Atto terzo

 

Scena prima

Prigione orribile.
Dove sta rinchiuso Vitige con porta corrispondente a quella di Rodoaldo.
Vitige.

 Q 

Vitige

 

Atro carcere tu serri  

fra gli orrori questo piè;

ma quest'alma se ne vola

al suo bene, e si consola

al fulgor de la sua fé.

Fogli partitura

 
Un Servo porta a Vitige una lettera di Ricimero.

<- servo

servo ->

 

 

Questo di Ricimero è un regal foglio.  

«La rigida Ernelinda

vuol la tua morte in prezzo

de la paterna libertà, l'aborre

la mia clemenza. Vivi, ed abbandona

questo cielo inclemente;

ti rivegga la Dania, il nome oblia

d'una donna crudel, che ti condanna

ad un'orrida morte:

risolvi, e sciolgo già le tue ritorte.»

Ricimero fin qui. Scrive Ernelinda.

(apre un altro foglio, che è quello sopra cui scrisse Ernelinda «Vitige mora»)

Dunque

questa viltà si chiede

da la mia fedeltà?

Ritorna, o servo, a Ricimero, e digli,

che assai bella è una morte,

che piace ad Ernelinda;

scritta da quella man di vivo latte

la sentenza fatal bacio, ed adoro;

Atropo libri il colpo,

ch'io le offro il collo, e pien di fasto io moro.

 

Mi piaci pietosa  

t'adoro crudele,

mia cara, mia bella.

Sei sempre amorosa,

ingrata, o fedele

mia luce, mia stella.

 

Scena seconda

Edelberto che conduce Ernelinda e Vitige poi Rodoaldo.

<- Edelberto, Ernelinda

 

EDELBERTO

Principe il regal cenno di Edvige  

mi fa da un mio vassallo

a tua guardia eletto

ottener un delitto,

malgrado al suo dover, ed al severo

regal divieto; ecco Ernelinda. È sempre

plausibile quel fallo,

che a la pietà si dona.

ERNELINDA

Io da Edvige

col mio pianto l'ottenni.

EDELBERTO

Apri o mio fido

di Rodoaldo al piè l'angusto ingresso;

dal suo carcere ei venga; or tu dividi

fra due sì cari, ed infelici oggetti,

vergine illustre, i tuoi reali affetti.

 

Scena terza

Ernelinda, Vitige e Rodoaldo.

<- Rodoaldo

 

ERNELINDA

Padre, Vitige, a gli occhi vostri io reco  

fatta rea di gran colpa oggi Ernelinda.

RODOALDO

Che? da te forse il vincitor superbo

ha potuto ottener qualche fiacchezza?

ERNELINDA

Eh no signor: ottenne

da questa mano infausta

un delitto peggior; io stessa scrissi

contro Vitige (oh dio)

il mortal decreto.

VITIGE

Eccone il foglio

per cenno del tiranno a me recato.

RODOALDO

Che sento!

ERNELINDA

Portentosa

necessitate il volle; a questo prezzo

ricomprare fu d'uopo

la reale tua vita;

lungo fora il racconto.

Per rispettar i dritti di natura

contro quelli d'amor, vile peccai:

caro Vitige io scrissi, e tu morrai.

RODOALDO

Ed io viver dovrò, mercati a prezzo

del sangue a me più caro,

da un empio vincitor giorni servili.

VITIGE

Quando mai meritar meglio io potrei,

signor, l'illustre dono

della bella Ernelinda

che morendo per te? lascia ch'io tragga

il genio mio con questa gloria a Stige.

RODOALDO

E narrerai fra l'ombre degli Elisi,

ch'io ho lasciato occupar da te una morte

dovuta a me? no vanne

a Ricimero o figlia

empiamente pietosa,

di' ch'io rifiuto il dono

d'una vita, che aborro.

VITIGE

Ah Rodoaldo,

se abbandoniamo entrambi,

questa dolce a te figlia, ed a me sposa

chi veglierà sui casi...

