www.librettidopera.it

Giulio Sabino

GIULIO SABINO

Dramma serio per musica.

Versione sintetica a cura di www.librettidopera.it.

Da qui accedi alla versione estesa del libretto.
Da qui accedi alla versione in PDF del libretto.

Codice QR per arrivare a questa pagina:
QR code

Libretto di Pietro GIOVANNINI.
Musica di Giuseppe SARTI.

Prima esecuzione: Carnevale 1781, Venezia.


Personaggi:

TITO figlio di Vespasiano imperatore, amante di Epponina

tenore

EPPONINA creduta vedova di Sabino

soprano

SABINO sposo di Epponina

soprano

VOADICE sorella di Sabino, ed amante di Arminio

soprano

ARMINIO governatore di Langres e confidente di Sabino

soprano

ANNIO prefetto delle armi romane, confidente di Tito, e amante occulto di Epponina

tenore


Due Figli di Sabino, che non parlano.



Argomento

Malcontente le legioni romane dell'imperatore Vitellio, acclamarono nell'Oriente Flavio Vespasiano; poco dopo nelle Gallie si pretese innalzare all'impero Giulio Sabino, che credevasi disceso da Giulio Cesare. Questo ultimo partito soggiogato, e distrutto dalle armi vincitrici di Vespasiano, condotte da Tito già aggregate all'impero. Giulio Sabino per salvarsi dalla vendetta del vincitore, incendiò il suo castello presso Lingona, ora Langres, volendo far credere essere lui pure in quell'incendio perito. Ragion voleva, ch'ei si ritirasse presso i Germani; ma trattenuto dall'amore di Epponina, sua sposa, si confinò in un sotterraneo giacente sotto l'incendiato castello, dove sepolto visse anni 9, incirca, e dove divenne padre di due bambini (uno dei quali attesta Plutarco di aver conosciuto). Scoperto nel suo ritiro non valse a lui la rigorosa prigionia, né la virtù di Epponina poté salvare l'uno e l'altro dalla morte, a cui per ragione di stato furono condannati dall'imperatore, che nel proferire la sentenza non poté trattenere le lagrime. Da tale fatto storico, e bastantemente notorio è preso l'argomento di questo dramma, condotto con quegli episodi verosimili, e quelle mutazioni di catastrofe, ch'esige la musica, ed il genio gentile degli spettatori.

Atto primo
Scena prima

Veduta interiore dell'antico castello di Langres, o antica Lingona in cui credevasi morto Sabino. Da un lato recinto di folti, e solitari cipressi. Dall'altro muraglie, e torri diroccate, tutti avanzi d'incendio, e di ruine. Fra queste scorgesi un tempio dedicato a Mercurio, antica deità delle Gallie, sotto del quale è il sotterraneo di Sabino, a cui si passa per un sentiero incognito, e nascosto fra le ruine. Accanto al tempio vedesi il Mausoleo innalzato da Epponina al suo sposo Sabino.
Sabino, solo, indi Arminio.

SABINO

Dove m'inoltro! Che rimiro! È questa

di Lingona la rocca!

Oh sventurati avanzi

del mio furor! Né pur qui un'orma impressa

veggo d'abitator. Né mali miei

ciascun m'abbandonò. L'amico istesso

qui cerco invano. Ah fra quest'ombre oscure

par che tema il mio cor nuove sventure.

Pensieri funesti

ah no, non tornate,

per poco lasciate,

in pace il mio cor.

ARMINIO

Oh dèi!... Sabin!... Dove t'inoltri?

SABINO

Amico

alfin dopo tant'anni

dal sotterraneo albergo uscir pensai...

ARMINIO

Misero! E tu non sai,

che già cinti d'intorno

siam dai Romani? Ah tu ti perdi!

SABINO

Appunto

qua mi trasse lo sdegno. E fino a quando

la vendetta si tarda?

ARMINIO

In questa notte

gli assalirem. Le a me commesse squadre

son già sedotte. I fidi amici ascosi

stan nel bosco vicino.

SABINO

Il so...

ARMINIO

Per ora

ritornati a celar. Se alcun scoprisse,

che in vita ancor tu sei,

sarian perduti i tuoi disegni, e i miei.

SABINO

Vano timor! E chi potrebbe mai

più ravvisarmi? Ah dimmi, amico, dimmi.

La mia sposa che fa? Per qual cagione

ritarda oltre l'usato il suo ritorno?

ARMINIO

Ah forse ad Epponina

non parlerai più mai.

SABINO

Perché?

ARMINIO

Sul Tebro

prigioniera si vuole. Ordine a Tito

così giunse dal padre.

SABINO

Oh dèi! Che sento!

Va', corri al caro ben, dille che voli

al fianco mio, poi venga Tito allora:

vedrà il crudel, che son Sabino ancora.

ARMINIO

Anzi adesso alle tende

del suo prence se n' va. Da lui, che l'ama

spera ottener pietà.

SABINO

Come! E la sposa

ama forse costui?

ARMINIO

Sì sei tradito.

SABINO

Volo tosto a svenarla in braccio a Tito.

ARMINIO

Fermati.

SABINO

Ah no!

ARMINIO

Che fai? Di cento schiere

vuoi tu l'ira incontrar? Rammenta almeno

dove lasci i tuoi figli.

