Atto secondo

 

Scena prima

Appartamenti.
Ismene, e Farnace.

 Q 

Ismene, Farnace

 
Recitativo

ISMENE

Questo è l'amor, Farnace,  

questa è la fé, che mi giurasti? E quando

varco province, e regni, e al mar m'affido

sol per unirmi teco,

sol per stringere un nodo,

da cui d'Asia la sorte

da cui la mia felicità dipende,

di conoscermi appena

tu mostri, ingrato, ed io schernita amante

ti trovo adorator d'altro sembiante?

FARNACE

Che vuoi, ch'io dica, o principessa? È vero

che un tempo t'adorai,

ma forse il mio

più che stabile affetto

fu genio passegger.

Da te lontano

venne l'ardor scemando a poco a poco,

si estinse alfin, e a un nuovo amor diè loco.

ISMENE

Anch'io da te lontana

vissi finora, e pur...

FARNACE

Questi d'amore

sono i soliti scherzi, e tu più saggia

senza dolerti tanto

de' tradimenti miei,

sprezzarmi infido, e consolar ti déi.

ISMENE

Inver deve assai poco

la perdita costar d'un simil bene:

ma nata al soglio Ismene

deve un altro dovere aver presente.

Non basta alle mie pari

chi le disprezza il disprezzar. Richiede

o riparo, o vendetta

quell'oltraggio ch'io soffro, e a Mitridate

saprò chiederla io stessa.

FARNACE

Ad irritarlo

contro un figlio aborrito

poca fatica hai da durar: ma intanto

non sperar, no, che possa il suo rigore

dar nuova vita ad un estinto amore.

 
[N. 10 - Aria]

 N 

Allegro (sol maggiore)
Archi, 2 corni.

Va', l'error mio palesa,  

e la mia pena affretta,

ma cara la vendetta

forse ti costerà.

Quando sì lieve offesa

punita in me vedrai,

te stessa accuserai

di troppa crudeltà.

(parte)

Farnace ->

 

Scena seconda

Ismene, e Mitridate con Séguito, che le viene all'incontro.

<- Mitridate, seguito

 
Recitativo

ISMENE

Perfido, ascolta... Ah Mitridate!  

MITRIDATE

In volto

abbastanza io ti leggo, o principessa,

ciò, che vuoi dir, ciò che tu brami. Avrai

di Farnace vendetta. Egli del pari

te offende, e il genitor,

solo una prova

mi basta ancor de' suoi delitti, e poi

decisa è la sua sorte,

né l'esser figlio il salverà da morte.

ISMENE

Parli di morte? Ah sire,

perdona: il vuo' pentito,

ma non estinto.

MITRIDATE

E un pentimento attendi

da sì protervo cor?

Vanne, e comincia

a scordarti di lui. Più degno sposo

forse in Sifare avrai.

ISMENE

Ma quello non sarà, che tanto amai.

(si ritira)

Ismene, seguito ->

 

Scena terza

Aspasia, e Mitridate.

<- Aspasia

 

ASPASIA

Eccomi a' cenni tuoi.  

MITRIDATE

Diletta Aspasia,

no, non credea, che tanto il dì bramato

d'un felice imeneo

si avesse a dilungar, né ch'io dovessi

per colpa del mio fato empio, incostante

misero a te sembrar prima che amante.

Pur Quest'amore, o cara,

fra tanti asili a me cercar non lascia,

che il luogo, in cui tu sei, e a te da presso

le sventure maggiori

saran dolci per me, se pur ventura

per te non fosse il mio ritorno. Assai

mi son teco spiegato, e il pegno illustre

che porti di mia fé, quanto mi devi,

ti rammenta abbastanza. Oggi nel tempio

anche la tua mi si assicuri: altrove

la mia gloria ne chiama, ed io ritorno

farò teco alle navi al nuovo giorno.

ASPASIA

Signor, tutto tu puoi: chi mi diè vita,

del tuo voler schiava mi rese, e sia

sol l'ubbidirti la risposta mia.

MITRIDATE

Di vittima costretta in guisa adunque

meco all'ara verrai, ed io tiranno

forse d'un cor, che m'aborrisce, allora

che mia sposa ti rendo,

a te nulla dovrò? Barbara, intendo:

tu sdegni un infelice.

