Atto secondo

 

Scena prima

Luogo delizioso con stanze.
Tiberio. Ligdo.

 Q 

Tiberio, Ligdo

 

TIBERIO

Chi stimò d'atomi lievi  

fatto l'uomo avea ragione,

se fortuna in ore brevi

lo sconvolge, e lo scompone,

ed il tempo lo risolve

in minuta, e poca polve.

Chi chiamò leggero foglio

il mortal, ben fu prudente,

ché del misero l'orgoglio

è un baleno, un'ombra, un niente;

e al girar di breve sole,

spesso cade eccelsa mole.

Sfondo schermo () ()

 

LIGDO

L'improvviso ritorno,  

ch'in Roma fai, signore,

lo turberà.

TIBERIO

Poc'ore

godei tranquille. Cieli,

tant'iniquo Seiano!

Druso per opra sua caduto estinto!

LIGDO

Signor chiesi la vita, e 'l ver narrai.

TIBERIO

Ed io tanto l'amai!

Che ti mosse a scoprirmi

colpa di sì lungh'anni?

LIGDO

I suoi gesti tiranni,

il timor, ch'ei non voglia

ch'un testimonio viva

di sue colpe crudeli; e forse spinto

fui dal voler de' cieli.

TIBERIO

Vanne: da guardie cinto

starai, fin che del vero

cert'io rimanga; e se mentisti forse,

misero te!

LIGDO

Signore

colpevole è pur troppo il traditore.

Ligdo ->

 

Scena seconda

Tiberio. Seiano.

 

TIBERIO

Egl'è qui.  

 

<- Seiano

SEIANO

Riverito,

adorato Tiberio! E qual in Roma,

da i suburbii graditi affar pesante

sì tosto ti richiama?

TIBERIO

Porgi lo scettro.

(Seiano gli dà lo scettro: Tiberio lo lascia senza dirgli altro)
 

Tiberio ->

SEIANO

Muto,  

conturbato severo

mi rivolge le terga? Ahi qual mi scorre

freddo rigor entro le vene! Il sangue

mi si gela. Fortuna

mi ritogli tu forse il dolce crine?

Forse del mio sereno è giunto il fine?

Misero! mi conturba

de l'opre ingiuste la memoria; e, fatto

flagello, del mio core

mi tormenta il timore.

Ardir Seiano, ardire.

 

T'avvilisci? ti perdi?

che sarà? caderai?

un nulla fosti, un nulla ancor sarai.

T'involerà la sorte

le grandezze? Può farlo;

ma non sarà giammai,

ch'io non l'abbia godute.

Che sarà? Morirai?

Un nulla fosti, un nulla ancor sarai.

Seiano ->

 

Scena terza

Germanico. Livia.

<- Germanico, Livia

 

GERMANICO

Labirinto d'aspri guai,  

è d'un misero la vita,

crede pronta aver l'uscita,

ma nel centro è più che mai,

ed un'eco vi rimbomba,

ché l'uscita, è sol la tomba.

I rintrecci de la sorte,

sono strade sempr'incerte,

ove sembrano più aperte,

son più folte, son più torte,

ed un'eco vi rimbomba,

ché l'uscita, è sol la tomba.

 

LIVIA

Piango estinto un germano,  

l'omicida n'adoro.

Son afflitta per l'un, per l'altro moro.

GERMANICO

Livia? per Claudio estinto

tu spargi i pianti: ed io

de l'uccisor spargerò 'l sangue.

LIVIA

(Oh dio!)

Sarà fuggito.

GERMANICO

Il più remoto clima

cercherò per svenarlo.

LIVIA

(E non lice vietarlo!)

GERMANICO

Non ti lagnar: l'ucciderò.

LIVIA

Infelice

m'accora il rio dolore!

(Ei non sa che dal sen mi svelle il core.)

 

Feconda di pene  

l'iniqua fortuna

è fatta per me.

Incontro mi viene

rapace importuna

con barbaro piè.

Feconda di pene

l'iniqua fortuna

è fatta per me.

Mi vibra uno strale

ad ogni momento

irato destin.

E solo da un male

ne cadono cento

sul misero crin.

Mi vibra uno strale

ad ogni momento

irato destin.

Germanico ->

 

Scena quarta

G. Cesare. Livia.

<- Cesare

 

CESARE

Sì turbato è questo core,  

che distinguere non so,

il contento dal dolore;

e se ben pensand'io vo

al mio martire,

tant'il ben quant'il mal mi fa languire.

