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Scena prima |
Gabinetti. Demofoonte, e Creusa. |
Q
Demofoonte, Creusa
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DEMOFOONTE |
Chiedi pure, o Creusa. In questo giorno
tutto farò per te. Ma non parlarmi
a favor di Dircea. Voglio che il padre
morir la vegga. Il temerario offese
troppo il real decoro. In faccia mia
sediziose voci
sparger nel volgo! A' miei decreti opporsi!
Paragonarsi a me! Regnar non voglio
se tal vergogna ho da soffrir nel soglio.
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CREUSA |
Io non vengo per altri
a pregarti, signor. Conosco assai
quel che potrei sperar. Le mie preghiere
son per me stessa.
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DEMOFOONTE |
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CREUSA |
In Frigia
subito ritornar. Manca il tuo cenno
perché possan dal porto
le navi uscir. Questo io domando; e credo
che negarlo non puoi. Se pur qui, dove
venni a parte del trono,
(non è strano il timor), schiava io non sono.
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DEMOFOONTE |
Che dici, o principessa? Ah quai sospetti!
Che pungente parlar! Partir da noi!
E lo sposo? E le nozze?
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CREUSA |
Eh per Timante
Creusa è poco. Una beltà mortale
non lo speri ottener. Per lui... Ma questa
la mia cura non è. Partir vogl'io;
posso, o signor?
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DEMOFOONTE |
Tu sei
l'arbitra di te stessa. In Tracia a forza
ritenerti io non vuò. Ma non sperai
tale ingiuria da te.
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CREUSA |
Non so di noi
chi ha ragion di lagnarsi; e il prence... Alfine
bramo partir.
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DEMOFOONTE |
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CREUSA |
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DEMOFOONTE |
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CREUSA |
Così meco
parlato non avesse.
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DEMOFOONTE |
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CREUSA |
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DEMOFOONTE |
Creusa intendo.
Ruvido troppo alle parole, agli atti
ti parve il prence. Ei freddamente forse
t'accolse, ti parlò. Scuso il tuo sdegno.
A te che sei di Frigia
a' molli avvezza e teneri costumi
aspra rassembra e dura
l'aria d'un trace. E se Timante è tale,
meraviglia non è. Nacque fra l'armi,
fra l'armi s'educò. Teneri affetti
per lui son nomi ignoti. A te si serba
la gloria d'erudirlo
ne' misteri d'amor. Poco, o Creusa
ti costerà. Che non insegna un volto
sì pien di grazie, e due vivaci lumi,
che parlan come i tuoi? S'apprende in breve
sotto la disciplina
di sì dotti maestri ogni dottrina.
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CREUSA |
Al rossor d'un rifiuto una mia pari
non s'espone però.
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DEMOFOONTE |
Rifiuto! E come
lo potresti temer?
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CREUSA |
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DEMOFOONTE |
La mano,
pur che tu non la sdegni, in questo giorno
il figlio a te darà. La mia ne impegno
fede reale. E se l'audace ardisse
di repugnar, da mille furie invaso
saprei... Ma no. Troppo è lontano il caso.
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CREUSA |
(Sì sì, Timante all'imeneo s'astringa
per poter rifiutarlo.) Ebbene, accetto
signor la tua promessa; or fia tua cura
che poi...
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DEMOFOONTE |
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CREUSA
Tu sai chi son; tu sai
quel ch'al mio onor conviene.
Pensaci. E s'altro avviene
non ti lagnar di me.
Tu re, tu padre sei
ed obliar non déi
come comanda un padre,
come punisce un re.
(parte)
| Creusa ->
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Scena seconda |
Demofoonte, e poi Timante. |
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DEMOFOONTE |
Che alterezza ha costei! Quasi... Ma tutto
al grado, al sesso ed all'età si doni.
Pur convien che Timante
troppo mal l'abbia accolta. È forza ch'io
l'avverta, lo riprenda. Acciò più saggio
le ripugnanze sue vinca in appresso.
(alle guardie)
Timante a me. Ma viene ei stesso.