ASPASIA

Io, signor? E perché? Quando al tuo cenno

Aspasia non contrasta,

bastar forse non dée?

MITRIDATE

No, che non basta:

più che non credi io ti comprendo e vedo,

che il ver pur troppo a me fu detto. Un figlio

qui ti seduce, e tu l'ascolti, ingrata.

Ma di quel pianto infido

poco ei godrà. Custodi,

Sifare a me.

(escono due guardie, che ricevuto l'ordine si ritirano)

<- due guardie

due guardie ->

ASPASIA

Che far pretendi? Ah sire.  

Sifare...

MITRIDATE

Il so, m'è fido, e forse meno

arrossirei, se d'un malnato affetto

potesse un figlio tal esser l'oggetto.

Ma che tenti Farnace

sin rapirmi la sposa, e che tu adori

un empio, ed un audace,

che privo di virtù, senza rossore...

vieni, o figlio, è tradito il genitore.

(a Sifare, che giunge)

 

Scena quarta

Sifare, e i suddetti.

<- Sifare

 

ASPASIA

(Respiro, o dèi!)  

SIFARE

Signor, che avvenne?

MITRIDATE

Amante?

È il tuo german d'Aspasia, essa di lui.

Tu, la cui fé non scuote

d'un german d'una madre il vile esempio,

dalle trame d'un empio

libera Mitridate, a quest'ingrata

rammenta il suo dover, dille, che tema

d'irritar l'ire mie, che amor sprezzato

può diventar furore in un momento,

e che tardo sarebbe il pentimento.

 
[N. 11 - Aria]

 N 

Adagio (si bemolle maggiore) / Allegro / Adagio / Allegro
Archi, 2 oboe, 2 corni.

(a Sifare)

Tu, che fedel mi sei,  

serbami, oh dio! quel core;

(ad Aspasia)

tu, ingrata, i sdegni miei

lascia di cimentar.

Per poco ancor sospendo

pietoso il mio furore;

ma se crudel mi rendo,

di me non ti lagnar.

(parte)

Mitridate ->

 

Scena quinta

Sifare, ed Aspasia.

 
Recitativo

SIFARE

Che dirò? Che ascoltai? Numi! E sia vero,  

che sia di tanto sdegno

sol Farnace cagion, perché a te caro?

ASPASIA

A me caro Farnace? A Mitridate,

che del mio cor non penetrò l'arcano,

perdono un tal sospetto,

non a Sifare, no.

SIFARE

Scusa, o regina,

chi né sperar, né vendicarsi ardisce.

Ma dall'ire paterne

che posso argomentar? Che alle sue brame

un altro amor s'oppone

Mitridate si lagna. Or qual è mai

il rival fortunato?

ASPASIA

Ancor no 'l sai?

Dubiti ancor? Di', chi pregai poc'anzi

perché mi fosse scudo

contro un'ingiusta forza? E chi finora

senza movermi a sdegno

di parlarmi d'amor, dimmi, fu degno?

SIFARE

Che intendo! Io dunque sono

l'avventuroso reo?

ASPASIA

Purtroppo, o prence,

mi seducesti, e mio malgrado ancora

sento, che questo cor sempre t'adora.

Da una legge tiranna

costretta io te 'l celai; ma alfine... Oh dèi!

Che reca Arbate?

 

Scena sesta

Arbate, e detti.

<- Arbate

 

ARBATE

Alla tua fede il padre,  

Sifare applaude, e trattenendo il colpo

che Farnace opprimea, nel campo entrambi

chiama i figli, ed Aspasia, ivi sua sposa

vuol, che si renda alfin chi di reina

già porta il nome, e vuol, che nota ai prenci

sia l'alta idea, ch'egli matura in mente.

Anche Ismene presente,

spettatrice non vana a quel ch'io credo,

si brama al gran congresso. Il cenno è questo:

recato io l'ho: da voi s'adempia il resto.

(parte)

Arbate ->

 

Scena settima

Sifare, ed Aspasia.

 

ASPASIA

Oh giorno di dolore!  

SIFARE

Oh momento fatale,

che mi fa de' viventi il più felice,

e 'l più misero ancor? Che non tacesti,

adorata regina? Io t'avrei forse

con più costanza in braccio

mirata al genitor.

