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Scena prima |
Cortil regio. Rodoaldo, Ernelinda. |
Q
Rodoaldo, Ernelinda
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ERNELINDA |
Tanto dunque signor, è sfortunato
il povero mio pianto,
che non possa ottener da la tua destra
il dono di una morte?
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RODOALDO |
Un cuor vile, o Ernelinda,
corre in grembo a la parca
per sottrarsi al furor de le sciagure;
un'alma eccelsa affronta
armata di virtù l'impeto altero
d'una torva fortuna.
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ERNELINDA |
Ah padre, e chi assicura
la gloria mia dai violenti assalti
d'un vincitor amante, e disperato?
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RODOALDO |
Il cuor di Rodoaldo,
che a te palpita in petto. Ama Vitige,
è forse vincitor; ha però un'alma,
in cui regna ragion su' bassi affetti,
ma quando anche il rendesse
l'insolente vittoria altero, ed empio,
il metterà in rispetto
la tua fortezza.
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ERNELINDA |
Ah senti, o padre senti
del vincitor le strida,
l'ululato del vinto.
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RODOALDO |
Ancor si pugna
su le mura difese, io colà porto
gli ultimi sdegni; a Ricimero in fronte
spuntar non lasciarò facili allori;
e se la mia caduta
con cifra di comete ha scritto il fato,
morrò ne la mia reggia, e coronato.
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ERNELINDA |
Ah padre e me qui lasci...
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RODOALDO |
In petto avrai
la tua virtù, la mia giustizia al fianco;
Ernelinda me n' vado; il dono estremo,
ch'io ti lascio è il mio amore,
e contro Ricimero
del mio figlio uccisor, contro Vitige,
che mi getta dal trono, e toglie il regno,
l'eredità di un giusto eterno sdegno.
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Se l'amor mio t'è caro,
questo mio giusto sdegno
figlia difendi in te;
io per entrambi al paro
con questo amplesso impegno
l'onor de la tua fé.
| Rodoaldo ->
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Scena seconda |
Ernelinda. |
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Cuor mio, l'alto comando
ne la più forte impenetrabil parte
custodisci di te. Vitige amasti
malgrado a Rodoaldo, in regal figlia
colpa non lieve; i tuoi sublimi affetti
ad aborrire impegna
chi il tuo gran genitor balza dal trono;
ed il primo delitto io ti perdono.
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Egli è forza cangiar cuore,
o nel cuor cangiar la face.
Spezza l'arco infausto amore,
vanne, e soffrilo con pace.
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Volendo entrare vede le fiamme della reggia incendiata. | |
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ERNELINDA |
Ma, che rimiro o stelle!
Arde la reggia, e le nemiche insegne
queste soglie reali empion di lutto:
orribil vista. Ah più d'ogn'altro ancora
formidabile aspetto. Ecco Vitige
con la vittoria in pugno; ad Ernelinda
porta l'ultimo assalto.
Generoso mio cuore,
or che d'amore il vasto incendio è spento,
di tua fortezza armato entra in cimento.
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Scena terza |
Vitige con Soldati, e spada alla mano, dopo Ernelinda. |
<- Vitige, soldati
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ERNELINDA |
Usurpi ancora
traditor questo nome? e sotto al ciglio
una spada mi rechi
ne le misere vene
spinta dal tuo furor de' miei vassalli?
Tra gli incendi, e le stragi
si portano gli amori? e mi si reca
per occupar un talamo di pace,
d'Enio la destra, e d'Ecate la face?
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VITIGE |
Cotant'ire o mia vita? e chi potea,
toltone il nostro Marte, ottener le tue nozze
da un genitor crudele,
che le niegò fino alla sua grandezza
da me offerita? a questo prezzo ottenne
Ricimero il mio brando
e tale ora mi accogli? ah dove sono
le prime tenerezze? e dove il primo
amor del tuo bel core?
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ERNELINDA |
Tu del mio amor mi chiedi? io ti domando,
ove sono o Vitige i miei vassalli?
ove il mio padre? ove la mia corona?
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VITIGE |
Il padre avrai, ch'ogni soldato ha in legge
il rispettar quel cuor, di cui sei parte;
i tuoi vassalli avrà la Dania, ed io
già ti fermo sul crin la tua corona.
