Atto primo

 

Scena prima

Veduta interiore dell'antico castello di Langres, o antica Lingona in cui credevasi morto Sabino. Da un lato recinto di folti, e solitari cipressi. Dall'altro muraglie, e torri diroccate, tutti avanzi d'incendio, e di ruine. Fra queste scorgesi un tempio dedicato a Mercurio, antica deità delle Gallie, sotto del quale è il sotterraneo di Sabino, a cui si passa per un sentiero incognito, e nascosto fra le ruine. Accanto al tempio vedesi il Mausoleo innalzato da Epponina al suo sposo Sabino.
Sabino, solo, indi Arminio.

 Q 

Sabino

 

SABINO

Dove m'inoltro! Che rimiro! È questa  

di Lingona la rocca!

Oh sventurati avanzi

del mio furor! Né pur qui un'orma impressa

veggo d'abitator. Né mali miei

ciascun m'abbandonò. L'amico istesso

qui cerco invano. Ah fra quest'ombre oscure

par che tema il mio cor nuove sventure.

 

Pensieri funesti  

ah no, non tornate,

per poco lasciate,

in pace il mio cor.

 

<- Arminio

ARMINIO

Oh dèi!... Sabin!... Dove t'inoltri?  

SABINO

Amico

alfin dopo tant'anni

dal sotterraneo albergo uscir pensai...

ARMINIO

Misero! E tu non sai,

che già cinti d'intorno

siam dai Romani? Ah tu ti perdi!

SABINO

Appunto

qua mi trasse lo sdegno. E fino a quando

la vendetta si tarda?

ARMINIO

In questa notte

gli assalirem. Le a me commesse squadre

son già sedotte. I fidi amici ascosi

stan nel bosco vicino.

SABINO

Il so...

ARMINIO

Per ora

ritornati a celar. Se alcun scoprisse,

che in vita ancor tu sei,

sarian perduti i tuoi disegni, e i miei.

SABINO

Vano timor! E chi potrebbe mai

più ravvisarmi? Ah dimmi, amico, dimmi.

La mia sposa che fa? Per qual cagione

ritarda oltre l'usato il suo ritorno?

ARMINIO

Ah forse ad Epponina

non parlerai più mai.

SABINO

Perché?

ARMINIO

Sul Tebro

prigioniera si vuole. Ordine a Tito

così giunse dal padre.

SABINO

Oh dèi! Che sento!

Va', corri al caro ben, dille che voli

al fianco mio, poi venga Tito allora:

vedrà il crudel, che son Sabino ancora.

ARMINIO

Anzi adesso alle tende

del suo prence se n' va. Da lui, che l'ama

spera ottener pietà.

SABINO

Come! E la sposa

ama forse costui?

ARMINIO

Sì sei tradito.

SABINO

Volo tosto a svenarla in braccio a Tito.

ARMINIO

Fermati.

SABINO

Ah no!

ARMINIO

Che fai? Di cento schiere

vuoi tu l'ira incontrar? Rammenta almeno

dove lasci i tuoi figli.

SABINO

Arminio, oh dio!

Che mi rammenti! Ohimè! Da quanti affetti

combattuto è il mio cor! D'amor di sdegno

ardo, e di gelosia. Va', i miei seguaci

affretta per pietà. Si muora alfine,

se così vuole il fato,

che più viver non posso in questo stato.

(parte)

Sabino ->

 

Scena seconda

Arminio, solo.

 

 

Infelice Sabin! Quanto gli costa  

l'ardir d'opporsi a Roma! Ei da due lustri

vive coi figli ascoso, ed or la sposa

Tito gl'involerà. Si vada, almeno

in traccia pria di lei,

indi ai fidi seguaci. Eh, non si tema!

Grande invero è il periglio,

ma qualche nume mi darà consiglio.

 

Già al mormorar del vento  

intorno a me si desta

il suon della tempesta

terror d'ogni nocchier.

Ma fra gli scogli, e l'onde

e in seno alla procella,

qualche pietosa stella

m'additerà il sentier.