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Vien Timante istesso. | <- Timante
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TIMANTE |
Mio re, mio genitor, grazia, perdono,
pietà.
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DEMOFOONTE |
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TIMANTE |
Per l'infelice figlia
dell'afflitto Matusio.
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DEMOFOONTE |
Ho già deciso
del suo destin. Non si rivoca un cenno
che uscì da regio labbro. È d'un errore
conseguenza il pentirsi. E il re non erra.
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TIMANTE |
Se si adorano in terra, è perché sono
placabili gli dèi. D'ogn'altro è il fato
nume il più grande; e sol perché non muta
un decreto giammai, non trovi esempio
di chi voglia innalzargli un'ara, un tempio.
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DEMOFOONTE |
Tu non sai che del trono
è custode il timor.
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TIMANTE |
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DEMOFOONTE |
Di lui figlio è il rispetto.
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TIMANTE |
E porta seco
tutti i dubbi del padre.
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DEMOFOONTE |
A poco a poco
diventa amor.
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TIMANTE |
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DEMOFOONTE |
Il tempo
t'insegnerà quel ch'or non sai. Per ora
d'altro abbiamo a parlar. Dimmi; a Creusa
che mai facesti? In questo dì tua sposa
esser deve e l'irriti!
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TIMANTE |
Ho tal per lei
repugnanza nel cor che non mi sento
valor di superarla.
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DEMOFOONTE |
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TIMANTE |
Ne parleremo. Or per Dircea signore
sono al tuo piè. Quell'innocente vita
dona a' prieghi d'un figlio.
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DEMOFOONTE |
E pur di lei
torni a parlar! Se l'amor mio t'è caro
questa impresa abbandona.
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TIMANTE |
Ah padre amato
non ti posso ubbidir. Deh se giammai
il tuo paterno affetto
son giunto a meritar, se adorno il seno
d'onorate ferite alle tue braccia
ritornai vincitor, se i miei trionfi,
del tuo sublime esempio
non tardi frutti, han mai saputa alcuna
esprimerti dal ciglio
lagrima di piacer, libera, assolvi
la povera Dircea. Misera! Io solo
parlo per lei; l'abbandonò ciascuno;
non ha speme che in me. Sarebbe, oh dio!
troppa inumanità, senza delitto,
nel fior degli anni suoi, su l'are atroci
vederla agonizzar. Vederle a rivi
sgorgar tiepido il sangue
dal molle sen. Del moribondo labbro
udir gli ultimi accenti, i moti estremi
degli occhi suoi... Ma tu mi guardi, o padre!
Tu impallidisci! Ah lo conosco; è questo
un moto di pietà.
(s'inginocchia)
Deh non pentirti;
secondalo, o signor. No, finch'il cenno
onde viva Dircea padre non dai,
io dal tuo piè non partirò giammai.
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DEMOFOONTE |
Principe! (Oh sommi dèi!) Sorgi. E che deggio
creder di te? Quel nominar con tanta
tenerezza Dircea, queste eccessive,
violenti premure
che voglion dir? L'ami tu forse?
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TIMANTE |
Invano
farei studio a celarlo.
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DEMOFOONTE |
Ah questa è dunque
delle freddezze tue verso Creusa
la nascosta sorgente. E che pretendi
da questo amor? Che per tua sposa forse
una vassalla io ti conceda? O pensi
che un imeneo nascosto... Ah se potessi
immaginarmi sol...
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TIMANTE |
Qual dubbio mai
ti cade in mente! A tutti i numi il giuro
non sposerò Dircea; no 'l bramo. Io chiedo
che viva solo. E se pur vuoi che mora
morrà, non lusingarti, il figlio ancora.
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DEMOFOONTE |
(Per vincerlo si ceda.) E ben tu 'l vuoi;
vivrà la tua diletta.
La dono a te.
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TIMANTE |
Mio caro padre...
(vuol baciargli la mano)
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DEMOFOONTE |
Aspetta.
Merita la paterna
condiscendenza una mercé?
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TIMANTE |
La vita,
il sangue mio...