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ERNELINDA |
Riceverla potrei
da una destra, che spinge
Rodoaldo al servaggio? Eh no Vitige,
tempo è di sdegni, e non d'amori; in petto
la mal difesa amante fiamma estingui;
il carattere ostenta
di vincitor nemico;
queste chiome recida
il servil ferro, e questo piede
opprima vile catena; il tuo crudel trionfo
seguirò prigioniera al carro avvinta;
tua schiava io sono, e mio signor tu sei;
né punto io mi riserbo
di libero nel cuor, che gli odi miei.
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Quanto ingrato ti adorai
tanto ancor ti aborrirò;
quell'affetto,
che per te mi ardeva in petto,
tutto in sdegno si cangiò.
| Ernelinda ->
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Scena quarta |
Vitige. |
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Vittoria infausta, in cui fra lauri, e palme,
al mio povero cuor spunta il cipresso.
Io però non so ancora abbandonarvi
combattute speranze.
Quando più il sole appar fra nubi involto,
adorno di più rai ci spiega il volto.
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Col latte di speranza
vuò pascere il mio amor;
e vuò che la costanza
trionfi del rigor.
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| Vitige, soldati ->
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Scena quinta |
Padiglioni in veduta della città. Edvige, poi Gildippe. |
Q
Edvige
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EDVIGE |
Dunque fra quelle spoglie,
de la Sarmazia io veggo
la vergine real?
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| <- Gildippe
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GILDIPPE |
Mi cinse il fianco
di marzial usbergo, o principessa,
un bel desio di gloria.
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EDVIGE |
Bella amazzone, è giusto
questo, ch'oggi veggiam per le nostr'armi
rispetto di fortuna;
a sì strana virtù non si dovea,
che un sicuro trionfo.
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GILDIPPE |
Giusto è ancora però, ch'io ti confessi,
ch'ha di questa mia gloria assai di parte
un più tenero affetto.
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EDVIGE |
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GILDIPPE |
Amo Edvige, ed amo un volto,
che sotto queste insegne
del povero mio cor porta il trofeo.
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EDVIGE |
Che sento! ed egli applaude
a questo amor?
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GILDIPPE |
Né pure il ciglio ancora
favellò del mio foco; un punto attendo,
in cui la sua pietà niegar non possa.
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EDVIGE |
Se tu il chiedi, o Gildippe,
io nel seno, che adori,
porterò le tue fiamme, io stessa o cara
la pronuba farò de l'alto nodo;
ma chi è colui, se lice,
che ha in sorte il trionfar d'alma sì grande?
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GILDIPPE |
Altri, ch'io stessa a piè del mio tiranno
recar non dée del mio Cupido i voti.
Tanto ho già risoluto, e tu perdona,
se dopo averti espresso
il più del centro del mio cor profondo,
de la mia debolezza il men ti ascondo.
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| Edvige ->
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La cara mia catena
altrui non scoprirò;
non vuò mostrar lo sguardo,
da cui d'amore il dardo
in sen mi si vibrò.
| Gildippe ->
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Scena sesta |
Edvige, e Ricimero. |
<- Ricimero, Edvige
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RICIMERO |
Vedi, o bella Edvige
su le mura nemiche
fauste già folgorar le nostre insegne.
Agonizza già il regno
di Rodoaldo, ed al regal tuo piede
la norvegica sorte omai s'inchina:
in questo dì sarai sposa, e reina.
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EDVIGE |
Questi titoli illustri,
signor, con cui mi appelli, empion di tanta
gioia il mio sen, ch'ei per capirla appena
ha tanto cuor che basti.
A Grimoaldo il mio gran padre io debbo
la ragione del soglio entro le fasce.
Debbo assai più, perché del nodo eccelso
de la regia tua man, ne' voti estremi
in lega col mio cor degna mi rese.
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RICIMERO |
Già questo era un acquisto
de' tuoi begli occhi; all'or che Grimoaldo
volle i nostri sponsali, egli prevenne
le ardenti mie richieste;
il gran nodo ei concesse, e non ottenne.
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EDVIGE |
Nulla meno ei dovea, che a me sua figlia,
a te signor, e questo regno in dote,
da cui proterva fellonia lo spinse.
A te, che lo accogliesti, e che le spade
de' tuoi goti arruolasti
per rendere al suo crine
la rapita corona, e poi che al fato
a noi toglierlo piacque, a me la rendi.