SABINO

Arminio, oh dio!

Che mi rammenti! Ohimè! Da quanti affetti

combattuto è il mio cor! D'amor di sdegno

ardo, e di gelosia. Va', i miei seguaci

affretta per pietà. Si muora alfine,

se così vuole il fato,

che più viver non posso in questo stato.

(parte)

Scena seconda

Arminio, solo.

Infelice Sabin! Quanto gli costa

l'ardir d'opporsi a Roma! Ei da due lustri

vive coi figli ascoso, ed or la sposa

Tito gl'involerà. Si vada, almeno

in traccia pria di lei,

indi ai fidi seguaci. Eh, non si tema!

Grande invero è il periglio,

ma qualche nume mi darà consiglio.

Già al mormorar del vento

intorno a me si desta

il suon della tempesta

terror d'ogni nocchier.

Ma fra gli scogli, e l'onde

e in seno alla procella,

qualche pietosa stella

m'additerà il sentier.

(parte)

Scena terza

Interno di magnifico padiglione, che occupa tutta la scena, accanto del quale scorgesi accampato l'esercito romano.
Annio, e Tito con foglio in mano.

TITO

Annio, che sento mai! Ch'io stesso al Tebro

fra barbare catene

conduca in vil trionfo il caro bene?

ANNIO

Questo appunto è il desio

del tuo gran genitor. (Quel foglio è mio.)

TITO

Oh comando spietato! E saran queste

le promesse ch'io feci al mio tesoro?

Così trattar dovrò colei che adoro?

ANNIO

Forse vorresti al padre

disubbidir?

TITO

Ah no! Questo è di tutti

il più sacro dover. Ma con qual fronte

così barbari cenni

annunzierò al mio ben!

ANNIO

Già la prevenni:

e so, che viene al campo

a chiederti pietà.

TITO

Si fugga almeno.

Né mi vegga mai più. Ma oh ciel! Che miro!

Ecco appunto il mio bene. Ove m'ascondo...

Già comincio a tremar... Già mi confondo.

Scena quarta

Epponina, Voadice, e detti.

EPPONINA

Prence, ed è ver, ch'io deggio

strascinare il vil peso

di catena servil? Signor ti mova

l'ultima mia sventura. Ah se non posso

intenerirti questa volta il core

per moverti a pietà non v'è dolore.

TITO

Oh dio! Che dici mai! Credi, che sia

il tuo Tito crudele? Io non son quello,

che comanda così. Questo è d'un padre,

a cui deggio ubbidire il sacro impero.

ANNIO

(Del genitor lo crede, e non è vero.)

EPPONINA

E come! Hai tanto core,

di parlarmi così? Non ti rammenti

quante volte giurasti

di non abbandonarmi? Eccomi alfine

dei miei mali all'eccesso. E quando avrai

di me pietà, se me la neghi adesso?

VOADICE

Signore, e non ti senti

l'anima intenerir?

TITO

(Numi, consiglio!)

ANNIO

Non ti lasciar sedurre. Alfin sei figlio,

scordati quell'ingrata.

Pensa che sei romano.

VOADICE

(Alma spietata.)

TITO

Tacete per pietà. Se voi vedeste

come sta questo cor...

EPPONINA

Ah se i miei casi

ti destano nel seno

qualche tenero affetto,

stringi quel ferro, e mi trafiggi il petto.

TITO

Che dici? Che mi chiedi?

EPPONINA

Io sol ti chieggo

quel che posso sperar. E te 'l domando

(s'inginocchia)

supplice a' piedi tuoi,

guardami Tito.

TITO

(Oh dèi! Se più l'ascolto

cede la mia virtù.) Sorgi infelice.

Cessa di lagrimar. Parti. Al mio core

costa più che non credi il mio rigore.

EPPONINA

Ch'io parta? Oh dio crudel, dillo tu stesso,

se un'alma sventurata

trovasi al par di me! Di pena in pena

passo tutti i miei giorni, e niuno un segno

mostrò mai di pietade. Alfin mi trovo

nell'estrema sciagura, e in questa ancora

mi veggo abbandonata

dal mondo intero, e dalla sorte ingrata.

Tornerò se pur lo brami

a pugnar con l'empia sorte;

né l'orror d'un'aspra morte

potrà farmi palpitar.

Non tener, che teco io resti,

tornerò costante ognor.

È mia gloria il tuo rigore

che mi chiama a trionfar.

(parte)

Scena quinta

Voadice, Tito, e Annio.

VOADICE

Dunque quell'infelice

abbandoni per sempre? E pur potesti

scordar l'amor, l'umanità, la fede?

TITO

Parla così chi al mio dolor non crede.

Voadice, io son l'istesso. Ah l'idol mio,

se puoi, consola almen: dille ch'io peno.

VOADICE

E come avrei costanza

di parlare di te? Saria l'istesso,

che vederla morire,

se rammentassi a lei

la barbara cagion del suo martire.

Se questa oh cor tiranno

è la pietà che senti,

di' che ne' suoi tormenti

la vuoi veder morir.

(parte)

Scena sesta

Tito, Annio. Indi Arminio.

TITO

Conosco alfin l'error. Troppo son io

tiranno all'idol mio.

ANNIO

Forse ti vuoi

pentir di tua virtù?

