Atto secondo

 

Scena prima

Cabinetto.
Ifigenia, e Toante.

Immagine d'epoca ()

 Q 

Ifigenia, Toante

 

TOANTE

Sì: mi rendo a' tuoi preghi.  

Al sacro asilo

un de' complici io dono

ma meriti il perdono. A te palesi

la cagione, l'autore

dell'enorme attentato.

Cada l'empio svenato. Il sangue reo

si sparga di tua man. Così dobbiamo

il regio trono assicurar, su cui

la Scizia rispettosa

adorar ti dovrà regina, e sposa...

ma tu nulla rispondi?

IFIGENIA

(fa con muto disprezzo conoscersi avversa al proposto sacrilego nodo)

Un silenzio sagace

abbastanza si spiega allor che tace.

TOANTE

Ognor chi serve al suo signore applaude.

IFIGENIA

Spesso però fra intempestive lodi

germogliano le frodi.

E tardi, con suo danno,

dell'inganno s'avvede

chi presto a un labbro adulator dà fede.

TOANTE

D'animo dunque alle mie brame avverso

fu quel silenzio un segno?

Dunque allora che un regno

già donarti ho conchiuso?...

IFIGENIA

Perché grata ti sono, io lo ricuso.

E terra, e ciel nemici

col sacrilego nodo

ti renderei.

TOANTE

Che dici!

IFIGENIA

A te ragione

domanderebbe il vilipeso nume

de' casti voti miei. Sul fior degli anni

sai che nel tempio...

TOANTE

Semplice, t'inganni.

Sarian gli dèi tiranni,

se approvasser quei voti, a cui le leggi

repugnan di natura.

IFIGENIA

Ah se non temi

l'ira del ciel, paventa almen lo sdegno

d'un'amante delusa. E questo regno,

ch'usurparle tu vuoi,

suo paterno retaggio. I dritti suoi

colla sua destra al Sarmate cedendo

potresti...

TOANTE

Basta. Il tuo timor comprendo.

Ma lo prevenni. Pochi istanti a entrambi

avanzano di vita. Odi se arride

propizia a noi la sorte: a nozze io chiedo

l'orgoglio nemico; e il traggo a morte.

IFIGENIA

Come!

TOANTE

D'atro veleno

il nappo aspersi, che 'l solenne rito

necessario è a compir.

IFIGENIA

Che orror! Tradito

da te sarà chi placido riposa

sulla pubblica fede?

TOANTE

Non merita mercede

stupido re, che dalle insidie altrui

a custodir non veglia i giorni sui.

IFIGENIA

Ma le promesse?

TOANTE

Eh le promesse sono

mal sicure garanti

della fé de' regnanti. Abbiam sul trono

men rigidi costumi,

più comodi principi. Allor che giova,

a noi tutto è permesso.

L'utile, ed il piacer governa, e regge

ogni nostro voler. Serva è la legge

di chi agli altri l'impone: e fatta è solo

la licenza a frenar del volgo insano.

IFIGENIA

Anzi è sempre il sovrano

guida, regola, e norma

de' popoli soggetti. Ognun si forma

sui gran modelli. E se un monarca il primo

le leggi tollerar sdegna, e ricusa,

a mille falli un solo esempio è scusa.

TOANTE

Serba ad altri i tuoi dogmi. Inutilmente

io non vuò garrir teco...

Ma vien Tomiri a noi. Lasciami seco.

 
(Ifigenia parte)

Ifigenia ->

 

Scena seconda

Toante, e Tomiri.

<- Tomiri

 

TOMIRI

(con ironia amara)  

Della nobil tua fiamma i nuovi ardori

perdonami se vengo

importuna a turbar.

TOANTE

Saranno eterni

dunque i sospetti tuoi? Lascia, o Tomiri

i rimproveri ingiusti.

(non senza notabile affettazione)

Il sanno i numi

s'io t'amo, e se m'incresce

vederti ad altri in braccio.

Ma di rado, o non mai per man d'amore

d'un reale imeneo si forma il laccio!

Un affetto privato al comun bene

sacrificar conviene. Al regno giova

che al Sarmate la mano

da te si porga. Invano io m''opporrei

al voto universal. Troppo alla Scizia

esser potria funesto

di sì fiero nemico

lo sdegno pertinace.

