Atto secondo

 

Scena prima

Stanze.
Tavolino con manto, scettro, e corona.
Corrado, e Costanza.

 Q 

Corrado, Costanza

 

CORRADO

Son le regie tue stanze  

queste che miri.

COSTANZA

In breve spazio accolto

qui di più regni è 'l prezzo.

CORRADO

E 'l dì risplende

qui di luce miglior fra l'ostro e l'oro.

COSTANZA

(Ma fra tanti non veggio il mio tesoro.)

CORRADO

Qui pur soggiorno un tempo

facea Griselda.

COSTANZA

Quella

de' cui casi sovente

già ti udii favellar, ninfa e regina.

CORRADO

Colà vedine il manto,

la corona e lo scettro.

 

COSTANZA

Ed or fra' boschi  

CORRADO

sconsolata e raminga

COSTANZA

veste in ufficio vil ruvide lane;

CORRADO

e del cuor di Gualtiero,

COSTANZA

cui per beltà, e per fede

così cara ella fu,

CORRADO

ti lascia erede.

 

COSTANZA

Misera.  

CORRADO

È la pietade

figlia di nobil'alma.

COSTANZA

E 'l re, che tanto

l'amò, com'esser puote

seco sì crudo, ed empio?

CORRADO

Reo n'è 'l destin.

COSTANZA

Corrado,

piangendo i mali suoi, temo il suo esempio.

CORRADO

Vano timore. Ella in villano albergo

nacque vil ninfa.

COSTANZA

Anch'io

ho i genitori ignoti.

CORRADO

Io te ne accerto.

Di re sei figlia; e fede

fa l'indole real de' tuoi natali.

COSTANZA

È mia sventura il non saperli ancora.

CORRADO

E tua sorte è 'l veder, che 'l re t'adora.

Ma tu come amorosa

a Gualtier corrispondi?

COSTANZA

Con quell'amor, che si conviene a sposa.

CORRADO

E quel di amante a cui riserbi? È questo

il più tenero affetto.

La sposa ama chi deve.

L'amante ama chi elegge.

Genio in questa è l'amore, in quella è legge.

COSTANZA

Ahimè!

CORRADO

Non arrossirti.

Più che Gualtiero, ami Roberto.

COSTANZA

Oh dio!

L'amai pria col tuo core, e poi col mio.

CORRADO

Ed ora?

COSTANZA

Ho per lo sposo

tema e rispetto. Il suo diadema inchino;

la sua grandezza onoro;

stimo il suo grado, e sol Roberto adoro.

CORRADO

Ei vien.

COSTANZA

Come è pensoso!

Lo sfuggirò.

CORRADO

Ferma ad udirlo il passo.

COSTANZA

Son moglie.

CORRADO

Ancor di sposa

non giurasti la fede.

COSTANZA

Ah! che onor me 'l divieta.

CORRADO

E amor te 'l chiede.

 

Non lasciar  

d'amar

chi t'ama,

sinché hai l'alma in libertà.

Quando avrai la fé di sposa,

schiva a l'ora e disdegnosa

l'onor servi, e non l'amore,

il dover, non la beltà.

Corrado ->

 

Scena seconda

Costanza, e poi Roberto.

 

COSTANZA

Pria che d'amar ti lasci,  

la vita lascerò, dolce mio bene;

ma qui giovi a le mie

il finger crudeltà per le sue pene.

 

<- Roberto

ROBERTO

Mia Costanza... Tu nieghi  

al tuo fedel Roberto anche d'un guardo

il misero diletto?

COSTANZA

Sdegna amore il mio grado, e vuol rispetto.

ROBERTO

Infelice amor mio!

 

COSTANZA

D'un ciglio, d'un guardo  

a' rai più non ardo.

Già spenta è la face

d'amore per me.

Più luce di scettro

mi piace,

mi accende,

che in mano risplende

di sposo, e di re.

 

ROBERTO

Cor mio, non v'è più spene.  

COSTANZA

Udisti?

ROBERTO

Udii, regina.

