Scena prima |
Cabinetto. |
(♦) Ifigenia, Toante | ||
TOANTE |
Al sacro asilo un de' complici io dono ma meriti il perdono. A te palesi la cagione, l'autore dell'enorme attentato. Cada l'empio svenato. Il sangue reo si sparga di tua man. Così dobbiamo il regio trono assicurar, su cui la Scizia rispettosa adorar ti dovrà regina, e sposa... ma tu nulla rispondi? | |||
IFIGENIA |
(fa con muto disprezzo conoscersi avversa al proposto sacrilego nodo) Un silenzio sagace abbastanza si spiega allor che tace. | |||
TOANTE |
Ognor chi serve al suo signore applaude. | |||
IFIGENIA |
Spesso però fra intempestive lodi germogliano le frodi. E tardi, con suo danno, dell'inganno s'avvede chi presto a un labbro adulator dà fede. | |||
TOANTE |
D'animo dunque alle mie brame avverso fu quel silenzio un segno? Dunque allora che un regno già donarti ho conchiuso?... | |||
IFIGENIA |
Perché grata ti sono, io lo ricuso. E terra, e ciel nemici col sacrilego nodo ti renderei. | |||
TOANTE |
Che dici! | |||
IFIGENIA |
A te ragione domanderebbe il vilipeso nume de' casti voti miei. Sul fior degli anni sai che nel tempio... | |||
TOANTE |
Semplice, t'inganni. Sarian gli dèi tiranni, se approvasser quei voti, a cui le leggi repugnan di natura. | |||
IFIGENIA |
Ah se non temi l'ira del ciel, paventa almen lo sdegno d'un'amante delusa. E questo regno, ch'usurparle tu vuoi, suo paterno retaggio. I dritti suoi colla sua destra al Sarmate cedendo potresti... | |||
TOANTE |
Basta. Il tuo timor comprendo. Ma lo prevenni. Pochi istanti a entrambi avanzano di vita. Odi se arride propizia a noi la sorte: a nozze io chiedo l'orgoglio nemico; e il traggo a morte. | |||
IFIGENIA |
Come! | |||
TOANTE |
D'atro veleno il nappo aspersi, che 'l solenne rito necessario è a compir. | |||
IFIGENIA |
Che orror! Tradito da te sarà chi placido riposa sulla pubblica fede? | |||
TOANTE |
Non merita mercede stupido re, che dalle insidie altrui a custodir non veglia i giorni sui. | |||
IFIGENIA |
Ma le promesse? | |||
TOANTE |
Eh le promesse sono mal sicure garanti della fé de' regnanti. Abbiam sul trono men rigidi costumi, più comodi principi. Allor che giova, a noi tutto è permesso. L'utile, ed il piacer governa, e regge ogni nostro voler. Serva è la legge di chi agli altri l'impone: e fatta è solo la licenza a frenar del volgo insano. | |||
IFIGENIA |
Anzi è sempre il sovrano guida, regola, e norma de' popoli soggetti. Ognun si forma sui gran modelli. E se un monarca il primo le leggi tollerar sdegna, e ricusa, a mille falli un solo esempio è scusa. | |||
TOANTE |
Serba ad altri i tuoi dogmi. Inutilmente io non vuò garrir teco... Ma vien Tomiri a noi. Lasciami seco. | |||
(Ifigenia parte) | Ifigenia -> | |||
Scena seconda |
Toante, e Tomiri. |
<- Tomiri | ||
TOMIRI |
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TOANTE |
Saranno eterni dunque i sospetti tuoi? Lascia, o Tomiri i rimproveri ingiusti. (non senza notabile affettazione) Il sanno i numi s'io t'amo, e se m'incresce vederti ad altri in braccio. Ma di rado, o non mai per man d'amore d'un reale imeneo si forma il laccio! Un affetto privato al comun bene sacrificar conviene. Al regno giova che al Sarmate la mano da te si porga. Invano io m''opporrei al voto universal. Troppo alla Scizia esser potria funesto di sì fiero nemico lo sdegno pertinace. Pace ognuno domanda. | |||
TOMIRI |
(con asprezza) E tu chi sei, che degli affetti miei sì assoluto disponi? | |||
TOANTE |