È sì mesta l'alma mia,

che riscuotersi non può

da sua pena acerba, e ria,

e se be pensando io vo

al duol, ch'io sento,

tant'il ben, quant'il mal mi dà tormento.

Tanti martìri, o ciel,

ad un misero cor:

nemici; offese; amor;

o mia sorte crudel,

tanti martìri o ciel!

 

LIVIA

Ah Cesare tiranno.  

CESARE

Eccoti 'l brando.

Ecco 'l seno, ecco l'alma;

svenami, ch'io non posso

né da più dolce sorte,

né da più bella mano aver la morte.

LIVIA

Fuggi, deh fuggi, oh dio.

CESARE

Svenami, sì.

LIVIA

Non posso.

CESARE

Perdonami.

LIVIA

Non deggio.

CESARE

M'aborrisci?

LIVIA

Non so. Fuggi, deh fuggi.

CESARE

Mi scacci dunque?

LIVIA

Sì: perché t'adoro.

(Misera, e pur lo dissi!)

CESARE

O cara voce!

LIVIA

(vede venir Germanico)

Ahimè. Cieli! Gl'abissi

ti profondino or ora,

sanguinario, inumano;

sì, sì l'iniquo seno,

l'anima scellerata

aprirà, svenerà la destra mia.

 

Scena quinta

Germanico. G. Cesare. Livia.

<- Germanico

 

GERMANICO

Fiero sdegno! Aspro cor!  

LIVIA

Fortuna ria!

GERMANICO

Promettesti fuggirmi,

or ne l'offese ardito

osi innanti venirmi?

CESARE

Così vuol la mia sorte.

GERMANICO

A l'armi adunque.

CESARE

Di rilevante affare

deggio pria favellarti,

fa' che soli restiam.

GERMANICO

Livia deh parti.

LIVIA

(Chi mi scorge ha la morte!)

 

Livia ->

GERMANICO

Or che vuoi dirmi?

CESARE

Leggi.

GERMANICO

Leggo.

(legge)

«Figlio»...

Figlio? Come, s'ignoti

sono i natali tuoi?

CESARE

A me palesi,

per comando paterno, altrui gl'ascondo.

GERMANICO

(legge)

«Son nell'onore offeso,

accorri a la vendetta,

da me tutto udirai, ché qui non voglio

i pregiudizi miei fidar a un foglio.»

CESARE

Udisti?

GERMANICO

Udii.

CESARE

L'offesa,

è ne l'onor. Invitto, generoso

a te ne vengo, a te ricorro; come

la vita mi salvasti,

così l'onor mi serba: e la vendetta

de l'estinto fratello

sol differisci quanto

in questi di fortuna aspri contrasti,

l'onor offeso ad emendar mi basti.

Per te non sia, che manchi tempo a l'ire,

or macchieresti 'l ferro.

Contro sangue oscurato,

siami cortese amico,

finch'io vendichi l'onta; allora poi

cresceranno di pregio i furor tuoi.

Adesso a doppia gloria

ti chiama la tua sorte,

prima l'onor puoi darmi, e poi la morte.

GERMANICO

Non è mai gran nemico,

chi le leggi non sa d'esser amico.

Tu ne l'onor sei punto;

io sol nel senso: non a me l'estinto,

ma ben a te l'onore,

ponno render poch'ore. I' vuò, che ceda

a l'ingiuria l'offesa:

differisco gli sdegni, e sonti amico,

e se sia d'uopo, ancora,

compagno a l'opra: poi

m'avrai nemico fiero,

quanto adesso cortese, allor severo.

CESARE

Grazie ti rendo; e parto.

GERMANICO

Ma dove?

CESARE

Al genitor.

GERMANICO

Solo te n' vai?

CESARE

Sì.

GERMANICO

Non conosci 'l rischio

s'alcuno ti ravvisa

per l'uccisor di Claudio?

CESARE

È ver: ma pure

che far degg'io?

GERMANICO

Nascosto

qui ti ferma; e 'l genitor mi scopri:

andrò per te.

CESARE

Se ne l'onor macchiato

ei si cela, scoprirlo altrui non lice.

GERMANICO

Dunque ti ferma, quant'io trovi amico,

che mi segua fedel, mentr'io convengo

ir notturno ad udir i vani preghi

di beltà già gradita,

poi verrò teco.