COSTANZA

Or che chiedi?

ROBERTO

Inchinarti.

COSTANZA

Altro?

ROBERTO

Non più.

COSTANZA

Rispetta il grado, e parti.

ROBERTO

Ubbidisco...

(mostra di partire, e poi si ferma)

E sì tosto

obliasti l'amor?

COSTANZA

Regina e moglie,

in amore, o Roberto,

più non devo ascoltar, che il re mio sposo.

ROBERTO

(Mie tradite speranze.)

COSTANZA

(Fosse almeno Gualtier così vezzoso.)

 

Scena terza

Ismeno, e detti.

<- Ismeno

 

ISMENO

Per mia bocca, o regina,  

a nobil caccia il tuo signor t'invita.

COSTANZA

Dilli, che umil quest'alma

l'onor sovrano accetta.

ISMENO

Ei nel bosco real te in breve aspetta.

(parte)

Ismeno ->

 

COSTANZA

Addio, né più dolerti.  

ROBERTO

Ch'io ti perda, e non pianga?

COSTANZA

Ma non son io regina?

ROBERTO

È vero.

COSTANZA

Il cielo

non mi fe' di Gualtier?

ROBERTO

Così mia fossi.

COSTANZA

Non mi strinse ad altrui?

ROBERTO

Barbari nodi.

COSTANZA

Non mi vedi sul trono?

ROBERTO

Come ne l'alma mia.

COSTANZA

Giubila, e godi.

 

Godi, bell'alma, godi,  

né sospirar per me.

Correggi il tuo cordoglio.

Già son regina in soglio,

e sposa son di re.

Costanza ->

 

Scena quarta

Roberto.

 

 

E nel cuor di Costanza  

così l'antica fiamma, il forte laccio

languì? s'infranse? Al fasto

cede l'amor? Spergiura...

ma di che la rampogno?

Di che mi dolgo? Ella è regina e sposa.

Non si pianga il suo grado;

non si tenti il suo onor. Volerla amante

non è ragion, ma senso;

è furor, non consiglio.

Mi perdona, o mia cara; e a te, mio core,

ne l'amor di Costanza

sia conforto e mercede

la gloria de l'amar senza speranza.

 

Se amerò senza sperar,  

saprò amar,

ma con più fede.

Scema il merto a la costanza

il piacer de la speranza,

e 'l desio de la mercede.

Roberto ->

 
 

Scena quinta

Campagna con fiume, e collina con capanna.
Griselda.

 Q 

Griselda

 

Care selve, a voi ritorno    

sventurata pastorella.

È pur quello il patrio monte;

questa è pur l'amica fonte,

e sol io non son più quella.

S

Sfondo schermo () ()

 

 

Se la dolce memoria  

del perduto mio bene

bastasse a consolar l'alma dolente;

qui spererei conforto, ove col nome

del mio Gualtiero impressi

mi ricordan diletti i tronchi istessi.

Ma che? nel rivedervi, o patrie selve,

ove nacque il mio foco,

cresce l'affanno; e qui spietato, e rio

mi condanna il destino

a pascer di memorie il dolor mio.

Andiam, Griselda, andiamo,

ove il rustico letto in nude paglie

stanca m'invita a riposar per poco.

E là scordando al fine,

Gualtier non già, ma la real grandezza,

al silenzio, e a la pace il duolo avvezza.

(s'incammina verso la capanna)

 

Scena sesta

Ismeno con Everardo, e Griselda.

<- Ismeno, Everardo

 

ISMENO

O Griselda, Griselda.  

GRISELDA

Qual voce?

(si ferma)

Ismen.

ISMENO

Ti arresta.

Mira qual don ti reco.

GRISELDA

Oh figlio! oh dono!

(veduto Everardo li corre incontro)

ISMENO

Di crudo impero esecutor qui sono.

GRISELDA

Ahimè!

ISMENO

Dove più folti

sparge il bosco gli orrori,

mi s'impone che in cibo

lasci esposto a le fiere il tuo Everardo.

GRISELDA

Everardo?