ERNELINDA

Ah mio gran padre

perderò dunque il frutto

de la mia crudeltà? deh ti riserba

a men torva fortuna; io te ne priego

per tutto questo cor, ch'io stillo in pianto.

RODOALDO

Sì viverò Vitige,

Ernelinda vivrò; vivrò fin tanto,

che si stanchi fortuna in flagellarmi.

Ernelinda ti lascio

esercitar col misero Vitige

in libertà le tenerezze estreme;

principe ti sovvenga,

che orrenda è sol la morte a chi la teme.

 

Non avvilisca il pianto  

il prezzo de la morte;

vola a le stelle accanto

a l'or che muore il forte.

Rodoaldo ->

 

Scena quarta

Ernelinda e Vitige.

 

ERNELINDA

Vitige alfin siam soli, e il mio dolore  

mi può recar in libertà sul volto

le mortali agonie del cuore offeso.

VITIGE

Questo ingiusto dolor bella Ernelinda

è il più della mia morte.

Poteva ella aver mai più dolce aspetto,

che in questa sicurezza

ch'ella a te piaccia? ah non turbar col pianto

questo piacer, che il mio destino adorna.

ERNELINDA

E se in questo piacer io la grandezza

veggo de l'amor tuo, qual mai più giusto

dolor vi fu del mio? qual peggior colpa

di quella, onde oggi è rea quest'empia mano?

Giusto è, che si punisca il cuor crudele,

da cui la mano ebbe tremante il moto.

Questo ferro, che io stringo.

VITIGE

Ah mia diletta.

ERNELINDA

Vitige indietro; affretti

se ti avvicini il colpo.

VITIGE

Ah numi eterni.

ERNELINDA

La tua vana pietà non tolga o caro,

pochi, e brevi momenti all'amor mio.

VITIGE

Ah prima in questo...

ERNELINDA

Indietro, o ch'io ferisco.

VITIGE

E pure è forza...

ERNELINDA

Ascolta.

Se prima di segnar quel foglio infame

stringer potuto avessi

questo ferro pietoso,

non scenderei con questa colpa in fronte,

su la sponda fatal del pigro Lete;

chi sa, che il sangue mio non la cancelli?

Se il mio nero delitto

fosse in odio così, che mi negasse

il rigido nocchier nel legno il guado,

ti attenderò sul lido

dal timor agitata, e da la speme,

e a l'or che tu vi giunga,

se il soffrirai, lo varcheremo assieme.

VITIGE

O crudeli richieste.

ERNELINDA

Addio Vitige,

già vibro il colpo.

VITIGE

Ah ferma almen fin tanto,

ch'io da te prenda ancora

l'ultimo deplorabile congedo.

Tu vuoi dunque rapirmi, o bella ingiusta,

questo diletto estremo

di vederti onorar col tuo bel pianto

le mie care agonie?

No, non sarà o crudele;

già sento che mi assale

(qui va mancando la voce a Vitige)

con tutte le sue forze il mio dolore;

e mi reca nel cuor...

ERNELINDA

Che veggo!

VITIGE

Io manco.

(finge cadere svenato)

ERNELINDA

Ei cade.

VITIGE

Sì Ernelinda io muoio, addio.

ERNELINDA

Ah Vitige cuor mio.

 
Ernelinda si accosta per soccorrerlo, egli balza in piedi, e le vuol levar il ferro dalle mani.
 

VITIGE

Ah mia vita.

ERNELINDA

Che tenti?

VITIGE

Ha vinto al fine

il mio ingegnoso amore.

ERNELINDA

Non rapirai crudele ad Ernelinda

questa morte. Ah tiranno.

 
Vitige dopo qualche resistenza di Ernelinda la disarma.
 

VITIGE

Vivi, o bella Ernelinda.  

Lascia, che in me si stanchi

tutta la crudeltà di Ricimero.

ERNELINDA

T'intendo sì, o crudel, vuoi, che il dolore

di vederti morir su gli occhi miei,

la tua vendetta, e il mio castigo adempia.