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DEMOFOONTE |
No, caro figlio, io bramo
meno da te. Nella real Creusa
rispetta la mia scelta. A queste nozze
non ti mostrar sì avverso.
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TIMANTE |
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DEMOFOONTE |
Lo veggo;
ti costan pena. Or questa pena accresca
merito all'ubbidienza. Ebb'io pietade
della tua debolezza; abbi tu cura
dell'onor mio. Che si diria Timante
del padre tuo, se per tua colpa astretto
le promesse a tradir... Ma tanto ingrato
so che non sei. Vieni alla sposa; al tempio
conduciamola adesso; adesso in faccia
agl'invocati dèi
adempi, o figlio, i tuoi doveri e i miei.
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TIMANTE |
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DEMOFOONTE |
Io fin ad ora, o prence,
da padre ti parlai. Non obbligarmi
a parlarti da re.
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TIMANTE |
Del re, del padre
venerabili i cenni
egualmente mi son. Ma tu lo sai;
amor forza non soffre.
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DEMOFOONTE |
Amor governa
le nozze de' privati; hanno i tuoi pari
nume maggior che gli congiunge. E questo
sempre è il pubblico ben.
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TIMANTE |
Se il bene altrui
tal prezzo ha da costar...
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DEMOFOONTE |
Prence, son stanco
di garrir teco. Altra ragion non rendo.
Io così voglio.
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TIMANTE |
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DEMOFOONTE |
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TIMANTE |
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DEMOFOONTE |
E voglio
che in Dircea s'incominci il tuo castigo.
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TIMANTE |
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DEMOFOONTE |
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TIMANTE |
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DEMOFOONTE |
Intesi assai.
Dircea voglio che mora.
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TIMANTE |
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DEMOFOONTE |
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TIMANTE (turbato) |
Sì partirò. Ma poi
non ti lagnar...
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DEMOFOONTE |
Che! Temerario! Oh dèi!
Minacci!
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TIMANTE |
Io non distinguo
se prego o se minaccio. A poco a poco
la ragion m'abbandona. A un passo estremo
non costringermi, o padre. Io mi protesto;
farei... Chi sa?
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DEMOFOONTE |
Di'. Che faresti ingrato?
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TIMANTE |
Tutto quel che farebbe un disperato.
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Prudente mi chiedi?
Mi brami innocente?
Lo senti; lo vedi;
dipende da te.
Di lei, per cui peno,
se penso al periglio,
tal smania ho nel seno,
tal benda ho sul ciglio,
che l'alma di freno
capace non è.
(parte)
| Timante ->
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Scena terza |
Demofoonte solo. |
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Dunque m'insulta ognun? L'ardita nuora,
il suddito superbo, il figlio audace
tutti scuotono il freno. Ah non è tempo
di soffrir più. Custodi, olà. Dircea
si tragga al sacrificio
senz'altro indugio; ella è cagion de' falli
del padre suo, del figlio mio. Né quando
fosse innocente ancora
viver dovrebbe. È necessario al regno
l'imeneo con Creusa; e mai Timante
no 'l compirà finché Dircea non muore.
Quando al pubblico giova,
è consiglio prudente
la perdita d'un solo, anche innocente.
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Se tronca un ramo, un fiore
l'agricoltor così,
vuol che la pianta un dì
cresca più bella.
Tutta sarebbe errore
lasciarla inaridir,
per troppo custodir
parte di quella.
(parte)
| (♦)
(♦)
Demofoonte ->
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Scena quarta |
Portici. Matusio, e Timante. |
Q
Matusio, Timante
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MATUSIO |
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TIMANTE |
Sì, caro amico, è nella fuga. Invece
di placarsi a' miei prieghi
il re più s'irritò. Fuggir conviene
e fuggire a momenti. Un agil legno
sollecito provvedi. In quello aduna
quanto potrai di prezioso e caro;
e dove fra' scogli
alla destra del porto il mar s'interna,
m'attendi ascoso. Io con Dircea fra poco
a te verrò.
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MATUSIO |
| |
TIMANTE |
Deluderò la cura. Ignota via
v'è chi m'apre all'albergo ov'ella è chiusa.