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RICIMERO |
Ei non è degno prezzo
de l'amor tuo; se pur di questo o bella,
tu i miei sospiri onori.
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EDVIGE |
Pria che stringere il ferro
contro dei miei ribelli avevi o caro,
trionfato di me; seguì il costume
la tua destra fatal de gli occhi tuoi;
altri mirar senza ferir non puoi.
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Non esce un solo sguardo,
mio dolce ben da te,
che un amoroso stral non cada in me;
m'è caro il foco, ond'ardo,
s'ei tutto in me non è,
ma il dividono teco amor, e fé.
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Scena settima |
Edelberto e detti. |
<- Edelberto
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EDELBERTO |
Gran Ricimero: il nostro marte esulta
ne l'intero trionfo:
occupata è la reggia, e Rodoaldo
cinto è già di catene.
Molto del nostro sangue
bevve il suo ferro; intrepido feroce
urtò egli solo un popolo d'armati;
da una intera falange oppresso al fine
cadde, e rese cadendo
memorabili ancor le sue rovine.
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RICIMERO |
Sia tua cura Edelberto
scortar questa reina a la sua reggia.
Io ti precedo o bella,
d'illustri allori a coronarti il trono;
tu del cuor mio mi custodisci il dono.
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Parto, ma lascio teco
una metà del cor.
Vorrei, che in luogo d'essa
a me fosse concessa
una metà del tuo da un vero amor.
| Ricimero ->
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Scena ottava |
Edvige, Edelberto. |
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EDELBERTO |
Illustre principessa, or che Bellona
de la Norvegia appende l'asta al trono,
soffri ch'io ti confessi
che un amore innocente,
più che il desio de la mia gloria, al fianco
questa per te spada non vil mi cinse.
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EDVIGE |
Nel cuore di Edelberto,
in cui virtù sovra gli affetti impera,
soffro un amor, che sa fin dove ei possa
giungere col suo volo.
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EDELBERTO |
So quale amor si debba
alla regia Edvige
nel talamo real di Ricimero,
e sa bene Edelberto
essere insieme amante e cavaliero.
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Nel piacer de l'amarti
avrò tutto il mio piacer.
D'uno sguardo mi contento,
un sorriso, ed un accento
saran tutto il mio goder.
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EDVIGE |
Sino a quel punto, o principe, io non sento,
che la grandezza mia n'abbia dispetto;
l'amarmi io ti concedo,
e mio campion, e cavalier t'accetto.
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Se ti basta un riso, un guardo,
risi e sguardi avrai da me;
ma poi guarda, che quel dardo
più d'ardor non svegli in te.
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| Edvige, Edelberto ->
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Scena nona |
Gran sala. Vitige, poi Ricimero. |
Q
Vitige
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VITIGE
Io v'adorai pietose
pupille luminose,
bellezze del mio ben;
per voi, se ben crudeli
ardon vie più fedeli
le fiamme del mio sen.
| (♦)
(♦)
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| <- Ricimero
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RICIMERO |
Vitige, a la tua spada io debbo in questo
giorno famoso il più de le mie palme.
Le nozze d'Ernelinda
sono un premio inegual di quanto oprasti
a pro di mia corona.
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VITIGE |
Signor, il ferro io strinsi
per sostener in giusta guerra i dritti
al soglio di Norvegia
dell'illustre Edvige, a cui di sangue
congiunto io son per le materne vene;
quindi dover, e non virtù si appelli,
ciò, ch'oprar ebbi in sorte.
Non in premio, ma in dono
Ernelinda ricevo.
Io la ricevo? ah che ella sdegna, o sire,
stringere questa mano,
che nel destin del suo
oppresso genitor ha qualche parte.
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RICIMERO |
Languide sono, e brevi
contro il suo vincitor l'ire del vinto.
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VITIGE |
Ma quando il vinto è grande,
è questo il solo ben, ch'ei custodisce.
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RICIMERO |
Fia mio pensiero il soggiogar quest'ire
de la vergine altera.
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VITIGE |
Eccola appunto,
che ammollisce col pianto il servil ferro,
che del paterno piè preme il coturno.
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Scena decima |
Rodoaldo incatenato Ernelinda che sostiene le di lui catene, e detti, poi Edvige. |
<- Rodoaldo, Ernelinda
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ERNELINDA |
Lascia o signor, che del comune oltraggio
onde rigida sorte oggi ci opprime,
anch'io soccomba al peso.