Ei sia ben assai forte

per gettarmi a morir su la tua piaga;

a l'or per sigillar le nostre paci,

l'anime amanti annoderanno baci.

 

VITIGE

Lascia, che io mora sì,  

ERNELINDA

non morrai solo no,

ERNELINDA E VITIGE

volto adorato.

VITIGE

Lascia, che in questo sen

ERNELINDA

senza me caro ben

VITIGE

con tutto il suo furor

ERNELINDA

non sia, che il suo rigor

VITIGE

si stanchi

ERNELINDA

adempia

ERNELINDA E VITIGE

il fato.

 

Vitige, Ernelinda ->

 

Scena quinta

Lago ghiacciato in corte.
Edelberto ed Edvige.

 Q 

Edelberto, Edvige

 

EDELBERTO

Di qual fama crudel, bella Edvige,  

s'empie la corte? ha Ricimero un cuore,

che si può ribellar dal tuo bel volto?

EDVIGE

De la vinta Ernelinda egli è trofeo;

e ciò, che rende ancora

più nero, e detestabile il delitto

de la sua infedeltade, è ch'egli nega

render la mia corona a questo crine,

su cui per stabilirla

tante destre reali armò Boote.

EDELBERTO

E tu gli serbi ancora

de' tuoi sublimi affetti il dono illustre?

EDVIGE

Questa viltà non siede

nel cuore di Edvige. Odi Edelberto;

sceso è già per mio cenno al vicin campo

un de' miei fidi ad irritar le spade

di quanti han vivo in petto

di Grimoaldo a me gran padre il nome.

I campioni che trasse

da la Dania Vitige

fremono già nel tradimento atroce,

che il lor signore offende.

Ha Rodoaldo ancora

nel cuor de' suoi vassalli

una parte di regno. In te è riposta

più che in altrui la giusta mia vendetta.

EDELBERTO

Che oprar poss'io?

EDVIGE

Stretta amistà ti serba

il duce, a cui diè Ricimero in guardia

i due principi oppressi.

EDELBERTO

Ed al mio scettro

egli nacque vassallo.

EDVIGE

Il tuo comando

dal carcere li tragga, e ad essi unito

il mio tiranno opprimi.

EDELBERTO

A Rodoaldo

ricadrà su le chiome

il norvegico scettro.

EDVIGE

Il cuor feroce

marcherà col suo prezzo

il piacer d'una certa alta vendetta.

EDELBERTO

Si oppone all'opra audace

la mia giurata fede a Ricimero.

EDVIGE

Mal si guarda ad un re, che altrui la rompe.

EDELBERTO

Non sempre a i gran disegni

son propizie le stelle.

EDVIGE

Ha la sua stella

ne la sua destra il forte.

EDELBERTO

Ostentiam prima a Ricimero i nostri

formidabili sdegni.

EDVIGE

Ancor ripugni

al mio giusto desio? No che non mi ami.

Quando altri fere il raggio

sì languido non è de gli occhi miei,

e se pur ami, troppo

codardo amante, e vil campion tu sei.

 

Un cuor, che ben non ama,  

non piace a questo cor.

E l'alma mia non brama

un troppo cauto amor.

 

Scena sesta

Gildippe, Edvige, Edelberto, poi Ernelinda.

<- Gildippe

 

GILDIPPE

L'infelice Ernelinda, o principessa,  

ne l'immenso ocean di sue sciagure

perduto ha il senno.

EDVIGE

E come?

GILDIPPE

Ricimero infedel recar volea

a la vergine fiera

un disperato, e violento assalto,

a l'ora, che sconvolti

mostrò i fantasmi.

 

<- Ernelinda

EDELBERTO

Ella a noi giunge appunto

per lo stagno gelato.

 

ERNELINDA

Tuo malgrado o nume algoso,  

da quest'onde fuggirò.

Mi scoppia il cuor da ridere:

sento triton che mi risponde no.

 

ERNELINDA

(scende in terra)

Fauni? satiri e ninfe?  