Va', che il tempo è infedele a chi ne abusa.
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| |
|
MATUSIO
È soccorso d'incognita mano
quella brama che l'alma t'accende;
qualche nume pietoso ti fa.
Dall'esempio d'un padre inumano
non s'apprende sì bella pietà.
(parte)
| Matusio ->
|
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Scena quinta |
Timante, e poi Dircea in bianca veste e coronata di fiori fra le Guardie ed i Ministri del tempio. |
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| |
TIMANTE |
Gran passo è la mia fuga! Ella mi rende
e povero e privato. Il regno e tutte
le paterne ricchezze
io perderò. Ma la consorte e il figlio
vaglion di più. Proprio valor non hanno
gli altri beni in sé stessi; e gli fa grandi
la nostra opinion. Ma i dolci affetti
e di padre e di sposo hanno i lor fonti
nell'ordine del tutto. Essi non sono
originati in noi
dalla forza dell'uso o dalle prime
idee di cui bambini altri ci pasce;
già n'ha i semi nell'alma ognun che nasce.
Fuggasi pur... Ma chi s'appressa? È forse
il re; veggo i custodi. Ah no; vi sono
ancor sacri ministri; e in bianche spoglie
fra lor... Misero me! La sposa! Oh dio!
Fermatevi. Dircea, che avvenne?
| |
| <- Dircea, guardie, ministri del tempio
|
DIRCEA |
Alfine
ecco l'ora fatale. Ecco l'estremo
istante ch'io ti veggo. Ah prence, ah questo
è pur l'amaro passo.
| |
TIMANTE |
| |
DIRCEA |
| |
TIMANTE |
Infin ch'io vivo...
(vuol snudar la spada)
| |
DIRCEA |
Signor, che fai? Sol contro tanti, invano
difendi me, perdi te stesso.
| |
TIMANTE |
È vero.
Miglior via prenderò.
(volendo partire)
| |
DIRCEA |
| |
TIMANTE |
A raccorre
quanti amici potrò. Va' pure. Al tempio
sarò prima di te.
(in atto di partire)
| |
DIRCEA |
| |
TIMANTE |
Non v'è più che pensar. La mia pietade
già diventa furor. Tremi qualunque
oppormisi vorrà, se fosse il padre.
Non risparmio delitti; il ferro, il fuoco
vuò che abbatta, consumi
la reggia, il tempio, i sacerdoti, i numi.
(parte)
| Timante ->
|
|
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Scena sesta |
Dircea, e poi Creusa. |
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| |
DIRCEA |
Férmati. Ah non m'ascolta. Eterni dèi
custoditelo voi. S'ei pur si perde,
chi avrà cura del figlio? In questo stato
mi mancava il tormento
di tremar per lo sposo. Avessi almeno
a chi chieder soccorso... Ah principessa,
ah Creusa pietà. Non puoi negarla;
la chiede al tuo bel cuore
nell'ultime miserie una che muore.
| |
| <- Creusa
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CREUSA |
| |
DIRCEA |
Il caso mio già noto
purtroppo ti sarà. Dircea son io,
vado a morir; non ho delitto. Imploro
pietà, ma non per me. Salva, proteggi
il povero Timante. Egli si perde
per desio di salvarmi. In te ritrovi,
se i prieghi di chi muor vani non sono,
disperato assistenza e reo perdono.
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CREUSA |
E tu a morir vicina
come puoi pensar tanto al suo riposo?
| |
DIRCEA |
Oh dio! Più non cercar. Sarà tuo sposo.
| |
| |
|
Se tutti i mali miei
io ti potessi dir,
divider ti farei
per tenerezza il cor.