CESARE

Dunque tost'io parto.

GERMANICO

Perché?

CESARE

Mi tratti da nemico. E come?

Ricorro a te, l'ingiurie mie ti scopro,

chiedo favor, lo trovo, e cerchi poi

più fido amico a' desideri tuoi?

GERMANICO

Se t'espongo a periglio

sturbo gl'acquisti del tu' onor: e tardo

le mie vendette.

CESARE

Dimmi,

ir con l'ombre non de'?

GERMANICO

Sì.

CESARE

Dunque, ignoto

potrò venir.

GERMANICO

No, no, rimanti.

CESARE

Forse

di me non ti fidi? Il ferro

impugnerò per te contro ogni petto;

e se sia d'uopo, il genitor istesso,

e 'l proprio onor posposto

per te vedrai.

GERMANICO

Ti scorgo

generoso, e cortese:

meco verrai. M'è grave

ch'ora siam fidi amici,

e in breve torneremo a l'ire ultrici.

CESARE

Or di ciò non si parli.

GERMANICO

Andiamo. Ben si scorge

che vince in nobil petto

la nobiltà de l'alma ogn'altro affetto.

Cesare, Germanico ->

 

Scena sesta

Seiano. Littori. Poi Tiberio.

<- Seiano, littori

 

SEIANO

Fantasmi noiosi  

funesti,

molesti,

ch'i dolci riposi

de l'alma turbate,

cessate, cessate.

Oggetti dolenti,

austeri,

scuri,

che rigidi eventi

al cor minacciate,

cessate, cessate.

Sfondo schermo () ()

 

 

Ah ch'io lusingo invano  

lo spirito intimorito?

Certo ch'io son tradito.

Fia consiglio prudente

tosto fuggir, ahimè!

UN LITTORE

Cedi quel brando;

sei prigionier Seiano.

SEIANO

(si vuol uccidere)

Saprò svenarmi pria.

 

<- Tiberio

TIBERIO

Ferma inumano.

 

Scena settima

Livia. Tiberio. Seiano. Littori.

<- Livia

 

LIVIA

Che rimiro?  

SEIANO

Tiberio

così tu ricompensi

quel Seian, che per te la vita espose,

che fido a tua difesa

sudò i lucidi giorni, o a l'aer fosco

tante volte vegliò?

TIBERIO

Non ti conosco.

SEIANO

Sì adirato signore?

TIBERIO

Quel Seiano, ch'amai,

venefico non era, e traditore.

SEIANO

Cloto del viver mio deh tronca l'ore.

(vien condotto via)

Seiano, littori ->

 

LIVIA

Com'in pochi momenti  

cade Seian?

TIBERIO

Al tuo consorte Druso

ei fe' porger veleno.

LIVIA

O scellerato!

TIBERIO

Ligdo svelò 'l delitto

lungamente celato.

LIVIA

Ah ben comprendo

che fu l'alma di Druso

ch'impedì le mie nozze

col traditor. E degno

egl'è ben del mio sdegno.

(parte)

Livia ->

 

TIBERIO

Da l'ira de' numi  

fuggir non si può.

Se più tardo,

più sdegnoso

il ciel fulminò.

Da l'ira de' numi

fuggir non si può.

Seian godé sereni

lunghi giorni contento.

Del ciel, che di sue colpe

obliarsi parea,

forse l'empio ridea.

Or fuggita in un momento

la sua luce s'oscurò.

Da l'ira de' numi

fuggir non si può.

 

Tiberio ->

 

Scena ottava

Appartamenti.
Agrippina. Eudemo.

 Q 

Agrippina, Eudemo

 
Di Notte.
 

AGRIPPINA

Agrippina infelice!  

Seiano ti disprezza,

Germanico t'inganna;

che peggio mi può far sorte tiranna.

Notte, che l'alta face

del ciel celando vai,

e con minuti, ma infiniti rai

vedi le doglie mie,

dimmi se l'alme rie

a sì fieri martir, Pluto condanna.

Che peggio mi può far sorte tiranna.

 

 

Eudemo già non erri:  

Germanico promise

a me venir?

EUDEMO

Sdegnoso

pria negò; poi riletti i fogli tuoi,

tra 'l dubbio, e tra 'l rigore,

disse: verrò, ma che non speri amore.

AGRIPPINA

Misera! Eudemo veglia

l'arrivo de l'ingrato

e quand'ei giunge tu mi chiama.