Dite, vi è un gran viaggio

da la sfera del foco al regno acquatico?

non rispondi? mi guardi? e resti estatico?

EDELBERTO

Principessa Ernelinda.

ERNELINDA

Proteo gonfia la buccina ritorta

e Glauco il corno amusa.

Sai tu perché? perché Ernelinda è morta.

EDVIGE

O de la nostra umanità non mai

ben temute sciagure.

ERNELINDA

Udite, ella vivea dentro d'un cuore,

di sua mano ella il franse,

e morì per dolore,

ma prima di morir guardollo, e pianse.

GILDIPPE

Quanta pietà mi desta.

ERNELINDA

Del cielo, de le stelle, e de l'inferno

nume io sono, è reina

Diana, Cinzia, Proserpina, e Lucina;

errando dietro a l'ombra di Vitige,

(adorabile nome)

venni sovra quest'acque;

Nettun mi vide, e il volto mio gli piacque

egli mi adora, e appunto

guari non è, che egli amoroso aprì

il verde labbro, e mi parlò così:

«Bella dèa del cieco Averno,

se l'inferno del mio cor...»

Volea più dir, ma l'interruppe il pianto,

io da lui fuggo; a voi ne vengo, e canto.

Io ti cerco e non ti scerno,

idol mio, mio dolce amor.

EDVIGE

Il pensier vaneggiante.

Torna a Vitige.

ERNELINDA

Addio,

siedo sul carro, ed i miei draghi a volo

su per le vie del cielo

mi portan ratti a folgorare in Delo.

(siede)

EDELBERTO

Bella Edvige, e qual de la grand'opra,

che tu imponesti a me, premio destini?

EDVIGE

L'amor mio, le mie nozze.

GILDIPPE

(Che sento!)

EDELBERTO

Idolo caro,

questa bella mercede

d'un amante nel cor vince ogni fede.

 

Labbro di mele  

non m'ingannar;

ch'io son fedele

nel mio penar;

tutto mi accendo

per trionfar,

ma il premio attendo

del ben amar.

 
Vuol partire Ernelinda lo ferma.

ERNELINDA

Ah, ah, t'ho colto ingrato,  

Endimion in Delo,

e giura ad altra donna amor, e fede?

Smorza la fiamma insana;

per punirti infedel ecco Diana.

EDVIGE

Importuna il trattiene, e preziosi

tutti sono i momenti.

ERNELINDA

T'intendo o bella ninfa,

il mio ritorno dal confin di Stige

intorbida la face

del tuo folle cupido.

Tu piangi; tu sospiri; io scherzo, e rido.

EDELBERTO

Mia principessa addio;

la spada ad impugnar va l'amor mio.

(parte)

Edelberto ->

 

GILDIPPE

(Questi nuovi disegni, e non intesi

scoprir convien.)

ERNELINDA

Non favellar o Tirsi.

Silenzio, o bella Clori;

a quel pino gelato ambi venite.

Qui il mio diletto Endimion si cela

ed a me così parla; attenti udite:

 

Ti palpito, cuor mio, sempre d'intorno  

e tu non mi conosci, o mio tesoro.

Mi mancano o crudele i rai del giorno

perché voluto hai tu spietata io moro.

(finge svenire)

 

EDVIGE

La misera se n' cade.  

GILDIPPE

Il cuor le manca.

ERNELINDA

Ah folli, e lo credete?

Partitevi da me sciocchi che siete.

GILDIPPE

Qual ardua impresa, o principessa il tuo

real pensier matura? ed a qual uopo

il braccio d'Edelberto

con l'alto premio di tue nozze impegni?

Questa spada, ch'io cingo

assai vile non è, perché oziosa

la abbandoni Edvige.

EDVIGE

Oggi con l'armi

ricovrar non dispero

questo de' miei grand'avi alto retaggio.

S'armano a questa impresa

d'Edelberto gli sdegni; a Rodoaldo,

ed a Vitige io sciolgo

le catene dal piede;

perché de' lor vassalli

reggano l'ire.

