Scena unica |
O bel genio nipponico, bello e antico genio delle poesie, leggende, paurosi drammi, grottesche commedie e ute dolcissime agli amori che animano i silenzi delle sere, - bello e antico genio dei fiori e dei pittori, non dunque gaiezza di colori vivaci, non bianchi chiarori di lune o distese di prati verdi correnti ai declivi di azzurri monti rispecchiati da laghi candidi, non trionfi di cieli e stormi di migranti uccelli, o mari d'argento ed agili saettii di awabis, intorno alla agonia di Iris? |
Iris, cenciaioli, Un cenciaiolo |
(Un cenciaiolo, tutto solo in disparte, canticchia un «Elogio alla luna»:) | ||
UN CENCIAIOLO |
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(Gli altri errano, un dietro l'altro, indagando i guizzi delle lanternuzze entro ai cespi delle erbe grasse e ortiche e cardi selvaggi, insensibili ad ogni puntura, tra il volo di pipistrelli abbacinati ai trasparenti luminosi - brontolando:) | ||
I CENCIAIOLI |
~ La fogna è avara e muta! ~ L'uncino invan la scruta! | |
UNO |
(s'arresta, gli occhi fissi nell'uncino trattenuto da qualche cosa presso l'acqua morta) Tacete! ~ Il mio s'intrica!... | |
(ritira con paziente cautela l'uncino e trae a sé divelto un inviluppo di ortiche. - Gli altri ridono) | ||
I CENCIAIOLI |
È il cespo d'un'ortica! | |
UN ALTRO |
Olà!... Non muover passo! | |
(e respinge brutalmente il collega che gli è vicino. Il suo uncino ha fatto presa in un blocco di fango e resiste contro un oggetto pesante come fosse davvero uno scrigno colmo di riòs d'oro!) | ||
I CENCIAIOLI |
~ Un tesoro?... ~ Dell'oro!... ~ Grand'oro! ~ Gran tesoro! | |
(con enorme sforzo il fortunato cenciaiolo svincola l'uncino rovesciando fuori dal blocco di fango... lo scrigno... di un sasso. - E gli altri ridono) | ||
I CENCIAIOLI |
È il tesoro d'un sasso! | |
(il cenciaiolo deluso bestemmia) | ||
UN CENCIAIOLO |
(riprende il suo «Elogio alla luna»:) Ad ora bruna e tarda la Luna è tutta gaia se in due la si riguarda; soli - è una luna scialba. Se notte... | |
(ma a un tratto un rapido bagliore luccica proprio sotto al monte tagliato a picco - e un grido di sorpresa strozza al canterino cenciaiolo l'Elogio alla luna) | ||
I CENCIAIOLI |
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UN CENCIAIOLO |
D'avida fantasia il tormento! | |
(no! - ecco di nuovo e più distinto il bagliore di prima. È la veste di Iris...) | ||
I CENCIAIOLI |
~ Ancor!... È raggio d'or! ~ Traluce! ~ È luce! ~ È veste!... ~ Ha dentro ancor il corpo che la porta!... | |
(e i cenciaioli si arrestano avanti al corpo e non osano stendervi le mani) | ||
UN CENCIAIOLO |
Che importa?... È d'una morta! | |
(e la veste è strappata, e con gran violenza, uno respingendo l'altro, odiandosi, in quella rapina, senza parole, affannati, i cenciaioli si contendono gli orpelli di Kyoto - un moto di vita sfugge dal piccolo corpo di Iris - e allora, atterriti da quella vita laddove essi supponevano solo la insensibilità del cadavere, superstiziosi si danno a fuggire) | ||
Così la avidità umana offende e martira l'agonia della fanciulla, e il senso del dolore - fierissimo e acuto - delle piccole membra dislocate e infrante e delle tenere carni stracciate a lembi nella gran caduta - scuote e desta dal sopore la fanciulla e la richiama alla coscienza di quell'orrore! Né la morte invocata le fu benigna; la vertiginosa caduta, che avrebbe sfracellato un atleta, colle bohmêrie viminose e le scirpe a cespugli, sporgenti fuori lungo il dirupo, facendo sostegni al leggero corpo, accrebbero ad Iris il dolore e non le diedero la morte invocata. Onde, come altrettante piaghe vive nella picciola mente, sanguinano ancora i pensieri e le rimembranze! Tortura di anima e di corpo! - | ||
Dal labbro di Iris esce allora contro il mondo, il destino o la divinità la grande rampogna di una domanda: - Perché?... | ||
E in quell'aere freddo e muto, che la primissima alba ingrigia debolmente, in quei supremi deliri del dolore fisico e della disperazione del pensiero, strane e beffarde ricordanze con più strane e beffarde voci e ricti aliano intorno; gran confusione di voci, cose, sentimenti, persone, ironie, incoscienze, fatalità, lacrime e sogghigni!... | ||
