Atto terzo

 

Scena prima

Cortile.
Cesare e Fulvio.

Bozzetti

 Q 

Cesare, Fulvio

 

CESARE

Tutto amico ho tentato, alcun rimorso  

più non mi resta. In van finsi finora

ragioni alla dimora

sperando pur, che della figlia al pianto,

d'Utica a' preghi, e de' perigli a fronte

si piegasse Catone; or so ch'ei volle

invece di placarsi

Marzia svenar perché gli chiese pace,

perché disse d'amarmi. Andiamo, ormai

giusto è il mio sdegno, ho tollerato assai.

(in atto di partire)

FULVIO

Ferma, tu corri a morte.

CESARE

Perché?

FULVIO

Già su le porte

d'Utica v'è chi nell'uscir ti deve

privar di vita.

CESARE

E chi pensò la trama?

FULVIO

Emilia, ella me 'l disse, ella confida

nell'amor mio, tu 'l sai.

CESARE

Coll'armi in pugno

ci apriremo la via. Vieni.

FULVIO

Raffrena

quest'ardor generoso, altro riparo

offre la sorte.

CESARE

E quale?

FULVIO

Un che fra l'armi

milita di Catone infino al campo

per incognita strada

ti condurrà.

CESARE

Chi è questi?

FULVIO

Floro si appella, uno è di quei che scelse

Emilia a trucidarti. Ei vien pietoso

a palesar la frode,

e ad aprirti lo scampo.

CESARE

Ov'è?

FULVIO

Ti attende

d'Iside al fonte. Egli m'è noto, a lui

fidati pur. Intanto al campo io riedo;

e per l'esterno ingresso

di quel camino istesso a te svelato,

co' più scelti de' tuoi

tornerò poi per tua difesa armato.

CESARE

E fidarci così?

FULVIO

Vivi sicuro.

Avran di te, che sei

la più grand'opra lor, cura gli dei.

 

La fronda che circonda  

a' vincitori il crine

soggetta alle ruine

del folgore non è.

Compagna dalla cuna

apprese la fortuna

a militar con te.

(parte)

Fulvio ->

 

Scena seconda

Cesare, poi Marzia.

 

CESARE

Quanti aspetti la sorte  

cangia in un giorno!

 

<- Marzia

MARZIA

Ah Cesare che fai.

Come in Utica ancor?

CESARE

L'insidie altrui

mi son d'inciampo.

MARZIA

Per pietà, se m'ami,

come parte del mio

difendi il viver tuo, Cesare addio.

(in atto di partire)

CESARE

Fermati, dove fuggi?

MARZIA

Al germano, alle navi. Il padre irato

vuol la mia morte.

(guardando intorno)

(Oh dio...

giungesse mai.) Non m'arrestar, la fuga

sol può salvarmi.

CESARE

Abbandonata e sola

arrischiarti così? Ne' tuoi perigli

seguirti io deggio.

MARZIA

No, s'è ver, che m'ami

me non seguir, pensa a te sol, non dei

meco venire, addio... ma senti, in campo

com'è tuo stil, se vincitor sarai

oggi del padre mio

risparmia il sangue, io te ne prego, addio.

(come sopra)

CESARE

T'arresta anche un momento.

MARZIA

È la dimora

perigliosa per noi, potrebbe... io temo...

(guardando intorno)

Deh lasciami partir.

CESARE

Così t'involi?

MARZIA

Crudel, da me che brami? è dunque poco

quant'ho sofferto? ancor tu vuoi ch'io senta

tutto il dolor d'una partenza amara?

Lo sento sì, non dubitarne; il pregio

d'esser forte m'hai tolto. In van sperai

lasciarti a ciglio asciutto. Ancora il vanto

del mio pianto volesti, ecco il mio pianto.

CESARE

Ahimè l'alma vacilla!

MARZIA

Chi sa se più ci rivedremo, e quando.

