Atto terzo

 

Scena prima

Cortile interno nel carcere, in cui è custodito Timante.
Timante, ed Adrasto.

Bozzetti

 Q 

Timante, Adrasto

 

TIMANTE

Taci. E speri ch'io voglia,  

quando muore Dircea, serbarmi in vita,

stringendo un'altra sposa? E con qual fronte

sì vil consiglio osi propor?

ADRASTO

L'istessa

tua Dircea lo propone. Ella ti parla

così per bocca mia. Dice ch'è questo

l'ultimo don che ti domanda.

TIMANTE

Appunto

perch'ella il vuol, non deggio farlo.

ADRASTO

E pure...

TIMANTE

Basta così.

ADRASTO

Pensa signor...

TIMANTE

Non voglio

Adrasto altri consigli.

ADRASTO

Io per salvarti

pietoso m'affatico...

TIMANTE

Chi di viver mi parla è mio nemico.

 

ADRASTO

Non odi consiglio?  

Soccorso non vuoi?

È giusto se poi

non trovi pietà.

Chi vede il periglio

né cerca salvarsi

ragion di lagnarsi

del fato non ha.

(parte)

Adrasto ->

 

Scena seconda

Timante, e poi Cherinto.

 

TIMANTE

Perché bramar la vita? E quale in lei  

piacer si trova? Ogni fortuna è pena,

è miseria ogni età. Tremiam fanciulli

d'un guardo al minacciar; siam giuoco adulti

di fortuna ed amor; gemiam canuti

sotto il peso degli anni; or ne tormenta

la brama d'ottenere; or ne trafigge

di perdere il timore; eterna guerra

hanno i rei con sé stessi; i giusti l'hanno

con l'invidia e la frode; ombre, deliri,

sogni, follie son nostre cure; e quando

il vergognoso errore

a scoprir s'incomincia, allor si muore.

Ah si muoia una volta...

 

<- Cherinto

CHERINTO

Amato prence  

vieni al mio sen.

(l'abbraccia)

TIMANTE

Così sereno in volto

mi dai gli estremi amplessi? E queste sono

le lagrime fraterne

dovute al mio morir?

CHERINTO

Che amplessi estremi,

che lagrime, che morte, il più felice

tu sei d'ogni mortal. Placato il padre

è già con te; tutto obliò; ti rende

la tenerezza sua, la sposa, il figlio,

la libertà, la vita.

TIMANTE

A poco a poco

Cherinto per pietà. Troppe son queste,

troppe gioie in un punto. Io verrei meno

già di piacer, se ti credessi a pieno.

CHERINTO

Non dubitar Timante.

TIMANTE

E come il padre

cambiò pensier? Quando partì dal tempio

me con Dircea voleva estinto.

CHERINTO

Il disse;

e l'eseguia, che inutilmente ognuno

s'affannò per placarlo. Io cominciavo,

principe, a disperar, quando comparve

Creusa in tuo soccorso.

TIMANTE

In mio soccorso

Creusa che oltraggiai?

CHERINTO

Creusa. Ah tutti

di quell'anima bella

tu non conosci i pregi. E che non disse,

che non fe' per salvarti? I merti tuoi

come ingrandì! Come scemò l'orrore

del fallo tuo! Per quante strade e quante

il cor gli ricercò! Parlar per voi

fece l'utile, il giusto,

la gloria, la pietà. Sé stessa offesa

gli propose in esempio

e lo fece arrossir. Quand'io m'avvidi

che il genitor già vacillava, allora

volo, il ciel m'inspirò, cerco Dircea;

con Olinto la trovo; entrambi appresso

frettoloso mi traggo; e al regio ciglio

presento in quello stato e madre e figlio.

Questo tenero assalto

terminò la vittoria. O sia che l'ira

per soverchio avvampar fosse già stanca,

o che allor tutte in lui

le sue ragioni esercitasse il sangue,

il re cedé; si raddolcì; dal suolo

la nuora sollevò; si strinse al petto

l'innocente bambin; gli sdegni suoi

calmò; s'intenerì; pianse con noi.

TIMANTE

Oh mio dolce germano!

Oh caro padre mio! Cherinto andiamo,

andiamo a lui.

CHERINTO

No. Il fortunato avviso

recarti ei vuol. Si sdegnerà se vede

ch'io lo prevenni.