Pace ognuno domanda.

TOMIRI

(con asprezza)

E tu chi sei,

che degli affetti miei

sì assoluto disponi?

TOANTE

Esecutor son io

del pubblico volere.

TOMIRI

(con asprezza)

E con qual voce

il pubblico i suoi sensi

a te spiegò?

TOANTE

Con quella

de' satrapi maggiori.

TOMIRI

(con disprezzo)

Un gregge imbelle

i tuoi satrapi son di schiavi abbietti.

Li rese a te soggetti ingorda sete

di guadagno servile.

Ascolta, anima vile:

lo scettro a te commesso

se tu regger non sai

(autorevolmente)

scendi dal soglio.

Tua sovrana io qui son: non tanto orgoglio

del popol, delle schiere

queste le voci son, questo è il volere.

Pensaci: e e insin ch'io t'amo,

se è ver che aspiri a conservarti il trono

(con passione)

torna, ingrato, ad amarmi; e ti perdono.

Tradita, abbandonarti,

aborrirti oltraggiata,

disleale, io dovrei.

(crescendo l'impeto della passione)

Ma oh dèi! Sento che a odiarti

non sa ridursi il core:

e in mezzo all'ire mie trionfa amore.

 

Ah lo sdegno degli amanti  

è di paglia un lieve foco.

Presto avvampa: dura poco

quell'incendio passegger.

Si dilegua in brevi istanti,

se s'accende in un momento.

Basta a spegnerlo un accento,

uno sguardo lusinghier.

(parte)

Tomiri ->

 

Scena terza

Toante solo.

 

 

Che medito? Che fo?  

(pensoso)

Deboli affetti

voi sedur mi vorreste...

(sprezzante)

tacete: io non vi ascolto.

Troppo alla mia grandezza,

troppo al nuovo amor mio saria funesta

questa molle pietà.

(risoluto)

Pera il nemico:

cada oppressa Tomiri: il tempio inondi

delle vittime il sangue. A me non resta

così più che temer. Lieve è ogni eccesso

se lo consiglia amor. Né di sé stesso

arbitro è il cor. De' moti suoi decide,

come di nostra sorte,

un'occulta cagion di noi più forte.

Ma che pro, se rubella

poi la sacra donzella?...

Ah no. D'amor nemica

donna già mai non fu, sebben pudica.

Tosto, o tardi ciascuna

a noi vinta si rende:

e spesso ad accordar ciò, che ricusa,

solo una scusa impaziente attende.

 

Pudico fu spesso    

d'un sesso fallace

il labbro mendace,

che ostenta virtù.

Ma il core ~ d'amore

nemico ~ non fu.

D'amor si ricusa;

ma intanto si cede.

A sempre mercede

l'altrui servitù.

Chi pronta ha una scusa,

crudel non è più.

(parte)

S

Sfondo schermo () ()

Toante ->

 
 

Scena quarta

Magnifica sala regia splendidamente adorna d'illuminazione trasparente. Ara nel mezzo col simulacro della Concordia.
Ifigenia, e Tomiri.

 Q 

Ifigenia, Tomiri

 

TOMIRI

Troppo ingiusta fui teco, i dubbi miei  

rammentando, arrossisco;

ma...

IFIGENIA

Non più. Compatisco

in te l'amante. So che amor travede,

che la benda ha sul ciglio.

Il tuo periglio intanto

pensa solo a evitar.

TOMIRI

Numi! Il cimento

dell'ingrato Toante, il crederesti?

Occupa tutti i miei pensier. Pavento

che il Sarmate sdegnato...

IFIGENIA

Non temer; che celato ho a colui l'arcano

dell'ascoso velen. L'iniqua trama

appieno ignora: e sol per mio consiglio

di giurar negherà, se pria non giura

Toante ancor... Ma simular procura.

Il tiranno avanza.

TOMIRI

Voi sostenete, o dèi, la mia costanza!

 

Scena quinta

Toante, Merodate, e dette.
Satrapi della Scizia.
Paggi, e Mori, che portan piumacci riccamente coperti d'oro, e d'argento. Custodi reali, e Guardie.

<- Toante, Merodate, satrapi, paggi, mori, custodi reali, guardie

 

MERODATE

(con intolleranza)  

Qui che si fa?

TOANTE

Ti piaccia

con noi seder.

