO

A me sei caro;

per i miei finti incanti

quest'è squisito raro;

seguimi dunque, e senti:

la prima lezioncina

insegna solo il viver di rapina.

MORO

Non te ne dar pensiero,

chiudo un'anima bigia in corpo nero.

 

Bruscolo, Moro ->

 

Scena quarta

Campagna con veduta di fontane.
Tancia.

 Q 

Tancia

 

 

Questo mondo  

è un ballo tondo;

girando ognun sgambetta,

quando s'è chinavalle, e quando in vetta;

a quest'usanza

più d'una danza

farò ben volentieri,

ma sopra il suon dello scacciapensieri.

 

Venga l'assillo, venga,  

a chi vuol brighe, e chi l'ha, se le tenga.

So, che 'l diascolo è un gran furbo,

donde barbica un impaccio

sol lo miete il crudelaccio

con la falce del disturbo:

venga l'assillo, venga

a chi vuol brighe, e chi l'ha, se le tenga.

 

 

Se la Lisa è in prigione,

non ci posso far altro,

non so, che mi ci dire;

non voglio intisichire:

ecco qua il sermollino,

vo' sentir ciò che parla.

 

Scena quinta

Crezia, Tancia.

<- Crezia

 

CREZIA

Mala cosa è servitù.  

Lo star sotto a quest'e quello,

è un bordello,

ch'io non lo posso durar più;

mala cosa è servitù.

Zitti pur, che s'io ci cresco,

vo' goder la libertà,

se d'impacci un giorno i' esco,

alla fé non c'entro più.

Mala cosa è servitù.

 

TANCIA

La parla da saccente.  

CREZIA

Tancia appunto

io ti cerco a distesa.

TANCIA

Che vuoi?

CREZIA

La mia padrona

al giardino t'aspetta.

TANCIA

Che vuol da me? Rispondi.

CREZIA

E che vuoi ch'io sappia:

delle donne i secreti son profondi.

TANCIA

Ragazza, chi t'arriva,

può dir nel valicar d'essere snello,

sei come lo stornello,

poca carne, e cattiva.

Tancia, Crezia ->

 

Scena sesta

Isabella.

<- Isabella

 

 

Perché ratto 'l mio pensiero  

giunga al termin de' suoi mali,

della speme nel sentiero

anco amor gli presta l'ali.

Su dunque, che fate?

Pensieri volate,

ma se non vi sostiene amica sorte,

termina la caduta in grembo a morte.

 

Scena settima

Leandro, Isabella.

<- Leandro

 

LEANDRO

Fin che non giunga a voi quest'alma amante,  

son gli strali del cor sproni alle piante.

 

ISABELLA

Dolci labbri vezzosi,  

che tra gli ostri d'amor fiamme chiudete,

voci tanto bramate,

sciogliete pur sciogliete, e 'l cor legate.

LEANDRO

Chiari lumi amorosi,

che le pompe più belle al sol rapite,

se col guardo piagate,

mirate pur mirate, e 'l cor ferite.

ISABELLA

Dolci nodi io v'adoro,

un sen legato

prendete o caro, e sia

lieta tra' lacci sol l'anima mia.

Insieme

LEANDRO

Dolci strali io v'adoro,

un sen piagato

prendete o cara, e sia

lieta tra' dardi sol l'anima mia.

 

ISABELLA

Da sì dolce dimora

il paterno comando omai m'invola.

LEANDRO

Ratto con voi se n' vola,

idolatra d'amor, lo spirto mio.

Isabella...

ISABELLA

Leandro...

ISABELLA E LEANDRO

Io parto, addio.

Isabella, Leandro ->

 

Scena ottava

Desso.

<- Desso

 

 

Il medico mi dice:  

be, be, bevete poco,

e molto ca, ca, ca, ca, camperete,

io bevo sol per non morir di sete.

(beve)

Piano vo, vo, vo, vo, vostra eccellenza

non gridi, s'io fo brindisi

per la mia sanità,

(beve)

male non mi farà; l'è scortesia.

Dunque non si può bere,

e né ma, ma, ma, ma, manco un bicchiere?

Galeno non lo dice, e se l'ha detto,

io voglio imbriacarmi, al suo dispetto.

(beve)

Vinus sensos amplificat,

et brillando laeti, ti, ti, ti, ti, ti

fi, fi, laeti fi, fi, fi, fi, ho tanto

i labbri asciutti, che no 'l posso dire;

(beve)

ora il proferirò; laeti fi, fi,

fi, fi, ah lingua, lingua,

con esser tanto secca

t'intendo, tu vorresti

sca, sca, scaponir me,

(beve)

scaponirò io te.