TIMANTE

E tanto amore e tanta

tenerezza ha per me che fino ad ora

la meritai sì poco! Oh come chiari

la sua bontà rende i miei falli! Adesso

gli veggo e n'ho rossor. Potessi almeno

di lui col re di Frigia

disimpegnar la fé. Cherinto, ah salva

l'onor suo tu che puoi. La man di sposo

offri a Creusa in vece mia. Difendi

da una pena infinita

gli ultimi dì della paterna vita.

CHERINTO

Che mi proponi, o prence! Ah per Creusa,

sappilo alfin, non ho riposo. Io l'amo

quanto amar si può mai. Ma...

TIMANTE

Che?

CHERINTO

Non spero

ch'ella m'accetti. Al successor reale

sai che fu destinata. Io non son tale.

TIMANTE

Altro inciampo non v'è?

CHERINTO

Grande abbastanza

questo mi par.

TIMANTE

Va'; la paterna fede

disimpegna o german. Tu sei l'erede.

CHERINTO

Io?

TIMANTE

Sì. Già lo saresti

s'io non vivea per te. Ti rendo, o prence,

parte sol del tuo dono

quando ti cedo ogni ragione al trono.

CHERINTO

E il genitore...

TIMANTE

E il genitore almeno

non vedremo arrossir. Povero padre!

Posso far men per lui? Che cosa è un regno

a paragon di tanti

beni ch'egli mi rende?

CHERINTO

Ah perde assai

chi lascia una corona.

TIMANTE

Sempre è più quel che resta a chi la dona.

 

CHERINTO

Nel tuo dono io veggo assai  

che del don maggior tu sei;

nessun trono invidierei

come invidio il tuo gran cor.

Mille moti in un momento

tu mi fai svegliar nel petto

di vergogna, di rispetto,

di contento e di stupor.

(parte)

Cherinto ->

 

Scena terza

Timante, e poi Matusio con un foglio in mano.

 

TIMANTE

Oh figlio, oh sposa, oh care  

parti dell'alma mia. Dunque fra poco

v'abbraccerò sicuro. È dunque vero

che fino all'ore estreme

senza più palpitar vivremo insieme?

Numi, che gioia è questa! A pruova io sento

che ha più forza un piacer d'ogni tormento.

 

<- Matusio

MATUSIO

Prence, signor.  

TIMANTE

Sei tu Matusio? Ah scusa

se invano al mar tu m'attendesti.

MATUSIO

Assai

ti scusa il luogo in cui ti trovo.

TIMANTE

E come

potesti mai qui penetrar!

MATUSIO

Cherinto

m'agevolò l'ingresso.

TIMANTE

Ei t'avrà dette

le mie felicità.

MATUSIO

No. Frettoloso

non so dove correa.

TIMANTE

Gran cose, amico,

gran cose ti dirò.

MATUSIO

Forse più grandi

da me ne ascolterai.

TIMANTE

Sappi che in terra

il più lieto or son io.

MATUSIO

Sappi che or ora

scopersi un gran segreto.

TIMANTE

E quale?

MATUSIO

Ascolta

se la novella è strana.

Dircea non è mia figlia. È tua germana.

TIMANTE
(turbato)

Mia germana Dircea!

Eh tu scherzi con me.

MATUSIO

Non scherzo o prence;

la cuna, il sangue, il genitor, la madre

hai comuni con lei.

TIMANTE

Taci. Che dici?

(Ah no 'l permetta il ciel.)

MATUSIO

Fede sicura

questo foglio ne fa.

TIMANTE
(con impazienza)

Che foglio è quello?

Porgilo a me.

MATUSIO

Sentimi pria. Morendo

chiuso me 'l diè la mia consorte; e volle

giuramento da me che, (tolto il caso

che a Dircea sovrastasse alcun periglio),

aperto non l'avrei.

TIMANTE

Quand'ella adunque

oggi dal re fu destinata a morte,

perché non lo facesti?

MATUSIO

Eran tant'anni

scorsi di già ch'io l'obliai.

TIMANTE

Ma come

or ti sovvien?

MATUSIO

Quando a fuggir m'accinsi

fra le cose più care

il ritrovai che trassi meco al mare.

TIMANTE
(con impazienza)

Lascia alfin ch'io lo vegga.

MATUSIO

Aspetta.

TIMANTE

Oh stelle!

MATUSIO

Rammenti già che alla real tua madre

fu amica sì fedel la mia consorte

che in vita l'adorò, seguilla in morte?