Chi sa, che il fato rio

non divida per sempre i nostri affetti.

CESARE

E nell'ultimo addio tanto ti affretti?

 

MARZIA

Confusa, smarrita  

spiegarti vorrei

che fosti... che sei...

Intendimi oh dio!

Parlar non poss'io,

mi sento morir.

Fra l'armi se mai

di me ti rammenti

io voglio... tu sai...

Che pena! gli accenti

confonde il martir.

(parte)

Marzia ->

 

Scena terza

Cesare, poi Arbace.

 

CESARE

Qual insoliti moti  

al partir di costei prova il mio core!

Dunque al desio d'onore

qualche parte usurpar de' miei pensieri

potrà l'amor?

 

<- Arbace

ARBACE

(nell'uscir si ferma)

(M'inganno

o pur Cesare è questi?)

CESARE

Ah l'esser grato,

aver pietà d'una infelice, alfine

debolezza non è.

(in atto di partire)

ARBACE

Fermati, e dimmi

quale ardir, qual disegno

t'arresta ancor fra noi?

CESARE

(Questi chi fia!)

ARBACE

Parla!

CESARE

Del mio soggiorno

qual cura hai tu?

ARBACE

Più che non pensi.

CESARE

Ammiro

l'audacia tua, ma non so poi se ai detti

corrisponda il valor.

ARBACE

Se l'assalirti

dove ho tante difese, e tu sei solo

non paresse viltade, or ne faresti

prova a tuo danno.

CESARE

E come mai con questi

generosi riguardi Utica unisce

insidie, e tradimenti!

ARBACE

Ignote a noi

furon sempre quest'armi.

CESARE

E pur si tenta

nell'uscir ch'io farò da queste mura

di vilmente assalirmi.

ARBACE

E qual saria

sì malvagio fra noi?

CESARE

No 'l so, ti basti

saper che v'è.

ARBACE

Se temi

della fé di Catone, o della mia

t'inganni, io ti assicuro

che alle tue tende or ora

illeso tornerai, ma in quelle poi

men sicuro sarai forse da noi.

CESARE

Ma chi sei tu, che meco

tanta virtù dimostri, e tanto sdegno?

ARBACE

Né mi conosci?

CESARE

No.

ARBACE

Son tuo rivale

nell'armi e nell'amor.

CESARE

Dunque tu sei

il principe numida

di Marzia amante, e al genitor sì caro?

ARBACE

Sì quello io sono.

CESARE

Ah se pur l'ami Arbace

la segui, la raggiungi, ella si invola

del padre all'ira intimorita e sola.

ARBACE

Dove corre?

CESARE

Al germano.

ARBACE

Per qual cammin?

CESARE

Chi sa. Quindi pur dianzi

passò fuggendo.

ARBACE

A rintracciarla or vado.

Ma no, prima al tuo campo

deggio aprirti la strada. Andiam.

CESARE

Per ora

il periglio di lei

è più grave del mio, vanne.

ARBACE

Ma teco

manco al dover se qui ti lascio.

CESARE

Eh pensa

Marzia a salvare, io nulla temo, è vana

una insidia palese.

ARBACE

Ammiro il tuo gran cor. Tu del mio bene

al soccorso m'affretti, il tuo non curi,

e colei che t'adora

con generoso eccesso

rival confidi al tuo rivale istesso.

 

Combattuta da tante vicende  

si confonde quest'alma nel sen.

Il mio bene mi sprezza e m'accende,

tu m'involi e mi rendi il mio ben.

(parte)

Arbace ->

 

Scena quarta

Cesare.

 

 

Del rivale all'aita  

or che Marzia abbandono, ed or che il fato

mi divide da lei, non so qual pena

incognita finor m'agita il petto.

Taci importuno affetto.

No, fra le cure mie luogo non hai,

se a più nobil desio servir non sai.

