Atto terzo

 

Scena prima

Giardino.
Doriclea.

 Q 

Doriclea

 

 

Se ben mai non mi vide    

questa città, pur temo

d'esser riconosciuta, onde m'involo

alle regie adunanze, e accompagnata

da mille gravi, ed agitanti cure,

tra solitari, e taciti soggiorni,

tra remoti silenzi io traggo i giorni.

Eurinda, Eurinda, e quale

amorosa follia nel petto alberghi?

Ti delude un fanciullo, e disperate

sono le tue speranze, in mezzo all'onda

arida sarai sempre, e furibonda.

A che bado? a che penso?

E la memoria puote

esercitarsi in cose

così leggere, e vane,

e abbandonar Tigrane?

Fuggi mio ben l'assiro,

ohimè, fuggilo dico,

egl'è nostro nemico:

indarno, indarno io grido,

non pon gl'accenti miei

giunger dove tu sei.

S

 

Deh voi cortesi, voi  

arrecate, vi prego,

al mio consorte, o venti,

queste voci dolenti...

 

 

Ah plebe degli dèi,  

superbissimi Astrei,

invece d'apportarle a lui segrete

all'aere le gettate, e disperdete?

Nelle concave rupi Eolo vi serri,

v'annodin sempre adamantini ferri.

Ohimè Tigrane, ohimè, dell'empio assiro

prigioniero io ti rimiro?

Dov'è lo scudo, e l'asta,

chi mi dà l'armi, olà,

ritorni in libertà

il mio caro signore,

lascialo traditore.

Che vaneggio infelice? e quai mi detta

funesti auguri il duol? la speme sia

dell'egro spirto mio medica pia.

Ma qual oblio di Lete

m'alletta i sensi al sonno, e alla quiete?

I lumi, urne del pianto,

stanchi di lagrimar l'angosce mie,

di mille fiori in sen lasciano il die.

 

Scena seconda

Sabari, Doriclea.

<- Sabari

 

SABARI

Osservai, che qui venne  

la mia bella reina, e qui vegn'io

per narrargli le pene, e il pianto mio.

Ma lasso io non la miro,

dove il piede drizzò

ditelo piante ohimè,

dove, dove ella andò

ditelo aurette, e zeffiretti a me.

Eccola, o ciel, che dolcemente dorme.

O sopraumane forme,

del regno delle stelle

cittadine più belle,

o luci luminose,

voi dal sonno ecclissate

ancor vibrate

fiamme amorose,

lo sa bene il mio core,

che vive salamandra in tanto ardore.

Avide labbra mie

raffrenate le brame,

baciar non lice all'ombre il volto al sole.

Ma che sarebbe mai se lo baciaste?

Voi non siete ceraste

per destarla co' morsi, e avvelenarla,

bacerete pian piano, e lievemente

che chi dorme è un defunto, e nulla sente.

Su, su da voi baciata

sia quella dolce bocca, ed odorata.

Qual importuna tema

vi sconsiglia 'l baciar? via, via baciate,

che non gustò giammai timido core

le dolcezze d'amore.

DORICLEA

Sabari?

SABARI

Ohimè.

DORICLEA

Quivi a che vieni? e quale

agghiacciato timor ti fiede il petto?

SABARI

Un mio fiero nemico,

d'arco armato, mi segue

per rapirmi la vita,

bella guerriera aita.

DORICLEA

Dov'è costui, l'uccido.

SABARI

Vedilo Doriclea,

ma come ei ti mirò

veloce egli fuggì,

né pugnar teco ardì.

DORICLEA

Seguiamlo.

SABARI

No, che l'ali

porta agl'omeri 'l crudo.

DORICLEA

Fors'è questi un augel? tu mi schernisci.

SABARI

Rapido va così, che sembra alato.

DORICLEA

Come s'appella?

SABARI

Amo...

DORICLEA

Come?

SABARI

Fugga il timore.

Si chiama l'empio, e lo spietato amore

DORICLEA

Me n'avvidi ben io, che tu scherzavi.

Ami tu dunque?

SABARI

Adoro Doriclea.

DORICLEA

E qual è la tua dèa?

SABARI

Tu.

DORICLEA

Chi?

SABARI

Tu vuoi sapere

troppo dei miei dolori,

dei miei cocenti ardori.

DORICLEA

Dillo, dillo, chi fu?

SABARI

T'adirerai s'io il dico?

DORICLEA

No, no.

SABARI

Tu.

DORICLEA

Chi?