ISMENO

E che adempia

senza indugio il comando.

GRISELDA

E cor sì duro

racchiudi in sen?

ISMENO

La colpa

di tale ufficio al cenno altrui si ascriva.

GRISELDA

Infelice! e non moro?

(piagne)

Ah vuol l'empio destin, ch'io 'l sappia, e viva.

 

Scena settima

Otone con ferro, e detti.

<- Otone

 

OTONE

Né tutta ancor sai la tua sorte, o donna.  

GRISELDA

Non attendo da Otone altro che mali.

Che arrechi?

OTONE

In questo ferro

di Everardo la morte.

GRISELDA

(Alma mia, se resisti,

se' stupida al dolore, e non se' forte.)

OTONE

Ismen.

ISMENO

Signor.

OTONE

Poiché col ferro aperta

per più strade a quell'alma avrò l'uscita,

tu 'l cadavere informe,

in più parti diviso,

tenero, e poco cibo,

gitta a le belve, ove più 'l bosco annotta.

ISMENO

Troppo rigor.

OTONE

La vita

perderai, se 'l contrasti.

GRISELDA

Pargoletto innocente, in che peccasti?

OTONE

Or ti avvicina.

(Griselda risospinto Ismeno si rivolge ad Otone piangendo)

GRISELDA

Ah Otone!

OTONE

Donna, che chiedi?

GRISELDA

È madre

quella che pietà chiede, e umil te n' priega.

OTONE

A chi usò crudeltà, pietà si niega.

 

GRISELDA

Fui crudel per onestà;  

e pietà

vo' per mercé.

OTONE

Pietà voglio anch'io da te.

 

GRISELDA

Qual pietà mi si chiede?  

OTONE

Quella che merta al fine amore, e fede.

GRISELDA

Indegno.

OTONE

E che? ti chiedo

premio che sia delitto?

Col ripudio real libera torni

dal marital tuo nodo.

Io te n' presento un altro,

non men casto, e più fermo.

Anche in rustico ammanto, anche fra' boschi

ripudiata, sprezzata

ti bramo in moglie, e se non porto in fronte

l'aureo diadema, io conto

più re per avi, e su più terre anch'io

ho titolo, ho comando.

GRISELDA

Otone, addio.

(in atto di partirsi)

(Otone afferra Everardo)

OTONE

E 'l tuo figlio?  

GRISELDA

Ah! che ancora il dolce nome,

mi richiama pietosa.

OTONE

Gualtier vuol che si uccida.

GRISELDA

Barbaro padre.

OTONE

E la crudel sentenza

Griselda anche conferma.

GRISELDA

Io?

OTONE

Sì, col tuo rifiuto.

GRISELDA

Né v'è pietà?

OTONE

Solo a tal prezzo.

GRISELDA

Il pianto?

OTONE

Lo berranno le arene.

GRISELDA

I prieghi?

OTONE

Andranno al vento.

GRISELDA

Il mio sangue?

OTONE

Quel voglio,

che scorre ne le vene al tuo Everardo.

GRISELDA

Gualtier?

OTONE

Questa è sua legge.

GRISELDA

Oton?

OTONE

Ne sia 'l ministro.

GRISELDA

E col darti la fede...

OTONE

Puoi salvar madre il figlio,

sposa placar l'amante,

e la man disarmar del ferro ignudo.

(Griselda pensa, e poi risoluta risponde, e parte)

GRISELDA

Ubbidisci al tuo re. Svenalo, o crudo.

Griselda ->

 

Scena ottava

Otone con Everardo, ed Ismeno.

 

ISMENO

Fermati, Oton; ma so, che fingi.  

OTONE

Ismeno;

non giovano lusinghe,

non minacce, non frodi.

ISMENO

A dura impresa

ti veggo accinto.

OTONE

Ingrata donna, al fine

giovi teco la forza, e mia ti renda.

La rapirò.

ISMENO

Né temi

l'ira del re?

OTONE

S'egli l'aborre, e sprezza,

lo servo, e non l'offendo. Io mentre a l'opra

raccolgo i miei, tu col real bambino

riedi a la reggia, e taci.