TIMANTE

Lo so.

MATUSIO

Questo ravvisi

reale impronto?

TIMANTE

Sì.

MATUSIO

Vedi ch'è il foglio

di propria man della regina impresso?

TIMANTE
(con impazienza)

Sì, non straziarmi più.

MATUSIO

Leggilo adesso.

(gli porge il foglio)

TIMANTE

(Mi trema il cor.)

(legge)

«Non di Matusio è figlia

ma del tronco reale

germe è Dircea. Demofoonte è il padre,

nacque da me. Come cambiò fortuna

altro foglio dirà. Quello si cerchi

nel domestico tempio a piè del nume,

là dove altri non osa

accostarsi che il re. Pruova sicura

eccone intanto; una regina il giura.

Argia»

MATUSIO

Tu tremi o prence!

Questo è più che stupor. Perché ti copri

di pallor sì funesto!

TIMANTE

(Onnipotenti dèi che colpo è questo!)

MATUSIO

Narrami adesso almeno

le tue felicità.

TIMANTE

Matusio ah parti.

MATUSIO

Ma che t'affligge? Una germana acquisti

ed è questa per te cagion di duolo?

TIMANTE

Lasciami per pietà, lasciami solo.

(si getta a sedere)

MATUSIO

Quanto le menti umane

son mai varie fra lor! Lo stesso evento

a chi reca diletto, a chi tormento.

 

Ah che né mal verace  

né vero ben si dà;

prendono qualità

da' nostri affetti.

Secondo in guerra o in pace

trovano il nostro cor,

cambiano di color

tutti gli oggetti.

(parte)

Matusio ->

 

Scena quarta

Timante solo.

 

 

Misero me! Qual gelido torrente  

mi ruina sul cor! Qual nero aspetto

prende la sorte mia! Tante sventure

comprendo alfin; perseguitava il cielo

un vietato imeneo. Le chiome in fronte

mi sento sollevar. Suocero e padre

m'è dunque il re! Figlio e nipote Olinto!

Dircea moglie e germana? Ah qual funesta

confusion d'opposti nomi è questa.

Fuggi, fuggi Timante. Agli occhi altrui

non esporti mai più. Ciascuno a dito

ti mostrerà. Del genitor cadente

tu sarai la vergogna; e quanto, oh dio,

si parlerà di te. Tracia infelice

ecco l'Edipo tuo. D'Argo e di Tebe

le furie in me tu rinnovar vedrai.

Ah non t'avessi mai

conosciuta Dircea. Moti del sangue

eran quei ch'io credevo

violenze d'amor. Che infausto giorno

fu quel che pria ti vidi! I nostri affetti

che orribili memorie

saran per noi! Che mostruoso oggetto

a me stesso io divengo! Odio la luce;

ogn'aura mi spaventa; al piè tremante

parmi che manchi il suol; strider mi sento

cento folgori intorno e leggo, oh dio,

scolpito in ogni sasso il fallo mio.

 

Scena quinta

Creusa, Demofoonte, Adrasto con Olinto per mano e Dircea, l'uno dopo l'altro da parti opposte, e detto.

<- Creusa

 

CREUSA

Timante.  

TIMANTE

Ah principessa, ah perché mai

morir non mi lasciasti?

 

<- Demofoonte

DEMOFOONTE

Amato figlio.  

TIMANTE

Ah no; con questo nome

non chiamarmi mai più.

CREUSA

Forse non sai...

TIMANTE

Troppo, troppo ho saputo.

DEMOFOONTE

Un caro amplesso

pegno del mio perdon... Come! T'involi

dalle paterne braccia!

TIMANTE

Ardir non ho di rimirarti in faccia.

CREUSA

Ma perché?

DEMOFOONTE

Ma che avvenne?

 

<- Adrasto, Olinto

ADRASTO
(a Timante)

Ecco il tuo figlio,  

consolati signor.

TIMANTE

Dagli occhi Adrasto

toglimi quel bambin.

 

<- Dircea

DIRCEA

Sposo adorato.  

TIMANTE

Parti, parti Dircea.

DIRCEA

Da te mi scacci

in dì così giocondo?

TIMANTE

Dove, misero me, dove m'ascondo?

DIRCEA

Ferma.

DEMOFOONTE

Senti.

CREUSA

T'arresta.