EUDEMO

Pronto

ubbidirò. Tu spera,

ché sul fin del martir s'apre il contento.

 

AGRIPPINA

La speranza è un tradimento,  

ch'a gl'amanti fa 'l desire;

con le vesti del gioire

gli nutrisce dentr'il seno

il veleno del tormento,

la speranza è un tradimento.

Ella ride vezzeggiando,

promettendo gioie al core.

Poi cangiandosi 'n dolore

infelice il cor diviene

pien di pene in un momento.

La speranza è un tradimento.

Agrippina ->

 

Scena nona

Eudemo. Plancina.

 

EUDEMO

Ore volate, fuggite o dì.  

Sì che grande anch'io diventi;

e contenti

poi colei ch'ho nel pensiero.

Perch'io son, a dir il vero,

troppo picciolo così.

Ore volate, fuggite o dì.

Anni correte, deh vieni età,

sarò forse allor gradito,

né schernito

qual fanciul vano, e leggero.

Perch'io son, a dir il vero,

troppo picciolo così.

Ore volate, fuggite o dì.

 

 

Germanico non viene,  

ed io di sonno moro.

E che sarebbe se cedessi alquanto

a dolce oblio profondo?

Non caderebbe il mondo.

(siede e s'addormenta)

 

<- Plancina

PLANCINA

Crin d'argento,  

senso lento

è gran martir.

Stan con gl'anni

solo affanni

e non gioir.

Che veggio? qui addormito

lo sfacciatello Eudemo,

lo bacerei, ma temo.

Quegl'avori

tenerelli

son pur belli.

Io vogl'ape amorosa

sugger quei fior vermigli,

quelle rose, que' gigli.

No, che s'ei se n'avvede

è tanto sciagurato,

ch'a tutti lo dirà.

Segua che vuole,

che mai sarà.

Incontro così bel perder non voglio.

 

EUDEMO

Non dormo no, signora.  

PLANCINA

Ahimè si desta,

è finita la festa.

(parte)

Plancina ->

 

Scena decima

Germanico. Agrippina. G. Cesare. Eudemo con lume.

<- Germanico

 

GERMANICO

Eudemo?  

EUDEMO

Sei pur qui; fermati: or ora

Agrippina verrà.

 

Eudemo ->

GERMANICO

Non mi dir insano core,  

che l'ardore

che t'accese estinto fu.

Odo ben, ch'ancora brami,

non mi dir che tu non ami.

So ben io che m'ingannasti,

né spezzasti

la catena di quel crin.

Vedo ancora i tuoi legami:

non mi dir, che tu non ami.

 

<- Agrippina

AGRIPPINA

Germanico? sei solo?  

GERMANICO

Un amico mi segue.

AGRIPPINA

Ammorza il lume,

ch'ei non mi veda: a le mie stanze vieni.

GERMANICO

Che vuoi?

AGRIPPINA

Dei tuoi disprezzi

chiederti la ragion.

GERMANICO

Nulla udirai.

AGRIPPINA

Così presta ripulsa

non ammetto: non voglio; odimi pria,

poco dirti non deggio. Entra.

GERMANICO

L'amico

farò qui trattener.

AGRIPPINA

Sì, ch'io t'attendo.

 

Agrippina ->

GERMANICO

Che dirà mai costei? Cesare vieni.

 

<- Cesare

CESARE

Pronto son io.  

GERMANICO

Ti ferma in questo loco,

quivi ti siedi: tornerò tra poco.

CESARE

Vanne pur non temer.

GERMANICO

Resisti o core:

non creder a lusinghe, a vezzi, a pianti.

Avverti, che venisti, alma costante,

per non esser scortese,

non per esser amante.

Germanico ->

 

Scena undicesima

G. Cesare. Vipsanio.

 

CESARE

Movetevi a pietà de' casi miei,  

se tutto quel ch'è in voi

sol è tutto bontà superni dèi.

Di mia sorte fermate i colpi rei,

se quel ch'in voi s'adora

sol è tutto virtù superni dèi!

 

 

A gran rischio m'espongo:

e al fin, per un nemico.

 

<- Vipsanio

VIPSANIO

O mi delude  

il credulo timore, o qui v'è gente.

Per osservar attento

movo tra l'ombre 'l piè tremolo, e lento.