ARMINIO

Signor, d'affanno

l'infelice Epponina

è già pressa a morir.

TITO

Arminio, io solo

l'ho ridotta a tal passo. Ah torna a lei:

dille ch'io son pentito

d'un barbaro rigor... Oh ciel, che dissi!

E Roma? E il genitore? Ove mi sia

io più non so. Le giuste sue querele...

l'amor... la patria... il padre...

Oh patria! Oh amore! Oh genitor crudele!

Qual fier contrasto io sento

di sdegno, e insiem d'amore;

a sì crudel cimento

ah mi si spezza il cor.

Barbare smanie atroci

deh vi celate almeno

fra tanti affanni in seno,

ah mi si spezza il cor.

(parte)

Scena settima

Annio, ed Arminio.

ARMINIO

L'infelice Epponina,

e di qual fallo è rea?

ANNIO

Si crede, amico,

che possa col suo pianto

ridur la Gallia a vendicar Sabino.

ARMINIO

Se questo è il suo delitto,

è degno di pietà.

ANNIO

Convien de' rei

l'insolenza frenar (Se Tito cede

non avrà l'amor mio premio o mercede.)

(parte)

ARMINIO

Con queste leggi intanto

peggiora il mondo, e ognun si trova in pianto.

(parte)

Scena ottava

Veduta interiore dell'antico castello di Langres, o Lingona.
Epponina, indi Sabino.

EPPONINA

Ohimè! Qualora all'idol mio ritorno,

mi fa orror quella tomba... Oh ciel! Che veggio!

Sabin? Come, la grotta

lasciasti già? Dunque tu sei?...

SABINO

Sì certo.

Ravvisami infedele, io son Sabino

qual desso io son, son del ritiro uscito,

e posso ancora a Tito

contrastare il tuo cor.

EPPONINA

Qual cor, ben mio!

Il mio core sei tu. Qual dubbio in mente

hai di mia fede, oh dolce mio conforto?

Parla, Sabin.

SABINO

Per te Sabino è morto.

EPPONINA

Perché?

SABINO

Me 'l chiedi ancora?

EPPONINA

Ah di qual fallo

mi vuoi punir?

SABINO

Fra poco

forse, ingrata il saprai!

(in atto di partire)

EPPONINA

Sentimi, dove vai?

SABINO

Lungi da te, donna infedele.

EPPONINA

E i figli?

SABINO

Non li vedrai mai più.

(in atto di partire)

EPPONINA

Ascolta. Oh dèi!

Sposo? Sabin?

Scena nona

Tito, e detti.

TITO

(incontrandosi con Sabino)

Come? E Sabin tu sei?

SABINO

Io son... ma chi sei tu, che a me lo chiedi?

EPPONINA

(Misera me!) Signor, quello vedi

non è Sabin, sai ch'ei non vive. È questi

un amico di lui.

TITO

Ma pure intesi

fra' tuoi labbri il suo nome.

EPPONINA

E chi tacerlo

avria potuto allor? L'ultima volta,

che lo sposo partì con lui

quest'amico infelice;

or dello sposo i casi

rammentar mi facea.

Dai labbri intanto

mi uscì quel nome, e dalle ciglia il pianto.

SABINO

(Come finge l'infida!)

EPPONINA

(Almen potessi

placare il caro ben.)

TITO

Ma tu, guerriero,

sei di Gallia, o straniero?

SABINO

Io sono Orgonte:

e son noto alle Gallie. In riva al Reno

ebbi la cuna. Fin da' miei anni

l'armi a trattar mi trasse

fiero genio natio. Roma sprezzai,

Sabin seguì fino al conflitto estremo

dopo aver quasi spesa

la metà del mio sangue in sua difesa.

TITO

M'alletta il tuo valor. Ma di' qual era

il genio di Sabin, che ambì l'impero?

SABINO

Era quel d'un guerriero

degno di possederlo, o degno almeno

di contenderlo a te.

EPPONINA

Ma il mio Sabino

sì feroce non fu.

TITO

Qualunque ei fosse,

qualunque Orgonte sia, già in ambi io lessi

dall'ardir, che gli accese

segni d'anime nate a grandi imprese.

Vuoi tu l'astro seguir che t'incammina?

Vieni al campo latin.

SABINO

(Non si trascuri

l'opportuno momento.)

TITO

A te ricetto,

offro fra i miei guerrieri.

SABINO

Ed io l'accetto.

TITO

Dunque t'attendo. Al nuovo sol tu riedi.

SABINO

Verrò più presto a te di quel che credi.

Non dubitar, verrò. Dono più grato

offrir non mi potevi. Al grande invito

sento l'alma avvampar. Vedrai qual uso

farò di quest'acciar. Chi sa se mai

più funesto vedesti

d'un'altra spada balenare il lampo.

So quel che dico, e lo vedrai nel campo.

Là tu vedrai chi sono,

no non ti parlo invano.

Fatale è questa mano:

forse chi men la teme

più me dovrà tremar.

Anime amanti oppresse

da un fiero ingiusto fato,

vi muovi un sventurato

già presso a delirar.

(parte)

Scena decima

Tito, Epponina, indi Annio.

TITO

Fermati, o mio bel nume.

EPPONINA

Che vuoi da me! Forse insultar di nuovo

al mio fiero dolor?