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RICIMERO |
(O sommi dèi;
qual beltà pellegrina,
folgora su quel volto!)
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ERNELINDA |
Lascia, che queste lacrime infelici
veggan, se han tanta forza
di spezzar questa ingiusta empia catena,
che il luogo de lo scettro
indegnamente usurpa.
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VITIGE |
(Lacrime forti onde il mio cuore è infranto.)
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RICIMERO |
(Stelle, chi vide mai così bel pianto?)
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RODOALDO |
Hai vinto o Ricimero, il brando appendi
al delubro plebeo de la fortuna.
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RICIMERO |
Appenderolla al tempio
de la Gloria guerriera.
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RODOALDO |
L'usurpator ingiusto
de gli altrui regni a quelle soglie eccelse
non reca il piè profano.
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RICIMERO |
Usurpator è chi premeva un trono,
di vergine real retaggio avito.
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RODOALDO |
Non passò mai l'eredità ne' figli
di reali corone,
che il vassallo gettò di fronte al padre.
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RICIMERO |
Frenetico furor di volgo insano
non toglie al re la sua ragione al soglio.
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RODOALDO |
Se il re divien tiranno,
de' popoli il furor si arma dal cielo.
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Sopravviene Edvige. | <- Edvige
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EDVIGE |
Tiranno Grimoaldo
non fu giammai, né mai s'armò dal cielo
contro il suo sire l'infedel Norvegia:
l'ambizion di Rodoaldo accese
l'orribil fiamma.
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RICIMERO |
(Ed in me più feroce oggi l'accende
d'Ernelinda il bel volto.)
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ERNELINDA |
(Tutto in lacrime o cor, vanne disciolto.)
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RICIMERO |
Rodoaldo; fin dove
giungerebbe il tuo sdegno
contro di me, se ciecamente il cielo
de l'armi nostre oggi deciso avesse,
così, che di quel ferro, onde ti opprime
la mia vittoria, a le mie piante il peso
del servaggio recasse un tuo trionfo?
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RODOALDO |
Temer dovresti quanto
può un vincitor da giusto sdegno acceso
contro chi porta al fianco un brando asperso
dal sangue d'un mio figlio; a l'ara oscura
di Nemesi spumante
in olocausto io ti trarrei feroce,
crudele, inesorabile, tremendo,
e coronato d'arido cipresso
reciderei l'orribil collo io stesso.
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RICIMERO |
Io pur così punir dovrei l'orgoglio
de gli indomiti accenti;
ma d'Ernelinda a le bellezze altere
de' sdegni miei tutta la gloria io dono.
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EDVIGE |
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RICIMERO |
Quindi
la tua parca disarmo, e il piè ti sciolgo.
Vivi; la reggia intera
tuo carcere sarà; né si richiede
in custodia di te, che la tua fede.
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RODOALDO
Vivrò, ma sempre in me
lo sdegno mio vivrà;
l'odio mio contro te
mai non s'estinguerà.
| Rodoaldo ->
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Scena undicesima |
Ernelinda, Edvige, Ricimero e Vitige. |
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RICIMERO |
Bellissima Ernelinda
tergi su quel bel volto
l'ingiuria di quel pianto, e rasserena
quelle dolci pupille, in cui sfavilla
d'invincibile amor dardo il più forte.
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EDVIGE |
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ERNELINDA |
Non creder Ricimero,
che tutto questo pianto
esca da quel dolor, che mi divora;
ha le lacrime sue lo sdegno ancora.
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RICIMERO |
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EDVIGE |
(Il ciglio immoto
le tiene in volto.)
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VITIGE |
Ah lo disarmi o bella
almeno una pietà di chi t'adora.
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ERNELINDA |
Il vincitor di Rodoaldo ha sensi
così molli nel cuor?
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RICIMERO |
Principe vanne,
e lascia, ch'io qui tenti
disarmar del tuo ben le furie insane.
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VITIGE |
Con sì giusta speranza
e le agonie del mio timor sospendo.