Esecutor son io del pubblico volere. | |||
TOMIRI |
(con asprezza) E con qual voce il pubblico i suoi sensi a te spiegò? | |||
TOANTE |
Con quella de' satrapi maggiori. | |||
TOMIRI |
(con disprezzo) Un gregge imbelle i tuoi satrapi son di schiavi abbietti. Li rese a te soggetti ingorda sete di guadagno servile. Ascolta, anima vile: lo scettro a te commesso se tu regger non sai (autorevolmente) scendi dal soglio. Tua sovrana io qui son: non tanto orgoglio del popol, delle schiere queste le voci son, questo è il volere. Pensaci: e e insin ch'io t'amo, se è ver che aspiri a conservarti il trono (con passione) torna, ingrato, ad amarmi; e ti perdono. Tradita, abbandonarti, aborrirti oltraggiata, disleale, io dovrei. (crescendo l'impeto della passione) Ma oh dèi! Sento che a odiarti non sa ridursi il core: e in mezzo all'ire mie trionfa amore. | |||
Tomiri -> | ||||
Scena terza |
Toante solo. |
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(pensoso) Deboli affetti voi sedur mi vorreste... (sprezzante) tacete: io non vi ascolto. Troppo alla mia grandezza, troppo al nuovo amor mio saria funesta questa molle pietà. (risoluto) Pera il nemico: cada oppressa Tomiri: il tempio inondi delle vittime il sangue. A me non resta così più che temer. Lieve è ogni eccesso se lo consiglia amor. Né di sé stesso arbitro è il cor. De' moti suoi decide, come di nostra sorte, un'occulta cagion di noi più forte. Ma che pro, se rubella poi la sacra donzella?... Ah no. D'amor nemica donna già mai non fu, sebben pudica. Tosto, o tardi ciascuna a noi vinta si rende: e spesso ad accordar ciò, che ricusa, solo una scusa impaziente attende. | |||
Toante -> | ||||
Scena quarta |
Magnifica sala regia splendidamente adorna d'illuminazione trasparente. Ara nel mezzo col simulacro della Concordia. |
Ifigenia, Tomiri | ||
TOMIRI |
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IFIGENIA |
Non più. Compatisco in te l'amante. So che amor travede, che la benda ha sul ciglio. Il tuo periglio intanto pensa solo a evitar. | |||
TOMIRI |
Numi! Il cimento dell'ingrato Toante, il crederesti? Occupa tutti i miei pensier. Pavento che il Sarmate sdegnato... | |||
IFIGENIA |
Non temer; che celato ho a colui l'arcano dell'ascoso velen. L'iniqua trama appieno ignora: e sol per mio consiglio di giurar negherà, se pria non giura Toante ancor... Ma simular procura. Il tiranno avanza. | |||
TOMIRI |
Voi sostenete, o dèi, la mia costanza! | |||
Scena quinta |
Toante, Merodate, e dette. |
<- Toante, Merodate, satrapi, paggi, mori, custodi reali, guardie | ||
MERODATE |
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TOANTE |
Ti piaccia con noi seder. | |||
MERODATE |
Sia breve la dimora però. (ponendosi a sedere) Già m'incomincio de' vostr'ozi a stancar. | |||
TOANTE |
(siede, e fatto cenno ai Satrapi, siedono anch'essi) Saprò spedirti più presto ancor di quel che brami. | |||
TOMIRI |
(mettendosi a sedere) (Indegno!) | |||
IFIGENIA |
(siede) (Che il ciel lo soffra io mi stupisco!) | |||
TOANTE |
(alli satrapi della Scizia) Udite, voi, che di questo regno salda base, e sostegno foste finor. La pace fu di già vostro voto a Merodate offrire. Utile a noi perché voi la credeste, io la proposi. Gli odi antichi deposti, egli l'accetta. Ma vuol che di Tomiri io la destra gli ceda. È vostra mente che da me se gli accordi? Siete in questo parer fermi, e concordi? | |||
CORO DE' SATRAPI DELLA SCIZIA | ||||
TOANTE |