ISMENO

Certo se' di mia fé.

(Ma volo in corte ad avvisarne il re.)

(parte)

Ismeno, Everardo ->

 

OTONE

La bella nemica,  

che il cor m'involò,

amor, rapirò.

Tale ancora da l'ospite lido

beltà men pudica

frigio amante rapir già tentò.

Otone ->

 
 

Scena nona

Capanna con letto.
Griselda.

 Q 

Griselda

 

 

È deliquio di core,  

o stanchezza di pianto,

quella, ch'ora vi opprime, o mie pupille?

Sonno non è; che quando è 'l cor doglioso,

non è vostro costume aver riposo.

(si asside sul letto)

 

Sonno, se pur se' sonno, e non orrore,    

spargi d'onda funesta il ciglio mio.

L'ombra tua mi è conforme; e so, che al core

forier vieni di mali, e non oblio.

(si addormenta)

S

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Scena decima

Costanza, Roberto, Griselda, che dorme.

<- Costanza, Roberto

 

COSTANZA

Sinché 'l re dietro a l'orme,  

de la timida lepre,

o del fiero cignal, scorre le selve,

io qui stanca lo attendo, ov'ei m'impose.

ROBERTO

E col breve soggiorno illustri al pari

d'ogni reggia superba

la pastoral capanna.

COSTANZA

Ove più suona

di latrati, e di gridi il monte, e 'l piano,

cacciator tu ritorna al re mio sposo.

ROBERTO

A che degg'io lasciarti?

COSTANZA

Puoi col tuo amore ingelosirlo. Parti.

 

ROBERTO

Lascia, s'io parto, almeno,  

che teco resti il cor.

Dacché lo chiudi in seno,

ei più non cura il mio,

donde lo trasse Amor.

Roberto ->

 

Scena undicesima

Costanza, e Griselda, che dorme.

 

COSTANZA

Sola, se ben tu parti,  

non rimango, o Roberto anco entro a questa

vil capanna... che miro?

(vede Griselda, che dorme)

Donna su letto assisa; e dorme, e piange.

(se le accosta)

Come in rustico ammanto

volto ha gentil! Sento in mirarla un forte

movimento de l'alma. Entro a le vene

s'agita il sangue: il cor mi balza in petto.

GRISELDA

(dormendo)

Vieni.

COSTANZA

M'apre le braccia, e al dolce amplesso

il suo sonno m'invita,

il mio cor mi consiglia.

Non resisto più no.

(corre ad abbracciarla)

GRISELDA

(dormendo l'abbraccia)

Diletta figlia.

(si risveglia)

Ahimè!

COSTANZA

Non temer, ninfa.

(Il più bel del suo volto aprì negli occhi.)

GRISELDA

(Siete ben desti, o lumi?

O tu, pensier, m'inganni?)

COSTANZA

(Come attenta mi osserva?)

GRISELDA

(A l'aria, al volto

la raffiguro: è dessa.

Troppo nel cor restò l'immago impressa.)

COSTANZA

Cessa di più stupirti.

GRISELDA

E qual destino

ti trasse al rozzo albergo,

donna real, che tal ti credo?

COSTANZA

Io stanca

dal seguir cacciatrice il re mio sposo,

a riposar qui venni.

GRISELDA

Stanza è questa di duol, non di riposo.

COSTANZA

Prenderà ogn'or pietosa

le tue sciagure a consolar Costanza.

GRISELDA

Tal è 'l tuo nome?

COSTANZA

Appunto.

GRISELDA

Costanza avea pur nome

un'uccisa mia figlia.

COSTANZA

Povera madre.

GRISELDA

È colpa

del cor, se troppo chiedo. Ove nascesti?

COSTANZA

Dove vissi, lo so; non dove nacqui.

GRISELDA

Il patrio suol?

COSTANZA

M'è ignoto.

GRISELDA

I genitori?

COSTANZA

Me li nasconde il cielo.

GRISELDA

E nulla hai certo

de l'esser tuo?