SABARI

Tu l'amata mia conosci, ed ami.

DORICLEA

È parta, oppure armena?

SABARI

Tu quella sei, che m'ardi

co' raggi de' tuoi lumi,

mia reina, mia diva, e mi consumi:

so, che da te...

DORICLEA

Concentra

nel più cupo del seno

sì temerarie voci

vilissimo plebeo,

di cento morti reo:

scellerato, ben hai

l'infame spirto a par del volto adusto,

se mai più tant'ardisci

spegnerai col sangue il foco osceno,

ed ogni accento ti sarà mortale

perfidissimo servo, e disleale.

 

Doriclea ->

 

Scena terza

Sabari.

 

 

Perfidissimo servo, e disleale?  

Geli, geli il tuo petto

amante vilipeso, e disprezzato

di questa dispietata al sen gelato,

spezzisi il laccio indegno,

d'amor trionfi in questo cor lo sdegno.

Dal seme omai dell'ira

l'odio germoglia, e nasce,

e di già fiamme ei spira,

divenuto gigante entro le fasce.

Ingrata io t'aborrisco,

e d'averti adorata io inorridisco.

 
 

Scena quarta

Altro cortile del palazzo supremo d'Artassata.
Melloe.

 Q 

Melloe

 

Voglio provar anch'io, che cosa è amor,  

ogni donzella

sciocca m'appella,

perch'a un sembiante

di vago amante

mai diedi il cor.

Voglio provar anch'io, che cosa è amor.

Ciascuna ama mi dice, amare io vo'.

Voglio, che sia

l'anima mia,

il mio diletto

un giovanetto,

che sceglierò.

Ciascuna ama mi dice, amare io vo'.

Su su mio core amiamo, e che sarà?

Se quest'amore

apportatore

è di piacere

tra gioie vere

si goderà.

Su su mio core amiamo, e che sarà?

 

 

A scherzi lascivetti, alle lusinghe  

del vago Ciro, e della bella Eurinda

ohimè, ch'il sangue mi s'accende, e bolle:

o quattro volte folle

chi non prova in amor la sua fortuna,

e del suo dolce vuol morir digiuna;

più pazzo io non sarò,

amare, amare, io vo'.

 

Scena quinta

Orindo, Melloe.

<- Orindo

 

ORINDO

Cupido  

infido

il mio piè

giammai te

seguirà:

non vo' penare,

voglio godere,

vuo' trar piacere

senza adorare,

superba beltà.

Cupido

infido

il mio piè

giammai te

seguirà.

 

MELLOE

Che mai ti fece amore,  

che così lo disprezzi?

Orindo tu vaneggi,

egli è un dio, che punisce,

chi l'offende, e schernisce.

ORINDO

Egl'è, quasi, che 'l dissi:

odi, non temo lui,

né quanti eguali sui

tormentano i dannati entro gli abissi.

MELLOE

Vo' scherzar con costui:

se d'amor tu non fossi

nemico così fiero

vorrei donarti il core intero, intero.

ORINDO

Melloe questo consiglio

prendi un poco da me,

non dar ad altri il cor, tienlo per te:

si può bene gioir col core in petto,

senza farci d'amor schiavi penanti,

godendo, e non amando. O Melloe mia

non mentirei se ti dicessi, che

tutte, tutte così

fanno le donne grandi d'oggidì.

MELLOE

Cotesto suo pensiero

non mi dispiace invero.

ORINDO

Vedi, se noi felici esser vogliamo

godiamci, e non ci amiamo,

tra noi non sia

mai gelosia,

s'altri ti piacerà,

l'accoglierai

come vorrai,

s'altra m'alletterà

senza alcuna tua doglia

appagherò mia voglia:

questo sarà

senza tormenti

vero piacer,

senza lamenti

vero goder.

MELLOE

Non voglio amar da fiera,

vo' ritrovar amante

nell'affetto costante.

ORINDO

E poi tradirlo tu

com'ha fatto Farnace Eurinda infida.

Mentecatto colui, ch'in voi si fida.

MELLOE

Che sa costui d'Eurinda?

Che parli? Che vaneggi?

ORINDO

O fai la semplicetta,

parlo, parlo d'Eurinda,

che di Ciro s'accese,

non t'arrossir, che 'l tutto è a me palese.

MELLOE

Come sai tu di quest'amori?

ORINDO

Il tutto

udii nascosto, e intesi.

Ma dimmi l'ama Ciro?

MELLOE

Più che le sue pupille.