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TOMIRI E IFIGENIA |
(Perfido!) | |||
TOANTE |
E pure risolversi conviene. In me prevale all'affetto d'amante di regnante il dovere. (ad un ufficiale nobile, che prende dall'ara la tazza, ed inginocchiandosi, la presenta a Merodate) Olà, si rechi la sacra tazza. (a Merodate) Il consueto rito incominciar tu devi. | |||
MERODATE |
Qual rito è il vostro? | |||
TOANTE |
Invoca il nume: e bevi. E giurando alla Scizia concordia, e pace; alla reale erede giura serbar costante amore, e fede. | |||
MERODATE |
E fra gli Sciti?... | |||
TOANTE |
Fra gli Sciti il modo questo è il solo, con cui s'usa giurar. | |||
MERODATE |
Sì?... (all'ufficiale, che presenta nella stessa maniera la tazza a Toante) Porgi il nappo a lui. | |||
TOANTE |
Come! | |||
IFIGENIA |
(Si perde.) | |||
TOMIRI |
(Che dirà?) | |||
TOANTE |
Non vuoi della Scizia fra noi seguire il costume? | |||
MERODATE |
No. | |||
TOANTE |
Ma perché? | |||
MERODATE |
Perché d'ogni tuo nume è la fé de' miei pari più sacra, e più sicura. Se diversa è la tua, levati, e giura. | |||
TOANTE |
E ben: la varia legge dal grand'atto ti assolva. (a Tomiri) Più nessun gliel' contrasta; partir teco potrà. | |||
MERODATE |
(a Tomiri) Ferma. Non basta che tu meco ne venga. (a Toante) Il suo reame assicurar mi devi. | |||
TOANTE |
Io te 'l prometto. | |||
MERODATE |
Invoca il nume. E bevi. | |||
TOMIRI |
(Si smarrisce l'infido.) | |||
MERODATE |
Bevi. Così pretendo ch'ognun segua il suo stile. | |||
TOANTE |
Intendo, intendo. Deludermi vorresti; ma ti lusinghi invan. Col tuo rifiuto libera già rendesti la mia fiamma amorosa. (fa porger la tazza a Tomiri) Tomiri, ecco la tazza; e sei mia sposa. | |||
TOMIRI |
(Scellerato!) | |||
IFIGENIA |
(Fellon!) | |||
TOMIRI |
(imitando ironicamente la stessa affettazione di Toante) Lo sanno i numi se m'incresce vedermi ad altri in braccio, ma di rado o non mai per man d'amore d'un reale imeneo si forma il laccio. | |||
TOANTE |
Questo è dunque l'affetto? | |||
TOMIRI |
(imitando ironicamente la stessa affettazione di Toante) In me prevale all'affetto il dover. Poc'anzi udisti che al sarmate regnante dai satrapi si vuole ch'io la mia destra accordi. Son già in questo parer fermi, e concordi. | |||
TOANTE |
Ma l'arbitro io qui sono. | |||
TOMIRI |
E un tal arbitro miri come riceve i doni suoi Tomiri. (getta con disprezzo la tazza ai piedi di Toante; e levandosi, seco si levan tutti) | |||
TOANTE |
(verso Ifigenia) Tanto ardire! Né il vieta, né parla ancor chi della Scizia i riti qui siede a custodir? | |||
IFIGENIA |
Se tu lo brami, io parlerò; ma poi non ti lagnar... | |||
TOANTE |
T'accheta; ch'ugualmente m'irriti col tacer, col parlare. Ai dèi lo giuro: a rispettarmi, audaci, v'apprenderò. (a Ifigenia) La vittima tu vanne come imposi, a svenar. (a Tomiri, accennandole di partir con Merodate) Seco tu parti. (a Merodate) E se sposa non vuoi, ne' regni tuoi Tomiri venga, nulla m'aggrava, barbaro discortese, esule, e schiava. | |||
MERODATE |
Tu m'insulti? (volgendosi sprezzante altrove) Va'; che sei vile oggetto agli occhi miei sol di riso, e di pietà. | |||
IFIGENIA |
Tu minacci? | |||
TOMIRI |
Tu mi scacci? | |||
IFIGENIA |
No, rammenta... | |||
TOMIRI |
Sì, paventa... | |||
IFIGENIA E TOMIRI |
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TOANTE |
(prima verso Merodate; indi alle donne) Quel mi sprezza? Tu m'offendi? Tu m'oltraggi, e mi riprendi? Niun mi teme? | |||
MERODATE |