MERODATE

Sia breve

la dimora però.

(ponendosi a sedere)

Già m'incomincio

de' vostr'ozi a stancar.

TOANTE

(siede, e fatto cenno ai Satrapi, siedono anch'essi)

Saprò spedirti

più presto ancor di quel che brami.

TOMIRI

(mettendosi a sedere)

(Indegno!)

IFIGENIA

(siede)

(Che il ciel lo soffra io mi stupisco!)

TOANTE

(alli satrapi della Scizia)

Udite,

voi, che di questo regno

salda base, e sostegno

foste finor. La pace

fu di già vostro voto

a Merodate offrire. Utile a noi

perché voi la credeste, io la proposi.

Gli odi antichi deposti, egli l'accetta.

Ma vuol che di Tomiri

io la destra gli ceda. È vostra mente

che da me se gli accordi?

Siete in questo parer fermi, e concordi?

 

CORO DE' SATRAPI DELLA SCIZIA

Ceder devi. Concordi noi siamo.  

Pace tutti gridiamo ~ a una voce.

Il parer della Scizia feroce

se chiedesti ~ sapesti ~ qual è.

 

TOANTE

(con affettazione notabile)  

Quanto mi costa, oh dio! D'un dolce amore

i legami spezzar!

TOMIRI E IFIGENIA

(Perfido!)

TOANTE

E pure

risolversi conviene. In me prevale

all'affetto d'amante

di regnante il dovere.

(ad un ufficiale nobile, che prende dall'ara la tazza, ed inginocchiandosi, la presenta a Merodate)

Olà, si rechi

la sacra tazza.

(a Merodate)

Il consueto rito

incominciar tu devi.

MERODATE

Qual rito è il vostro?

TOANTE

Invoca il nume: e bevi.

E giurando alla Scizia

concordia, e pace; alla reale erede

giura serbar costante amore, e fede.

MERODATE

E fra gli Sciti?...

TOANTE

Fra gli Sciti il modo

questo è il solo, con cui

s'usa giurar.

MERODATE

Sì?...

(all'ufficiale, che presenta nella stessa maniera la tazza a Toante)

Porgi il nappo a lui.

TOANTE

Come!

IFIGENIA

(Si perde.)

TOMIRI

(Che dirà?)

TOANTE

Non vuoi

della Scizia fra noi

seguire il costume?

MERODATE

No.

TOANTE

Ma perché?

MERODATE

Perché d'ogni tuo nume

è la fé de' miei pari

più sacra, e più sicura.

Se diversa è la tua, levati, e giura.

TOANTE

E ben: la varia legge

dal grand'atto ti assolva.

(a Tomiri)

Più nessun gliel' contrasta;

partir teco potrà.

MERODATE

(a Tomiri)

Ferma. Non basta

che tu meco ne venga.

(a Toante)

Il suo reame

assicurar mi devi.

TOANTE

Io te 'l prometto.

MERODATE

Invoca il nume. E bevi.

TOMIRI

(Si smarrisce l'infido.)

MERODATE

Bevi. Così pretendo

ch'ognun segua il suo stile.

TOANTE

Intendo, intendo.

Deludermi vorresti;

ma ti lusinghi invan. Col tuo rifiuto

libera già rendesti

la mia fiamma amorosa.

(fa porger la tazza a Tomiri)

Tomiri, ecco la tazza; e sei mia sposa.

TOMIRI

(Scellerato!)

IFIGENIA

(Fellon!)

TOMIRI

(imitando ironicamente la stessa affettazione di Toante)

Lo sanno i numi

se m'incresce vedermi ad altri in braccio,

ma di rado o non mai per man d'amore

d'un reale imeneo si forma il laccio.

TOANTE

Questo è dunque l'affetto?

TOMIRI

(imitando ironicamente la stessa affettazione di Toante)

In me prevale

all'affetto il dover. Poc'anzi udisti

che al sarmate regnante

dai satrapi si vuole

ch'io la mia destra accordi.

Son già in questo parer fermi, e concordi.

TOANTE

Ma l'arbitro io qui sono.

TOMIRI

E un tal arbitro miri

come riceve i doni suoi Tomiri.