TIMANTE

Ah voi credete

consolarmi, crudeli, e m'uccidete.

DEMOFOONTE

Ma da chi fuggi?

TIMANTE

Io fuggo

dagli uomini, da' numi,

da voi tutti e da me.

DIRCEA

Ma dove andrai?

TIMANTE

Ove non splenda il sole,

ove non sian viventi, ove sepolta

la memoria di me sempre rimanga.

DEMOFOONTE

E il padre?

ADRASTO

E il figlio?

DIRCEA

E la tua sposa?

TIMANTE

Oh dio

non parlate così. Padre, consorte,

figlio, german son dolci nomi agli altri;

ma per me sono orrori.

CREUSA

E la cagione?

TIMANTE

Non curate saperla.

Scordatevi di me.

DIRCEA

Deh per quei primi

fortunati momenti in cui ti piacqui...

TIMANTE

Taci Dircea.

DIRCEA

Per quei soavi nodi...

TIMANTE

Ma taci per pietà. Tu mi trafiggi

l'anima e non lo sai.

DIRCEA

Già che sì poco

curi la sposa, almen ti muova il figlio.

Guardalo, è quell'istesso

ch'altre volte ti mosse;

guardalo; è sangue tuo.

TIMANTE

Così no 'l fosse.

DIRCEA

Ma in che peccò? Perché lo sdegni? A lui

perché nieghi un sguardo? Osserva, osserva

le pargolette palme

come solleva a te, quanto vuol dirti

con quel riso innocente.

TIMANTE

Ah se sapessi,

infelice bambin, quel che saprai

per tua vergogna un giorno,

lieto così non mi verresti intorno.

 

Misero pargoletto  

il tuo destin non sai.

Ah non gli dite mai

qual era il genitor.

Come in un punto, oh dio,

tutto cambiò d'aspetto!

Voi foste il mio diletto,

voi siete il mio terror.

(parte)

Timante ->

 

Scena sesta

Demofoonte, Dircea, Creusa, Adrasto.

 

DEMOFOONTE

Seguilo Adrasto. Ah, chi di voi mi spiega  

se il mio Timante è disperato o stolto?

 
(Adrasto parte, dopo aver consegnato Olinto ad un servo, che lo conduce fuori di scena)

<- servo

servo, Olinto, Adrasto ->

 

 

Ma voi smarrite in volto,  

mi guardate e tacete. Almen sapessi

qual rovina sovrasta,

qual riparo apprestar. Numi del cielo

datemi voi consiglio;

fate almen ch'io conosca il mio periglio.

 

Odo il suono de' queruli accenti;  

veggo il fumo che intorbida il giorno;

strider sento le fiamme d'intorno;

né comprendo l'incendio dov'è.

La mia tema fa 'l dubbio maggiore;

nel mio dubbio s'accresce il timore,

tal ch'io perdo, per troppo spavento,

qualche scampo che v'era per me.

(parte)

Sfondo schermo () ()

Demofoonte ->

 

Scena settima

Dircea, e Creusa.

 

CREUSA

E tu Dircea che fai? Di te si tratta,  

si tratta del tuo sposo. Appresso a lui

corri, cerca saper... Ma tu non m'odi?

Tu le attonite luci

non sollevi dal suol? Dal tuo letargo

svegliati alfin. Sempre il peggior consiglio

è il non prenderne alcun. S'altro non sai

sfoga il duol che nascondi,

piangi, lagnati almen, parla, rispondi.

 

DIRCEA

Che mai risponderti,  

che dir potrei?

Vorrei difendermi,

fuggir vorrei;

né so qual fulmine

mi fa tremar.

Divenni stupida

nel colpo atroce.

Non ho più lagrime;

non ho più voce;

non posso piangere;

non so parlar.

(parte)

Sfondo schermo () ()

Dircea ->

 

Scena ottava

Creusa sola.

 

 

Qual terra è questa! Io perché venni a parte  

delle miserie altrui! Quante in un giorno,

quante il caso ne aduna! Ire crudeli

tra figlio e genitor, vittime umane,

contaminati tempi,

infelici imenei; mancava solo

che tremar si dovesse

senza saper perché. Ma troppo, o sorte,

è violento il tuo furor. Conviene

che passi o scemi. In così rea fortuna

parte è di speme il non averne alcuna.

 

Non dura una sventura  

quando a tal segno avanza.

Principio è di speranza

l'eccesso del timor.