GILDIPPE

Ed io,

con cento a me fedeli

famose spade accrescerò il furore

del giusto Marte. (Altri disegni ha il cuore.)

EDVIGE

Dolce amica t'abbraccio;

in mercé del tuo zelo,

quando scoprir ti piaccia il tuo diletto

io tesserò de le tue nozze il laccio.

 

De' regi tuoi sponsali  

la pronuba farò;

d'amor lo strale, e l'ali

di mel ti spargerò.

Edvige ->

 

Scena settima

Gildippe ed Ernelinda in disparte.

 

GILDIPPE

Mi offre il crine Fortuna; a l'amor mio  

serviran questi sdegni,

col merto d'un grand'atto,

a l'idolo, che adoro,

la fiamma ostenterò de l'alma mia,

chi sa, che non ti stanchi

di lacerarmi il petto o gelosia.

 

Fredda furia d'amor,  

un giorno per pietà

lasciami in pace;

deh non più crudeltà,

già mi rodesti il cor

col dente edace.

Gildippe ->

 

Scena ottava

Ernelinda sola.

 

 

Quai disegni o Ernelinda  

ti scuopre il fato? o belli, o fortunati

miei mentiti deliri;

voi del tiran superbo

mi usurpaste a gli insulti, e mi traeste

a vagheggiar di mie speranze il verde,

vi seguirò fin tanto,

che vediam dove fermi

le vertigini sue cieca fortuna.

Si alternano qua giù piaceri, e pene;

e si trova sovente

sul confin d'un gran male un sommo bene.

 

Voglio sperar  

sentirmi un dì scherzar

qualche piacer in sen;

e sovra questo viso

veder un dolce riso

spiegar il suo seren.

Sfondo schermo () ()

 

Ernelinda ->

 

Scena nona

Gran piazza.
Ricimero.

 Q 

Ricimero

 

 

Io vi credea più vili  

miei amorosi affetti: in Ernelinda

io pensava, che amaste

quella eterna beltà, ch'ha tanta forza

sovra il volgo de' sensi;

ma non sì tosto il raggio

de la ragion in que' cerulei sguardi

eclissarsi vedeste

dal funesto dolor di sue sciagure,

che disarmaste quel furor insano,

onde avea lena il violente assalto,

e col fulgor di quelle luci stesse

la vergine infelice

voi saggia accese, e delirante oppresse.

 

Mi piagaste pupille serene  

col bel raggio de l'anima grande;

or sanate le ardenti mie pene

perché fosco il suo lume si spande.

 

Scena decima

Edvige e Ricimero, poi Ernelinda in disparte.

<- Edvige

 

EDVIGE

Re Ricimero; un solo punto avanza  

al tuo destino, e al mio. Già la Norvegia

vede su le mie tempia

l'orme di una corona,

che un dì splendea del mio gran padre in fronte.

RICIMERO

(Che pensi o Ricimero?

Già in Ernelinda estinto

ragione è il raggio.)

 

<- Ernelinda

ERNELINDA

(Giungo opportuna.)

EDVIGE

Il celebre apparato,

onde onorar pretende

un acquisto infedel d'un trono illustre

cupidigia sleal de gli altrui regni,

irrita contro te gli scandi sdegni.

ERNELINDA

(Ah vi aggiungan le stelle

tutto il giusto furor de l'ire eterne.)

RICIMERO

Senti Edvige: un vil timor non giunge

sino al cuor de' monarchi.

Chi vi è ch'oggi contenda a Ricimero

ciò che ieri acquistò? v'è l'amor mio:

questo disarma o bella

tutto il mio sdegno e a te mi rende.

ERNELINDA

(O stelle.)

EDVIGE

(Che sento!)

RICIMERO

Or tu perdona,

se una fiamma infedel puote poch'ore

contaminar il bell'incendio nostro.

 

EDVIGE

(Che farai Edvige? ad Edelberto

la fé giurata?)

ERNELINDA

(Ah questa pace atterra

tutta la mia vendetta.)

RICIMERO

(Sul rogo del cuor mio

più puro egli divampa.)