ORINDO

O scellerato.

MELLOE

E chi vuoi tu, che non amasse, o stolto,

principessa sì grande, e così bella?

Ella, ma te lo dico

Orindo in segretezza, ogni momento

se lo vorrebbe accanto, ed or m'invia

a ritrovarlo, e ricondurlo a lei.

ORINDO

Libidine insaziabile ha costei.

MELLOE

Ti lascio Orindo, il cavaliero io miro,

taci ti prego, aspetta Ciro, o Ciro.

 

Melloe ->

 

Scena sesta

Orindo.

 

 

Chi tradisce Farnace  

ne' tradimenti suoi cada tradito,

voglio far le vendette

del mio signor sprezzato,

pera Eurinda incostante, e Ciro ingrato:

or che Melloe costoro insieme aduna

ad accusarli al re vo' gir veloce,

farò, ch'ei li ritrovi in sugl'amori,

su su paghino il fio de' loro errori.

 

Orindo ->

 

Scena settima

Farnace, Tigrane.

<- Farnace, Tigrane

 

FARNACE

Quivi alloggiando il re, saranno ancora  

Sabari, e Doriclea, ma che sospiri?

TIGRANE

Il mio regno, ch'è servo

e ch'invan...

FARNACE

Taci, il loco

le tue querele a raffrenar t'invita,

siamo tra parti, o quanto errasti, o quanto

a venir tra perigli,

da mal cauti consigli

nasce sovente il precipizio, il pianto:

se alcun ti ravvisasse, e che sarebbe?

Qual umano poter da ceppi indegni,

dimmi, ti salverebbe?

TIGRANE

Chi vuoi tu mai, che raffiguri, e noti

fra tante squadre, e tante

sotto partiche spoglie, il mio sembiante?

Nell'Iberia io potea

attender Doriclea,

da te condotta, è ver, ma non avrei

mai potuto soffrir tanta dimora,

bramo sì di mirar l'amata moglie,

ch'ogni timor l'alto desio discioglie.

FARNACE

Tu qui m'attendi, io salirò il palazzo

per ritrovare, o la reina, o 'l moro.

TIGRANE

Precipita gl'indugi,

va' tosto, e tosto riedi.

Ma s'ella fosse estinta

colpa di tua fierezza

o crudel, che farai?

Ombra fra l'ombre di seguir tu l'hai.

 

Farnace ->

 

Scena ottava

Sabari, Tigrane.

<- Sabari

 

SABARI

La superba bellezza,  

che sdegnò le mie fiamme

vedrà quanto potranno

in alma delicata i suoi disprezzi,

odio non è maggiore

di quel che nasce da un corrotto amore.

TIGRANE

Ecco l'arabo, il nero

di Doriclea custode.

Sabari?

SABARI

Chi sei tu? Non mi sovviene

d'averti mai veduto.

TIGRANE

Vive la mia consorte? Io son Tigrane.

SABARI

O signor? Vive, ma qual nume avverso

ti fa errar fra nemici?

Sovrasta ogni sciagura agl'infelici.

TIGRANE

Per condur Doriclea

nell'Iberia qui vengo; or dimmi è stata

sotto manto viril sempre celata?

SABARI

Di questa sconoscente

vendicar mi vogl'io, già che le trecce

l'occasion mi porge.

Amor la fece nota, ohimè, che dissi?

TIGRANE

Amor la fece nota? ohimè ch'intesi,

e a chi la discoprì? rispondi, o dio.

SABARI

Troppo, troppo ho dett'io.

TIGRANE

Col tacer tu m'uccidi, e che fia mai?

SABARI

O Giuno, o dèi, ch'a talami assistete

dell'opre mie voi testimoni invoco,

voi dite a questo re, se gl'imenei

casti gli riserbai fin che potei.

TIGRANE

Che Sabari?

SABARI

Le leggi maritali

sprezzò la tua reina.

TIGRANE

Ohimè che narri?

SABARI

E le notti festosa

tragge con Artabano amante amata.

TIGRANE

Oh Doriclea spietata.

Cieco furor mi ti consacro, e dono:

la mia caduta opprima,

o l'adultera moglie, o il re lascivo,

aborro d'esser vivo:

ascenderò il palazzo, ed a dispetto

delle guardie reali,

chi l'onor mi trafisse, e deturpò

con ferite mortali ucciderò;

di lui privo Tigrane io più non sono.

Cieco furor mi ti consacro, e dono.

 

Tigrane ->

 

Scena nona

Sabari.