In questo amaro passo
sì giusto è il mio martir,
che se tu fossi un sasso
ne piangeresti ancor.
| |
| |
| (parte fra le guardie, ed i ministri, che la guidano al tempio) | Dircea, guardie, ministri del tempio ->
|
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Scena settima |
Creusa, e poi Cherinto. |
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CREUSA |
Che incanto è la beltà! Se tale effetto
fa costei nel mio cor, degno di scusa
è Timante che l'ama. Appena il pianto
io potei trattener. Questi infelici
s'aman da vero! E la cagion son io
di sì fiera tragedia? Ah no. Si trovi
qualche via d'evitarla. Appunto ho d'uopo
di te Cherinto.
| |
| <- Cherinto
|
CHERINTO |
Il mio germano esangue
domandar mi vorrai.
| |
CREUSA |
No, quella brama
con l'ira nacque e s'ammorzò con l'ira.
Or desio di salvarlo. Al sacrificio
già Dircea s'incammina.
Timante è disperato. I suoi furori
tu corri a regolar. Grazia per lei
ad implorare io vado.
| |
CHERINTO |
Oh degna cura
d'una anima reale! E chi potrebbe
non amarti, o Creusa? Ah, se non fossi
sì tiranna con me...
| |
CREUSA |
Ma donde il sai
ch'io son tiranna? È questo cor diverso
da quel che tu credesti.
Anch'io... Ma va'. Troppo saper vorresti.
| |
| |
|
CHERINTO
No, non chiedo amate stelle
se nemiche ancor mi siete.
Non è poco, o luci belle,
ch'io ne possa dubitar.
Chi non ebbe ore mai liete,
chi agli affanni ha l'alma avvezza
crede acquisto una dubbiezza
ch'è principio allo sperar.
(parte)
| Cherinto ->
|
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Scena ottava |
Creusa sola. |
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| |
|
Se immaginar potessi
Cherinto idolo mio, quanto mi costa
questo finto rigor che sì t'affanna,
ah forse allor non ti parrei tiranna.
È ver che di Timante
ancor sposa non son; facile è il cambio,
può dipender da me. Ma destinata
al regio erede, ho da servir vassalla,
dove venni a regnar? No; non consente
che sì debole io sia
il fasto, la virtù, la gloria mia.
| |
| |
|
Felice età dell'oro,
bella innocenza antica,
quando al piacer nemica
non era la virtù!
Dal fasto e dal decoro
noi ci troviamo oppressi;
e ci formiam noi stessi
la nostra servitù.
(parte)
| (♦)
(♦)
Creusa ->
|
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Scena nona |
Atrio del tempio d'Apollo. Magnifica ma breve scala per cui si ascende al tempio medesimo, la parte interna del quale è tutta scoperta agli spettatori, se non quanto ne interrompono la vista le colonne che sostengono la gran tribuna. Veggonsi l'are cadute, il fuoco estinto, i sacri vasi rovesciati, i fiori, le bende, le scuri e gli altri strumenti del sacrificio sparsi per le scale e sul piano, i Sacerdoti in fuga, i Custodi reali inseguiti dagli amici di Timante e per tutto confusione e tumulto. Timante che incalzando disperatamente per la scala alcune Guardie si perde fra le scene, Dircea che dalla cima della scala medesima spaventata lo richiama; segue breve mischia col vantaggio degli Amici di Timante; e dileguati i Combattenti, Dircea che rivede Timante corre a trattenerlo scendendo dal tempio. |
Q
sacerdoti
<- custodi reali, guardie, amici di Timante, Timante
sacerdoti ->
custodi reali, guardie, amici di Timante, Timante ->
<- Dircea
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DIRCEA |
Santi numi del cielo
difendetelo voi. Timante ascolta;
Timante, ah per pietà...
| |
| <- Timante
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TIMANTE |
(tornando affannato con spada alla mano)
Vieni, mia vita,
vieni. Sei salva.
| |
DIRCEA |
| |
TIMANTE |
| |
DIRCEA |
Misera me! Consorte,
oh dio, tu sei ferito. Oh dio, tu sei
tutto asperso di sangue.
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TIMANTE |
Eh no, Dircea,
non ti smarrir. Dalle mie vene uscito
questo sangue non è. Dal seno altrui
lo trasse il mio furor.
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DIRCEA |
| |
TIMANTE |
Ah sposa
non più dubbi. Fuggiamo.