ASPASIA

Deh non cerchiamo

d'indebolirci inutilmente. Io tutto

ciò, che m'impone il mio dover, comprendo,

ma di tua fede anche una prova attendo.

SIFARE

Che puoi bramar?

ASPASIA

Dagli occhi miei t'invola,

non vedermi mai più.

SIFARE

Crudel comando!

ASPASIA

Necessario però. Troppo m'è nota

la debolezza mia; forse maggiore

di lei non è la mia virtù: potrebbe

nel vederti talor fuggir dal seno

un indegno sospiro, e l'alma poi

verso l'unico, e solo

suo ben, da cui la vuol divisa il cielo,

prender così furtivamente il volo.

Misera, qual orrore

sarebbe il mio! Quale rimorso! E come

potrei lavar macchia sì rea giammai,

se non col sangue mio! Deh se fu pura

la fiamma tua, da un tal cimento, o caro,

libera la mia gloria. Il duro passo

ti costa, il so, ma questo passo oh quanto

anche a me costerà d'affanno, e pianto!

SIFARE

Non più, regina, oh dio! Non più. Se vuoi

Sifare ubbidiente, a questo segno

tenera almen non dimostrarti a lui.

Delle sventure altrui, del tuo cordoglio

l'empia cagione io fui

svelandoti il mio cor, portando al soglio

del caro genitore

l'insana smania d'un ingiusto amore.

Ah perché sul mio labbro, o sommi dèi,

con fulmine improvviso

annientar non sapeste i detti miei!

Innocente morrei...

ASPASIA

Sifare, e dove

impeto sconsigliato ti trasporta?

Che di più vuoi da me? Ritorna, oh dio!

alla ragion, se pur non mi vuoi morta.

SIFARE

Ah no; perdon, errai. Ti lascio in seno

all'innocenza tua. Da te m'involo,

perché tu vuoi così, perché lo chiede

la fede, il dover mio,

la pace del tuo cor... Aspasia, addio.

 
[N. 12 - Aria]

 N 

Adagio cantabile (re maggiore) / Allegretto / Adagio
Archi, corno, 2 oboe, 2 corni.

Lungi da te, mio bene,    

se vuoi, ch'io porti il piede,

non rammentar le pene,

che provi, o cara, in te.

Parto, mia bella, addio,

che se con te più resto

ogni dovere oblio,

mi scordo ancor di me.

(si ritira)

S

Sfondo schermo () ()

Sifare ->

 

Scena ottava

Aspasia.

 
Recitativo

 

Grazie ai numi partì. Ma tu qual resti,  

sventurato mio cor! Ah giacché fosti

di pronunziar capace

la sentenza crudel, segui l'impresa,

che ti dettò virtù. Scorda un oggetto

per te fatal, rifletti alla tua gloria.

E assicura così la tua vittoria.

Ingannata ch'io son! Come scordarlo,

se più amabile sempre

ad onta del volere alla mia mente

il ribelle pensier l'offre presente?

No, che tanto valore

io non mi sento in sen. Tentar lo posso,

e il tenterò, poiché 'l prescrive, ahi lassa

tanto giusto il dover, quanto inumano;

ma lo sperar di conseguirlo è vano.

 
[N. 13 - Aria]

 N 

Adagio (fa maggiore) / Allegro / Adagio / Allegro
Archi, 2 flauti, 2 oboe, 2 corni.

Nel grave tormento,    

che il seno m'opprime,

mancare già sento

la pace del cor.

Al fiero contrasto

resister non basto,

e strazia quest'alma

dovere, ed amor.

Nel grave tormento,

che il seno m'opprime,

mancare già sento

la pace del cor.

S

Sfondo schermo () ()

 
 

Scena nona

Campo di Mitridate. Alla destra del teatro, e sul davanti gran padiglione reale con sedili. Indietro folta selva, ed esercito schierato ecc.
Mitridate, Ismene, ed Arbate, Guardie reali vicino al padiglione, e Soldati parti in faccia al medesimo.

 Q 

Mitridate, Ismene, Arbate, guardie reali, soldati parti

 
Recitativo

MITRIDATE

Qui, dove la vendetta  

si prepara dell'Asia, o principessa,

meco seder ti piaccia.