TITO

So, che mi credi

così crudel. Ma va'; salvati, fuggi

offron scampo al tuo merto.

ANNIO

Accorri, Tito, o il tuo periglio è certo.

TITO

Ah mio fedel, che dici?

ANNIO

Incerta fama

si sparge intorno che Sabino viva.

EPPONINA

(Ohimè! Svelato è il gran segreto. E come

il consorte salvar?) E Tito il crede?

Ah volesser gli dèi...

TITO

A prevenir l'armata io m'incammino.

(parte)

EPPONINA

(Ed io me n' volo ad avvertir Sabino.)

(parte)

ANNIO

Se ancor Sabino vive

non giova più sperar; gli affetti miei

ebbero sempre avversi uomini, e dèi.

Un dolce contento

credeva vicino:

il crudo destino

lontan lo portò.

Scena undicesima

Bosco.
Sabino, ed Epponina, che lo segue.

SABINO

E ancor seguire ardisci,

infedele, i miei passi?

EPPONINA

A me d'infida hai cor di dar la taccia?

SABINO

A te, che a Tito istesso

quel cor, che già fu mio,

senza rossor donasti.

EPPONINA

Alla tua sposa

così favelli? A lei,

che per due lustri interi

teco sepolta giacque, e di due figli

padre ti rese? A lei

che dal furor di Roma

cauta ti cela, di evitar ottiene

di Sabino alla sposa onte, e catene.

SABINO

Oh dio! Ma tu a quel Tito...

EPPONINA

A Tito, è vero

supplice mi piegai disse d'amarmi,

volea condurmi a Roma: amore istesso

s'interpose per me, ma qual amore?

Fu quell'amor pietoso

che mi rende a due figli, ed allo sposo.

SABINO

Ah cara sposa, errai, ma fu l'errore

vero figlio d'amor.

EPPONINA

D'error si taccia

e a celarsi pensiam. M'impose Tito

di salvarmi, e fuggir.

SABINO

Ma dove, o cara,

senza me senza figli?

EPPONINA

Ah per salvarti

si ceda al tempo, e poi

tornerò, non temer. Come potrei

viver senza di te?

SABINO

M'uccidi, oh dio!

EPPONINA

Addio, mio ben.

SABINO

Mia cara sposa...

EPPONINA E SABINO

Addio.

EPPONINA

Come partir poss'io

se avvinto di catene

tu mi trattieni il cor!

SABINO

Fuggi, mia cara, addio;

ah troppo in tante pene

mi dà tormento amor.

EPPONINA

Ah figli...

SABINO

Ah sposa...

EPPONINA E SABINO

Oh dèi!

Di tanti affanni miei

dunque non v'è pietà!

Dolce mio cor vorrei

viverti ognora a lato.

Ma il vieta oh dio, del fato

la fiera crudeltà.

Se perdo il caro bene,

ristoro in tante pene

no che il mio cor non ha.

Atto secondo
Scena prima

Fuga di camere.
Annio, indi Voadice.

ANNIO

E dunque a suo talento

fuggir potrà la bella

vedova di Sabin?

VOADICE

Annio, che cerchi

in quelle stanze?

ANNIO

Ov'è Epponina?

VOADICE

A Roma

per or venir non deve. Onde potrà

risparmiar le tue cure.

ANNIO

Il so.

VOADICE

Pietoso

Tito si arrese alfin de' mali suoi;

e se lo fa, dunque partir tu puoi.

ANNIO

Non tanta, Voadice,

franchezza in favellar. Altro non vede,

che falsi sogni, e strani

chi mai del ciel non penetrò gli arcani.

Torbido mar che freme

alle querele, ai voti

del passegger che teme

sordo così non è.

(parte)

Scena seconda

Voadice, ed Arminio.

ARMINIO

Il parlar di costui

velato è di mistero...

VOADICE

Ecco il mio bene.

ARMINIO

Improvvise vicende

da te mi allontanano: e deggio ancora

per poco abbandonarti;

ma non temer mia vita. Io penso solo

a farmi degno di te.

VOADICE

Ma non vorrei,

che m'obliassi un dì. Se tu cominci

a lasciarmi così...

ARMINIO

Paventi invano;

io t'amo e t'amerò. Così mi sei

presente, ancor lontana,

che per incanto, o per virtù d'amore.

Nemmen m'avveggo, di sì dolce errore.

Da quel dì ch'io ti mirai

già perdei per te la pace.

E ancor ardo a quella face

come fosse il primo dì.

Così poi nel cor t'ho impressa

per virtù dell'amor mio,

ch'oltre l'onda dell'oblio,

t'amerò sempre così.

(parte)

Scena terza

Voadice, indi Annio.

VOADICE

Or dove va il mio bene?

ANNIO

Ascolta Voadice.

VOADICE

Annio, che vuoi?

ANNIO

Dunque Epponina...

VOADICE

Non è qui.

ANNIO

Poss'io

teco venir?

VOADICE

(Quanto è importuno.) Addio.

(parte)

ANNIO

Dell'amor mio l'arcano

convien celar, se no il mio colpo è vano.

(parte)

Scena quarta

Parte solitaria d'un giardino.
Sabino, poi Arminio.