(getta con disprezzo la tazza ai piedi di Toante; e levandosi, seco si levan tutti)

TOANTE

(verso Ifigenia)

Tanto ardire! Né il vieta,

né parla ancor chi della Scizia i riti

qui siede a custodir?

IFIGENIA

Se tu lo brami,

io parlerò; ma poi

non ti lagnar...

TOANTE

T'accheta;

ch'ugualmente m'irriti

col tacer, col parlare. Ai dèi lo giuro:

a rispettarmi, audaci,

v'apprenderò.

(a Ifigenia)

La vittima tu vanne

come imposi, a svenar.

(a Tomiri, accennandole di partir con Merodate)

Seco tu parti.

(a Merodate)

E se sposa non vuoi,

ne' regni tuoi Tomiri

venga, nulla m'aggrava,

barbaro discortese, esule, e schiava.

MERODATE

Tu m'insulti?

(volgendosi sprezzante altrove)

Va'; che sei

vile oggetto agli occhi miei

sol di riso, e di pietà.

IFIGENIA

Tu minacci?

TOMIRI

Tu mi scacci?

IFIGENIA

No, rammenta...

TOMIRI

Sì, paventa...

 

IFIGENIA E TOMIRI

(riprendendo)  

Che non merta amore e fé

chi mercé ~ d'altrui non ha.

(minacciando)

Che se nasce dall'amor,

l'odio in noi furor ~ si fa.

TOANTE

(prima verso Merodate; indi alle donne)

Quel mi sprezza? Tu m'offendi?

Tu m'oltraggi, e mi riprendi?

Niun mi teme?

MERODATE

(prima alle donne, indi volgendosi altrove sprezzante)

Io non ti curo.

IFIGENIA

Sei crudele.

TOMIRI

Sei spergiuro.

TOANTE

(prima a Merodate; indi alle donne)

Stolto. Audaci.

TOMIRI

Anima imbelle.

TOANTE

Giuro al ciel: giuro alle stelle,

saprò farvi impallidir.

TOMIRI

(con furia)

Traditore, il ciel, stelle

ti sapran per me punir.

Insieme

IFIGENIA

(con orrore)

Ah rispetta il ciel, le stelle

più non farmi inorridir.

MERODATE

(con gravità, noncuranza, disprezzo)

(Troppo indegno ~ del mio sdegno

è quel vano, ~ insano ~ ardir.)

(partono le due donne insieme, insultando il tiranno: indi Merodate lo lascia con disprezzo. Infine Toante rimasto solo, parte minacciando)

Ifigenia, Tomiri, Merodate, satrapi, paggi, mori, custodi reali, guardie ->

Toante ->

 
 

Scena sesta

Cupo, ed orridissimo fondo di torre, chiuso da una cataratta, che aprendosi, serve di scala per discendervi. A destra, ed a sinistra cancelli praticabili, che introducono a diverse prigioni.
Pilade, e Oreste da diversi cancelli.

 Q 

(nessuno)

<- Pilade, Oreste

 

ORESTE

Pilade? Oh ciel! Qual mano  

di quell'orrendo carcere le porte

a noi disserra?... Forse uniti a morte?...

PILADE

Anzi di tua salvezza

nunzio ne vengo.

ORESTE

E chi t'invia?

PILADE

Del tempio

la pietosa ministra. A te non volle

sola tornar, temendo un'altra volta

i tuoi deliri provocar. Concessa

d'un sol di noi la vita

a lei fu dal tiranno. A me rimessa

è la scelta fatale,

io salvarti ho deciso. E sol bramai,

perché possa contento

i miei giorni finire,

abbracciarti di nuovo, e poi morire.

 

Scena settima

Ifigenia, e detti.

<- Ifigenia

 

IFIGENIA

Stranieri, a voi ritorno,  

(a Pilade)

seco parlasti?

PILADE

Sì. Di più non bramo.

IFIGENIA

Oh quanto il vostro caso,

infelici, io deploro!

PILADE

Salvami il caro amico; e lieto io moro.

ORESTE

No 'l soffrirò.

PILADE

Tu déi

tornar libero in Argo.

IFIGENIA

In Argo?

PILADE

Quivi

egli già nacque.

IFIGENIA

E chi di voi sa dirmi

dell'invitto Agamennone la sorte?

PILADE

Saperla a te che giova?

ORESTE

Quel nome, oh dio! Le smanie mie rinnova!