(la prende per mano)
| |
DIRCEA |
E Olinto? E il figlio?
Dove resta? Senz'esso
vogliam partir?
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TIMANTE |
Ritornerò per lui
quando in salvo sarai.
(partendo alla sinistra)
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DIRCEA |
Férmati, io veggo
tornar per questa parte
i custodi reali.
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TIMANTE |
(verso la destra)
È ver, fuggiamo
dunque per l'altra via; ma quindi ancora
stuol d'armati s'avanza.
| |
DIRCEA |
| |
TIMANTE |
(guardando intorno)
Gli amici
tutti m'abbandonar!
| |
DIRCEA |
Miseri noi!
Or che farem?
| |
TIMANTE |
Col ferro
una via t'aprirò. Seguimi.
(lascia Dircea e con la spada alla mano s'incammina alla sinistra)
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Scena decima |
Demofoonte dall'altro lato con spada alla mano. Guardie per tutte le parti. |
<- Demofoonte, guardie
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DEMOFOONTE |
Indegno.
Non fuggirmi. T'arresta.
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TIMANTE |
Ah padre, ah dove
vieni ancor tu?
| |
DEMOFOONTE |
| |
TIMANTE |
(vede crescer il numero delle guardie e si pone innanzi alla sposa)
Alcuno
non s'appressi a Dircea.
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DIRCEA |
Principe ah cedi.
Pensa a te.
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DEMOFOONTE |
No. Custodi
non si stringa il ribelle. Al suo furore
si lasci il fren. Vediamo
fin dove giungerà. Via su compisci
l'opera illustre. In questo petto immergi
quel ferro, o traditor. Tremar non debbe
nel trafiggere un padre
chi fin dentro a' lor tempi insulta i numi.
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TIMANTE |
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DEMOFOONTE |
Che ti trattien? Forse il vedermi
la destra armata? Ecco l'acciaro a terra.
Brami di più? Senza difesa io t'offro
il tuo maggior nemico. Or l'odio ascoso
puoi soddisfar. Puniscimi d'averti
prodotto al mondo. A meritar fra gli empi
il primo onor poco ti manca; ormai
il più facesti; altro a compir non resta
che del paterno sangue
fumante ancor la scellerata mano
porgere alla tua bella.
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TIMANTE |
Ah basta, ah padre
taci, non più. Con quei crudeli accenti
l'anima mi trafiggi. Il figlio reo,
il colpevole acciaro
(s'inginocchia)
ecco al tuo piè. Quest'infelice vita
riprenditi se vuoi; ma non parlarmi
mai più così. So ch'io trascorsi; e sento
che ardir non ho per domandar mercede.
Ma un tal castigo ogni delitto eccede.
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DIRCEA |
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DEMOFOONTE |
(S'io non avessi
della perfidia sua pruove sì grandi,
mi sedurrebbe. Eh non s'ascolti.) A' lacci
quella destra ribelle
porgi, o fellon.
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TIMANTE |
(s'alza e va a farsi incatenare egli stesso)
Custodi
dove son le catene?
Ecco la man. Non la ricusa il figlio
del giusto padre al venerato impero.
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DIRCEA |
(Purtroppo il mio timor predisse il vero).
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DEMOFOONTE |
All'oltraggiato nume
la vittima si renda; e me presente
si sveni, o sacerdoti.
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TIMANTE (a Dircea) |
Ah ch'io non posso
difenderti ben mio!
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DIRCEA |
Quante volte in un dì morir degg'io!
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TIMANTE |
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DEMOFOONTE |
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TIMANTE |
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DEMOFOONTE |
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TIMANTE |
Ma ch'io mi vegga
svenar Dircea sugli occhi
non sarà ver. Si differisca almeno
il suo morir. Sacri ministri udite,
sentimi, o padre; esser non può Dircea
la vittima richiesta. Il sacrificio
sacrilego saria.
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DEMOFOONTE |
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TIMANTE |
Di': che domanda il nume?
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DEMOFOONTE |
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TIMANTE |
Ebben Dircea
non può condursi a morte.