SABINO

Questo pure il momento esser dovria

per maturar l'impresa;

ma qui ancora non veggo

l'amico Arminio... Ah forse...

tutto temer convien.

ARMINIO

Amico, è giunto

l'opportuno momento, e i tuoi seguaci

non attendon che te.

SABINO

Vanne; da lungi

per l'ignoto cammin ti seguo... ah senti:

se al destino io cedessi, alla mia sposa,

ai pargoletti figli

non dir, ch'estinto io sia...

ARMINIO

Non più dimore. Andiam.

(parte)

SABINO

Vengo. Ma oh dio!

Or di padre, or di sposo in tal momento

nel più vivo del cor le voci io sento.

(parte, ma poi s'arresta)

Scena quinta

Epponina, Annio, Sabino, indi Tito con Guardie.

EPPONINA

Lasciami.

ANNIO

Non temer.

EPPONINA

Dove mi guidi?

ANNIO

Al tuo consorte.

SABINO

A qual consorte, indegno

lasciala, o che t'uccido.

ANNIO

Olà, d'un passo

se t'avanzi, o Sabin, queste le immergo

nudo ferro nel cor.

TITO

Che fai?

ANNIO

Difendo,

signore il tuo tesoro. A te rapirla

costui volea.

SABINO

Come.

EPPONINA

Signor...

ANNIO

(Se parli

scopro a Tito il tuo sposo.)

TITO

A' miei favori

corrispondi così? Così rispetti

la sposa di Sabino? Alle mie tende

si conduca il fellon.

SABINO

(accennando a Epponina)

Perché? Di quella...

TITO

Chetati.

SABINO

Io sono...

TITO

Un traditor tu sei.

EPPONINA

(Infelice Sabin!)

SABINO

Barbari dèi.

(parte con Annio fra le guardie)

TITO

Lascia di sospirar. Gli oltraggi tuoi

vendicati saran.

EPPONINA

Taci, m'uccidi

favellando così. Che mai vi feci

numi del ciel; se il pianto

per placar più non basta

i vostri sdegni, e l'ire.

Numi crudeli, converrà morire.

Con qual core, o dio, potrei

al mio ben mancar di fé?

Tu che il chiedi ingiusto sei

alle leggi, al mondo, a me.

Mi serbate dunque o dèi

questa barbara mercé.

(parte)

Scena sesta

Tito, Voadice, indi Annio.

TITO

Che sventura fatal!...

VOADICE

Prence, soccorri

la misera Epponina...

TITO

Ah non so come...

ANNIO

Corri, o signor.

TITO

Che fia?

ANNIO

Nel trarre al campo

quel prigionier, m'avvenni

in una schiera ostil. Me 'l tolse, appena

io mi potei salvar. Da lungi intesi

poi di voci, e di trombe

tutto il campo suonar.

TITO

Chi mai potrebbe

le mie schiere assalir! Per altra parte,

Annio, t'affretta. Va': se puoi, raffrena

la militar licenza. I passi tuoi

di volo io seguirò.

ANNIO

Vado.

(parte)

VOADICE

Se parti,

d'Epponina, o signor, chi resta, oh dio,

chi resta in sua difesa.

TITO

Il braccio mio.

Dille, che pensi loro,

a rasciugar quel pianto, e a me la cura

lasci del suo destin. Mi basta solo,

che mi sia grata, e dille,

che generoso ho il cor; ma dille ancora,

che vile io non fui mai: che se taluno

meco ingrato si rese

ebbi costanza in vendicar l'offese.

Tigre ircana in selva ombrosa

coll'oggetto del suo affetto

non è fiera, ma pietosa

spira pace, e chiede amor.

Ma se ascolta a sé vicina,

micidial nemica voce

rugge, freme, e più feroce

sangue, stragi, e la ruina

può temerne il cacciator.

(parte)

VOADICE

Oh quanti in questo giorno

stanno affanni e timori a me d'intorno.

(parte)

Scena settima

Veduta interiore del castello di Langres.
Notte.
Sabino, ed Arminio.

SABINO

Tutto è perduto, amico.

Fuggi tu almen. Salva i tuoi dì, ch'io vado

a morir co' miei figli.

ARMINIO

In questa tomba

dunque finir tu déi

i giorni tuoi?

SABINO

Non v'è più speme. Ah senti.

Di' almeno alla mia sposa...

ARMINIO

Ecco il nemico.

Celati, per pietà,

se no perduto sei.

(parte)

SABINO

Sarete alfin contenti, ingiusti dèi!

(parte)

Scena ottava

Tito, ed Annio, con seguito di Soldati con faci.

TITO

Vedesti quel guerrier?

ANNIO

Sì fra quei sassi

ei si celò.

TITO

Perfido! Fin nel campo

venirmi ad assalire?

Si cerchi.

ANNIO

Ei di qui lungi

esser molto non dée. Ma qual è questa

mezza ascosa fra sassi antica porta?

TITO

Aprasi.

ANNIO

Oh numi! Un sotterraneo albergo!

E chi abitar potrebbe

tenebre sì profonde?

TITO

Entrate pur miei fidi,

forse là dentro il traditor s'asconde.

(entrano tutti)

Scena nona

Volte sotterranee, sostenute da un colonnato mezzo devastato dal tempo, a cui si scende per una gran scala.
Sabino, indi Tito, ed Annio con guardie con faci accese, poi Epponina.