Adesso lo dirai, laeti, fi fi fi,

 

Scena nona

Desso, Tancia.

<- Tancia

 

DESSO

laeti, fi, fi,  

TANCIA

E dove

s'è fitto Ciapo?

DESSO

fi, fi,

TANCIA

Desso,

DESSO

fi, fi,

TANCIA

hai veduto Ciapino?

DESSO

laeti, fi, fi laetificat.

TANCIA

Garbata

risposta da par tuo.

DESSO

Io ti conosco,

tu sei briaca.

TANCIA

Buona sera nonna

t'ha carpato la monna.

DESSO

Povera Tancia, vedi

tu non puoi stare in piedi:

va, va, vattene a letto,

tu caschi.

TANCIA

O che diletto!

DESSO

Il be, bere un pochino,

come fo io per assaggiare il vino,

è ge, ge, gentilezza;

ma imbriacarsi poi, come fai tu,

è vituperio, sai? No 'l far mai più.

TANCIA

Se fussi più buon'otta,

vorrei pigliarmi gusto.

DESSO

Va', va' a casa,

e non sta, star più a bada,

che tu non vomitassi nella strada.

TANCIA

O se gli è cotto davvero!

DESSO

Se tu sei

co, co, cotta, tuo danno,

bisognava ber manco; in tutto il giorno

quest'è la prima volta, ch'io be, bevo.

(beve)

TANCIA

Zufola pura.

DESSO

Adesso

voglio ri, riposarmi;

Tancia t'hai sonno; io no, perché non sono

briaco come te; ma do, do, dormi,

briacuzza; il vin t'affanna,

fa la ninna fa la nanna,

fa la ninna.

TANCIA

Già russa,

il temporale è brusco,

viene una scroscia d'acqua,

e certo nella zucca il vin gli annacqua.

 

Gli è già sera, e il ciel s'annugola,  

in ventavolo m'assidera,

il demonio il cuor mi frugola

di scaldarsi a quel fuoco, che desidera;

cieli, pietà, pietà,

darmi un po' di marito è carità.

Per fuggir la tramontana

si rintuzza nel contado

ogni golpe nella tana;

meschina in questi tempi io sol m'agghiado;

cieli, pietà, pietà,

darmi un po' di marito è carità.

Per non stare a freddo cielo

si rimpiatta infin la chiocciola,

poveruccia, questo gielo

fa sempre il naso mio star con la gocciola;

cieli, pietà, pietà,

darmi un po' di marito è carità.

 
 

Scena decima

Notte.
Pianura spaziosa con torre antica.
Bruscolo, Leandro, Desso dormendo, Moro, due Zappatori.

 Q 

Bruscolo, Leandro, Desso, Moro, due zappatori

 

BRUSCOLO

L'ora è quasi vicina  

il ciel senz'una stella

favorisce l'intento.

LEANDRO

Aspra contesa

tra speranza e timore

racchiudo in mezzo al core.

BRUSCOLO

Non guastate il concerto;

quanto vi dissi sol ponete in opra;

sì ben tramai l'inganno,

che non pavento, che già mai si scopra:

voi lì zappate. Moro

monta in cima alla torre; ivi t'ascondi,

e come t'insegnai,

al chiamar Bradagù, tosto rispondi.

LEANDRO

Quant'è scaltro costui!

MORO

Certo prevedo

pria, che finisca 'l giuoco,

che 'l vostro bell'ingegno,

con questo far da spiriti, tra poco

vuol che siam scongiurati con un legno.

BRUSCOLO

Ma viene Anselmo.

LEANDRO

Mi si gela il sangue.

BRUSCOLO

State a bottega.

LEANDRO

Ogni mio spirto langue.

BRUSCOLO

Andate ad incontrarlo.

LEANDRO

In te m'affido.

BRUSCOLO

A che tanta paura?

LEANDRO

Periglioso è 'l cimento.

BRUSCOLO

Io me ne rido.

 

Scena undicesima

Bruscolo, Leandro, Desso dormendo, Moro, Zappatori, Anselmo con lanterna.

<- Anselmo

 

ANSELMO

O che gran buio scuro!  

qui devo trovar Bruscolo,

tra la nebbia e 'l crepuscolo

io piglio un'imbeccata del sicuro.