 

Quell'amor che poco accende  

alimenta un cor gentile,

come l'erbe il nuovo aprile,

come i fiori il primo albor.

Se tiranno poi si rende

la ragion ne sente oltraggio,

come l'erba al caldo raggio,

come al gelo esposto il fior.

(parte)

Sfondo schermo () ()

Cesare ->

 
 

Scena quinta

Acquedotti antichi ridotti ad uso di strada sotterranea, che conducono dalla città alla marina con porta chiusa da un lato del prospetto.
Marzia.

 Q 

Marzia

 

 

Pur veggo alfine un raggio  

d'incerta luce infra l'orror di queste

dubbiose vie; ma non ritrovo il varco

(guardando attorno)

che al mar conduce. Orma non v'è che possa

additarne il sentier. Mi trema in petto

per tema il cor. L'ombre, il silenzio, il grave

fra questi umidi sassi aere ristretto

peggior de' rischi miei rendon l'aspetto.

Ah se d'uscir la via

rinvenir non sapessi... eccola. Alquanto

(guardando s'avvede della porta)

l'alma respira. Al lido

si affretti il piè. Ma s'io non erro, il passo

chiuso mi sembra. Oh dei

purtroppo è ver. Chi l'impedì? si tenti.

(torna alla porta)

Cedesse almeno. Ah che m'affanno invano.

Misera che farò? per l'orme istesse

tornar conviene. Alla mia fuga il cielo

altra strada aprirà. Numi, qual sento

di varie voci e di frequenti passi

suono indistinto? ove n'andrò? si avanza

il mormorio. Potessi

quel riparo atterrar. Né pur si scuote.

(si appressa di nuovo e sforza la porta)

Dove fuggir? forza è celarsi; e quando

i timori, e gli affanni

avran fine una volta, astri tiranni.

(si nasconde)

 

Scena sesta

Emilia, con spada nuda e gente armata, e detta in disparte.

<- Emilia, gente armata

 

EMILIA

È questo amici il luogo ove dovremo  

la vittima svenar. Fra pochi istanti

Cesare giungerà; chiusa è l'uscita

per mio comando, onde non v'è per lui

via di fuggir. Voi fra que' sassi occulti

attendete il mio cenno.

 
(la gente di Emilia si ritira)
 

MARZIA

(Ahimè che sento?)

EMILIA

Quanto tarda il momento

sospirato da me. Vorrei... ma parmi

ch'altri si appressi. È questo

certamente il tiranno. Aita o dei,

se vendicata or sono

ogni oltraggio sofferto io vi perdono.

(si nasconde)

MARZIA

(O ciel dove mi trovo? Almen potessi

impedir ch'ei non giunga.)

 

Scena settima

Cesare, e dette in disparte.

<- Cesare

 

CESARE

Il calle angusto  

(guardando la scena)

qui si dilata, ai noti segni, il varco

non lungi esser dovrà! Floro. M'ascolti?

(voltandosi indietro)

Floro. No 'l veggio più. Fin qui condurmi,

poi dileguarsi! io fui

troppo incauto in fidarmi. Eh non è questo

il primo ardir felice. Io di mia sorte

feci in rischio maggior più certa prova.

EMILIA

Ma questa volta il suo favor non giova.

(esce)

MARZIA

(O sorte!)

CESARE

Emilia armata!

EMILIA

È giunto il tempo

delle vendette mie.

CESARE

Fulvio ha potuto

ingannarmi così!

EMILIA

No, dell'inganno

tutta la gloria è mia. Della sua fede

giurata a te contro di te mi valsi.

Perché impedisse il tuo ritorno al campo,

a Fulvio io figurai

d'Utica su le porte i tuoi perigli.

Per condurti ove sei, Floro io mandai

con simulato zelo a palesarti

questa incognita strada. Or dal mio sdegno

se puoi, t'invola.

CESARE

Un femminil pensiero

quanto giunge a tentar!