(i figli di Sabino distesi sopra un sasso in fondo del sotterraneo, vedendo scendere il padre dalla scala gli corrono incontro ad abbracciarlo in mezzo della scena)

SABINO

Venite, oh miei figli. Al vostro sen stringete

il più misero padre. Oh ciel, che miro!

Qual di notturne faci

insolito splendor! Questi è il nemico.

Oh padre sventurato!

Nessun s'appressi, o che cadrà svenato.

TITO

(dalla scala incontro a Tito)

Numi! In che orrendo albergo

si cela il traditore!

Empio, cedi quel ferro.

(disceso sulla scena)

SABINO

Invan lo chiedi.

ANNIO

(accennando di uccidere i figli)

Cedilo, o in questi petti

immergo il mio.

SABINO

(Che barbaro destino!)

EPPONINA

Fermati. Ah figli miei!

(si getta fra Annio, e i figli, e gli abbraccia)

TITO

Come! Tu dunque sei?...

SABINO

Sì, son Sabino.

TITO

Perfido! Questa volta

tenti salvarti invano.

SABINO

Non dubitar, crudele. Ecco in tua mano

l'intera di Sabino

sventurata famiglia. I nostri gridi

non ti faccian pietà. Ferisci, uccidi,

e comincia da me.

TITO

Dunque non temi

il mio acceso furore?

SABINO

Anzi lo sfido. E perché invan non cada

io mi disarmo. Eccoti ancor la spada.

(getta la spada)

EPPONINA

(Perder ti vuoi...)

(a Tito)

Perdona,

signor questi trasporti

del suo dolor.

TITO

Più non t'ascolto.

EPPONINA

Oh dio!

Or che farò! Venite amati oggetti

del misero mio core.

(fa inginocchiare i figli avanti a Tito)

A' piedi suoi

voi piangete per noi. Prence, rimira

quell'innocente età.

SABINO

Che fai mia sposa?

(solleva da terra i figli)

Così a' piè d'un tiranno

il mio sangue avvilisci?

TITO

Ah questo è troppo!

Più tollerar non voglio.

Quel minaccioso orgoglio

farò ben io tremar. Annio, si serbi

al mio sdegno costui.

Lo fido a te. Nella prigion più orrenda

separato da ognun, la morte attenda.

(parte)

SABINO

Sposa.

EPPONINA

Consorte.

SABINO

Che momento è questo.

EPPONINA

Per raffrenarsi in così amaro passo

converrebbe mia vita essere un sasso.

SABINO

Abbia fine una volta

questa vita infelice. Io già lo sento,

quel che invita alla tomba,

orribile di morte atro lamento.

(in atto di partire)

E intorno errar mi veggo

lo stuol funesto delle larve orrende

sì, v'intesi, e vi seguo ombre tremende.

(si rivolge ai suoi figli, e alla sposa)

Ah perché mi guardate. A' vostri sguardi

il mio cor s'arrestò.

ANNIO

Seguimi, indegno.

(alle guardie)

E voi dal fianco suo

dividete costor.

SABINO

Barbaro, aspetta

un sol momento ancor. Ma voi piangete!

Misero! E quale istante

è mai questo per me? Vi lascio, oh dio

e vi lascio per sempre. Io vado a morte.

Addio, miei cari figli, addio, consorte.

Cari figli, un altro amplesso;

dammi oh sposa, un altro addio.

Cari pegni del cor mio

ah non posso, oh dio, lasciarvi,

né celarvi il mio dolor.

Ma convien, ch'io vada a morte,

così vuol l'avverso fato.

Ah tu perdi il tuo consorte,

voi perdete il genitor.

Che momento sventurato

di spavento, e di terror.

(Sabino parte, Epponina ed i figli la vogliono seguire, le guardie gli trattengono, e partono separatamente piangendo)

Scena decima

Bosco.
Voadice, e Tito.

VOADICE

E Tito avrà tal core

d'incrudelir contro un eroe, che vinto

fu dalla frode, e di volerlo estinto?

Questo non fu il costume

del popolo romano.

TITO

A te non rendo

ragion del mio voler. È sempre giusto

il castigo degl'empi.

VOADICE

Intendo, intendo.

Negando a lui difesa,

tu vendichi te stesso

non la ragione del trono, o Roma offesa.

Quell'ira che invano

celar tu pretendi

d'un core romano

il pregio non è.

È degno un sovrano

allora del regno

che frena lo sdegno

che accorda mercé.

(parte)

Scena undicesima

Tito, poi Epponina, indi Voadice.

TITO

Sin che vive Sabino

non è sicuro il trono e sarà Tito

infelice in amor.

EPPONINA

Signor tu vedi

l'infelice Epponina

supplice ai piedi tuoi. Senza lo sposo

viver non posso e non dovrei potendo;

usa di tua virtù, rendi Sabino

alla sua grotta, ai figli, alla consorte,

o lascia pur che uniti andiamo a morte.

TITO

Tali sensi, Epponina,

non son degni di te. Sai che t'adoro

e parli di morir?

EPPONINA

Così tu parli,

giudice ingiusto, ad un'afflitta sposa?

TITO

Di me ti lagni a torto,

lagnati di Sabin.

VOADICE

Sabino è morto.