LEANDRO

Servo al signor Anselmo.

ANSELMO

O la mi scusi,

se l'ho fatta aspettar; son poco avvezzo

a ir di notte: o questa sì ch'è bella,

venga la rabbia, ho perso una pianella.

BRUSCOLO

Signor, non più discorsi.

ANSELMO

Ch'ho io da far?

BRUSCOLO

Vedete

il circolo che segno?

ANSELMO

Io guardo.

BRUSCOLO

Dentro

per l'appunto nel centro,

ove zappan coloro,

sta celato 'l tesoro.

Spirti terribili,

movete ratto il piè,

da Cocito spiegate orrido 'l vol

sovra la terra ad oscurare 'l sol;

invocato di Stige

l'orrido nume.

ANSELMO

Senti,

o tu muti discorso,

o lasc'ire 'l tesoro.

BRUSCOLO

O voi d'abisso

potenze formidabili.

ANSELMO

Sta' cheto,

zitto per carità.

BRUSCOLO

Tartaree deità,

con spaventosa mostra

che tardate a venir?

ANSELMO

Eh lasciatelo dire,

statevi a casa vostra.

BRUSCOLO

Bradagutto t'aspetto,

e in van mie voci spargo?

Vieni ad Anselmo vieni, e lo consola,

che dei suoi voti al tuo gran nome è largo.

ANSELMO

Che largo? tu ne menti per la gola;

acciò non m'entri addosso,

sto più stretto che posso.

(rovina la torre)

BRUSCOLO

Ohimè.  

LEANDRO

Cieli, soccorso.

MORO

Ohi, ohi.

ANSELMO

Son morto.

BRUSCOLO

Mai più parlo d'incanti.

DESSO

E che fracasso?

MORO

Ohimè son tutto frollo.

ANSELMO

Vo' tornarmene a casa a rompicollo.

 

Scena dodicesima

Desso, Moro.

Bruscolo, Leandro, due zappatori, Anselmo ->

 

DESSO

Ma do, dove son io?  

MORO

Vedessi almanco lume.

DESSO

Quest'è un albero.

MORO

Sent'un calpestio.

DESSO

Son del certo in campagna.

MORO

Io vo' far cuore.

DESSO

Intorno a queste cose

ci fusse almen un os, os,

MORO

Chi sei?

DESSO

os, os,

MORO

Consola

un affannato cuor con tue risposte.

Parla, chi sei?

DESSO

Un oste.

MORO

Un oste?

DESSO

un oste.

MORO

O bene.

DESSO

Finiran le mie pene.

MORO

Come ci hai tu buon vino?

DESSO

È briaco alla fé.

Domanda l'oste, s'ho buon vino a me.

Come sta la cucina?

MORO

S'intorbida il negozio.

DESSO

Oste.

MORO

Oste.

MORO E DESSO

Oste.

DESSO

Porta un lume.

MORO

Per certo

facciamo a non c'intendere.

Per il vero comprendere,

rispondi chi è l'oste, tu, o io?

DESSO

I, i, i, io.

MORO

Se dunque

l'oste tu sei, perché

domandi un lume a me?

DESSO

Io non son oste.

MORO

E né men io.

DESSO

Ma vedi una lanterna,

lascia, che io ti discerna.

(piglia la lanterna lasciata da Anselmo)

MORO

Guarda pur quanto vuoi.

DESSO

Ma tu chi sei?

MORO

Il diavolo.

DESSO

Il diavolo?

MORO

Sicuro.

DESSO

O, o, o, o,

MORO

Per la mia vita rendere,

gambe mie voi sappiatemi difendere.

Moro ->

 

Scena tredicesima

Desso.

 

 

o, o, ohimè, per da, darmi conforto,  

chi pa, passa di qua,

mi dica in carità

s'io son vivo, o s'io son morto.

 

Scena quattordicesima

Desso, Bruscolo.

<- Bruscolo

 

BRUSCOLO

In fin voglio chiarirmi.  

DESSO

A saperlo non arrivo,

viver parmi, e parlar posso;

ma l'odor, che sento addosso,

non mi par punto da vivo.

BRUSCOLO

Troppo l'hanno scalzata,

per quest'è rovinata.

DESSO

Ecco iò, iò.

Perché non mi riserri

in ca, ca, ca, cantina, io fuggirò.

BRUSCOLO

Desso, ove vai? Per qual cagion ti parti

da chi lungi da te viver non può?

DESSO

Perché non m'hai condotto

a trovar Bernabò.