 

 

O Sabari, o Sabari  

ora d'inferno con qual opre oscuri

i scorsi lustri tuoi limpidi, e chiari?

Lasso che fei? che dissi?

Profondatemi abissi.

Quale tragedia fiera

rimirerà per mia cagione il mondo?

In qual loco m'ascondo

alla spada d'Astrea giusta, e severa?

Lasso, che fei? Che dissi?

Profondatemi abissi.

 
 

Scena decima

Stanze reali.
Doriclea, Melloe, Eurinda.

 Q 

Doriclea, Melloe, Eurinda

 

DORICLEA

Per non sembrar scortese  

convien al mesto addolorato core

mentir piaga d'amore.

MELLOE

Poiché v'ho unito amanti

lieti scherzate, io parto,

non vo', ch'i vostri vezzi

destino in me prorito, e pizzicore

giacché non ho amatore,

che mp'abbracci, e accarezzi;

ma giurai ben al cielo

di non esser più stolta,

voglio anch'io dentro un seno esser accolta.

 

Melloe ->

 

Scena undecima

Eurinda, Doriclea.

 

EURINDA

Ben mio?  

DORICLEA

Mio cor?

EURINDA

Lontano

sempre da me dimori?

Vuoi tu forse ch'Eurinda

provi sferza crudel de' tuoi rigori?

DORICLEA

T'amo più, che me stesso,

e bramo eternamente esserti appresso.

EURINDA

O fortunata amante

se ti dettasse amore

note sì dolci al mio languente core.

DORICLEA

Che temi tu mia vita

esser da me schernita?

Paventi, ch'il mio foco

anima mia sia finto?

Ah vezzosetta io son purtroppo avvinto,

e chi m'avvinse in testimonio invoco:

chiedilo a tue bellezze

se puote Ciro simular l'ardore,

con il loro splendore

m'hanno abbagliato sì, ch'altre vaghezze

rimirar non poss'io

fuor che le tue divine, idolo mio.

EURINDA

Se tu m'ami io t'adoro.

DORICLEA

Se per me vivi o bella, io per te moro.

EURINDA

Dimmi, ma dimmi il ver caroil mio Ciro,

gl'occhi tuoi mi feriro,

fosti coreo degli misfatti loro?

DORICLEA

Sì, fui, negar no 'l voglio o mio tesoro.

EURINDA

Dunque, per penitenza

delle tue colpe, bacia a me la bocca,

i baci accoglierà l'anima amante,

e l'alma, conosciuto il lor valore,

gl'apporterà per medicina al core.

DORICLEA

S'altro non vuoi, che baci,

farò de' baci i tuoi desir satolli,

ma come i brami tu languidi, e molli,

oppur fieri, e mordaci?

Vuoi tu, che neghittosa

stia la lingua amorosa,

o la desii nella tua bocca bella

tutta ristretta in sé, guizzante, e snella?

EURINDA

Ohimè quanti ne sai?

E dove, e dove gl'apprendesti mai?

DORICLEA

Nella scola d'Amore,

da un labbro precettore.

EURINDA

De' più dolci vorrei,

io lascio a te baciare,

me li saprai ben dare.

DORICLEA

Proviamli tutti ad uno, ad uno, ma

dopo il bacio amor mio, che si farà?

EURINDA

Ritorneremo a i baci, insin ch'i sensi

potranno in lor capir tanta dolcezza.

DORICLEA

Bacisi, come vuoi,

io per me bacerei:

o vaga Eurinda, o idolatrato nume

con diletto maggiore entro le piume.

 

Scena duodecima

Orindo, Artabano, Eurinda, Doriclea.

<- Orindo, Artabano

 

ORINDO

Ecco i drudi sfacciati.  

ARTABANO

Ah femmina lasciva,

disonesta donzella, indegna donna

d'esser nata reina, e d'esser viva,

così tu gli avi imiti?

O pur così procura

d'incenerir, malvagia, i lor trofei

l'impudico tu' amor con fiamma impura?

Io, che predo la gloria ho per sorella

una, che dell'infamia è fatta preda?

O del sangue d'Arsace empia rubella.

 

Scena decimaterza

Tigrane, Doriclea, Eurinda, Artabano, Orindo.

<- Tigrane

 

TIGRANE

Chi mi tolse l'onor lasci la vita.  

DORICLEA

Fermati traditor, fermati.

EURINDA

O dèi.

ARTABANO

Quai congiure son queste? Egli è de' miei.