ERNELINDA

(Consiglio o miei pensieri.)

EDVIGE

(E l'alta legge

di Grimoaldo estrema?)

ERNELINDA

(Ingegnoso mio sdegno, ad ogni prezzo

questa pace si rompa.)

RICIMERO

E tardi ancora?

 

ERNELINDA

Signor, in van resiste il mortal fasto  

a ciò che scrive in su gli eterei fogli

immutabile fato. Ei vuol, ch'io spegna

i concepiti sdegni.

RICIMERO

(Con tutto il senno ella favella. Ah forse

l'effimero furor lasciò la mente

di sé signora.)

EDVIGE

(Il traditor risente

il suo male infedel.)

ERNELINDA

Quindi io ti reco

la man di sposa, e la tua legge adoro.

EDVIGE

Ricimero io non debbo

ripugnar al comando

del real genitor, sposo ti accetto

e l'altre offese oblio del nostro affetto.

 

EDVIGE

Per te non vi è più sdegno  

Fogli partitura

ERNELINDA

per te son tutta amor.

EDVIGE E ERNELINDA

Tutta la fede impegno

di quest'amante cor.

 

RICIMERO

Fia mia cura Edvige  

ottenerti la sorte

d'un talamo real.

Questa è mia sposa, e di Norvegia il soglio

è mia conquista, o d'Ernelinda è dote.

ERNELINDA

(Già l'incendio divampa, or si ripigli

la mentita follia.)

RICIMERO

Lascia o mia vita...

ERNELINDA

A me?

EDVIGE

Così schernisci

nuovamente Edvige anima indegna?

RICIMERO

Che a questo seno.

ERNELINDA

Sì dolce conforto.

 
Re Ricimero vuol abbracciarla, essa ridendo lo respinge.
 

ERNELINDA

La bella Galatea

ad Aci idol suo così dicea.

RICIMERO

Ritorna a delirar: stelle inclementi.

EDVIGE

Ricimero, egli è tempo,

che reina io mi scuopra; or ti comando,

che tu da queste mura

pria, che tramonti il dì, rivolga il passo;

gli avanzi del tuo Marte

dal mio regno ritira, o tosto aspetta

de la giusta ira mia l'alta vendetta.

RICIMERO

Mi movi a riso, or di'; de la gran guerra,

chi sia, che a me ne venga

nunzio insolente, e baldanzoso araldo?

 

Scena undicesima

Edelberto, Vitige, Rodoaldo poi Gildippe e detti.

<- Edelberto, Vitige, Rodoaldo

 

EDELBERTO

Edelberto.  

VITIGE

Vitige.

RODOALDO

E Rodoaldo.

RICIMERO

Ah son tradito.

EDELBERTO

Olà quell'armi a terra

goti superbi.

RODOALDO

Tempo è ormai, che tu rechi

sovra l'ara di Nemesi quel teschio,

che al genio d'Alarico in voto offersi.

Io di mia mano...

 

<- Gildippe

GILDIPPE

Ah forte Rodoaldo,  

passi per queste vene

il tuo rigido acciar, prima ch'ei giunga

di Ricimero al sen.

EDVIGE

Gildippe è questa

del sarmatico re figlia guerriera.

GILDIPPE

Dal regal padre ottenni

cinger d'usbergo il fianco;

sotto le gote insegne

recai l'acciaro, e cento armati io trassi;

da la Vistula a l'Albi a tutti ignota

venni, e pria de la pugna il cor perdei

di Ricimero in volto occulta amante.

Di scoprir la mia fiamma un punto attesi

in cui negar ei non mi possa amore.

ERNELINDA

È ben degna signor sì bella fede,

che le doni il piacer di tua vendetta.

EDELBERTO

Io te la chiedo in prezzo

d'un trono, che ti rendo.

VITIGE

Su le vie degli Elisi

questa bella pietà piacerà forse

del tuo gran figlio a l'ombra.

RODOALDO

Anime grandi,

la ragion del mio sdegno

da le vostre preghiere io non difendo.