BRUSCOLO

Or or l'imbroglio;

e non conosci ancora,

Bruscolo, il tuo fedele?

DESSO

E dove sono?

BRUSCOLO

In Colognole, o caro.

DESSO

Io mi confondo,

son diventato il co, corrier del mondo.

Non ero in Alemagna?

BRUSCOLO

Io t'ho mandato

sopra il cavallo alato.

DESSO

Come sono in Colognole?

BRUSCOLO

M'è noto

per magica dottrina, appena giunto

che fusti in Alemagna,

t'incontrasti in un ladro, che fingendo

condurti al tuo fratello,

ti chiuse in una stanza,

i denari ti tolse, e con pensiero

di poi farti morire.

DESSO

Tu, tutto è vero.

BRUSCOLO

Io, ch'a par di me stesso

amo 'l mio caro Desso,

un demone spedii

dalle tartaree grotte,

e qui feci condurti in questa notte.

DESSO

Ti rimeriti 'l cielo. Adess'adesso

s'è partito di qui;

o che brutt'uomo!

BRUSCOLO

Chi?

DESSO

Quello che m'ha portato.

BRUSCOLO

Tu burli.

DESSO

Io l'ho veduto

nero come un carbone.

BRUSCOLO

Quanto fa l'apprensione. Vanne in casa,

che già spunta l'aurora.

DESSO

Ma de' trecento scudi

come la salderò?

Sia maledetto quel iò, iò, iò, iò.

BRUSCOLO

Da me Anselmo incantato,

del furto s'è scordato.

DESSO

Prego 'l ciel, che ti mandi

qualche gra, gra, gra, gra, grave bisogno,

per farti noto l'amor mio, qual sia.

BRUSCOLO

È troppa cortesia.

Desso ->

 

Scena quindicesima

Bruscolo.

 

Per anco la fortuna  

sua rota ferma tiene,

se la dura, la va bene;

io l'intendo così,

senza pensieri i dì passo giocondi,

non vo' tanti finimondi,

e pigliarla come viene;

se la dura, la va bene.

Bruscolo ->

 
 

Scena sedicesima

Borgo con la potesteria.
Odoardo, Flavio.

 Q 

Odoardo, Flavio

 

ODOARDO

Qual potente cagione  

a desiar vi forza

con tant'ardor la libertà di Lisa?

FLAVIO

Io tentai di rapirla; a me s'aspetta

sottrarla d'ogni danno.

ODOARDO

In queste forme

l'onestade s'offende?

FLAVIO

Alle sue nozze aspiro.

 

Scena diciassettesima

Gora, Odoardo, Flavio.

<- Gora

 

GORA

Per trovar Odoardo, in van m'aggiro.  

ODOARDO

Toglietene 'l pensiero.

FLAVIO

E come?

ODOARDO

A dirvi 'l vero

sarà Lisa mia sposa.

FLAVIO

O che tormento.

GORA

Infelice, che sento?

FLAVIO

Mi propone la sorte

ottener Lisa, o l'incontrar la morte.

ODOARDO

Qual indiscreto ardire

la vostra lingua in questi detti scioglie?

FLAVIO

Bramo Lisa.

ODOARDO

È mia moglie.

GORA

Piano signor, statemi un po' a sentire;

quale statuto vuole

il poter dar marito alle figliuole,

senza dir nulla anco alla madre?

ODOARDO

Dove

non averan possanza

i prieghi miei, vi giungerà la forza.

FLAVIO

Perché non vi sortisca,

spargerò sangue, ed oro.

ODOARDO

È Lisa in mio potere,

Flavio indarno sperate.

GORA

Per certo v'ingannate,

non può Lisa esser vostra.

ODOARDO

E chi me 'l nega?

GORA

Il mio giusto volere.

FLAVIO

La mia destra, il mio ferro.

ODOARDO

Son gentil uomo anch'io, e 'n petto serro

ardor, e ardir.

GORA

Prostrata

eccomi al vostro piede

con la scorta del cielo,

dal mio fallir guidata.

Da voi già mi si diede

(son ormai quindici anni) in fasce avvolta

una figlia a nudrirsi; io che mirai

esser in quella ogni vaghezza accolta,

con la mia la cambiai.

ODOARDO

Gora, che dite voi?

FLAVIO

Son portenti d'amor i detti suoi.

GORA

Parlo purtroppo 'l vero;

la figlia, che vi resi,

morì di trenta mesi;

Lisa, Lisa non è, ma Leonora.