IFIGENIA

Dimmi...

ORESTE

Deh taci per pietà.

IFIGENIA

(a Pilade impaziente, e timorosa)

Che avvenne?

Per lui parla. (Il core

mi presagisce, ahimè qualche sventura.)

PILADE

Dunque ignori i suoi casi?

IFIGENIA

Arsa, e distrutta

Troia superba, vincitor ritorno

so ch'egli fece alle contrade argive.

PILADE

Ma non sapesti poi che or più non vive.

IFIGENIA

(Ahi fiero annunzio!)

ORESTE

(Oh rimembranza amara!)

IFIGENIA

Ma la cagion qual fu, che il trasse a morte?

PILADE

L'empio furor della sua rea consorte.

IFIGENIA

(sorpresa, e spaventata)

Di Clitennestra!

PILADE

Sì: pensò, previde

che al tradito suo sposo invan celato

l'oltraggio avria d'un suo furtivo amore:

però l'infida a lui trafisse il core.

IFIGENIA

(impaziente)

E Oreste, il figlio?...

ORESTE

(agitato)

Ah l'infelice in vita

hanno a strazio maggior serbato i numi:

scherno d'astri inclementi:

obbrobrio de' viventi:

gioco dell'onde: fuggitivo, errante:

(crescendo sempre d'agitazione)

esule, disperato

scorre di lido, in lido: ed è il suo fato,

ed è la sorte sua barbara tanto,

che a scemar la sua pena

poiché morir gli giova,

d'una in un'altra arena

va una morte cercando, e non la trova.

IFIGENIA

Ed han sofferto i dèi?...

PILADE

No... vendicato

Agamennone è già. Già più non vive

l'infelice Clitennestra.

IFIGENIA

Stelle! E qual destra audace?...

ORESTE

(smanioso)

Non domandar di più. Lasciami in pace.

IFIGENIA

(a Pilade)

Segui. Narrami il fine

della storia funesta.

ORESTE

(disperato)

La man, che lei punì, mira,

fu questa.

IFIGENIA

Ah scellerato!

(furiosa)

Al mondo

da qual fiera nascesti?

ORESTE

Oblio profondo

lascia ch'eternamente

sparga l'infausto nome

di mia stirpe crudel.

IFIGENIA

Come potesti...

barbaro?...

ORESTE

Ah che purtroppo

ho del mio fallo, ho di me stesso orrore!

IFIGENIA

Perfido, traditore, e a incenerirti

fulmini il ciel non ebbe?

Ed io prima non seppi

l'anima rea vedere in volto espressa?

PILADE

(Che improvviso furore!)

IFIGENIA

(crescendo il furore)

Empio, s'appressa

già la tua pena.

(minacciando furibonda)

Le mie furie, indegno,

paventa, e trema. Liberar la terra

da un tal mostro io saprò.

ORESTE

(con impeto di disperazione)

Venga la morte:

venga, la bramo anch'io.

Può lei sola finir l'affanno mio.

 

PILADE

(tenero)  

Senti, ah no: morir vogl'io.

Sciogli, oh dio! ~ le sue catene.

ORESTE

(tenero)

No: morire a me conviene.

Togli a lui le sue ritorte.

PILADE

Anderò contento a morte,

se per lui spirar potrò.

ORESTE

Me condanna. Il sangue mio

solo oh dio! ~ bastar ti può.

(con insistenza supplichevole a Ifigenia, che ora non gli ascolta, ora li rigetta)

Non m'ascolti?

PILADE

Ancor non cedi?

ORESTE

Vil mi chiedi?

PILADE

Udir non vuoi?

ORESTE

Guarda...

PILADE

Vedi...

ORESTE E PILADE

A' piedi ~ tuoi...

(s'inginocchiano)

IFIGENIA

Ah resistere non so!

(commossa si distacca da loro per nascondere il suo tenero turbamento. Oreste e Pilade levandosi in piedi, replicano a vicenda le insistenti loro preghiere)

ORESTE

(vedendo che ancora una seconda volta Ifigenia s'è allontanata per non ascoltar le sue preghiere)

(Non m'ascolta?)

PILADE

(guardando Ifigenia, come l'altro)

(Ancor non cede!)

ORESTE

Non mi guarda?

PILADE

Ancor resiste!