Vivi, e la mia regia amistà ti rendo.

EDVIGE

È pur vero Ernelinda,

che puro in te risplenda

de la ragione il raggio?

ERNELINDA

Una finta follia fu mia difesa

contro il feroce amor di Ricimero.

VITIGE

E ti serbò tutta innocente, e bella

di Vitige a gl'amplessi.

ERNELINDA

Idolo mio,

sposa amante ti stringo.

EDELBERTO

E seco al trono eccelso

de la tua Dania alto campion ti rendi.

Rivegga Ricimero

il suo gotico soglio, e di Gildippe

l'illustre destra impalmi.

RICIMERO

A sì giusto destino io non ripugno.

Invitta principessa, ecco una destra,

sovra di cui fedel ti porgo il core.

GILDIPPE

O pene ben sofferte, o fausto amore.

EDELBERTO

Regni in Norvegia Rodoaldo.

EDVIGE

Ed io

sovra il trono boemo,

del mio sposo Edelberto

al fianco attenderò, che tarda parca

dal crin di Rodoaldo, ad ambi renda

il paterno retaggio.

RODOALDO

Soscrivo al gran decreto;

sia ragion, sia vittoria, o pur sia dono,

per la bella Edvige

custode io son, e non signor del trono.

 

TUTTI

Più chiaro, più lieta, più fausto risplende  

il cielo, la sorte, Cupido per me

ne l'alma, nel seno, nel core si rende

gioconda, felice, beata mia fé.

 

Fine (Atto terzo)

Atto primo Atto secondo Atto terzo

Prigione orribile.

Vitige
 
Vitige
<- servo
Vitige
servo ->

Questo di Ricimero è un regal foglio

Vitige
<- Edelberto, Ernelinda

Principe il regal cenno di Edvige

Vitige, Edelberto, Ernelinda
<- Rodoaldo

Padre, Vitige, a gli occhi vostri io reco

Vitige, Edelberto, Ernelinda
Rodoaldo ->

Vitige alfin siam soli, e il mio dolore

(Vitige finge di cadere svenuto)

(Vitige disarma Ernelinda)

Vivi, o bella Ernelinda

Vitige ed Ernelinda
Lascia che io mora sì
Edelberto
Vitige, Ernelinda ->

Lago ghiacciato nella corte.

Edelberto, Edvige
 

Di qual fama crudel, bella Edvige

Edelberto, Edvige
<- Gildippe

L'infelice Ernelinda, o principessa

Edelberto, Edvige, Gildippe
<- Ernelinda

(Ernelinda cammina sullo stagno gelato)

Fauni? Satiri? Ninfe?

Ah, ah, t'ho colto ingrato

Edvige, Gildippe, Ernelinda
Edelberto ->

(Ernelinda finge di svenire)

La misera se n' cade

Gildippe, Ernelinda
Edvige ->

(Ernelinda in disparte)

Mi offre il crine Fortuna; a l'amor mio

Ernelinda
Gildippe ->

(Ernelinda s'avanza)

Quai disegni o Ernelinda

Ernelinda
Voglio sperar
Ernelinda ->

Gran piazza.

Ricimero
 

Io vi credea più vili

Ricimero
<- Edvige

Re Ricimero; un sol punto avanza

Ricimero, Edvige
<- Ernelinda

(Ernelinda interviene)

Signor, in van resiste il mortal fasto

Edvige ed Ernelinda
Per te non vi è più sdegno

Fia mia cura Edvige

Ricimero, Edvige, Ernelinda
<- Edelberto, Vitige, Rodoaldo

Edelberto / Vitige / Rodoaldo

Ricimero, Edvige, Ernelinda, Edelberto, Vitige, Rodoaldo
<- Gildippe

Ah forte Rodoaldo

 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima
Cortil regio. Padiglioni in veduta della città. Gran sala. Parco. Bagni. Camera. Prigione orribile. Lago ghiacciato nella corte. Gran piazza.
Atto primo Atto secondo

• • •

Testo PDF Ridotto