ODOARDO

Sarà dunque mia figlia.

GORA

Certa non son, se voi le siate padre,

so ben che vostra moglie era sua madre.

Per sincerarvi appieno,

guardate, che nel seno

una macchia di vino

troverete scolpita,

al bel fonte d'amore

ch'ogni assetato a inebriarsi invita.

ODOARDO

Se fia ver, quant'hai detto,

infinito diletto

portasti nel mio core.

FLAVIO

Voi, che provaste amore,

soccorrete pietoso alle mie pene.

ODOARDO

Se mia figlia diviene

vostra serva, e consorte,

sarà mio nobil pregio.

GORA

È pura verità, quanto v'ho detto.

FLAVIO

Ove potrò vedervi?

ODOARDO

In sul mercato

desioso v'aspetto.

GORA

Signor chiedo perdono.

ODOARDO

T'ho perdonato.

GORA

Scarica dal peccato

tutta lieta mi rendo:

la coscienza macchiata è peso orrendo.

Odoardo, Gora ->

 

Scena diciottesima

Flavio.

 

Soffra chi vuol gioire;  

del nudo arciero

a placar lo sdegno altero

lagrime invan si gettano,

l'armi sol di pazienza amor soggettano.

Tra le torbide procelle,

che in amor sommergon l'alma,

fa Cupido in lieta calma

scintillar amiche stelle.

Mio core a prova 'l sai,

quando meno sperai,

ha ristoro 'l tuo martire.

Soffra chi vuol gioire;

del nudo arciero

a placar lo sdegno altero

lagrime invan si gettano,

l'armi sol di pazienza amor soggettano.

Flavio ->

 

Scena diciannovesima

Anselmo.

<- Anselmo

 

 

Per dove 'l passo muovo  

ogni ombra mi spaventa,

più non so s'io mi sono o carne, o pesce.

 

Scena ventesima

Bruscolo, Anselmo.

<- Bruscolo

 

BRUSCOLO

A tempo Anselmo trovo;  

sono a caval, se l'inganno riesce;

vi feliciti 'l cielo.

ANSELMO

Io n'ho bisogno.

Sei tu buona limosina? Per sempre

renunzio la tua pratica.

BRUSCOLO

Signore,

senta.

ANSELMO

Predichi invano.

BRUSCOLO

Vi sono amico.

ANSELMO

Sì, ma da lontano.

BRUSCOLO

Volle la mia sventura,

che la torre cadesse,

perché troppo scalzaro i fondamenti;

in così breve tempo

poco operò nostr'arte;

seicento scudi solo

cavar potei; quest'è la vostra parte.

ANSELMO

Che persone onorate!

BRUSCOLO

Ascose sono

masse d'oro in quel luogo.

ANSELMO

E quando 'l resto

(la paura svanisce)

cavar potremo?

BRUSCOLO

O questo

dir non vi posso.

ANSELMO

Pure appresso a poco.

BRUSCOLO

Vuol Leandro partir da questo loco;

e per svelarvi il vero,

egli, non io, sa far sì bel mestiero.

ANSELMO

Né vi sarebbe modo

di trattenerlo?

BRUSCOLO

O bene,

io zimbello, e lui viene.

Languìa per vostra figlia

in amoroso ardore

Leandro un pezzo fa: ma non so poi,

s'ancor ei sia di quell'istesso umore;

di dargliela per moglie

muovete la pedina;

proponete 'l partito,

e s'accetta l'invito

stringete 'l parentado.

Se così non sortisce,

non ci vedo altro modo.

ANSELMO

In quanto a dote

come pretende assai?

BRUSCOLO

Non cura d'oro,

chi ad ogni suo piacer trova un tesoro.

ANSELMO

Bruscolo, così a un tratto

che non paia tuo fatto,

lodagli 'l parentado.

BRUSCOLO

In su la fiera

oggi di punto in bianco

diteglielo da voi; non è vergogna;

so che le volse bene, e se d'amore

guarisce un dì la rogna,

dura per lungo tempo 'l pizzicore.

ANSELMO

Vo' far come tu dici.

BRUSCOLO

Sortischin pur i miei pensier felici.

Bruscolo ->

 

Scena ventunesima

Anselmo.

 

 

Chi vuol meglio? In un giorno  

trovar trecento scudi, e senza dote

levarsi dalle spalle una figliuola?

O quanto godo;

con questo modo

per arricchirmi

la fortuna si sbraca in favorirmi.