CESARE

(dà un colpo sulla sedia, esclamando)

Pria, che del padre offeso,

pur difensor, o cieli,

del nemico son reso.

VIPSANIO

A fé strepito udii: cresce il sospetto,

luce vi vuol.

CESARE

In oriente appena

sorgerà 'l primo albore

ch'andrò pronto, e veloce al genitore.

Ma veggio un lume, e con l'acciaro nudo

uomo, che viene. Io voglio

Germanico avvisar. Non ch'io non venni

destinato all'avviso;

ma ben sì a la difesa.

L'ucciderò.

VIPSANIO

Chiunqu'ei sia l'acciaro

bagnerò nel suo sangue.

CESARE

Ma che veggio?

VIPSANIO

Che miro?

CESARE

Signor?

VIPSANIO

Figlio? venisti

a la vendetta de l'onor offeso?

Così tacito, e solo al debil lume

de le minute faci?

Ma ti conturbi? ti sospendi? e taci?

CESARE

Padre tu qui? son queste

le tue stanze?

VIPSANIO

Sì sono: e che ti turba?

Perché lo chiedi?

CESARE

(O quale

fiero dubbio m'assale!) affretta o padre,

tosto dimmi in che mai,

è l'onor tuo macchiato?

VIPSANIO

Peno a ridirlo. In Roma (o crudo fato!)

omo v'è sì immodesto...

CESARE

Segui.

VIPSANIO

Che ardisce... (Oh dio.)

CESARE

Narra, di'.

VIPSANIO

Non poss'io

resister a i singulti. (Ad Agrippina

andiamo: ella lo dica, e per german

insiem lo riconosca.)

Vien meco.

CESARE

Ove?

VIPSANIO

Qui dentro.

CESARE

O cieli! oh dèi!

chi v'è?

VIPSANIO

Ben lo vedrai.

Perché t'arresti? andiam.

CESARE

Ferma.

VIPSANIO

Tu figlio?

a l'ingresso t'opponi?

(Cesare si fa a la porta e trattiene Vipsanio)

CESARE

Io sì. (Gli promisi

e difender lo deggio.)

VIPSANIO

Infelice che veggio!

Lasciami entrar.

CESARE

Non posso. (Oh dèi chi vide

più strano evento mai! Per un nemico

oppugno il genitor.)

GERMANICO
(dentro)

Lasciami: sento

strepiti, e risse.

VIPSANIO

Voce d'uomo qui dentro?

Aprirò sì.

CESARE

Non aprirai, s'il petto

prima non m'apri.

VIPSANIO

Tanto ardito meco!

 

Scena dodicesima

Germanico. Agrippina. G. Cesare. Vipsanio.

<- Germanico, Agrippina

 

GERMANICO

Cesare anch'io son teco.  

AGRIPPINA

Che veggio cieli!

CESARE

Che rimiro o dèi!

VIPSANIO

Figlio? tu per quest'empio?

GERMANICO

Figlio lo chiama!

AGRIPPINA

Mio german è questi!

VIPSANIO

De' mie casi funesti

quest'è l'autore: del mio caduto onore

è questi l'oppressore.

CESARE

Ei non è sposo d'Agrippina?

VIPSANIO

Ingrato

finse amor; le diè fé: baci ne colse,

poscia tutto rivolse

in sdegno vile; e con gli sprezzi sui

scherzo la fa del vilipendio altrui.

CESARE

È vero ciò?

GERMANICO

No 'l nego.

CESARE

La rifiuti?

GERMANICO

Il confermo.

CESARE

Ah traditore,

mori: fé ti promisi

ma cortesia non val contro l'onore.

GERMANICO

Il fratel m'uccidesti:

t'accolsi; ti salvai,

il rigor differii, sospesi l'ira.

A i sensi miei di cortesia fecondi

tu così corrispondi?

CESARE

Sospendesti gli sdegni

fin che de l'onor mio facessi acquisto.

Or s'a ciò si richiede il tuo morire

eccomi dunque a le vendette, a l'ire.

GERMANICO

Così l'onor, e 'l genitor posposto

veggio per me! Non ho ferro, che tema.

Qui svenarti saprò: sol ti sia noto,

che la mia cortesia vilmente stanchi.

Io t'osservo la fede, e tu mi manchi?

CESARE

(Egli è vero: ha ragion; che farò mai!)