TIGRANE

Ah fera, ah furia, ah mostro orrendo, e immondo.

Omai di tue lascivie è pieno il mondo.

DORICLEA

Ohimè sei tu signore?

TIGRANE

Purtroppo io son quel misero, tradito

dalla tua fede ingannatrice, e rea,

perfida Doriclea.

DORICLEA

Io perfida Tigrane?

ARTABANO

Ch'ascolto?

EURINDA

Meraviglie.

ARTABANO

Quest'è Tigrane, e Ciro è Doriclea?

ORINDO

Oh che prodigi, in femine

si tramutano gl'uomini?

TIGRANE

A me son note le tue colpe impure,

né le puoi tu negar, che la difesa

del tuo vago or le scopre, e le palesa.

DORICLEA

A così enormi accuse,

gela il sangue repente,

e impetra il cor pudico, ed innocente.

ARTABANO

O casi.

EURINDA

Amor crudele

così tu mi schernisci,

così tu mi ferisci?

TIGRANE

Ecco donna infedele

dell'adultero tuo, del tuo nemico

prigioniero il marito,

trionfa, e godi.

DORICLEA

O cieli. Odi Tigrane.

TIGRANE

Ammutisci malvagia.

So che per goder tra delizie, e paci

l'amante usurpator del regno mio

vorrai ch'io mora.

DORICLEA

Ah taci.

TIGRANE

Ammutisci malvagia.

Ma spirto errante, e crudo

con le ceraste, e con le tede ardenti

t'agiterò tra gl'impudichi amori,

e con larve, ed orrori

io renderò funesti i tuoi contenti.

DORICLEA

Che parli, ohimè che parli?

TIGRANE

Ammutisci malvagia.

E tu crudo tiranno,

vile servo de' sensi, e non signore,

con l'Armenia mi togli anco l'onore?

ARTABANO

Tra le miserie sue costui delira:

conducetelo altrove, e custodito

sia con occhiuta guardia dentro il palazzo.

O fortuna, fortuna

sono i tuoi studi egregi

alzar gli umili, e calpestar i regi.

TIGRANE

Vado perversa, vado

ai ferri, ed alla morte,

la giustizia del ciel vendicatrice

sarà un dì de' miei torti: o traditrice.

 

Artabano, Tigrane, Orindo ->

 

Scena decimaquarta

Doriclea, Eurinda.

 

DORICLEA

Nelle vene gelate  

disciolgasi l'umor, voci gridate,

Tigrane in che peccai?

Dell'innocenza mia senti le grida:

io ti fui sempre fida,

sempre te solo amai,

Tigrane in che peccai?

Amerà prima la natura il vuoto,

pria delle sfere arresterassi il moto,

che rea di colpe tali io sia giammai.

Tigrane in che peccai?

EURINDA

La prudenza raffreni

valorosa reina il tuo cordoglio.

DORICLEA

Non ti conobbi no

nell'abito mentito

dolcissimo marito,

errò la mano, e lei l'occhio ingannò;

uno spirto, nemico

di tradizion, la spinse,

oh dio, contro di te

a difesa del re:

d'accusarmi nocente

di lascivi delitti

con fallaci argomenti

ragion, ragion non hai.

Tigrane in che peccai?

 

Doriclea ->

 

Scena decimaquinta

Eurinda.

 

 

Cupido traditore  

così ingannasti un core?

Con qual arti novelle

di crudeltà

la libertà usurpi alle donzelle?

 

Riedo al nodo mio primiero,  

lascio l'ombra, e seguo il vero.

Potea chieder ben io

mercede all'idol mio.

Stille abbondanti, e pronte

di dolce umor

per il mio ardor

sperai d'arida fonte.

Riedo al nodo mio primiero

lascio l'ombra, e seguo il vero.

 

Scena decimasesta

Farnace, Eurinda.

<- Farnace

 

FARNACE

Sventurato Tigrane,  

d'una volubil dèa

miserabile esempio; i tuoi natali

miraro, credo, ne' più crudeli aspetti,

Marte, o Saturno apportator de' mali.

EURINDA

Farnace?

FARNACE

Eurinda?

EURINDA

E dove,

per qual cagion da me volgesti il piede?

FARNACE

Perché dalla tua fede

leggera, ed incostante

foss'io deluso, o stolto

chi mai crede, che sia femmina amante.

EURINDA

Ohimè ch'ascolti Eurinda,

chi t'adora infedele?

Estinta tu mi vuoi, crudel, crudele.