(siedono Mitridate, ed Ismene)

ISMENE

A' cenni tuoi

pronta ubbidisco. Ma Farnace?

MITRIDATE

Ancora,

mercé di tue preghiere,

pende indeciso il suo destino. Al cielo

piacesse almen, ch'oltre un rivale in lui

non ritrovassi un traditore!

ISMENE

Che dici!

MITRIDATE

Forse purtroppo il ver. De' miei nemici

ei mendica il favore

per quel che intendo, ed ha romano il cuore.

ISMENE

Che possa, oh dèi! Farnace

d'attentato sì vil esser capace?

MITRIDATE

Tosto lo scorgerò. Vengano, Arbate,

i figli a me.

ARBATE

Già gli hai presenti, o sire.

 

Scena decima

Farnace, Sifare, e detti.

<- Farnace, Sifare

 

MITRIDATE

Sedete, o prenci; e m'ascoltate.  

(siedono Sifare, e Farnace)

MITRIDATE

È troppo

noto a voi Mitridate,

per creder, ch'egli possa in ozio vile

passar più giorni, ed aspettar, che venga

qui di nuovo a cercarlo il ferro ostile.

Il terribil acciaro

riprendo, o figli, e da quest'erme arene

cinto d'armi, e di gloria

l'onor m'affretto a vendicar del soglio,

ma non già su Pompeo, sul Campidoglio.

SIFARE

Sul Campidoglio?

FARNACE

(Oh van consiglio!)

MITRIDATE

Ah forse

cinta da inaccessibili difese

Roma credete, o vi spaventa il lungo

disastroso sentiero?

Di trionfar la via

Annibale ne insegna, e a Roma in seno

Roma è facil vittoria. All'Asia

non manchi un Mitridate, ed essa il trovi,

Farnace, in te. Sposo ad Imene i regni

difendi, e i doni suoi: passa l'Eufrate,

combatti, e là sui sette colli, ov'io

eretto avrò felicemente il trono,

di tue vittorie a me poi giunga il suono.

FARNACE

Ahi qual nemico nume

sì forsennata impresa

può dettarti, o signor? Dunque vorrai

implacabil nell'odio

lottar sempre co' fati, e come avesse

tutto già tolto a te l'altrui vittoria,

non cercherai che di perir con gloria?

A tal estremo ancora

giunto non sei. Vinto ha Pompeo no 'l nego,

ma quanta de' tuoi regni

parte illesa riman! Questa piuttosto

sia tua cura serbar. Se t'allontani,

chi fido resterà? Chi m'assicura

del volubil parto, e come...

SIFARE

Eh, chiudi

le ardite labbra, o più rispetto almeno

trovi il padre in un figlio. Al gran disegno

degno del cor di Mitridate, o sire,

Sifare applaude. È giusto,

che là, donde le offese

vengono a noi, della vendetta il peso

tutto vada a cader. Solo ti piaccia

a men canuta etade

affidarne la cura, e mentre in Asia

la viltà di Farnace

ti costringe a restar, cedi l'onore

di trionfar sul Tebro al mio valore.

FARNACE

Vana speranza. A Roma

siamo indarno nemici. Al tempo, o padre,

con prudenza si serva, e se ti piace,

si accetti, il dirò pur, l'offerta pace.

MITRIDATE

(Brami, Ismene, di più? L'empio già quasi

da sé stesso si scopre.) E chi di questa

è il lieto apportator?

 

Scena undicesima

Marzio, e detti.

<- Marzio

 

MARZIO

Signor, son io.  

MITRIDATE

Cieli! Un roman nel campo?

(s'alza impetuosamente da sedere, e seco si alzano tutti)

SIFARE

Ei con Farnace

venne in Ninfea.

MITRIDATE

Ed io l'ignoro! Arbate,

si disarmi Farnace, e nel profondo

della torre maggior la pena attenda

dovuta a' suoi delitti.

(Arbate si fa consegnare la spada da Farnace)

MARZIO

Almen...

MITRIDATE

Non odo

chi un figlio mi sedusse. Onde venisti,

temerario, ritorna: il tuo supplizio

sospendo sol, perché narrar tu possa

ciò, che udisti, e vedesti alla tua Roma.