VIPSANIO

Con il fratel caduto

l'onor suo non cadé: gli sia di gloria

ciò che teco egli oprò; co' casi tuoi

parità non s'usurpi.

Ei sé stesso illustrò, tu ti deturpi.

Mora l'iniquo, mora.

GERMANICO

Si difenda chi sa.

CESARE

Fermati, voglio

pagar ciò che ti devo.

Tu da' littori mi salvasti: ed io

da Vipsanio, ti guardo.

(tiene il padre, e dice a Germanico)

Vanne.

VIPSANIO

Così fuggir lasci 'l nemico?

CESARE

Lo cercherò.

VIPSANIO

Voglio vendetta o morte.

Lasciami.

CESARE

No.

VIPSANIO

Servi accorrete.

CESARE

Taci.

Tu parti.

AGRIPPINA

O strano evento!

CESARE

Or pareggio i tuoi doni.

GERMANICO

Ora grazie ti rendo.

Poscia ti recherò, nemico irato,

con le vendette mie l'ultimo fato.

CESARE

A lacerarti 'l petto

sarò pronto in brev'ore.

AGRIPPINA

Ah sorte iniqua!

VIPSANIO

Ah figlio traditore!

 

A te ricorro, a te  

incomposta entità, pura sostanza,

ch'hai di luce le stelle, e 'l sol asperso:

principio universal de l'universo.

Deh soccorrimi tu

mente increata, indipendente essenza;

da te stesso causato, e in te converso

principio universal de l'universo.

Sfondo schermo () ()

 

Germanico, Cesare, Vipsanio, Agrippina ->

 

Scena tredicesima

Sala con trono.
Livia.

 Q 

Livia

 

Ucciso, (o fato rio)  

da l'amante 'l fratello? Un colpo solo

due perdite mi reca:

di due vite mi priva una sol morte;

un mostro di più capi è la mia sorte.

Lo stame d'una vita,

di troncar non contenta Atropo avara

recide insieme il fil di mie speranze,

più d'un'alma divide una sol morte.

Un mostro di più capi è la mia sorte.

Mie speranze naufragaste,

ne lo scoglio del dolore,

e la merce del mio core

ne le pene profondaste,

mie speranze naufragaste.

Miei contenti vi perdeste

entro l'onde del martire,

e la nave del desire

tra le Sirti m'abissaste.

Mie speranze naufragaste.

Livia ->

 

Scena quattordicesima

Agrippina.

<- Agrippina

 

O ciel ne' doni tuoi meco crudele,  

d'un fratel m'arricchisci

per crescer un nemico al mio infedele?

Ma ché folle mi lagno?

Sì, sì, moltiplicate astri adirati

spade, che tronchino

la vita perfida;

irati fulmini

che lo saettino

da l'alto ciel.

Sì, sì, mora il crudel. Lassa, che dissi?

Ov'il mio duolo arriva?

Lasciate pur, ch'ei mi disprezzi, e viva.

Son schernita, abbandonata,

vilipesa, disprezzata,

pur m'uccide

chi di vita oh dio, lo priva.

Lasciate pur, ch'ei mi disprezzi, e viva.

Ei tradì la mia speranza,

ingannò la mia costanza,

pur da l'empio

la mia vita, oh dio deriva.

Lasciate pur, ch'ei mi disprezzi, e viva.

Agrippina ->

 

Scena quindicesima

Tiberio. Seiano.

<- Tiberio

 

TIBERIO

I diademi a chi ben mira  

sono d'or per chi v'aspira,

ma di bronzo a chi li regge.

Più grav'è 'l dar, che l'ubbidir la legge.

A chi siede in trono aurato

quante volte vien negato

quel ch'a gl'infimi è permesso?

Chi vuol ben regger altri oblii sé stesso.

 

<- Seiano

 

Ecco 'l reo. Che t'indusse  

al veneficio enorme

de l'innocente Druso?

SEIANO

Più non dovean le parche

del tuo stame vital torcer il fuso.

TIBERIO

Tu a la mano fatal indifferente

la forbice porgesti.

SEIANO

Ciò che non vuol ben sa impedir il cielo.

TIBERIO

Dunque nel ciel ritorci

la colpa scellerata

del tu' oprar contumace?

SEIANO

Colpa non è ciò ch'al destino piace.

TIBERIO

Di', sacrilego, a Giove

il tradimento aggrada? Or va': rimetto

al senato 'l giudicio.