EMILIA

Forse volevi

che insensati gli dei sempre i tuoi falli

soffrissero così? Che sempre il mondo

pianger dovesse in servitù dell'empio

suo barbaro oppressor? Che l'ombra grande

del tradito Pompeo

eternamente invendicata errasse?

Folle: contro i malvagi

quando più gli assicura,

allor le sue vendette il ciel matura.

CESARE

Alfin che chiedi?

EMILIA

Il sangue tuo.

CESARE

Sì lieve

non è l'impresa.

EMILIA

Or lo vedremo.

MARZIA

(Oh dio.)

EMILIA

Olà costui svenate.

 
(esce la gente di Emilia)
 

CESARE

Prima voi caderete.

(cava la spada)

MARZIA

Empi fermate.

CESARE

(Marzia!)

EMILIA

(Che veggio!)

MARZIA

E di tradir non sente

vergogna Emilia!

EMILIA

E di fuggir con lui

non ha Marzia rossore?

CESARE

(O strani eventi!)

MARZIA

Io con Cesare! Menti.

L'ira del padre ad evitar m'insegna

giusto timor.

 

Scena ottava

Catone con spada nuda, e detti.

<- Catone

 

CATONE
(verso Marzia)

Pur ti ritrovo indegna.  

MARZIA

Misera.

CESARE

Non temer.

(si pone avanti a Marzia)

CATONE

(vedendo Cesare)

Che miro!

EMILIA

(vedendo Catone)

O stelle.

CATONE

(a Cesare)

Tu in Utica, o superbo?

(a Marzia)

Tu seco, o scellerata?

Voi qui senza mio cenno?

(alla gente)

Emilia armata?

Che si vuol? Che si tenta?

CESARE

La morte mia, ma con viltà.

EMILIA
(a Catone)

Tu vedi

ch'oggi è dovuto all'onor tuo quel sangue

non men che all'odio mio.

MARZIA

Ah questo è troppo. È Cesare innocente,

innocente son io.

CATONE

Taci. Comprendo

i vostri rei disegni.

(alla gente)

Olà dal fianco

di lui, l'empia si svelga.

CESARE

(si pone in difesa)

A me la vita

prima toglier conviene.

CATONE

Temerario.

EMILIA
(a Catone)

Eh s'uccida.

MARZIA

Padre pietà.

CATONE
(a Cesare)

Deponi il brando.

CESARE

Il brando

io non cedo così.

 
(s'ode di dentro rumore)
 

EMILIA

Qual improvviso

strepito ascolto!

CATONE

E di quai grida intorno

risuonan queste mura!

MARZIA

Che fia!

CESARE

Non paventar.

 
(cresce il rumore)
 

EMILIA

Troppo il tumulto

signor si avanza.

MARZIA

Ai replicati colpi

crollano i sassi.

CATONE

Insidia è questa. Ah prima

ch'altro ne avvenga, all'onor mio si serva.

(alla gente)

L'empia figlia uccidete,

disarmate il tiranno, io vi precedo.

 

Scena nona

Fulvio con gente armata, che gettati a terra i ripari, entra, e detti.

<- Fulvio, primo gruppo di armati, secondo gruppo di armati

 

FULVIO

Venite amici.  

MARZIA E EMILIA

O ciel!

CATONE

Numi che vedo!

FULVIO

Cesare, all'armi nostre

Utica aprì le porte, or puoi sicuro

goder della vittoria.

CATONE

Ah siam traditi.

CESARE
(a Fulvio)

Corri amico e raffrena

la militar licenza, io vincer voglio

non trionfare.

EMILIA

Inutil ferro.

(getta la spada)

MARZIA

Oh dèi.

FULVIO

Parte di voi rimanga

di Cesare in difesa. Emilia addio.

EMILIA

Va' indegno.

FULVIO

A Roma io servo, e al dover mio.

 
(parte Fulvio, e restano alcune guardie con Cesare)

Fulvio, primo gruppo di armati ->

 

CESARE

Catone, io vincitor...  