Ella è moglie, ella è madre, e mia consorte.
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DEMOFOONTE |
| |
DIRCEA |
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DEMOFOONTE |
Numi possenti
che ascolto mai! L'incominciato rito
sospendete o ministri. Ostia novella
sceglier convien. Perfido figlio! E queste
son le belle speranze
ch'io nutrivo di te? Così rispetti
le umane leggi e le divine? In questa
guisa tu sei della vecchiezza mia
il felice sostegno? Ah...
| |
DIRCEA |
Non sdegnarti,
signor, con lui; son io la rea; son queste
infelici sembianze. Io fui che troppo
mi studiai di piacergli. Io lo sedussi
con lusinghe ad amarmi. Io lo sforzai
al vietato imeneo con le frequenti
lagrime insidiose.
| |
TIMANTE |
Ah non è vero,
non crederle signor. Diversa affatto
è l'istoria dolente. È colpa mia
la sua condiscendenza. Ogn'opra, ogn'arte
ho posta in uso. Ella da sé lontano
mi scacciò mille volte; e mille volte
feci ritorno a lei. Pregai, promisi,
costrinsi, minacciai. Ridotto alfine
mi vide al caso estremo. In faccia a lei
questa man disperata il ferro strinse.
Volli ferirmi e la pietà la vinse.
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DIRCEA |
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DEMOFOONTE |
Tacete. (Un non so che mi serpe
di tenero nel cor che in mezza all'ira
vorrebbe indebolirmi. Ah troppo grandi
sono i lor falli; e debitor son io
d'un grand'esempio al mondo
di virtù, di giustizia.) Olà. Costoro
in carcere distinto
si serbino al castigo.
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TIMANTE |
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DIRCEA |
Congiunti almen nelle sventure estreme...
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DEMOFOONTE |
Sarete, anime ree, sarete insieme.
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Perfidi, già che in vita
v'accompagnò la sorte,
perfidi, no la morte
non vi scompagnerà.
Unito fu l'errore,
sarà la pena unita;
il giusto mio rigore
non vi distinguerà.
(parte)
| Demofoonte ->
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Scena undicesima |
Dircea, e Timante. |
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DIRCEA |
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TIMANTE |
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DIRCEA |
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TIMANTE |
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DIRCEA |
Chi avrà più cura
del nostro Olinto?
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TIMANTE |
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DIRCEA |
Ah quale...
Ma che? Vogliamo o prence
così vilmente indebolirci? Eh sia
di noi degno il dolore. Un colpo solo
questo nodo crudel divida e franga;
separiamci da forti; e non si pianga.
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TIMANTE |
Sì, generosa. Approvo
l'intrepido pensier. Più non si sparga
un sospiro fra noi.
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DIRCEA |
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TIMANTE |
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DIRCEA |
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TIMANTE |
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| (si dividono con intrepidezza; ma giunti alla scena tornano a riguardarsi) | |
DIRCEA |
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TIMANTE |
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DIRCEA |
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DIRCEA E TIMANTE |
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DIRCEA |
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TIMANTE |
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DIRCEA |
Io volli solo
veder come resisti a' tuoi martiri.
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TIMANTE |
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DIRCEA |
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TIMANTE |
Oh dio quanto è diverso
l'immaginar dall'eseguire!
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DIRCEA |
Oh quanto
più forte mi credei! S'asconda almeno
questa mia debolezza agli occhi tuoi.
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TIMANTE |
Ah fermati ben mio. Senti.
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DIRCEA |
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TIMANTE |
La destra ti chiedo,
mio dolce sostegno,
per ultimo pegno
d'amore e di fé.
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DIRCEA |
Ah questo fu il segno
del nostro contento;
ma sento che adesso
l'istesso non è.
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TIMANTE |
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DIRCEA |
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DIRCEA E TIMANTE |
Che barbaro addio!
Che fato crudel!
Che attendono i rei
dagli astri funesti,
se i premi son questi
d'un'alma fedel?
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| (partono condotti separatamente dalle guardie in carceri distinte) | Dircea, Timante, guardie ->
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