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RICIMERO |
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EDVIGE |
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VITIGE
Placati o bella mia,
placati per pietà;
non s'apprezza
dove regna la bellezza
una eterna crudeltà.
| Vitige ->
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Scena dodicesima |
Edvige, Ernelinda e Ricimero. |
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EDVIGE |
Mio dolce Ricimero, or che sul trono
l'alta nostra vittoria adagia il fianco,
affretta, io te ne priego,
il mio gioir co gli imenei reali.
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RICIMERO |
Questi è giorno o Edvige,
consacrato a la gloria; ancor mi fuma
il sangue ostil su i marziali allori,
dimani poi favellerem d'amori.
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EDVIGE
Sì parleremo, sì labbro crudele,
veggo dove tu volga
lo sguardo, e dove sciolga
un tronco tuo sospir bocca infedele.
| Edvige ->
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Scena tredicesima |
Ernelinda, e Ricimero. |
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RICIMERO |
Principessa Ernelinda; hanno gli sdegni
a piè della vittoria i lor confini.
Al vincitor giova la pace, al vinto
è necessaria.
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ERNELINDA |
A l'ora
che può temer il vinto
dal vincitor nemico un peggior male.
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RICIMERO |
E se offerisce il vincitor al vinto,
e vita, e libertà, grandezza e regno?
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ERNELINDA |
Beni, ch'empion di fasto
quando però non si avvilisca il prezzo,
a cui mercar si denno.
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RICIMERO |
Il tutto io ti esibisco; il prezzo è solo
l'amor tuo, le tue nozze.
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ERNELINDA |
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RICIMERO |
Di Rodoaldo, o bella,
io trionfai, ma quel tuo ciglio altero
di me trionfa:
quindi al tuo piede io getto
la mia vittoria, e t'offro
per innalzarti al talamo, ed al trono,
una destra real, che di due scettri
sostiene il peso.
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ERNELINDA |
Aggiungi
una mano, che stilla
del mio germano il sangue,
una mano, che ha spinto
Rodoaldo dal soglio,
che di stragi, e di fiamme empie il mio regno;
una mano per cui
la paterna virtù vuole il mio sdegno.
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RICIMERO |
Né può placar quest'ire
di due corone il dono?
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ERNELINDA |
Offrine un altro,
che le mie brame adempia.
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RICIMERO |
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ERNELINDA |
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RICIMERO |
Cotanto dunque
questo sdegno superbo ardisce ancora?
Ti sovvenga Ernelinda,
che tutto può ottener, cui tutto lice.
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ERNELINDA |
Su via tiranno, ardisci
ciò, che può far un vincitor superbo,
rendi al padre i suoi ceppi, e di catene
questo mio piede opprimi;
tenta la mia fortezza
con flagelli, e con fiamme, anzi con quanto
ha di peggio l'inferno,
che in faccia lor t'aborrirò in eterno.
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RICIMERO |
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ERNELINDA |
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RICIMERO |
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ERNELINDA |
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RICIMERO |
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ERNELINDA |
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RICIMERO |
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ERNELINDA |
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RICIMERO |
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ERNELINDA |
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RICIMERO |
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ERNELINDA |
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RICIMERO |
In mezzo
a vincitrici squadre
un re le chiede.
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ERNELINDA |
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RICIMERO |
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ERNELINDA |
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RICIMERO |
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ERNELINDA |
Vinta mi vuole sì, ma non codarda.
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RICIMERO |
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ERNELINDA |
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RICIMERO |
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ERNELINDA |
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RICIMERO |
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ERNELINDA |
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RICIMERO |
Questa austera virtù meglio consiglia,
e sappi, ch'io son re.
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ERNELINDA |
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RICIMERO
Poi che mi vuoi crudele
crudele sì sarò;
questa superba rocca,
che tanti sdegni scocca
vincere tentarò.
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Ricimero ->
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Scena quattordicesima |
Ernelinda. |
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Giunge dunque tant'oltre
la tua sciagura o misera Ernelinda?
Sino su' nostri affetti
il goto vincitor ragion pretende?
La mia virtù si opponga
a gli assalti feroci. Ah che più d'essa
un amor combattuto
la rocca del cor mio si custodisce;
in Vitige ei mi addita
più, che il fiero nemico, il caro amante;
ed io non so, se ad esso,
od a la mia fierezza io sia costante.
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Vorrei amar, né il deggio,
né posso non amar.
Guancia di rosa:
tu mi consumi il veggio,
se siegui a folgorar
fiamma amorosa.
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