(parte)

Arminio ->

 
 

Scena terza

Interno di magnifico padiglione, che occupa tutta la scena, accanto del quale scorgesi accampato l'esercito romano.
Annio, e Tito con foglio in mano.

 Q 

Annio, Tito

 

TITO

Annio, che sento mai! Ch'io stesso al Tebro  

fra barbare catene

conduca in vil trionfo il caro bene?

ANNIO

Questo appunto è il desio

del tuo gran genitor. (Quel foglio è mio.)

TITO

Oh comando spietato! E saran queste

le promesse ch'io feci al mio tesoro?

Così trattar dovrò colei che adoro?

ANNIO

Forse vorresti al padre

disubbidir?

TITO

Ah no! Questo è di tutti

il più sacro dover. Ma con qual fronte

così barbari cenni

annunzierò al mio ben!

ANNIO

Già la prevenni:

e so, che viene al campo

a chiederti pietà.

TITO

Si fugga almeno.

Né mi vegga mai più. Ma oh ciel! Che miro!

Ecco appunto il mio bene. Ove m'ascondo...

Già comincio a tremar... Già mi confondo.

 

Scena quarta

Epponina, Voadice, e detti.

<- Epponina, Voadice

 

EPPONINA

Prence, ed è ver, ch'io deggio  

strascinare il vil peso

di catena servil? Signor ti mova

l'ultima mia sventura. Ah se non posso

intenerirti questa volta il core

per moverti a pietà non v'è dolore.

TITO

Oh dio! Che dici mai! Credi, che sia

il tuo Tito crudele? Io non son quello,

che comanda così. Questo è d'un padre,

a cui deggio ubbidire il sacro impero.

ANNIO

(Del genitor lo crede, e non è vero.)

EPPONINA

E come! Hai tanto core,

di parlarmi così? Non ti rammenti

quante volte giurasti

di non abbandonarmi? Eccomi alfine

dei miei mali all'eccesso. E quando avrai

di me pietà, se me la neghi adesso?

VOADICE

Signore, e non ti senti

l'anima intenerir?

TITO

(Numi, consiglio!)

ANNIO

Non ti lasciar sedurre. Alfin sei figlio,

scordati quell'ingrata.

Pensa che sei romano.

VOADICE

(Alma spietata.)

TITO

Tacete per pietà. Se voi vedeste

come sta questo cor...

EPPONINA

Ah se i miei casi

ti destano nel seno

qualche tenero affetto,

stringi quel ferro, e mi trafiggi il petto.

TITO

Che dici? Che mi chiedi?

EPPONINA

Io sol ti chieggo

quel che posso sperar. E te 'l domando

(s'inginocchia)

supplice a' piedi tuoi,

guardami Tito.

TITO

(Oh dèi! Se più l'ascolto

cede la mia virtù.) Sorgi infelice.

Cessa di lagrimar. Parti. Al mio core

costa più che non credi il mio rigore.

EPPONINA

Ch'io parta? Oh dio crudel, dillo tu stesso,

se un'alma sventurata

trovasi al par di me! Di pena in pena

passo tutti i miei giorni, e niuno un segno

mostrò mai di pietade. Alfin mi trovo

nell'estrema sciagura, e in questa ancora

mi veggo abbandonata

dal mondo intero, e dalla sorte ingrata.

 

Tornerò se pur lo brami  

a pugnar con l'empia sorte;

né l'orror d'un'aspra morte

potrà farmi palpitar.

Non tener, che teco io resti,

tornerò costante ognor.

È mia gloria il tuo rigore

che mi chiama a trionfar.

(parte)

Epponina ->

 

Scena quinta

Voadice, Tito, e Annio.

 

VOADICE

Dunque quell'infelice  

abbandoni per sempre? E pur potesti

scordar l'amor, l'umanità, la fede?

TITO

Parla così chi al mio dolor non crede.

Voadice, io son l'istesso. Ah l'idol mio,

se puoi, consola almen: dille ch'io peno.