Anselmo ->

 
 

Scena ventiduesima

Fiera su per la piazza di Colognole con varie mercanzie.
Ciapo, Flavio.

 Q 

Ciapo, Flavio

 

CIAPO

Quel bucello, padrone,  

egli è una buona tolta,

e paia bene, al certo questa volta

il mercato mi frutta:

ma in quanto poi con Mone

non vo' far a combutta.

FLAVIO

Risolvi a tuo piacere.

CIAPO

Tengo grasso el podere;

di sovesci, e litame

gli è zeppo quanto possa,

e lo divelgo né trasine fossa.

 

Scena ventitreesima

Flavio, Leandro, Ciapo.

<- Leandro

 

FLAVIO

Servo al signor Leandro.  

LEANDRO

In fin si vede

che chi è carco d'argento

per tempo in su le fiere

viene a mercar quant'è di bello, e vago.

FLAVIO

Se conseguir potesse 'l mio desire

le merci a me gradite,

dir mi potrei d'ogni dolcezza pago.

LEANDRO

V'intendo amico: a gran prezzo

ogni gemma più ricca amor concede.

FLAVIO

Con sì nobil tesoro

cerco a gli affanni miei comprar ristoro.

LEANDRO

Ma viene Anselmo.

FLAVIO

Et Odoardo 'l segue.

LEANDRO

Se Bruscol disse 'l vero...

FLAVIO

Se Gora non mentì...

LEANDRO E FLAVIO

Gioire spero.

 

Scena ventiquattresima

Anselmo, Odoardo, Leandro, Flavio, Ciapo.

<- Anselmo, Odoardo

 

ANSELMO

Già ch'è vostra figliuola,  

io vi lodo 'l partito;

come si muta 'l mondo! Poco dianzi

volevi moglie, or cercate marito.

ODOARDO

Oltre a quel contrassegno

che sapete, ritrassi

anco dalla comare

sicurezze più chiare.

ANSELMO

Il suo spirto, il suo volto a chi ha giudizio,

che non sia una villana è certo indizio.

ODOARDO

Signor Flavio, son chiaro,

che Lisa è Leonora

unica mia figliuola.

Son qui per mantenervi la parola;

che dite?

FLAVIO

I vostri accenti

portano i miei contenti.

ANSELMO

È negozio aggiustato;

in tanto, che discorro

con il signor Leandro,

passeggin sul mercato;

e con i patti chiari

della dote, e del resto

aggiustin tutti i lor particolari.

LEANDRO

Signor, che si compiace

comandarmi?

ANSELMO

Mi piace,

come dice 'l proverbio, presto giugnere,

ed in un colpo pugnere;

poche parole, e buone,

perch'io non son, come certe persone,

che fanno una lunghiera

durante dal mattin fino alla sera,

senza concluder nulla,

cosa, che poi stordisce

chi sentendo gli sta.

LEANDRO

Loda la brevità,

e mai non la finisce.

ANSELMO

Se non è ver, ch'i moia,

questi cicalonacci

o io gli ho pure a noia;

non sanno uscir d'impacci,

imbrogliano 'l discorso,

gettan le ciance al vento.

LEANDRO

E né meno conclude; o che tormento!

ANSELMO

Non accade, ch'io dica

d'esser buon cittadino,

e di famiglia antica,

e di sangue cortese.

LEANDRO

Il tutto m'è palese.

ANSELMO

Ho della terra al sole,

il mio qualcosa vale;

con tutti uomo reale,

e di poche parole.

LEANDRO

Lo confermo.

ANSELMO

Or vi ristringerò

tutt 'l discorso mio n'una parola;

so che portasti affetto a mia figliuola,

la volete per moglie sì, o no?

LEANDRO

Come Bruscol m'impose

risponder voglio: appunto

volea partir da questo luogo.

ANSELMO

E dove

or volete cercando andar lontano

meglio pan, che di grano?

Là vicino alla torre

sapete pur quel che sotterra giace;

godiamlo, figliuol mio, in santa pace.

LEANDRO

Ad ogni vostro cenno

fu il mio voler soggetto.

ANSELMO

Siate voi benedetto.

S'hanno da far le nozze in questo giorno.

ODOARDO

Ecco appunto Isabella, e Leonora.

ANSELMO

Venghin pure in buon'ora.

 

Scena venticinquesima

Ciapo, Tancia, Flavio, Leandro, Isabella, Lisa, Anselmo, Odoardo, Gora.