COSTANZA

Sol che di re son figlia.

GRISELDA

Chi ti allevò?

COSTANZA

Corrado,

che ne la Puglia ha scettro.

GRISELDA

E 'l tuo sposo?

COSTANZA

È Gualtieri,

che a la Sicilia impera.

GRISELDA

Ben ne se' degna. (Ingannator mio sogno:

penso in tenero laccio

stringer la figlia, e la rivale abbraccio.)

COSTANZA

Qual sogno?

GRISELDA

A me poc'anzi

parea stringer dormendo

l'uccisa figlia, e ne piangea di gioia.

 

COSTANZA

O tu fossi la madre!

GRISELDA

O tu la figlia fossi!

COSTANZA

Ch'io sospiro.

GRISELDA

Ch'io sogno.

COSTANZA

Ma s'io di re son figlia...

GRISELDA

Ma se la uccise empio rigor di stella...

COSTANZA

Lo so, ninfa gentil...

GRISELDA

Lo so, sposa real...

COSTANZA E GRISELDA

Tu non se' quella.

 
Insieme

COSTANZA

Non se' quella, e pure il core  

va dicendo: quella sei.

Sul tuo volto io lieta miro

quella madre, che sospiro.

GRISELDA

Non se' quella, e pure il core

va dicendo: quella sei.

Sul tuo volto io lieta miro

quella figlia, che perdei.

 

Scena dodicesima

Gualtiero, e le suddette.

<- Gualtiero

 

GUALTIERO

De' tuoi be' sguardi è troppo indegno, o cara,  

questo rustico tetto.

COSTANZA

Illustre, e degno

la sua gentile abitatrice il rende.

GUALTIERO

Anche qui vieni a tormentarmi, o donna?

COSTANZA

Mio re, non è mia colpa.

Questo è 'l povero mio soggiorno antico.

GUALTIERO

Più non dirmi tuo re, ma tuo nemico.

COSTANZA

Se i prieghi miei del tuo favor son degni.

GUALTIERO

E che non può Costanza

su questo cor?

COSTANZA

Concedi,

che più dal fianco mio costei non parta.

Ne la reggia, ne' boschi ovunque i' vada,

mi sia compagna, o serva.

GUALTIERO

A te serva costei? qual sia, ti è noto?

COSTANZA

Se miro a' panni, è vile;

nobil, se al volto.

GUALTIERO

È questa

quella un tempo mia moglie;

che amai per mia sciagura; alzata al trono,

perché ne fosse eterna macchia.

COSTANZA

(Oh dio?)

GUALTIERO

Quella che nota al mondo

reser la sua viltade, e l'amor mio.

COSTANZA

Griselda?

GUALTIERO

Ah! più non dirlo: anche al mio labbro

venne il nome aborrito, e pur lo tacque;

più ignobil moglie...

COSTANZA

(E più fedel.)

GUALTIERO

...non nacque.

COSTANZA

Sia vile; oscura sia; con forza ignota

in amor non inteso a lei mi stringe.

GUALTIERO

Difficil nodo.

COSTANZA

E in amistà più raro.

GUALTIERO

A maggior tolleranza il cor preparo.

 

Scena tredicesima

Corrado con Séguito, e detti.

<- Corrado, seguito

 

CORRADO

Avvisato dal servo,  

che Oton ver questa parte

volger dovea con gente armata il piede,

co' tuoi fidi vi accorsi.

GUALTIERO

Otone armato? ed a qual fine, o prence?

CORRADO

Per rapirne Griselda.

GUALTIERO

Rapirla?

CORRADO

E a l'opra or ora

si accinge.

GRISELDA

E quello ancora?

COSTANZA

Del temerario eccesso

si punisca l'indegno.

CORRADO

E mora Otone, il rapitore indegno.

GUALTIERO

Dia luogo ogn'un. Che perdo,

se rapita è Griselda? A suo talento

ne disponga la sorte, Oton la involi.

CORRADO

Tanto rigor?

GUALTIERO

Così mi giova.