FARNACE

Noti, qui giunto appena,

gl'amori tuoi mi furo:

or del tuo Ciro amato

la strana metamorfosi sospiri,

e con amore ingannator t'adiri.

EURINDA

Amai con puro affetto,

come della tua stirpe, il finto Ciro,

ma che? d'altra invaghito,

di lasciarmi son questi

mendicati pretesti:

segui pur discortese

bellezza più gradita,

ch'io non estinguerò giammai l'ardore,

t'amerò più che mai, benché tradita.

FARNACE

Deh rasserena il ciglio,

non versar più ti prego

sopra l'anima mia calde rugiade,

ch'io seguace fia mai d'altra beltade?

Pria dall'artico polo

lungi s'aggirerà la calamita,

ch'io per altra te lasci o cara vita.

EURINDA

Perché mi strazi tu di gelosie

con sospetti mendaci?

FARNACE

Perché fervide troppo

avventa nel mio petto Amor le faci.

Sei più meco adirata?

EURINDA

Mi credi tu innocente?

FARNACE

Sì volto idolatrato.

EURINDA

Io son placata.

 

EURINDA E FARNACE

No, no più nostri diletti    

amareggia gelosia.

Bella fiamma tu sei mia,

dolce foco mio tu sei,

tu m'avvivi, tu mi bei.

S

 
 

Scena decimasettima

Appartamenti d'Artabano.
Artabano, Surena, Messo.

 Q 

Artabano, Surena, Messo

 

ARTABANO

O donna gloriosa.  

SURENA

Chi avrebbe mai creduto in sesso imbelle

tant'ardir, cor sì fiero,

spirito sì guerriero.

MESSO

Sire, le porte ferree, all'improvviso

sforzate, e prese, ambe le Medie inonda

lo scita audace; oh quante schiere, oh quante

quell'oste in sé contiene,

i tumidi torrenti, e le lor vene

non hanno alla sua sete umor bastante:

il barbaro inumano

ciò, che la spada sua svenar non puote

sacrifica a Vulcano;

e se tu non reprimi

con l'armi tue famose, e fortunate,

l'ardir suo temerario, in breve tutte

vedrai quelle province arse, e distrutte.

ARTABANO

Per adornar lo scita

le nostre tempie di novelli allori

suscita risse, e semina rumori:

ah ch'alle sue ruine egli m'invita,

voglio, che corra sangue

la Volga, il Tanai, il Boristene algente,

e vo' di questa gente

drizzar alti trofei

sin sui monti Iperborei, e sui Rifei.

Surena udisti, a noi partir conviene

dalle regioni armene,

or con quai mezzi, questo novo regno

dalla forza domato,

ch'ancor dalla sue piaghe

distilla il sangue, conservar poss'io

sotto l'impero mio?

SURENA

D'Armenia i capi alteri,

ch'indurre a ribellion posson l'insana,

e volubile plebe

tosto insieme raduna, e li recidi

da busti lor, e il re prigione uccidi.

ARTABANO

Empi consigli. E i dèi?

SURENA

Quando hai del ciel rispetto

puoi deporre lo scettro, e terminare

di dar leggi alla Partia, e di regnare.

Ciò mi fa dir, signore,

della grandezza tua zelo, ed amore.

ARTABANO

Politica sì barbara, e sì fiera

i miei regi antenati

non mi lasciar col regno,

chi con tal arte impera

è di corona indegno.

Tigrane, e Doriclea sian qui condotti.

SURENA

Ad obbedirti io vado.

 

Surena, Messo ->

 

Scena decimaottava

Artabano, Farnace.

<- Farnace

 

ARTABANO

Quel re, che non imita  

nella clemenza Giove,

qual sì prodigo piove

all'ingrato mortale i suoi tesori

non è re, ma tiranno,

degno, ch'i giusti, e vindici rigori

l'alta divinità drizzi a suo danno.

FARNACE

Artabano, pietade

d'un povero geloso,

te la chiede Farnace.

ARTABANO

Se disposto foss'io

di castigar Tigrane, a tue richieste

principe illustre io diverrei pietoso,

ma non ho cor sì di fierezza cinto,

ch'offender possa un infelice, un vinto.

FARNACE

Generose parole.

Ben a ragion si spande

del tuo nome la fama altera, e grande,

ovunque bagna il mare, e splende il sole.

 

Scena decimanona

Surena, Artabano, Tigrane, Farnace.

<- Surena, Tigrane

 

SURENA

Or, or sarà qui la guerriera addotta.  