CATONE

Taci, se chiedi

ch'io ceda il ferro, eccolo, un tuo comando

udir non voglio.

(getta la spada)

CESARE

Ah no, torni al tuo fianco,

torni l'illustre acciar.

CATONE

Sarebbe un peso

vergognoso per me quando è tuo dono.

MARZIA

Caro padre...

CATONE

T'accheta.

Il mio rossor tu sei.

MARZIA

Si plachi almeno

il cor d'Emilia.

EMILIA

Il chiedi invano.

CESARE
(a Catone)

Amico

pace pace una volta.

CATONE

In van la speri.

MARZIA
(ad Emilia)

Ma tu che vuoi?

EMILIA

Viver fra gli odi, e l'ire.

CESARE
(a Catone)

Ma tu che brami?

CATONE

In libertà morire.

 

MARZIA
(a Catone)

Deh in vita ti serba.  

CESARE
(ad Emilia)

Deh sgombra l'affanno.

CATONE
(a Marzia)

Ingrata, superba.

EMILIA
(a Cesare)

Indegno, tiranno.

CESARE
(a Catone)

Ma t'offro la pace.

CATONE

Il dono mi spiace.

MARZIA
(ad Emilia)

Ma l'odio raffrena.

EMILIA

Vendetta sol voglio.

CESARE

Che duolo!

MARZIA

Che pena!

EMILIA

Che fasto!

CATONE

Che orgoglio!

TUTTI

Più strane vicende

la sorte non ha.

MARZIA
(da sé)

M'oltraggia, m'offende

il padre sdegnato.

CESARE
(verso Catone)

Non cangia pensiero

quel core ostinato.

EMILIA
(da sé)

Vendetta non spero.

CATONE
(da sé)

La figlia è ribelle.

TUTTI

Che voglian le stelle

quest'alma non sa.

(partono)

Marzia, Cesare, Emilia, Catone, gente armata, secondo gruppo di armati ->

 
 

Scena decima

Luogo magnifico nel soggiorno di Catone.
Arbace con spada nuda, e alcuni Seguaci, poi Fulvio dal fondo parimenti con spada nuda, e seguito di Cesariani.

 Q 

Arbace, seguaci di Arbace

 

ARBACE

Dove mai l'idol mio,  

dove mai si celò? m'affretto invano,

né pur qui lo ritrovo. Oh dèi già tutta

di nemiche falangi Utica è piena.

Compagni, amici, ah per pietà si cerchi,

si difenda il mio ben. Ma già s'avanza

(vedendo venir Fulvio)

Fulvio con l'armi. Ardir miei fidi, andiamo

contro lo stuolo audace

a vendicarci almen.

 

<- Fulvio, cesariani

FULVIO

Fermati Arbace.

Il dittator non vuole

che si pugni con voi. Di sua vittoria

altro frutto non chiede

che la vostra amistà, la vostra fede.

ARBACE

Che fede, che amistà? tutto è perduto,

altra speme non resta

che terminar la vita,

ma con l'acciaro in man.

 

Scena undicesima

Emilia, e detti.

<- Emilia

 

EMILIA
(ad Arbace)

Principe aita.  

ARBACE

Che fu?

EMILIA

Muore Catone.

FULVIO

E chi l'uccide?

EMILIA

Si ferì di sua mano.

ARBACE

E niuno accorse

il colpo a trattener?

EMILIA

La figlia, ed io

tardi giungemmo; il breve acciar di pugno

lasciò rapirsi, allor però che immerso

l'ebbe due volte in seno.

ARBACE

Ah pria che muora

si procuri arrestar l'alma onorata.

(in atto di partire)

FULVIO

(Lo sappia il dittator.)

 
(parte Fulvio)

Fulvio, cesariani, seguaci di Arbace ->

 

Scena dodicesima

Catone ferito, Marzia, e detti

<- Catone, Marzia

 

CATONE
(a Marzia)

Lasciami ingrata.  