VOADICE

E come avrei costanza

di parlare di te? Saria l'istesso,

che vederla morire,

se rammentassi a lei

la barbara cagion del suo martire.

 

Se questa oh cor tiranno  

è la pietà che senti,

di' che ne' suoi tormenti

la vuoi veder morir.

(parte)

Voadice ->

 

Scena sesta

Tito, Annio. Indi Arminio.

 

TITO

Conosco alfin l'error. Troppo son io  

tiranno all'idol mio.

ANNIO

Forse ti vuoi

pentir di tua virtù?

 

<- Arminio

ARMINIO

Signor, d'affanno  

l'infelice Epponina

è già pressa a morir.

TITO

Arminio, io solo

l'ho ridotta a tal passo. Ah torna a lei:

dille ch'io son pentito

d'un barbaro rigor... Oh ciel, che dissi!

E Roma? E il genitore? Ove mi sia

io più non so. Le giuste sue querele...

l'amor... la patria... il padre...

Oh patria! Oh amore! Oh genitor crudele!

 

Qual fier contrasto io sento  

di sdegno, e insiem d'amore;

a sì crudel cimento

ah mi si spezza il cor.

Barbare smanie atroci

deh vi celate almeno

fra tanti affanni in seno,

ah mi si spezza il cor.

(parte)

Sfondo schermo () ()

Tito ->

 

Scena settima

Annio, ed Arminio.

 

ARMINIO

L'infelice Epponina,  

e di qual fallo è rea?

ANNIO

Si crede, amico,

che possa col suo pianto

ridur la Gallia a vendicar Sabino.

ARMINIO

Se questo è il suo delitto,

è degno di pietà.

ANNIO

Convien de' rei

l'insolenza frenar (Se Tito cede

non avrà l'amor mio premio o mercede.)

(parte)

Annio ->

 

ARMINIO

Con queste leggi intanto  

peggiora il mondo, e ognun si trova in pianto.

(parte)

Arminio ->

 
 

Scena ottava

Veduta interiore dell'antico castello di Langres, o Lingona.
Epponina, indi Sabino.

 Q 

Epponina

<- Sabino

 

EPPONINA

Ohimè! Qualora all'idol mio ritorno,  

mi fa orror quella tomba... Oh ciel! Che veggio!

Sabin? Come, la grotta

lasciasti già? Dunque tu sei?...

SABINO

Sì certo.

Ravvisami infedele, io son Sabino

qual desso io son, son del ritiro uscito,

e posso ancora a Tito

contrastare il tuo cor.

EPPONINA

Qual cor, ben mio!

Il mio core sei tu. Qual dubbio in mente

hai di mia fede, oh dolce mio conforto?

Parla, Sabin.

SABINO

Per te Sabino è morto.

EPPONINA

Perché?

SABINO

Me 'l chiedi ancora?

EPPONINA

Ah di qual fallo

mi vuoi punir?

SABINO

Fra poco

forse, ingrata il saprai!

(in atto di partire)

EPPONINA

Sentimi, dove vai?

SABINO

Lungi da te, donna infedele.

EPPONINA

E i figli?

SABINO

Non li vedrai mai più.

(in atto di partire)

EPPONINA

Ascolta. Oh dèi!

Sposo? Sabin?

 

Scena nona

Tito, e detti.

<- Tito

 

TITO

(incontrandosi con Sabino)  

Come? E Sabin tu sei?

SABINO

Io son... ma chi sei tu, che a me lo chiedi?

EPPONINA

(Misera me!) Signor, quello vedi

non è Sabin, sai ch'ei non vive. È questi

un amico di lui.

TITO

Ma pure intesi

fra' tuoi labbri il suo nome.

EPPONINA

E chi tacerlo

avria potuto allor? L'ultima volta,

che lo sposo partì con lui

quest'amico infelice;

or dello sposo i casi

rammentar mi facea.

Dai labbri intanto

mi uscì quel nome, e dalle ciglia il pianto.

SABINO

(Come finge l'infida!)