COSTANZA

Ed io...

GUALTIERO

L'abbandona al suo fato.

COSTANZA
(a Griselda)

Troppo è crudele il tuo signore, e 'l mio.

(si ritira con gli altri nell'altra interna capanna)

Costanza, Corrado, seguito ->

 

GRISELDA

Ed è ver.  

GUALTIERO

Ti allontana.

GRISELDA

Non lasciar, che in tal sorte

ti tolga altri l'onor de la mia morte.

 

GUALTIERO

Vorresti col tuo pianto  

in me destar pietà;

ma nasce il mio piacer dal tuo dolore.

Il fato

spietato

con la sua crudeltà

serve al mio core.

Gualtiero ->

 

Scena quattordicesima

Griselda, poi Otone con Gente.

 

GRISELDA

Ecco Oton. Sola, inerme,  

che far posso?

(va a prendere il suo dardo da lei lasciato sul letto)

Il mio dardo

sia almen la mia difesa.

 

<- Otone, gente di Otone

OTONE

Qual difesa a te cerchi?  

GRISELDA

Empio, vien pure

a svenar dopo il figlio anche la madre.

OTONE

Suo uccisor mi temesti; ei m'ebbe padre.

GRISELDA

Vive il mio figlio?

OTONE

E seco

tu pur vivrai, Griselda;

e mia.

GRISELDA

Lo speri invano.

OTONE

Segui il mio piè.

GRISELDA

Più tosto

di' ch'io vada a la tomba.

OTONE

E che far pensi?

GRISELDA

Ciò che può far cor disperato, o forte:

darti, o ricever morte.

OTONE

Ora il vedremo.

GRISELDA

Ti scosta, o questo dardo

t'immergerò nel core.

OTONE

Bella, vi aperse altre ferite amore.

GRISELDA

Seguir saprà la destra

l'orme degli occhi.

OTONE

È vano

contender più.

GRISELDA

Lasciami in pace.

OTONE

Vieni,

e reo non mi voler di maggior fallo.

GRISELDA

Il minor mal, ch'io tema, è 'l tuo furore.

OTONE

Temi dunque il mio amore.

GRISELDA

Numi, soccorso, aita

(il re apre l'uscio, e si avanza)

OTONE

Su, miei fidi, eseguite: il re lo impone.

 

Scena quindicesima

Gualtiero con gente, poi Corrado, Costanza, e detti.

<- Gualtiero, gente di Gualtiero

 

GUALTIERO

Lo impone il re? Se' troppo fido, Otone.  

OTONE

(Il re? Barbara sorte.)

 

<- Corrado, Costanza

GUALTIERO

È da leal vassallo il far che l'opra  

al comando preceda.

Giusto non è, ch'io lasci

senza premio il tuo zelo.

GRISELDA

Scudo tu fosti a l'innocenza, o cielo.

GUALTIERO

Corrado, a la mia reggia Oton si scorti.

CORRADO

Mi avrà fedel custode.

GUALTIERO

In amico soggiorno,

Oton, si cinge inutilmente il brando.

Puoi deporlo in mia mano.

OTONE

(Eccolo a' piedi tuoi. Fato inumano!)

Corrado, Otone, gente di Otone, gente di Gualtiero ->

 

Scena sedicesima

Gualtiero, Griselda, e Costanza.

 

GRISELDA

Quai grazie posso?...  

GUALTIERO

A la pietà le rendi

non di me, di Costanza.

Non mio dono; o tuo merto:

è suo solo favor la tua salvezza.

(a Costanza)

Una vita infelice,

dacché ti è cara, anche Griselda apprezza.

COSTANZA

Compisci il don. Ritolta

a la selve Griselda

mi accompagni a la reggia.

GUALTIERO

E venga ancella,

ove visse regina, ove fu moglie.

COSTANZA

Verrà ministra, e serva.

GUALTIERO

Qual fu, si scordi.

GRISELDA

Il grado

scorderò. (Non l'amore.)