MARZIA

Arbace, Emilia.

ARBACE

Oh dio.

Che facesti o signore?

CATONE

Al mondo, a voi

ad evitar la servitude insegno.

EMILIA

Alla pietosa cura

cedi de' tuoi.

ARBACE

Pensa ove lasci, e come

una misera figlia.

CATONE

Ah l'empio nome

tacete a me, sol questa indegna oscura

la gloria mia.

MARZIA
(a Catone)

Che crudeltà! deh ascolta

i preghi miei.

CATONE

Taci.

MARZIA

Perdono o padre,

(s'inginocchia)

caro padre pietà. Questa che bagna

di lagrime il tuo piede è pur tua figlia.

Ah volgi a me le ciglia,

vedi almen la mia pena,

guardami una sol volta, e poi mi svena.

ARBACE
(a Catone)

Placati alfine.

CATONE
(a Marzia)

Or senti.

Se vuoi che l'ombra mia vada placata

al suo fatal soggiorno, eterna fede

giura ad Arbace, e giura

all'oppressore indegno

della patria, e del mondo eterno sdegno.

MARZIA

(Morir mi sento.)

CATONE

E pensi ancor? Conosco

l'animo avverso. Ah da costei lontano

lasciatemi morir.

MARZIA

(s'alza)

No padre, ascolta,

tutto farò. Vuoi che ad Arbace io serbi

eterna fé? la serberò. Nemica

di Cesare mi vuoi? dell'odio mio

contro lui ti assicuro.

CATONE

Giuralo.

MARZIA

Oh dio su questa man lo giuro.

(prende la mano di Catone e la bacia)

ARBACE

Mi fa pietà.

EMILIA

(Che cangiamento!)

CATONE

Or vieni

(Catone abbraccia, e tiene Marzia per mano)

fra queste braccia, e prendi

gli ultimi amplessi miei, figlia infelice.

Son padre alfine, e nel momento estremo

cede ai moti del sangue

la mia fortezza. Ah non credea lasciarti

in Africa così.

MARZIA

Mi scoppia il core.

ARBACE

Oh dèi!

CATONE

Marzia, il vigore

sento mancar.

EMILIA

Vacilla il piè.

 
(Catone siede)
 

CATONE

Qual gelo

mi scorre per le vene.

 
(Catone sviene)
 

MARZIA

Soccorso Arbace, il genitor già sviene.

 
(si vedono venir Cesare, e Fulvio dal fondo)
 

ARBACE

Non ti avvilir. La tenerezza opprime

gli spirti suoi.

MARZIA

Consiglio Emilia.

EMILIA

Arriva

Cesare a noi.

MARZIA

Misera me!

ARBACE

Che giorno

è questo mai!

 

Scena tredicesima

Cesare, poi Fulvio con numeroso Séguito, e detti

<- Cesare, Fulvio, seguito

 

CESARE

Vive Catone?  

ARBACE

Ancora

lo serba il ciel.

CESARE

Per mantenerlo in vita

tutto si adopri, anche il mio sangue istesso.

MARZIA

Parti Cesare parti,

non accrescermi affanni.

CATONE

Ah figlia.

ARBACE

Al labro

tornan gli accenti.

CESARE

Amico vivi, e serba

(Cesare si appressa a Catone e lo sostiene)

alla patria un eroe.

CATONE

Figlia ritorna

(Catone prende per mano Cesare credendolo Marzia)

a questo sen. Stelle ove son! chi sei?

CESARE

Stai di Cesare in braccio.

CATONE

Ah indegno. E quando

andrai lungi da me?

(tenta di alzarsi, e ricade)

CESARE

Placati.

CATONE

Io voglio...

Manca il vigor ma l'ira mia richiami

gli spirti al cor.