(prima alle donne, indi volgendosi altrove sprezzante) Io non ti curo. | |||
IFIGENIA |
Sei crudele. | |||
TOMIRI |
Sei spergiuro. | |||
TOANTE |
(prima a Merodate; indi alle donne) Stolto. Audaci. | |||
TOMIRI |
Anima imbelle. | |||
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(partono le due donne insieme, insultando il tiranno: indi Merodate lo lascia con disprezzo. Infine Toante rimasto solo, parte minacciando) | Ifigenia, Tomiri, Merodate, satrapi, paggi, mori, custodi reali, guardie -> Toante -> | |||
Scena sesta |
Cupo, ed orridissimo fondo di torre, chiuso da una cataratta, che aprendosi, serve di scala per discendervi. A destra, ed a sinistra cancelli praticabili, che introducono a diverse prigioni. |
(nessuno) <- Pilade, Oreste | ||
ORESTE |
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PILADE |
Anzi di tua salvezza nunzio ne vengo. | |||
ORESTE |
E chi t'invia? | |||
PILADE |
Del tempio la pietosa ministra. A te non volle sola tornar, temendo un'altra volta i tuoi deliri provocar. Concessa d'un sol di noi la vita a lei fu dal tiranno. A me rimessa è la scelta fatale, io salvarti ho deciso. E sol bramai, perché possa contento i miei giorni finire, abbracciarti di nuovo, e poi morire. | |||
Scena settima |
Ifigenia, e detti. |
<- Ifigenia | ||
IFIGENIA |
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PILADE |
Sì. Di più non bramo. | |||
IFIGENIA |
Oh quanto il vostro caso, infelici, io deploro! | |||
PILADE |
Salvami il caro amico; e lieto io moro. | |||
ORESTE |
No 'l soffrirò. | |||
PILADE |
Tu déi tornar libero in Argo. | |||
IFIGENIA |
In Argo? | |||
PILADE |
Quivi egli già nacque. | |||
IFIGENIA |
E chi di voi sa dirmi dell'invitto Agamennone la sorte? | |||
PILADE |
Saperla a te che giova? | |||
ORESTE |
Quel nome, oh dio! Le smanie mie rinnova! | |||
IFIGENIA |
Dimmi... | |||
ORESTE |
Deh taci per pietà. | |||
IFIGENIA |
(a Pilade impaziente, e timorosa) Che avvenne? Per lui parla. (Il core mi presagisce, ahimè qualche sventura.) | |||
PILADE |
Dunque ignori i suoi casi? | |||
IFIGENIA |
Arsa, e distrutta Troia superba, vincitor ritorno so ch'egli fece alle contrade argive. | |||
PILADE |
Ma non sapesti poi che or più non vive. | |||
IFIGENIA |
(Ahi fiero annunzio!) | |||
ORESTE |
(Oh rimembranza amara!) | |||
IFIGENIA |
Ma la cagion qual fu, che il trasse a morte? | |||
PILADE |
L'empio furor della sua rea consorte. | |||
IFIGENIA |
(sorpresa, e spaventata) Di Clitennestra! | |||
PILADE |
Sì: pensò, previde che al tradito suo sposo invan celato l'oltraggio avria d'un suo furtivo amore: però l'infida a lui trafisse il core. | |||
IFIGENIA |
(impaziente) E Oreste, il figlio?... | |||
ORESTE |
(agitato) Ah l'infelice in vita hanno a strazio maggior serbato i numi: scherno d'astri inclementi: obbrobrio de' viventi: gioco dell'onde: fuggitivo, errante: (crescendo sempre d'agitazione) esule, disperato scorre di lido, in lido: ed è il suo fato, ed è la sorte sua barbara tanto, che a scemar la sua pena poiché morir gli giova, d'una in un'altra arena va una morte cercando, e non la trova. | |||
IFIGENIA |
Ed han sofferto i dèi?... | |||
PILADE |
No... vendicato Agamennone è già. Già più non vive l'infelice Clitennestra. | |||
IFIGENIA |
Stelle! E qual destra audace?... | |||
ORESTE |
(smanioso) Non domandar di più. Lasciami in pace. | |||
IFIGENIA |
(a Pilade) Segui. Narrami il fine della storia funesta. | |||
ORESTE |
(disperato) La man, che lei punì, mira, fu questa. | |||