<- Tancia, Isabella, Lisa, Gora

 

LISA

Signor padre, mi paghi un po' la fiera.  

ODOARDO

Flavio.

FLAVIO

Che mi comanda?

ODOARDO

S'appressi.

FLAVIO

Eccomi pronto.

ODOARDO

Quest'è roba a tuo conto.

LISA

Non v'intendo.

ODOARDO

È tuo sposo.

LISA

O cara sorte!

ODOARDO

Porgi la mano.

LISA E FLAVIO

In bel nodo d'amore,

mentre stringo la destra, io lego il core.

 

Scena ventiseiesima

Bruscolo, Desso e gl'istessi.

<- Bruscolo, Desso

 

BRUSCOLO

A tempo giungo.  

DESSO

Temo.

BRUSCOLO

Non dubitar.

DESSO

Muovo tremante 'l piede.

BRUSCOLO

Stiamo osservando; di scamparti giuro.

DESSO

Se 'l potestà mi vede,

mi fa impiccar sicuro.

 

ISABELLA

Signor padre, e per me?

ANSELMO

Sta' pur sicura;

di questa mercanzia,

cara figluola mia,

te n'ho provvista affé buona misura.

ISABELLA

Parlatemi più chiaro.

ANSELMO

Questo bel pollastrone è tuo marito;

dagli la fé.

ISABELLA

Obbedisco.

ISABELLA E LEANDRO

Così

il mio cor, che soffrì

quanti la servitù tormenti accoglie,

stretto in questi lacci insin si scioglie.

BRUSCOLO

Fin qui non può ir meglio.

TANCIA

Et io me mae

ho da restar cosine?

GORA

A tempo, e luogo

verrà la tua sorte ancora.

CIAPO

Messere, se gli è in vostro piacimento,

mi paierà con essa.

FLAVIO

Che dite Gora?

GORA

Io gliel'ho già promessa,

ma il non aver l'intero del corredo,

ritarda 'l matrimonio.

FLAVIO

Quanto manca

voglio donarvi.

CIAPO

Io la carpirò ora.

GORA

La limosina è grande.

TANCIA

Il bisogno è maggiore.

FLAVIO

Porgetevi la mano.

CIAPO E TANCIA

In amor così si giuoca,

ecco fatto il becco all'oca.

BRUSCOLO

Complimenti garbati!

Adesso, che legati

son nodi maritali, che da morte

posson solo esser sciolti,

signori, mi protesto,

che 'n quanto alla magia

non ne so straccio, e tutt'è furberia;

con astute invenzioni

tolsi al gobbo i capponi,

che portar vi dovea;

Flavio con vostro danno,

per darvi in preda la creduta Lisa,

ricopersi l'inganno.

ANSELMO

La cosa del tesoro è però vera.

BRUSCOLO

Non ho mentito in questo.

ANSELMO

Poch'importanza è 'l resto.

BRUSCOLO

Dissivi, che Leandro

sapea cavar tesori,

per terminar gli amori,

possedendo Isabella

erede del vostro oro,

ha ben saputo trovar un tesoro.

ANSELMO

O poveraccio me! Ma que' trecento

scudi?

BRUSCOLO

Quel vostro servo,

Desso, accostati.

DESSO

Vengo.

BRUSCOLO

Questo a voi gli rubò.

ANSELMO

O roba mia.

Tira innanzi!

BRUSCOLO

Io fingendo

mandarlo in Alemagna

sopra un cavallo alato,

il furto gli ho rubato;

quant'oprai, tutto feci

per sovvenire al mio padron; se degno

son di perdon da voi, sarà mia sorte;

eccomi ai vostri piedi,

è in vostra libertà mia vita o morte.

ODOARDO

O che 'ngegno elevato!

FLAVIO

Lo stupor mi sommerge.

ANSELMO

In questo stato

bisogna, ch'io ci stia, se già ci sono:

per amor, o per rabbia ti perdono.

DESSO

E di me, che sarà?

BRUSCOLO

Grazia vi rendo.

LEANDRO

Per lo povero Desso

caldamente vi prego.

ANSELMO

Non vo' pensar più a niente,

vi dichiaro padrone,

disponete del tutto: io vo' provare

quanto campa un poltrone.

ODOARDO

Venite Anselmo a preparare intanto

quanto richiede un sì felice giorno.

ANSELMO

Tancia, Bruscolo, Ciapo,

Desso, Gora, venite

ad assettar la casa.