ARTABANO

Tigrane a chi s'umilia io lascio i regni,

ma chi a resister dall'audacia è spinto

desta a' suoi precipizi i miei disdegni:

tale tu fosti, e tale,

delle sciagure immerso insino al fondo,

e vinto, e prigionier ti mira il mondo.

Ora contro di te rigidamente

le tante mie vittorie usar potrei,

ma in questo petto annido alma indulgente,

intenta sempre a sollevar quei stessi,

che giustamente ha la mia destra oppressi;

bastami averti doma

l'alterezza natia.

All'Armenia ti dono, ella tua sia.

TIGRANE

No, no, possiedi pure

ciò che ragion di guerra a te concede;

a' doni riconosco il donatore:

non vo', che intercessore

sia stato di Tigrane,

a mieter glorie avvezzo,

della moglie impudica un bacio, un vezzo.

FARNACE

Quanto la gelosia puote in un petto.

ARTABANO

Io giuro a quel tonante,

ch'ode le nostre voci

sin dal superno giro,

che mai per Doriclea conobbi Ciro.

TIGRANE

Agl'amanti spergiuri il ciel perdona,

io non vo' sulle chiome

vergognosa corona.

SURENA

Testimonio son io del regio detto.

TIGRANE

Testimoni nemici io non accetto.

 

Scena vigesima

Sabari, Farnace, Artabano, Tigrane, Surena.

<- Sabari

 

SABARI

Parti degl'odi miei  

furo i finti adulteri;

or gl'impressi pensieri

cancella dalla mente,

è la tua Doriclea casta, e innocente;

io sono un traditore,

ma se seppi tradire,

pentito dell'errore

saprò con questo ferro anco morire.

FARNACE

Fermati scellerato,

supplicio più crudel mertan tue frodi.

ARTABANO

Che t'indusse a formar queste menzogne?

SABARI

Contro di lei concetto ingiusto sdegno.

TIGRANE

O perfido Sabari, originaro

quasi i tuoi tradimenti

calamitosi, e tragici accidenti.

ARTABANO

Le memorie infelici

si profondino in Lete, or siamo amici.

TIGRANE

Giove mi dia talento,

giacché per tua mercede al regno io torno,

che possa oprar per te gran cose un giorno.

SURENA

Se ne vien Doriclea.

 

Scena vigesimaprima

Tigrane, Doriclea, Artabano, Farnace, Eurinda, Sabari, Surena.

<- Doriclea, Eurinda

 

TIGRANE

Innocente mia bella  

perdono, io t'oltraggiai,

errai tradito, errai

a creder macchia impura in una stella.

DORICLEA

Avrebbe ucciso il core

la destra avvezza ad onorate imprese,

s'ad un impudico amore

avesse dato il traditor ricetto,

se fosse stato infetto

d'amoroso veleno il sangue mio,

disserrate le vene

l'avrei mandato fuori in largo rio.

Troppo credulo sei Tigrane amato.

TIGRANE

Io sono innamorato.

ARTABANO

Bellicosa reina

ti concedo il tuo caro,

e a lui libero lascio io soglio armeno,

omai sotto il sereno

d'un pacifico cielo

regnate, e non temete

mai di nemiche offese,

sempre a vostre difese

l'invitta mia fortuna, e l'armi avrete.

 

DORICLEA E TIGRANE

Vivremo noi  

sotto gl'auspici

di te, felici.

 

ARTABANO

Valoroso Farnace  

premio de' merti tuoi

ora divenga, e sia

la progenie d'Arsace, Eurinda mia,

se per l'aureo mio trono

il tuo sangue versasti, il mio ti dono.

FARNACE

Fortunato marito,

non potea darmi il cielo

imeneo di più pregio, e più gradito.

TIGRANE

Fra cotante allegrezze

non siam di grazie avari,

alle tue colpe perdoniam, Sabari.

SABARI

I falli, i falli miei sol degni sono

di trovar inclemenza, e non perdono.

EURINDA

Doriclea? Doriclea?

Misera me, se povera d'amori

altr'amante, che Ciro io non avea.

DORICLEA

Forse Eurinda in un letto

ti avrebbe dato Ciro anco diletto.

 

EURINDA E FARNACE

Nel mare d'amore    

al porto approdiamo,

festosi godiamo.

S

DORICLEA E TIGRANE

Cessati i martiri

torniamo a' riposi,

a' scherzi amorosi.