Difenditi, e racconta

ch'avesti, o scellerato,

il destino correo, complice il fato.

Tiberio ->

 

Scena sedicesima

Seiano. Plancina. Eudemo.

 

SEIANO

Ora sì, ch'ho perduta ogni speranza.  

Mi conosco schernito,

mi veggio abbandonato,

e m'accompagna solo

de l'empie colpe mie la rimembranza.

Ora sì ch'ho perduta ogni speranza.

 

<- Plancina, Eudemo

PLANCINA

Eccolo.  

EUDEMO

Addio bell'uomo.

Grande, superbo, altero.

Vedi l'onor del Tebro,

la speranza di Roma.

PLANCINA

Così gl'empi 'l destin flagella, e doma.

SEIANO

Ché sì, ché sì ragazzo.

EUDEMO

Se credi intimorirmi a fé sei pazzo.

PLANCINA

A pietà mi commove.

La sua miseria strana:

mi raccordo che fui

sempre cortese con la carne umana.

EUDEMO

(guardando per una strada)

Vedi.

PLANCINA

Che miro.

EUDEMO

Quante genti.

PLANCINA

Vanno

di Seiano le statue

per le vie strascinando.

EUDEMO

Eh che gli fanno

scherzi, lusinghe, e vezzi.

PLANCINA

Con nome così bel chiami i disprezzi?

EUDEMO

Andiamo.

PLANCINA

Così vanno i fasti umani.

EUDEMO

Ier fosti un lupo, ed oggi un barbagiani.

 

SEIANO

Perché date gioie a i rei  

se poi toglierle volete,

falsi numi, iniqui dèi?

Sì: che perfidi voi sete.

S'oggi un misero innalzate,

e dimani l'opprimete,

lo tradite, e l'ingannate.

Sì: che perfidi voi sete.

 
 
Vengono otto, che strascinando una statua di Seiano con vari scherni fanno un ballo.

<- otto del popolo

 

Fine (Atto secondo)

Atto primo Atto secondo Atto terzo

Luogo delizioso con stanze.

Tiberio, Ligdo
 

L'improvviso ritorno

Tiberio
Ligdo ->

Egl'è qui.

Tiberio
<- Seiano

Seiano
Tiberio ->

Muto, conturbato severo

Seiano ->
<- Germanico, Livia

Piango estinto un germano

Livia
Germanico ->
Livia
<- Cesare

Ah Cesare tiranno.

Livia, Cesare
<- Germanico

Fiero sdegno! Aspro cor!

Cesare, Germanico
Livia ->

Cesare, Germanico ->
<- Seiano, littori

Ah ch'io lusingo invano

Seiano, littori
<- Tiberio

Seiano, littori, Tiberio
<- Livia

Che rimiro? / Tiberio

Tiberio, Livia
Seiano, littori ->

Com'in pochi momenti

Tiberio
Livia ->
Tiberio ->

Appartamenti; notte.

Agrippina, Eudemo
 

Eudemo già non erri

Eudemo
Agrippina ->

Germanico non viene

(Eudemo s'addormenta)

Eudemo
<- Plancina

(Eudemo si desta)

Non dormo no

Eudemo
Plancina ->
Eudemo
<- Germanico

Eudemo? / Sei pur qui

Germanico
Eudemo ->
Germanico
<- Agrippina

Germanico? sei solo?

Germanico
Agrippina ->

Germanico
<- Cesare

Pronto son io

Cesare
Germanico ->

Cesare
<- Vipsanio

O mi delude il credulo timore

Cesare, Vipsanio
<- Germanico, Agrippina

Cesare anch'io son teco

Germanico, Cesare, Vipsanio, Agrippina ->

Sala con trono.

Livia
 
Livia ->
<- Agrippina
Agrippina ->
<- Tiberio
Tiberio
<- Seiano

Ecco 'l reo

Seiano
Tiberio ->
Seiano
<- Plancina, Eudemo

Eccolo / Addio bell'uomo

Seiano, Plancina, Eudemo
<- otto del popolo

(otto del popolo strascinando una statua di Seiano con vari scherni fanno un ballo)

 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima Scena tredicesima Scena quattordicesima Scena quindicesima Scena sedicesima
Sala regia. Cortile. Luogo delizioso. Giardino. Luogo delizioso con stanze. Appartamenti; notte. Sala con trono. Campagna deliziosa. Prigione. Sala reale.
Atto primo Atto terzo

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