ORESTE E PILADE

(ciascheduno da sé con molta smania, mentre Ifigenia s'arresta in distanza ad osservarli compassionevolmente)

Venga, venga, o ciel, la morte

col morir l'affanno mio

solo, oh dio! ~ finir si può.

(tornano alle loro prigioni)

Oreste, Pilade ->

 

Scena ottava

Ifigenia sola.

 

 

(con accompagnamento d'istrumenti sino al fine del suo soliloquio)  

Chi resister potria? Sento a quei detti

un palpito, un tremore,

ch'io stessa non comprendo. Eterni dèi

questo che mai sarà? Sarebbe forse

pietà la mia? Pietà! Di chi? D'un empio,

che del barbaro tuo funesto scempio,

Clitennestra infelice,

autor si vanta?... Ah non fia ver. Perdona,

amata genitrice:

vendicata sarai. Già sento in petto

l'ira destarsi ad infiammarmi il core.

Da questa man trafitto il traditore

dovrà cadermi al piè. Madre, raffrena,

sol per pochi momenti,

i rimproveri tuoi, le tue querele.

Lascia, ahi vita crudele!

(si figura presente l'ombra di Clitennestra)

Lascia di presentarti agli occhi miei

dolente, sbigottita,

pallida, scolorita,

lacera, insanguinata!

Taci: non dirmi ingrata, ombra diletta.

Sarai, sarai placata. Avrai vendetta.

 

Ombra cara, che intorno t'aggiri,  

frena il pianto, sospendi i lamenti.

Quei sospiri, ~ quei flebili accenti

ah nel seno mi spezzano il cor!

Del tuo scempio se chiedi vendetta,

madre, aspetta. Sarai vendicata.

Figlia ingrata ~ mai più non chiamarmi

no, non darmi ~ sì acerbo dolor.

(parte)

Ifigenia ->

 

Fine (Atto secondo)

Atto primo Atto secondo Atto terzo

Cabinetto.

Ifigenia, Toante
 

Sì: mi rendo a' tuoi preghi

Toante
Ifigenia ->
Toante
<- Tomiri

Della nobil tua fiamma i nuovi ardori

Toante
Tomiri ->

Che medito? Che fo? Deboli affetti

Toante ->

Magnifica sala regia splendidamente adorna d'illuminazione trasparente; ara nel mezzo col simulacro della Concordia.

Ifigenia, Tomiri
 

Troppo ingiusta fui teco, i dubbi miei

Ifigenia, Tomiri
<- Toante, Merodate, satrapi, paggi, mori, custodi reali, guardie

Qui che si fa? / Ti piaccia

Quanto mi costa, oh dio! D'un dolce amore

Ifigenia e Tomiri, Merodate, Toante
Che non merta amore e fé
Toante
Ifigenia, Tomiri, Merodate, satrapi, paggi, mori, custodi reali, guardie ->
Toante ->

Cupo, ed orridissimo fondo di torre, chiuso da una cataratta, che aprendosi, serve di scala per discendervi; a destra, ed a sinistra cancelli praticabili, che introducono a diverse prigioni.

 
<- Pilade, Oreste

Pilade? Oh ciel! Qual mano

Pilade, Oreste
<- Ifigenia

Stranieri, a voi ritorno,

Pilade e Oreste, Ifigenia
Senti, ah no: morir vogl'io
Ifigenia
Oreste, Pilade ->

Chi resister potria? Sento a duei detti

Ifigenia ->
 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava
Bosco sacro a Diana; facciata del tempio della dèa sulla destra; spiaggia di mare in prospetto con... Piccole terme nella reggia con fontane, giochi d'acque, e grotteschi. Vasto anfiteatro contiguo alla reggia; palco reale con trono sulla destra; serragli di fiere in prospetto;... Cortile nella reggia. Cabinetto. Magnifica sala regia splendidamente adorna d'illuminazione... Cupo, ed orridissimo fondo di torre, chiuso da una cataratta, che aprendosi, serve di scala per discendervi;... Ritiro delizioso ne' giardini reali. Sotterraneo del tempio di Diana, che rappresenta un cavernoso, e profondo speco; è questo illuminato... Veduta interna di vasto e splendidissimo tempio consacrato a Diana; ara magnifica nel mezzo, senza la statua...
Atto primo Atto terzo

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