EPPONINA

Ahimè!

(sviene)

TITO

Spiegati. Come?

VOADICE

Ei dalla torre

tentò salvarsi e dalle mura un salto

avventurò: una voce

sparse che morto ei sia.

TITO

Vanne e riporta

più certi avvisi.

VOADICE

Vado, il ciel pietoso

a me renda il germano, a lei lo sposo.

(parte)

Scena dodicesima

Epponina e Tito, indi Annio con Sabino incatenato fra Guardie.

TITO

Consolati, Epponina,

che se perdi colui, v'è chi ti adora.

EPPONINA

Lascia, barbaro cor, lascia ch'io vada

lungi dagli occhi tuoi

a sfogare il mio duol... Ma, oh dèi, che veggo,

Sabino!

SABINO

Ah sposa!

EPPONINA

Ah sposo!

ANNIO

Signor, s'io non occorro,

con l'aiuto dei suoi già se n' fuggia

dal carcere costui.

TITO

V'è ancor ch'ardisca

ostilità tentar? Va', si distrugga

chi porta ombra di reo.

ANNIO

Vado.

(parte)

TITO

Sabino,

è giunto alfin quel tempo

di piegare la fronte

al romano poter.

SABINO

Ch'io pieghi il fronte

ai tiranni del mondo?

TITO

Ah tu, Epponina,

fa' che ceda il consorte.

EPPONINA

Invan lo speri.

TITO

Tu mia nemica ancor?

EPPONINA

Nemica sempre

di chi esige viltà.

TITO

Non sai che posso

farvi cadere estinti?

SABINO

Estinti sì, non avviliti e vinti.

TITO

Decidete voi stessi

di vostra sorte; ecco il momento estremo.

EPPONINA

Son vane le minacce.

SABINO

Io non ti temo.

SABINO

Sfogati pur tiranno.

EPPONINA

È vano il tuo furor.

TITO

A morte vi condanno.

EPPONINA E SABINO

Non curo il tuo rigor.

TITO

E pur in faccia a morte

non vi vedrò sì audaci.

EPPONINA

Anima vile, taci.

SABINO

Sfido il destin, la sorte.

EPPONINA, SABINO E TITO

Perfido, ingiusto cor.

SABINO

(Vedrò languir chi adoro...)

EPPONINA

(Ah morirà il mio bene...)

TITO

(Io perdo il mio tesoro...)

EPPONINA, SABINO E TITO

Che affanno, oh dio, che pena,

che barbaro dolor!

Atto terzo
Scena prima

Padiglione.
Tito, e Annio.

ANNIO

Vinti furo i ribelli. Il crederesti?

Fra i prigionier si trova

Arminio...

TITO

Come! Il caro amico! E a tanto

poté giunger quel cor?

ANNIO

Non dubitarne.

Ascolta il mio consiglio:

sinché vivo è Sabin, dura il periglio.

TITO

Basta, t'intesi, vanne, e a me Epponina

fa', che si guidi.

ANNIO

Ah no, signor. Sai quanto

scaltra è colei; ti sedurrà col pianto.

TITO

M'intendesti?

ANNIO

Ubbidisco... Almen rammenta

ciò che tu devi alle romane squadre,

ai comandi di Roma, al mondo, al padre.

(parte)

Scena seconda

Tito, indi Epponina.

TITO

M'empiono di sospetto

i detti di costui,

un altro traditore io temo in lui.

(vedendo Epponina va a sedere al tavolino)

EPPONINA

Da me, che si pretende?

TITO

Che per pochi momenti

tu sospenda lo sdegno.

EPPONINA

Malagevole troppo è a me l'impegno.

Sollecito favella.

TITO

Il padre, e Roma

di Sabino, e di te chiedon la vita.

E pur de' giorni tuoi,

io che l'arbitro sono,

e figli, e vita, e libertà ti dono.

EPPONINA

Viver senza lo sposo?

TITO

Odi Epponina,

e per l'ultima volta i sensi miei:

perdi lo sposo, è vero,

ma te n'offro un migliore,

che d'alloro immortal cinge la chioma,

che dà legge alle Gallie, al mondo, a Roma.

EPPONINA

E con lusinghe ardisci

tentarmi di viltà? Sappi, crudele,

ch'estinto il mio consorte,

io non bramo, che morte:

che non sarò mai tua, ch'odio ti giuro,

che sempre t'odierò quanto t'odiai,

che ti chiedo la morte.

TITO

E morte avrai.

(si alza)

Ma perché più funesto

a te riesca il morir, prima Sabino

versi sugl'occhi tuoi l'indegno sangue.

Al supplizio, o custodi,

sia condotta costei: vegga la morte

del traditor, e poi

termini i giorni suoi. Vedremo allora...

ingrata, se sarai costante ancora.

EPPONINA

Toglimi pur la vita,

che se del caro sposo

divisa non sarò nel punto estremo,

venga pure la morte, io non la temo.

Al caro bene a lato

non sentirò la pena,

e sullo sposo amato

contenta io caderò.

Se così scioglie il fato

la mia crudel catena,

momento più beato

no, che bramar non so.

(parte)

Scena terza

Tito solo.