EPPONINA

(Almen potessi

placare il caro ben.)

TITO

Ma tu, guerriero,

sei di Gallia, o straniero?

SABINO

Io sono Orgonte:

e son noto alle Gallie. In riva al Reno

ebbi la cuna. Fin da' miei anni

l'armi a trattar mi trasse

fiero genio natio. Roma sprezzai,

Sabin seguì fino al conflitto estremo

dopo aver quasi spesa

la metà del mio sangue in sua difesa.

TITO

M'alletta il tuo valor. Ma di' qual era

il genio di Sabin, che ambì l'impero?

SABINO

Era quel d'un guerriero

degno di possederlo, o degno almeno

di contenderlo a te.

EPPONINA

Ma il mio Sabino

sì feroce non fu.

TITO

Qualunque ei fosse,

qualunque Orgonte sia, già in ambi io lessi

dall'ardir, che gli accese

segni d'anime nate a grandi imprese.

Vuoi tu l'astro seguir che t'incammina?

Vieni al campo latin.

SABINO

(Non si trascuri

l'opportuno momento.)

TITO

A te ricetto,

offro fra i miei guerrieri.

SABINO

Ed io l'accetto.

TITO

Dunque t'attendo. Al nuovo sol tu riedi.

SABINO

Verrò più presto a te di quel che credi.

Non dubitar, verrò. Dono più grato

offrir non mi potevi. Al grande invito

sento l'alma avvampar. Vedrai qual uso

farò di quest'acciar. Chi sa se mai

più funesto vedesti

d'un'altra spada balenare il lampo.

So quel che dico, e lo vedrai nel campo.

 

Là tu vedrai chi sono,  

no non ti parlo invano.

Fatale è questa mano:

forse chi men la teme

più me dovrà tremar.

Anime amanti oppresse

da un fiero ingiusto fato,

vi muovi un sventurato

già presso a delirar.

(parte)

Sabino ->

 

Scena decima

Tito, Epponina, indi Annio.

 

TITO

Fermati, o mio bel nume.  

EPPONINA

Che vuoi da me! Forse insultar di nuovo

al mio fiero dolor?

TITO

So, che mi credi

così crudel. Ma va'; salvati, fuggi

offron scampo al tuo merto.

 

<- Annio

ANNIO

Accorri, Tito, o il tuo periglio è certo.  

TITO

Ah mio fedel, che dici?

ANNIO

Incerta fama

si sparge intorno che Sabino viva.

EPPONINA

(Ohimè! Svelato è il gran segreto. E come

il consorte salvar?) E Tito il crede?

Ah volesser gli dèi...

TITO

A prevenir l'armata io m'incammino.

(parte)

Tito ->

 

EPPONINA

(Ed io me n' volo ad avvertir Sabino.)

(parte)

Epponina ->

 

ANNIO

Se ancor Sabino vive  

non giova più sperar; gli affetti miei

ebbero sempre avversi uomini, e dèi.

 

Un dolce contento  

credeva vicino:

il crudo destino

lontan lo portò.

Annio ->

 
 

Scena undicesima

Bosco.
Sabino, ed Epponina, che lo segue.

 Q 

<- Sabino, Epponina

 

SABINO

E ancor seguire ardisci,  

infedele, i miei passi?

EPPONINA

A me d'infida hai cor di dar la taccia?

SABINO

A te, che a Tito istesso

quel cor, che già fu mio,

senza rossor donasti.

EPPONINA

Alla tua sposa

così favelli? A lei,

che per due lustri interi

teco sepolta giacque, e di due figli

padre ti rese? A lei

che dal furor di Roma

cauta ti cela, di evitar ottiene

di Sabino alla sposa onte, e catene.

SABINO

Oh dio! Ma tu a quel Tito...

EPPONINA

A Tito, è vero

supplice mi piegai disse d'amarmi,

volea condurmi a Roma: amore istesso

s'interpose per me, ma qual amore?

Fu quell'amor pietoso

che mi rende a due figli, ed allo sposo.