IFIGENIA |
Ah scellerato! (furiosa) Al mondo da qual fiera nascesti? | |||
ORESTE |
Oblio profondo lascia ch'eternamente sparga l'infausto nome di mia stirpe crudel. | |||
IFIGENIA |
Come potesti... barbaro?... | |||
ORESTE |
Ah che purtroppo ho del mio fallo, ho di me stesso orrore! | |||
IFIGENIA |
Perfido, traditore, e a incenerirti fulmini il ciel non ebbe? Ed io prima non seppi l'anima rea vedere in volto espressa? | |||
PILADE |
(Che improvviso furore!) | |||
IFIGENIA |
(crescendo il furore) Empio, s'appressa già la tua pena. (minacciando furibonda) Le mie furie, indegno, paventa, e trema. Liberar la terra da un tal mostro io saprò. | |||
ORESTE |
(con impeto di disperazione) Venga la morte: venga, la bramo anch'io. Può lei sola finir l'affanno mio. | |||
PILADE |
||||
ORESTE |
(tenero) No: morire a me conviene. Togli a lui le sue ritorte. | |||
PILADE |
Anderò contento a morte, se per lui spirar potrò. | |||
ORESTE |
Me condanna. Il sangue mio solo oh dio! ~ bastar ti può. (con insistenza supplichevole a Ifigenia, che ora non gli ascolta, ora li rigetta) Non m'ascolti? | |||
PILADE |
Ancor non cedi? | |||
ORESTE |
Vil mi chiedi? | |||
PILADE |
Udir non vuoi? | |||
ORESTE |
Guarda... | |||
PILADE |
Vedi... | |||
ORESTE E PILADE |
A' piedi ~ tuoi... (s'inginocchiano) | |||
IFIGENIA |
Ah resistere non so! | |||
(commossa si distacca da loro per nascondere il suo tenero turbamento. Oreste e Pilade levandosi in piedi, replicano a vicenda le insistenti loro preghiere) | ||||
ORESTE |
(vedendo che ancora una seconda volta Ifigenia s'è allontanata per non ascoltar le sue preghiere) (Non m'ascolta?) | |||
PILADE |
(guardando Ifigenia, come l'altro) (Ancor non cede!) | |||
ORESTE |
Non mi guarda? | |||
PILADE |
Ancor resiste! | |||
ORESTE E PILADE |
(ciascheduno da sé con molta smania, mentre Ifigenia s'arresta in distanza ad osservarli compassionevolmente) Venga, venga, o ciel, la morte col morir l'affanno mio solo, oh dio! ~ finir si può. (tornano alle loro prigioni) | Oreste, Pilade -> | ||
Scena ottava |
Ifigenia sola. |
|||
|
(con accompagnamento d'istrumenti sino al fine del suo soliloquio) Chi resister potria? Sento a quei detti un palpito, un tremore, ch'io stessa non comprendo. Eterni dèi questo che mai sarà? Sarebbe forse pietà la mia? Pietà! Di chi? D'un empio, che del barbaro tuo funesto scempio, Clitennestra infelice, autor si vanta?... Ah non fia ver. Perdona, amata genitrice: vendicata sarai. Già sento in petto l'ira destarsi ad infiammarmi il core. Da questa man trafitto il traditore dovrà cadermi al piè. Madre, raffrena, sol per pochi momenti, i rimproveri tuoi, le tue querele. Lascia, ahi vita crudele! (si figura presente l'ombra di Clitennestra) Lascia di presentarti agli occhi miei dolente, sbigottita, pallida, scolorita, lacera, insanguinata! Taci: non dirmi ingrata, ombra diletta. Sarai, sarai placata. Avrai vendetta. | |||
Ifigenia -> | ||||
Cabinetto.
Della nobil tua fiamma i nuovi ardori
Che medito? Che fo? Deboli affetti
Magnifica sala regia splendidamente adorna d'illuminazione trasparente; ara nel mezzo col simulacro della Concordia.
Troppo ingiusta fui teco, i dubbi miei
Quanto mi costa, oh dio! D'un dolce amore
Cupo, ed orridissimo fondo di torre, chiuso da una cataratta, che aprendosi, serve di scala per discendervi; a destra, ed a sinistra cancelli praticabili, che introducono a diverse prigioni.
Chi resister potria? Sento a duei detti