Sono voci che rassembrano quelle dei tre personaggi della sua breve esistenza, il Giovane delle voluttà, il Taïkomati, il Padre cieco, ma, in quella profonda e rapida lucidità dell'agonia che fa svanire tutte le delusioni, esse si appalesano nei diversi egoismi umani che hanno fatto della vita di Iris una tragedia. | ||
L'EGOISMO DI OSAKA | ||
L'EGOISMO DI KYOTO Rubai; ~ fui bastonato, onde mutai mestiere; ho la livrea indossato del più gran re: il piacere. Or siamo qui ~ così, io, per la mia viltà carnefice, tu, vittima per questa tua beltà. Perché?... Io non lo so. Così la vita!... Vo! | ||
L'EGOISMO DEL CIECO Ohimè, chi allumerà nell'inverno il mio foco e all'ombra o a fresco loco la state m'addurrà?... Tale è il pensier che in fondo dispreme il pianto mio e fa il mio duol profondo!... Così la vita!... Addio! | ||
E le voci misteriose, così come hanno favellato alla fantasia della morente Fanciulla, si estinguono bizzarramente. | ||
IRIS Ancora il triste sogno pauroso!... Visioni!... Affanni!... Angoscie!... Persone ignote!... Ignote cose e lochi... e strane risa!... E lacrime!... Il picciol mondo della mia casetta perché sparì?... Perché?... Giardin, rondini, fior, echi a' miei canti... tutto dilegua e tace. ~ Perché codesti strazi e queste tenebre? E perché piango e muoio, e m'abbandona ogni persona e cosa e vita, e luce, e tutto? Il picciol mondo della mia casetta è silenzio e paura. No, tu non sei più sola, Iris. - La luce scende a te. Un gran'occhio mi guarda!... Il sole?... È il sole! L'aria si riempie di fulgori! E l'aria passa tra rami e fronde! tra fiori ed erbe! tra piante e case! e palpita! O luce, anima del mondo! Iris non sente più le sue torture; ~ già vive, la fanciulla, di una vita tutta luce: ~ e al grande amico che la guarda essa eleva la sua anima: tu sol non m'abbandoni! ~ A me tu vieni ~ io riposo al tuo raggio, riposo nella luce! Aure di canti!... Mari di splendori!... Plaghe, cieli di fiori!... | ||
Oh, la suprema bontà che il Sole esprime! | ||
Ancora i suoi primi raggi tremuli sussurrano lontanissimi l'annunzio della sua discesa benefica al mondo; - e l'aria già tutta intorno vibra armonie e splendori: | ||
La luce è l'idioma degli eterni. E Iris, già eterna, sente la sua anima divenire fulgida come un raggio, alla voce ben nota del suo Sole che la chiama: | ||
IL SOLE Son io! ~ Son io, la vita! ~ Son la beltà infinita, la luce ed il calor. Amate, o cose! ~ dico ~ Sono il dio novo e antico; ~ amate! ~ Son l'amor. Per me gli augelli han canti ~ i fior profumi e incanti, l'albe il color di rose ~ e palpiti le cose. Ne' raggi miei fulgenti l'anime paurose ritemprano le genti. Son io, l'eterno incanto; ~ io che rasciugo il pianto e accheto ogni dolor, che, legge d'eguaglianza, ~ dono la gran speranza che avviva tutti i cor. Te, fior dell'ideale ~ chiamo! Iris immortale, ascendi a me! O mousmè! Lascia il tuo corpo ai fior; l'anima tua è mia! ~ D'un fiore all'agonia venite tutti, o fior! | (♦) | |
Tutto un sussurro di fiori intorno alla morente!... - Piove il Sole sul picciolo corpo aureole irradiate!... Nella suprema agonia Iris finalmente non ha più angoscie, affanni, paure, dolori. - Il suo sogno è di luce - è di fiori! - E raggi e fiori parlano il linguaggio eterno della pietà, dell'amore! - | ||
Muore la Vergine colla visione splendente della immortalità; essa vede intorno a sé una fantasia di fiori - tutti i fiori della terra - che allungano a lei gli steli, steli che si snodano e si stendono intorno al corpo suo come braccia umane e lo sollevano alto... alto... là... lontano... lontano... su... su... per l'azzurro e l'infinito... verso il Sole!... | ||
Ed è in quella trionfante visione che gli occhi della Mousmè si chiudono, onde sul suo pallido viso è ancora la calma della tenera giovinezza innocente che la lotta della vita terrena lasciò immacolata. Sotto a quegli abbracci e baci di fiori il piccolo corpo della morta dispare. L'anima della Mousmè è fiore, luce, armonia! | ||
Così - nella morte - la gentile suicida ancor sorride. | ||
O morte, signora misteriosa, quanto sei grande nella tua pietà, tu che tanti mari e cieli eterni poni fra gli umani e i loro dolori! | ||