EURINDA E FARNACE, DORICLEA E TIGRANE

Il riso al pianto,

al duolo il canto,

la luce all'ombra succede alfin,

si cangia, e muta insino il destin.

 
 

Scena ultima

Varie prospettive di villaggi e di cittadi armene.
Venere, coro d'Amori, la Pace.

 Q 

Venere, amorini, La Pace

 

VENERE

Non più d'asta la man, d'usbergo il petto,  

non più d'elmo le tempie arminsi amori,

non più Marte prepari i suoi furori,

gode la libertà chi fu soggetto.

Impensati accidenti, e fortunati

sciolti i nodi servili hanno agl'armeni,

torni la stella mia d'oro a' baleni,

e ad influire i suoi tesori usati.

 

CORO

Alle faci, agli strali,  

non più contro mortali

s'adopri spada, e scudo,

ciascun ritorni ignudo.

Agli strali, agl'ardori,

al ferire de' cori.

 

VENERE

Tu, che fecondi i desolati campi,  

tu, ch'apporti ogni bene ove t'annidi

scendi su questi armeni, amici lidi,

da cui fuggisti al suon dell'armi, a' lampi,

che noi per gire da quet'aere al polo

de' nostri cigni ora spieghiamo il volo.

 

LA PACE

Alla discesa mia  

da questi climi armeni

il ciel si rassereni,

tornin fertili, amene

dal foco della guerra

l'incenerite arene,

si rallegri la terra.

 

Fine (Atto terzo)

Prologo Atto primo Atto secondo Atto terzo

Giardino.

Doriclea
 

Sebben mai non mi vide

Ah plebe degli dèi

Doriclea
<- Sabari

Osservai, che qui venne

Sabari
Doriclea ->

Perfidissimo servo, e disleale?

Altro cortile del palazzo supremo d'Artassata.

Melloe
 

A scherzi lascivetti, alle lusinghe

Melloe
<- Orindo

Che mai ti fece amore

Orindo
Melloe ->

Chi tradisce Farnace

Orindo ->
<- Farnace, Tigrane

Quivi alloggiando il re, saranno ancora

Tigrane
Farnace ->
Tigrane
<- Sabari

La superba bellezza

Sabari
Tigrane ->

O Sabari, o Sabari

Stanze reali.

Doriclea, Melloe, Eurinda
 

Per non sembrar scortese

Doriclea, Eurinda
Melloe ->

Ben mio? / Mio cor? / Lontano

Doriclea, Eurinda
<- Orindo, Artabano

Ecco i drudi sfacciati.

Doriclea, Eurinda, Orindo, Artabano
<- Tigrane

Chi mi tolse l'onor lasci la vita.

Doriclea, Eurinda
Artabano, Tigrane, Orindo ->

Nelle vene gelate

Eurinda
Doriclea ->

Cupido traditore

Eurinda
<- Farnace

Sventurato Tigrane

Appartamenti d'Artabano.

Artabano, Surena, Messo
 

O donna gloriosa.

Artabano
Surena, Messo ->
Artabano
<- Farnace

Quel re, che non imita

Artabano, Farnace
<- Surena, Tigrane

Or, or sarà qui la guerriera addotta.

Artabano, Farnace, Surena, Tigrane
<- Sabari

Parti degl'odi miei

Artabano, Farnace, Surena, Tigrane, Sabari
<- Doriclea, Eurinda

Innocente mia bella

Doriclea e Tigrane
Vivremo noi

Valoroso Farnace

Eurinda, Farnace, Doriclea, Tigrane
Nel mare d'amore

Varie prospettive di villaggi e di cittadi armene.

Venere, amorini, La Pace
 

Non più d'asta la man, d'usbergo il petto

Tu, che fecondi i desolati campi

 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undecima Scena duodecima Scena decimaterza Scena decimaquarta Scena decimaquinta Scena decimasesta Scena decimasettima Scena decimaottava Scena decimanona Scena vigesima Scena vigesimaprima Scena ultima
Il monte della Virtù, nelle cui cime si rimira il tempio della Gloria. Si figura la scena alpestre, e sassosa, divisa dall'Arasse, fiume. Città d'Artassata. Deserto tra l'Armenia, e l'Assiria. Cortile del palazzo supremo d'Artassata, alloggiamento d'Artabano. Reggia di Marte. Giardino. Altro cortile del palazzo supremo d'Artassata. Stanze reali. Appartamenti d'Artabano. Varie prospettive di villaggi e di cittadi armene.
Prologo Atto primo Atto secondo

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