MARZIO

Io partirò: ma tuo malgrado in breve

colei, che sordo sprezzi, e che m'invia,

ritroverà di farsi udir la via.

(parte)

Marzio ->

 

Scena dodicesima

Mitridate, Ismene, Sifare, Farnace, Arbate, Guardie reali, eccetera.

 

MITRIDATE

Inclita Ismene, oh quanto  

arrossisco per te!

ISMENE

Lascia il rossore

a chi nel concepir sì reo disegno

d'un tanto genitor si rese indegno.

 
[N. 14 - Aria]

 N 

Allegro (la maggiore) / Andante / Allegro
Archi.

So quanto a te dispiace  

l'error d'un figlio ingrato:

ma pensa alla tua pace,

questa tu déi serbar.

Spettacolo novello

non è, se un arboscello

dal tronco, donde è nato,

si vede tralignar.

(parte seguita da' suoi parti)

Ismene, soldati parti ->

 

Scena tredicesima

Mitridate, Farnace, Sifare, Arbate, eccetera.

 
Recitativo

FARNACE

Ah giacché son tradito,  

tutto si sveli omai. Per quel sembiante,

che fa purtroppo il mio maggior delitto,

ad oltraggiarti, o padre,

sappi, che non fui solo. È a te rivale

Sifare ancor, ma più fatal: che dove

ripulse io sol trovai, sprezzi e rigore,

ei di me più gradito ottenne amore.

 
[N. 15 - Aria]

 N 

Adagio maestoso (re maggiore) / Allegro / Adagio maestoso / Allegro
Archi, 2 oboe, 2 corni.

(a Mitridate)

Son reo; l'error confesso  

e degno ~ del tuo sdegno

non chiedo a te pietà.

Ma reo di me peggiore

il tuo rivale è questo,

(accennando a Sifare)

che meritò l'amore

della fatal beltà.

Nel mio dolor funesto

gemere ancor tu déi;

(a Sifare)

ridere a danni miei

Sifare non potrà.

 
(parte condotto via da Arbate, e dalle guardie reali)

Farnace, Arbate, guardie reali ->

 

Scena quattordicesima

Mitridate, Sifare, e quindi Aspasia, eccetera.

 
Recitativo

SIFARE

E crederai, signore...  

MITRIDATE

Saprò fra poco

quanto creder degg'io. Colà in disparte

ad Aspasia, che viene,

celati, e taci. Violato il cenno

ambi vi renderà degni di morte.

Udisti?

SIFARE

Udii. (Deh non tradirmi, o sorte.)

(si nasconde dietro al padiglione)

 

<- Aspasia

MITRIDATE

(Ecco l'ingrata. Ah seco  

l'arte si adopri, e dal suo labbro il vero

con l'inganno si tragga.) Alfin, regina,

torno in me stesso, e con rossor ravviso,

che il volerti mia sposa

al mio stato, ed al tuo troppo disdice.

Grave d'anni, infelice,

fuggitivo, e ramingo io più non sono

che un oggetto funesto, e tu saresti

congiunta a Mitridate

sventurata per sempre. Ingiusto meno

egli sia teco, e quando guerra, e morte

parte a cercar, con un miglior consiglio

per isposo ad Aspasia offra un suo figlio.

SIFARE

(Che intesi!)

ASPASIA

(Oh ciel!)

MITRIDATE

Non è Farnace: invano

vorresti unirti a quell'indegno, e questa

destra, che tanto amai per mio tormento,

solo a Sifare io cedo.

SIFARE

(Oh tradimento!)

ASPASIA

Eh lascia

di più affliggermi, o sire. A Mitridate

so, che fui destinata, e so, ch'entrambi

siamo in questo momento all'ara attesi.

Vieni.

MITRIDATE

Lo veggo, Aspasia: a mio dispetto

vuoi serbar per Farnace

tutti gli affetti del tuo core ingrato.

E già l'odio, e il disprezzo

passò dal padre al figlio sventurato.

ASPASIA

Io sprezzarlo, signor?

MITRIDATE

Più non m'oppongo.