Tutto si muta in breve.

E il nostro stato è tale,

che, se mutar si deve,

sempre sarà miglior.

(parte)

Creusa ->

 
 

Scena nona

Luogo magnifico nella reggia festivamente adornato per le nozze di Creusa.
Timante, e Cherinto.

 Q 

<- Timante, Cherinto

 

TIMANTE

Dove, crudel, dove mi guidi? Ah queste  

liete pompe festive

son pene a un disperato.

CHERINTO

Io non conosco

più il mio german. Che debolezza è questa

troppo indegna di te? Senza saperlo

errasti alfin; sei sventurato, è vero,

ma non sei reo. Qualunque male è lieve

dove colpa non è.

TIMANTE

Dall'opre il mondo

regola i suoi giudizi. E la ragione,

quando l'opra condanna, indarno assolve.

Son reo purtroppo; e, se finor no 'l fui,

lo divengo vivendo. Io non mi posso

dimenticar Dircea. Sento che l'amo;

so che non deggio. In così brevi istanti

come franger quel nodo

che un vero amor, che un imeneo, che un figlio

strinser così? Che le sventure istesse

resero più tenace? E tanta fede?

E sì dolci memorie?

E sì lungo costume? Oh dio Cherinto,

lasciami per pietà. Lascia ch'io mora

finché sono innocente.

 

Scena decima

Adrasto, poi Matusio, indi Dircea con Olinto, e detti.

<- Adrasto

 

ADRASTO

Il re per tutto  

ti ricerca, o Timante. Or con Matusio

dal domestico tempio uscir lo vidi.

Ambo son lieti in volto

né chiedon che di te.

TIMANTE

Fuggasi. Io temo

troppo l'incontro del paterno ciglio.

 

<- Matusio

MATUSIO

Figlio mio, caro figlio.  

(abbracciandolo)

TIMANTE

A me tal nome!

Come? Perché?

MATUSIO

Perché mio figlio sei,

perché son padre tuo.

TIMANTE

Tu sogni... Oh stelle!

Torna Dircea.

 

<- Dircea, Olinto

DIRCEA

No; non fuggirmi, o sposo;  

tua germana io non son.

TIMANTE

Voi m'ingannate

per rimetter in calma il mio pensiero.

 

Scena undicesima

Demofoonte con Séguito, e detti.

<- Demofoonte, seguito

 

DEMOFOONTE

Non t'ingannan, Timante, è vero, è vero.  

TIMANTE

Se mi tradiste adesso

sarebbe crudeltà.

DEMOFOONTE

Ti rassicura.

No, mio figlio non sei. Tu con Dircea

fosti cambiato in fasce. Ella è mia prole,

tu di Matusio. Alla di lui consorte

la mia ti chiese in dono. Utile al regno

il cambio allor credé. Ma quando poi

nacque Cherinto, al proprio figlio il trono

d'aver tolto s'avvide; e a me l'arcano

non ardì palesar, che troppo amante

già di te mi conobbe. All'ore estreme

ridotta alfin, tutto in due fogli il caso

scritto lasciò. L'un diè all'amica; e quello

Matusio ti mostrò; l'altro nascose;

ed è questo che vedi.

TIMANTE

E perché tutto

nel primo non spiegò?

DEMOFOONTE

Solo a Dircea

lasciò in quello una pruova

del regio suo natal. Bastò per questo

giurar ch'era sua figlia. Il gran segreto

della vera tua sorte era un arcano

da non fidar che a me, perch'io potessi

a seconda de' casi

palesarlo o tacerlo. A tale oggetto

celò quest'altro foglio in parte solo

accessibile a me.

TIMANTE

Sì strani eventi

mi fanno dubitar.

DEMOFOONTE

Troppo son certe

le pruove, i segni; eccoti il foglio in cui

di quanto ti narrai la serie è accolta.

TIMANTE

Non deludermi, o sorte, un'altra volta.

(prende il foglio e legge fra sé. Intanto)

 

Scena ultima

Creusa, e detti.

<- Creusa

 

CREUSA

Signor, veraci sono  

le felici novelle, onde la reggia

tutta si riempì?

DEMOFOONTE

Sì principessa.

Ecco lo sposo tuo. L'erede, il figlio

io ti promisi; ed in Cherinto io t'offro

ed il figlio e l'erede.

CHERINTO

Il cambio forse

spiace a Creusa.