SABINO

Ah cara sposa, errai, ma fu l'errore

vero figlio d'amor.

EPPONINA

D'error si taccia

e a celarsi pensiam. M'impose Tito

di salvarmi, e fuggir.

SABINO

Ma dove, o cara,

senza me senza figli?

EPPONINA

Ah per salvarti

si ceda al tempo, e poi

tornerò, non temer. Come potrei

viver senza di te?

SABINO

M'uccidi, oh dio!

EPPONINA

Addio, mio ben.

SABINO

Mia cara sposa...

EPPONINA E SABINO

Addio.

 

EPPONINA

Come partir poss'io  

se avvinto di catene

tu mi trattieni il cor!

SABINO

Fuggi, mia cara, addio;

ah troppo in tante pene

mi dà tormento amor.

EPPONINA

Ah figli...

SABINO

Ah sposa...

EPPONINA E SABINO

Oh dèi!

Di tanti affanni miei

dunque non v'è pietà!

Dolce mio cor vorrei

viverti ognora a lato.

Ma il vieta oh dio, del fato

la fiera crudeltà.

Se perdo il caro bene,

ristoro in tante pene

no che il mio cor non ha.

Epponina, Sabino ->

 

Fine (Atto primo)

Atto primo Atto secondo Atto terzo

Veduta interiore dell'antico castello di Langres, o antica Lingona; da un lato recinto di folti, e solitari cipressi; dall'altro muraglie, e torri diroccate, tutti avanzi d'incendio, e di ruine; fra queste scorgesi un tempio dedicato a Mercurio, antica deità delle Gallie, sotto del quale è il sotterraneo di Sabino, a cui si passa per un sentiero incognito, e nascosto fra le ruine; accanto al tempio vedesi il Mausoleo innalzato da Epponina al suo sposo Sabino.

Sabino
 

Dove m'inoltro! Che rimiro! È questa

Sabino
<- Arminio

Oh dèi!... Sabin!... Dove t'inoltri?

Arminio
Sabino ->

Infelice Sabin! Quanto gli costa

Arminio ->

Interno di magnifico padiglione, che occupa tutta la scena, accanto del quale scorgesi accampato l'esercito romano.

Annio, Tito
 

Annio, che sento mai! Ch'io stesso al Tebro

Annio, Tito
<- Epponina, Voadice

Prence, ed è ver, ch'io deggio

Annio, Tito, Voadice
Epponina ->

Dunque quell'infelice

Annio, Tito
Voadice ->

Conosco alfin l'error. Troppo son io

Annio, Tito
<- Arminio

Signor, d'affanno

Annio, Arminio
Tito ->

L'infelice Epponina

Arminio
Annio ->

Con queste leggi intanto

Arminio ->

Veduta interiore dell'antico castello di Langres, o Lingona.

Epponina
 
Epponina
<- Sabino

Ohimè! Qualora all'idol mio ritorno

Epponina, Sabino
<- Tito

Come? E Sabin tu sei?

Epponina, Tito
Sabino ->

Fermati, o mio bel nume

Epponina, Tito
<- Annio

Accorri, Tito, o il tuo periglio è certo

Epponina, Annio
Tito ->

Annio
Epponina ->

Se ancor Sabino vive

Annio ->

Bosco.

<- Sabino, Epponina

E ancor seguire ardisci

Epponina e Sabino
Come partir poss'io
Epponina, Sabino ->
 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima
Veduta interiore dell'antico castello di Langres, o antica Lingona; da un lato recinto di folti, e... Interno di magnifico padiglione, che occupa tutta la scena, accanto del quale scorgesi accampato... Veduta interiore dell'antico castello di Langres, o Lingona. Bosco. Fuga di camere. Parte solitaria d'un giardino. Veduta interiore del castello di Langres; notte. Volte sotterranee, sostenute da un colonnato mezzo devastato dal tempo, a cui si scende per una gran scala. Bosco. Padiglione. Stanza lugubre destinata al supplizio. Sala reale illuminata.
Atto secondo Atto terzo

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