E vinto sarà Tito

da una donna in virtù? No, no 'l consente

il mio nome, il mio sangue,

dell'impero l'onor. Eh si ricerchi

una sagace via d'uscir d'affanno

senza avvilirmi, o comparir tiranno.

Bella fiamma, che il seno m'accendi,

che m'infondi un novello desio,

ben comprendo che chiedi da me.

Tu, che amica alla gloria mi rendi

sul mio amore, deh, spargi un oblio,

che coroni il valore e la fé.

(parte)

Scena quarta

Stanza lugubre destinata al supplizio di Sabino.
Sabino, e Custodi, che a suono di una marcia lugubre viene condotto al supplizio.

SABINO

D'una vita infelice

ecco l'infausto fin. Nacqui alle pene,

vissi tra stenti, e guai,

e un raggio di piacer non vidi mai.

Non m'è grave il morir; ma i cari oggetti

del più tenero amore

s'affollan tutti a lacerarmi il core.

Costanza, anima mia, pochi momenti

restano al tuo penar: con petto forte

vadasi pure ad incontrar la morte.

(incamminandosi al supplizio si ode nuovamente lugubre marcia)

Scena quinta

Epponina, fra le Guardie, e detto.

SABINO

(incontrandosi)

Che ascolto? Oh dio!... Che veggio?...

Epponina, il mio ben!... Che doloroso

momento è questo!... Ah cara sposa...

EPPONINA

Oh sposo!

(abbracciandosi)

SABINO

Vieni tu spettatrice,

o meco ad incontrar la sorte istessa?

EPPONINA

Da mille angustie oppressa

spettatrice sarò.

SABINO

Fortezza avrai

nel momento fatal?

EPPONINA

Ah mi condanna

empia legge tiranna

a vederti spirar pria di morire.

SABINO

Numi! Che crudeltà!

EPPONINA

No, caro sposo

non mi pesa la morte. I figli oh dio!

mi stan sul cor.

SABINO

Che fu di loro?

EPPONINA

Invano

sinor ne ricercai. Forse...

SABINO

Deh taci,

non dubitarne, il cielo

veglierà a lor difesa, e forse un giorno

a grandi imprese accinti,

vendicheranno i genitori estinti.

EPPONINA

Ma tu caro, morrai... Potessi almeno

col mio sangue salvarti.

SABINO

Eh di costanza

vero spirto riaccenda i nostri petti,

un passaggio è la morte: ah non l'oscuri

un'ombra di timor: apprenda Tito

con suo rossor da noi,

che nelle Gallie ancor nascon gli eroi.

In qual barbaro momento

io ti do l'estremo addio!

Per le vene il sangue mio

freddo scorre per l'orror.

Ma di Lete in sulle sponde

ti precedo, amato bene:

finiran le nostre pene,

là sarem felici ognor.

EPPONINA

Che già mi lasci.

SABINO

Sì, che vuoi?

EPPONINA

Se m'attendi... vengo anch'io.

EPPONINA E SABINO

E si compia il fato rio,

si dia fine al mio dolor.

Scena ultima

A suono di lieta sinfonia si muta la scena in una sala reale illuminata, e piena di Popolo.
Tito co' figli di Sabino, Voadice, Arminio, Annio, e detti.

SABINO

Dove sono?

EPPONINA

Che incanto?

SABINO

Oh figli!

EPPONINA

Oh care

viscere del mio sen!

TITO

Ecco ti rendo

i figli tuoi, la tua diletta sposa.

Dell'atto generoso

non chiedo altra mercede,

se non che giuri a Roma ossequio, e fede.

SABINO

Vinto da tal virtù. Chiedo perdono,

del mio lungo fallir. Sarò di Roma,

deposto l'odio antico

dell'impero, e di te servo, ed amico.

EPPONINA

Signor...

TITO

Basta, Epponina.

Godi col caro sposo

il meritato amor; e saggia oblia

quanto offesi per te la gloria mia.

VOADICE

Oh prence generoso!

ARMINIO

Ecco Arminio al tuo piè...

TITO

Amico sorgi.

Nacque d'amor la colpa,

e la corregga amor: a Voadice

dona la mano, e vivi

sposo a tanta beltà lieto, e felice.

ANNIO

Tito...

TITO

De' tuoi delitti

consapevole io sono.

Scordo l'indegne colpe, e ti perdono.

ARMINIO

Ma qual saggio d'amore,

qual prova dar potrei d'un cor pentito?

TITO

Imitare ti basti il cor di Tito.

TUTTI

Di nobili allori

s'adorni la chioma,

di Tito s'adori

la bella pietà.

EPPONINA E SABINO

Con palme novelle

al genio di Roma

il premio le stelle

e il cielo darà.

TUTTI

Di Tito s'adori

la bella pietà.

EPPONINA E SABINO

Il gallo, il germano

del Lazio nemico

a cesare amico

la fé giurerà.

TUTTI

Di Tito s'adori

la bella pietà.

EPPONINA E SABINO

Dell'aquila il volo

fermar con tal duce

da questo a quel polo

nessuno ardirà.

TUTTI

Di nobili allori

s'adorni la chioma,

di Tito s'adori

la bella pietà.

Fine del libretto.

Generazione pagina: 14/01/2016
Pagina: ridotto, rid
Versione H: 3.00.40 (W)

Locandina Atto primo Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Atto secondo Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima Atto terzo Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena ultima