La vergognosa fiamma

segui a nutrir; e mentre illustre morte

in qualche del mondo angolo estremo

vo col figlio a cercar, col tuo Farnace

tu qui servi ai romani. Andiamo, io voglio

di tanti tuoi rifiuti

vendicarmi sul campo

col darti io stesso in braccio a un vil ribelle.

SIFARE

(Ah, seguisse a tacer, barbare stelle!)

ASPASIA

Pria morirò.

MITRIDATE

Tu fingi invano.

ASPASIA

Io, sire?

Mal mi conosci, e poiché alfin non credo,

che ingannarmi tu voglia...

SIFARE

(Oh incauta!)

ASPASIA

Apprendi,

che per Farnace mai

non s'accese il mio cor, che prima ancora

di meritar l'onor d'un regio sguardo

quel tuo figlio fedel, quello, che tanto,

perché è simile al padre, e a te diletto...

MITRIDATE

L'amasti? Ed ei t'amava?

ASPASIA

Ah fu l'affetto

reciproco, o signor... Ma che? Nel volto

ti cangi di color?

MITRIDATE

Sifare...

ASPASIA

(Oh dio!

Sifare è qui?)

 

SIFARE

(facendosi avanti)

Tutto è perduto.  

ASPASIA
(a Mitridate)

Io dunque

fui tradita, o crudel?

MITRIDATE

Io solo, io solo

son finora il tradito

voi nella reggia, indegni,

fra breve attendo, Ivi la mia vendetta

render pria di partir saprò famosa

colla strage de' figli, e della sposa.

 
[N. 16 - Aria]

 N 

Allegro (do maggiore)
Archi, 2 oboe, 2 corni.

Già di pietà mi spoglio,  

anime ingrate, il seno:

per voi già sciolgo il freno,

perfidi, al mio furor.

Padre, ed amante offeso

voglio vendetta, e voglio,

che opprima entrambi il peso

del giusto mio rigor.

(parte)

Mitridate ->

 

Scena quindicesima

Sifare, ed Aspasia.

 
Recitativo

ASPASIA

Sifare, per pietà stringi l'acciaro,  

e in me de' mali tuoi

punisci di tua man la rea sorgente.

SIFARE

Che dici, anima mia? N'è reo quel fato,

che ingiusto mi persegue. Egli m'ha posto

in ira al padre, ei mio rival lo rese,

ed or l'indegna via

di penetrar nell'altrui cor gli apprese.

ASPASIA

Ah se innocente, o caro

mi ti mostra il tuo amor, non lascia almeno

d'esser meco pietoso. Eccoti il petto,

ferisci omai. Di Mitridate, oh dio!

Si prevenga il furor.

SIFARE

Col sangue mio,

sol che Aspasia lo voglia,

tutto si sazierà. Ah mia regina,

sappiti consigliare: a compiacerlo

renditi pronta, o almen ti fingi: alfine

pensa, ch'egli m'è padre; a lui giurando

eterna fede ascendi il trono, e lascia,

che nella sorte sua barbara tanto

Sifare non ti costi altro, che pianto...

ASPASIA

Io sposa di quel mostro,

il cui spietato amore

ci divide per sempre?

SIFARE

E pur poc'anzi

non parlavi così.

ASPASIA

Tutta non m'era

la sua barbarie ancor ben nota. Or come

un tale sposo all'ara

potrei seguir

come accoppiar la destra

a una destra potrei tuttor fumante

del sangue, ahimè, del trucidato amante?

No, Sifare, perdona,

io più no 'l posso, e invan me 'l chiedi.

SIFARE

E vuoi...

ASPASIA

Sì, precederti a Dite. A me non manca

per valicar quel passo

e coraggio, ed ardir; ma non l'avrei

per mirar del mio ben le angosce estreme.

SIFARE

No, mio bel cor, noi moriremo insieme.

 
[N. 17 - Duetto]

 N 

Adagio (la maggiore) / Allegro
Archi, 2 oboe, 4 corni.

 

Se viver non degg'io,  

se tu morir pur déi,

lascia, bell'idol mio,

ch'io mora almen con te.

ASPASIA

Con questi accenti, oh dio!

Cresci gli affanni miei;

troppo tu vuoi, ben mio,

troppo tu chiedi a me.

SIFARE

Dunque...