TANCIA, CIAPO, GORA, BRUSCOLO E DESSO

Or ch'è placata

la fortuna contraria,

andran le botti con le gambe all'aria.

Anselmo, Odoardo, Ciapo, Tancia, Gora, Bruscolo, Desso ->

 

Scena ventisettesima

Lisa, Isabella, Leandro, Flavio.

 

LISA

Ma poi, che 'n questo giorno  

ogni inganno vien noto,

tra Leandro, e Isabella,

incentivi d'amor gli sdegni occorsi

per cagion del maniglio,

fur colpa mia, se dissi,

che Leandro a me 'l diede,

mentre l'ebbi da Flavio, e menzognera,

come a voi palesai,

amante l'accusai.

ISABELLA, LISA, LEANDRO E FLAVIO

Così mio ben nel petto,

ove di puro affetto arde la face,

son le guerre d'amor nunzie di pace.

 

Fine (Atto terzo)

Atto primo Atto secondo Atto terzo
Leandro, Bruscolo
 

Con sì belle apparenze

Bruscolo
Leandro ->

Di così grande impresa

Bruscolo
<- Moro

Bizzarro figurino!

Bruscolo, Moro ->

Campagna con veduta di fontane.

Tancia
 

Questo mondo è un ballo tondo

Tancia
<- Crezia

La parla da saccente

Tancia, Crezia ->
<- Isabella

Perché ratto 'l mio pensiero

Isabella
<- Leandro

Fin che non giunga a voi

Isabella e Leandro
Dolci labbri vezzosi
Isabella, Leandro ->
<- Desso

Il medico mi dice

Desso
<- Tancia

Laeti, fi, fi / E dove

(Desso si addormenta)

Notte; pianura spaziosa con torre antica.

Bruscolo, Leandro, Desso, Moro, due zappatori
 

L'ora è quasi vicina

Bruscolo, Leandro, Desso, Moro, due zappatori
<- Anselmo

(Anselmo con lanterna)

O che gran buio scuro!

(rovina la torre; Desso si sveglia)

Ohimè / Cieli, soccorso

Desso, Moro
Bruscolo, Leandro, due zappatori, Anselmo ->

Ma do, dove son'io?

Desso
Moro ->

O, o, ohimè, per da, darmi conforto

Desso
<- Bruscolo

In fin voglio chiarirmi

Bruscolo
Desso ->
Bruscolo ->

Borgo con la potesteria.

Odoardo, Flavio
 

Qual potente cagione

Odoardo, Flavio
<- Gora

Per trovar Odoardo, in van m'aggiro

Flavio
Odoardo, Gora ->
Flavio ->
<- Anselmo

Per dove 'l passo muovo

Anselmo
<- Bruscolo

A tempo Anselmo trovo

Anselmo
Bruscolo ->

Chi vuol meglio? In un giorno

Anselmo ->

Fiera su per la piazza di Colognole con varie mercanzie.

Ciapo, Flavio
 

Quel bucello, padrone

Ciapo, Flavio
<- Leandro

Servo al signor Leandro

Ciapo, Flavio, Leandro
<- Anselmo, Odoardo

Già ch'è vostra figliuola

Ciapo, Flavio, Leandro, Anselmo, Odoardo
<- Tancia, Isabella, Lisa, Gora

Signor padre mi paghi un po' la fiera

Ciapo, Flavio, Leandro, Anselmo, Odoardo, Tancia, Isabella, Lisa, Gora
<- Bruscolo, Desso

A tempo giungo / Temo

Flavio, Leandro, Isabella, Lisa
Anselmo, Odoardo, Ciapo, Tancia, Gora, Bruscolo, Desso ->
 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima Scena tredicesima Scena quattordicesima Scena quindicesima Scena sedicesima Scena diciassettesima Scena diciottesima Scena diciannovesima Scena ventesima Scena ventunesima Scena ventiduesima Scena ventitreesima Scena ventiquattresima Scena venticinquesima Scena ventiseiesima Scena ventisettesima
Villaggio di Colognole con la veduta di varie ville. Notte; piazza nel borgo di Colognole con la veduta della potesteria, prigione, e portici e casa del podestà. Potesteria. Boschetto nel villaggio di Colognole. Prato d'intorno alla villa di Flavio. Campagna con veduta di fontane. Notte; pianura spaziosa con torre antica. Borgo con la potesteria. Fiera su per la piazza di Colognole con varie mercanzie.
Atto primo Atto secondo

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