(s'alza da sedere)

MARZIA

Reggiti o padre.

CESARE

E vuoi

morir così nemico?

CATONE

Anima rea

io moro sì, ma della morte mia

poco godrai. La libertade oppressa

il suo vindice avrà: palpita ancora

la grand'alma di Bruto in qualche petto.

Chi sa...

ARBACE

Tu manchi.

EMILIA

Oh dio.

CATONE

Chi sa, lontano

forse il colpo non è, per pace altrui

l'affretti il cielo, e quella man che meno

credi infedel, quella ti squarci il seno.

FULVIO

(L'insulta anche morendo.)

CATONE

Ecco... al mio ciglio...

già langue... il dì.

CESARE

Roma chi perdi!

CATONE

Altrove...

portatemi... a morir.

MARZIA

Vieni.

EMILIA E ARBACE

Che affanno!

CATONE

No... non vedrai... tiranno...

nella... morte... vicina...

spirar... con me... la libertà... latina.

 
(Catone sostenuto da Marzia, e da Arbace entra morendo)

Marzia, Arbace, Catone ->

 

CESARE

Ah se costar mi deve

i giorni di Catone il serto, il trono,

ripigliatevi o numi il vostro dono.

(getta il lauro)

 

Fine (Atto terzo)

Atto primo Atto secondo Atto terzo

Cortile.

Cesare, Fulvio
 

Tutto amico ho tentato, alcun rimorso

Cesare
Fulvio ->

Quanti aspetti la sorte

Cesare
<- Marzia

Cesare
Marzia ->

Qual insoliti moti

Cesare
<- Arbace

Cesare
Arbace ->

Del rivale all’aita

Cesare ->

Acquedotti antichi ridotti ad uso di strada sotterranea, che conducono dalla città alla marina con porta chiusa da un lato del prospetto.

Marzia
 

Pur veggo alfine un raggio

Marzia
<- Emilia, gente armata

È questo amici il luogo ove dovremo

Marzia, Emilia, gente armata
<- Cesare

Il calle angusto

Marzia, Emilia, gente armata, Cesare
<- Catone

Pur ti ritrovo indegna.

Marzia, Emilia, gente armata, Cesare, Catone
<- Fulvio, primo gruppo di armati, secondo gruppo di armati

Venite amici / O ciel! / Numi che vedo!

Marzia, Emilia, gente armata, Cesare, Catone, secondo gruppo di armati
Fulvio, primo gruppo di armati ->

Catone, io vincitor... / Taci, se chiedi

Marzia, Cesare, Catone e Emilia
Deh in vita ti serba.
Marzia, Cesare, Emilia, Catone, gente armata, secondo gruppo di armati ->

Luogo magnifico nel soggiorno di Catone.

Arbace, seguaci di Arbace
 

Dove mai l’idol mio

Arbace, seguaci di Arbace
<- Fulvio, cesariani

Arbace, seguaci di Arbace, Fulvio, cesariani
<- Emilia

Principe aita.

Arbace, Emilia
Fulvio, cesariani, seguaci di Arbace ->
Arbace, Emilia
<- Catone, Marzia

Lasciami ingrata.

Arbace, Emilia, Catone, Marzia
<- Cesare, Fulvio, seguito

Vive Catone? / Ancora

Emilia, Cesare, Fulvio, seguito
Marzia, Arbace, Catone ->

 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima Scena tredicesima
Sala d'armi. Parte interna delle mura di Utica con porta della città in prospetto chiusa da un ponte che poi si abbassa. Fabbriche in parte rovinate vicino al soggiorno di Catone. Alloggiamenti militari sulle rive del fiume Bagrada con varie isole che comunicano fra loro per diversi ponti. Camera con sedie. Cortile. Acquedotti antichi ridotti ad uso di strada sotterranea, che conducono dalla città alla marina con porta... Luogo magnifico nel soggiorno di Catone.
Atto primo Atto secondo

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