ASPASIA

Deh taci.

SIFARE

Oh dèi!

Ah che tu sola sei,

ASPASIA

Ah, che tu sol, tu sei...

ASPASIA E SIFARE

Che mi dividi il cor.

Barbare stelle ingrate,

ah m'uccidesse adesso

l'eccesso del dolor!

 

Fine (Atto secondo)

Atto primo Atto secondo Atto terzo

Appartamenti.

Ismene, Farnace
 

Questo è l'amor, Farnace

[N. 10 - Aria]

Ismene
Farnace ->
Ismene
<- Mitridate, seguito

Perfido, ascolta... Ah Mitridate! / In volto

Mitridate
Ismene, seguito ->
Mitridate
<- Aspasia

Eccomi a' cenni tuoi / Diletta Aspasia

Mitridate, Aspasia
<- due guardie
Mitridate, Aspasia
due guardie ->

Che far pretendi? Ah sire

Mitridate, Aspasia
<- Sifare

Respiro, o dèi! / Signor, che avvenne? / Amante?

[N. 11 - Aria]

Aspasia, Sifare
Mitridate ->

Che dirò? Che ascoltai? Numi! E sia vero

Aspasia, Sifare
<- Arbate

Alla tua fede il padre

Aspasia, Sifare
Arbate ->

Oh giorno di dolore!

[N. 12 - Aria]

Aspasia
Sifare ->

Grazie ai numi partì. Ma tu qual resti

[N. 13 - Aria]

Campo di Mitridate; alla destra del teatro, e sul davanti gran padiglione reale con sedili; indietro folta selva, ed esercito schierato.

Mitridate, Ismene, Arbate, guardie reali, soldati parti
 

Qui, dove la vendetta

Mitridate, Ismene, Arbate, guardie reali, soldati parti
<- Farnace, Sifare

Sedete, o prenci; e m'ascoltate. / È troppo

Mitridate, Ismene, Arbate, guardie reali, soldati parti, Farnace, Sifare
<- Marzio

Signor, son io

Mitridate, Ismene, Arbate, guardie reali, soldati parti, Farnace, Sifare
Marzio ->

Inclita Ismene, oh quanto

[N. 14 - Aria]

Mitridate, Arbate, guardie reali, Farnace, Sifare
Ismene, soldati parti ->

Ah giacché son tradito

[N. 15 - Aria]

Mitridate, Sifare
Farnace, Arbate, guardie reali ->

E crederai, signore / Saprò fra poco

(Sifare si nasconde)

Mitridate, Sifare
<- Aspasia

Ecco l'ingrata. Ah seco

(Sifare si fa avanti)

Tutto è perduto / Io dunque

[N. 16 - Aria]

Sifare, Aspasia
Mitridate ->

Sifare, per pietà stringi l'acciaro

[N. 17 - Duetto]

Sifare e Aspasia
Se viver non degg'io
 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima Scena tredicesima Scena quattordicesima Scena quindicesima
Piazza di Ninfea, con veduta in lontano dalla porta della città. Tempio di Venere con ara accesa, ed adorna di mirti, e di rose. Porto di mare, con due flotte ancorate in siti opposti del canale. Da una parte veduta della città di Ninfea. Appartamenti. Campo di Mitridate; alla destra del teatro, e sul davanti gran padiglione reale con sedili; indietro folta... Orti pensili. Interno di torre corrispondente alle mura di Ninfea. Atrio terreno, corrispondente a gran cortile nella raggia di Ninfea, da cui si scorgono in lontano i navigli...
[Ouverture] [N. 1 - Aria] [N. 2 - Aria] [N. 3 - Aria] [N. 4 - Aria] [N. 5 - Aria] [N. 6 - Aria] [N. 7 - Aria] [N. 8 - Aria] [N. 9 - Aria] [N. 10 - Aria] [N. 11 - Aria] [N. 12 - Aria] [N. 13 - Aria] [N. 14 - Aria] [N. 15 - Aria] [N. 16 - Aria] [N. 17 - Duetto] [N. 18 - Aria] [N. 19 - Aria] [N. 20 - Aria] [N. 21 - Aria] [N. 22 - Aria] [N. 23 - Quintetto]
Atto primo Atto terzo

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