CREUSA

A quel che il ciel destina

invan farei riparo.

CHERINTO

Ancora non vuoi dir ch'io ti son caro!

CREUSA

L'opra stessa il dirà.

TIMANTE

Dunque son io

quell'innocente usurpator di cui

l'oracolo parlò!

DEMOFOONTE

Sì. Vedi come

ogni nube sparì. Libero è il regno

dall'annuo sacrificio; al vero erede

la corona ritorna; io le promesse

mantengo al re di Frigia,

senza usar crudeltà; Cherinto acquista

la sua Creusa, ella uno scettro; abbracci

sicuro tu la tua Dircea; non resta

una cagion di duolo;

e scioglie tanti nodi un foglio solo.

TIMANTE

Oh caro foglio! Oh me felice! Oh numi

da qual orrido peso

mi sento alleggerir! Figlio, consorte

tornate a questo sen; posso abbracciarvi

senza tremar.

DIRCEA

Che fortunato istante!

CREUSA

Che teneri trasporti!

TIMANTE

(s'inginocchia)

A' piedi tuoi

eccomi un'altra volta

mio giustissimo re. Scusa gli eccessi

d'un disperato amor. Sarò, lo giuro,

sarò miglior vassallo

che figlio non ti fui.

DEMOFOONTE

Sorgi; tu sei

mio figlio ancor. Chiamami padre. Io voglio

esserlo fin che vivo. Era finora

obbligo il nostro amor; ma quindi innanzi

elezion sarà. Nodo più forte

fabbricato da noi, non dalla sorte.

 

CORO

Par maggiore ogni diletto,  

se in un'anima si spande

quand'oppressa è dal timor.

Qual piacer sarà perfetto,

se convien per esser grande

che cominci dal dolor?

Sfondo schermo () ()

 

Fine (Atto terzo)

Atto primo Atto secondo Atto terzo

Cortile interno nel carcere.

Timante, Adrasto
 

Taci. E speri ch'io voglia

Timante
Adrasto ->

Perché bramar la vita? E quale in lei

Timante
<- Cherinto

Amato prence vieni al mio sen

Timante
Cherinto ->

Oh figlio, oh sposa, oh care

Timante
<- Matusio

Prence, signor / Sei tu Matusio?

Timante
Matusio ->

Misero me! Qual gelido torrente

Timante
<- Creusa

Timante / Ah principessa, ah perché mai

Timante, Creusa
<- Demofoonte

Amato figlio

Timante, Creusa, Demofoonte
<- Adrasto, Olinto

Ecco il tuo figlio

Timante, Creusa, Demofoonte, Adrasto, Olinto
<- Dircea

Sposo adorato

Creusa, Demofoonte, Adrasto, Olinto, Dircea
Timante ->

Seguilo Adrasto. Ah, chi di voi mi spiega

Creusa, Demofoonte, Adrasto, Olinto, Dircea
<- servo
Creusa, Demofoonte, Dircea
servo, Olinto, Adrasto ->

Ma voi smarrite in volto

Creusa, Dircea
Demofoonte ->

E tu Dircea che fai? Di te si tratta

Creusa
Dircea ->

Qual terra è questa!

Creusa ->

Luogo magnifico nella reggia festivamente adornato per le nozze.

<- Timante, Cherinto

Dove, crudel, dove mi guidi?

Timante, Cherinto
<- Adrasto

Il re per tutto ti ricerca, o Timante

Timante, Cherinto, Adrasto
<- Matusio

Figlio mio, caro figlio

Timante, Cherinto, Adrasto, Matusio
<- Dircea, Olinto

No; non fuggirmi, o sposo

Timante, Cherinto, Adrasto, Matusio, Dircea, Olinto
<- Demofoonte, seguito

Non t'ingannan, Timante, è vero, è vero

Timante, Cherinto, Adrasto, Matusio, Dircea, Olinto, Demofoonte, seguito
<- Creusa

Signor, veraci sono

 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena ultima
Orti pensili corrispondenti a vari appartamenti della reggia di Demofoonte. Porto di mare festivamente adornato; vista di molte navi. Gabinetti. Portici. Atrio del tempio d'Apollo; magnifica ma breve scala per cui si ascende al tempio medesimo,... Cortile interno nel carcere. Luogo magnifico nella reggia festivamente adornato per le nozze.
Atto primo Atto secondo

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