GUALTIERO

Colà tutte le leggi

d'un più vil ministero adempi, e serba;

e non dolente avvezza

a l'uffizio servil l'alma superba.

 

COSTANZA

Mi sarai sempre diletta;  

nel tuo volto ogn'or godrò,

avrai parte nel mio core.

Al consorte il primo amore;

a te l'altro serberò.

Costanza, Gualtiero ->

 

Scena diciassettesima

Griselda.

 

 

Serva mi vuol la sorte  

a la stessa rivale, e vuol, ch'io l'ami.

Gualtier mi è sì crudele, e pur l'adoro.

A vista de' miei mali, entro la reggia

la sofferenza sia

tutto il conforto a la miseria mia.

L'alma più non accusi

o Gualtiero, o Costanza. I pianti affreni;

i sospiri rattenga;

e pentita perfin di que', che ha sparsi,

senta l'aspro suo duol senza lagnarti.

 

Nel caro sposo almen  

io l'orme adorerò

de' primi baci.

E al mesto cor dirò:

benché d'un'altra in sen,

vedilo, e taci.

Griselda ->

 

Fine (Atto secondo)

Atto primo Atto secondo Atto terzo

Stanze; tavolino con manto, scettro, e corona.

Corrado, Costanza
 

Son le regie tue stanze

Costanza e Corrado
Ed or fra' boschi

Misera / È la pietade

Costanza
Corrado ->

Pria che d'amar ti lasci

Costanza
<- Roberto

Mia Costanza... Tu nieghi

Cor mio, non v'è più spene

Costanza, Roberto
<- Ismeno

Per mia bocca, o regina

Costanza, Roberto
Ismeno ->

Addio, né più dolerti

Roberto
Costanza ->

E nel cuor di Costanza

Roberto ->

Campagna con fiume, e collina con capanna.

Griselda
 

Se la dolce memoria

Griselda
<- Ismeno, Everardo

O Griselda, Griselda

Griselda, Ismeno, Everardo
<- Otone

Né tutta ancor sai la tua sorte, o donna

Griselda, Otone
Fui crudel per onestà

Qual pietà mi si chiede?

(Otone afferra Everardo)

E 'l tuo figlio?

Ismeno, Everardo, Otone
Griselda ->

Fermati, Oton; ma so, che fingi

Otone
Ismeno, Everardo ->
Otone ->

Capanna con letto.

Griselda
 

È deliquio di core

(Griselda si addormenta)

Griselda
<- Costanza, Roberto

Sinché 'l re dietro a l'orme

Griselda, Costanza
Roberto ->

Sola, se ben tu parti

(Griselda si risveglia)

Ahimè! / Non temer, ninfa

Griselda, Costanza
<- Gualtiero

De' tuoi be' sguardi è troppo indegno, o cara

Griselda, Costanza, Gualtiero
<- Corrado, seguito

Avvisato dal servo

Griselda, Gualtiero
Costanza, Corrado, seguito ->

Ed è ver / Ti allontana

Griselda
Gualtiero ->

Ecco Oton. Sola, inerme

Griselda
<- Otone, gente di Otone

Qual difesa a te cerchi?

Griselda, Otone, gente di Otone
<- Gualtiero, gente di Gualtiero

Lo impone il re? Se' troppo fido, Otone

Griselda, Otone, gente di Otone, Gualtiero, gente di Gualtiero
<- Corrado, Costanza

È da leal vassallo il far che l'opra

Griselda, Gualtiero, Costanza
Corrado, Otone, gente di Otone, gente di Gualtiero ->

Quai grazie posso?

Griselda
Costanza, Gualtiero ->

Serva mi vuol la sorte

Griselda ->
 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima Scena tredicesima Scena quattordicesima Scena quindicesima Scena sedicesima Scena diciassettesima
Atrio reale. Porto di città con vista di navi. Cortile. Stanze; tavolino con manto, scettro, e corona. Campagna con fiume, e collina con capanna. Capanna con letto. Loggia con trono. Deliziosa con fontane. Gran sala reale preparata per le nozze.
Atto primo Atto terzo

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