LA CADUTA DI ELIO SEIANO
Dramma per musica.
Versione sintetica a cura di www.librettidopera.it.
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Libretto di Nicolò MINATO.
Musica di Antonio SARTORIO.
Prima esecuzione: febbraio 1667, Venezia.
Intervenienti:
TIBERIO imperatore |
basso |
Elio SEIANO |
tenore |
AGRIPPINA sorella di Gaio |
soprano |
G. CESARE fratello di Agrippina |
soprano |
VIPSANIO Agrippa, loro padre |
basso |
GERMANICO fratello di Livia e Claudio |
soprano |
LIVIA sorella di Germanico e Claudio |
soprano |
CLAUDIO che viene ucciso, fratello di Livia e Germanico |
altro |
LIGDO confidente di Seiano |
tenore |
PLANCINA vecchia |
contralto |
EUDEMO paggio |
soprano |
OMBRA DI DRUSO che fu marito di Livia e fu fatto avvelenar da Seiano |
altro |
Littori.
Coro di Soldati.
Coro di Servi.
Coro di Damigelle.
Coro di Cavalieri.
Coro di Paggi.
Coro di Popolo.
L'opera si rappresenta in Roma.
Serenissima e clementissima maestà
Sono così cospicue le grazie fatte dall'altezza serenissima del signor duca di Bransvich fratello della maestà vostra, con il dono de' suoi virtuosi, alla rappresentazione di due mie drammatiche composizioni per queste venete scene; ed è così immenso l'ossequio mio alla serenissima, ed augustissima sua casa, che obbligano la mia divozione a consacrare alle glorie immortali della medesima l'uno, e l'altro di questi drammi. L'uno, intitolato La prosperità di Elio Seiano, risplende felicitato col nome di quella altezza serenissima; degnisi la benignità di vostra maestà che l'altro nominato La caduta, resti, con lo splendore del suo, glorificato. Se riflettono nell'ombre gl'aumenti di gloria alle loro memorie, quella di Seiano si pregerà delle sue cadute, ora illustrate co' raggi della grazia di vostra maestà. Beatifichi ella la mia umiliata riverenza, e non sdegni dalla sublimità della sua grandezza rivolgere uno sguardo benigno a questi fogli, rammentandosi, che anco il sole, re de' pianeti, si mostrò sì benefico, che seppe una volta co' raggi dar spirito, e voce fino alle statue: e permetta, ch'io riceva in dono la gloria di pubblicarmi all'universo.
Della maestà vostra
Di Venezia
li 3 febbraio 1667
Umilissimo, divoto ed obbligato servitore
Nicolò Minato
Lettore
Eccoti La caduta subordinata alla Prosperità di Seiano.
Proseguisco nell'istoria medesima, e ti prego proseguire tu ancora nell'ordinario compatimento delle mie debolezze.
Vi troverai l'invenzione d'una concorrenza d'obligazioni, e d'offese tra Germanico, e Cesare, e vedrai sdegni sospesi, e moderati da nobiltà, e cortesia: contentati di rifletterle come azioni di sentimento generoso; né li misurar con l'idee popolari de' tempi corrotti. E se trovi chi s'esprima, che non gli vadano a senso, osserva, e vedrai esser persone di basso grado, che non arrivano a concepire elevati sentimenti d'anima eroica. Rammentati, che le rappresentazioni di questi drammi furono dagl'antichi inventate per insegnare la perfezione de' costumi onde l'azioni, che vi figurano, devono formarsi all'idea di quello che doverebbe essere, se non di quello che è. In tutto però compatiscimi: ben avrai onde ammirare, e i virtuosi insigni, che vi rappresentano, e la musica dell'istesso sig. Antonio Sartorio, che se nell'altra opera s'ha fatto acclamare per meraviglioso, in questa si merita la corona d'Apollo. Intendi le solite voci di fato, dèi, e simili col sano sentimento di vero cattolico: e vivi felice.
Argomento
Di quello che si ha dall'istoria.
Dopo lunga felicità, stanco il cielo di più soffrire l'iniquità di Seiano, permise che si scoprisse aver lui, molt'anni prima, fatto cader di veleno Druso, marito di Livia. Si cangiò la sua fortuna, cadé dalle grandezze, e rimesso da Tiberio al senato il giudizio delle sue colpe, restò condannato; e con volontario fine prevenne l'esecuzione della sentenza. Furono poi strascinate dal popolo per la città le sue statue, e rimanendo detestabile la sua memoria fu esempio famoso a chi per ingiuste vie s'innalza a i favori della fortuna. Ita Tacit.
Di quello che si finge.
Per far sortire dall'intreccio dell'opera precedente, nominata La prosperità di Seiano, il presente dramma in titolato La caduta, si fingono i seguenti verisimili.
Che Seiano vedendo felicitati Germanico, e Agrippina con la conclusione delle loro nozze, finga alcune lettere, le faccia porre nelle vesti d'Agrippina, e mostrandosi geloso della riputazione di Germanico, fingendo d'avvisarlo a suo vantaggio, gli faccia apparire impudica la sposa: onde Germanico dopo colti i baci sponsali ne professi il rifiuto, senza renderne altra ragione; così indotto dalla sagacità dell'ingannator Seiano. Che arrivi in Roma Vipsanio Agrippa padre d'Agrippina, e trovandola rifiutata da Germanico, senza ragione, voglia prenderne vendetta: e che a ciò mova G. Cesare suo figliuolo, che da lui era tenuto occulto, per oracolo ch'avesse avuto da Apollo che se non lo celava fino al terzo lustro, correva rischio di gran sventure. Che G. Cesare con Germanico passi amicizia, e riceva favori: indi succeda che egli assalito da Claudio fratello di Germanico a soggezione di Seiano, difendendosi lo ferisca non conoscendolo, sì che sia creduto morto. Onde Cesare sia offeso da Germanico col rifiuto d'Agrippina sua sorella, e Germanico da Cesare col creduto omicidio del fratello. E che per strani incontri nascano tra di essi vicendevoli obligazioni: e combattano nella nobiltà de' loro animi le offese con i favori, e le cortesie con gli sdegni fino allo scoprimento dell'innocenza d'Agrippina, e della vita di Claudio; vedendosi esser effetti del giusto destino le tepidezze, e sospensioni de' loro sdegni, e l'occulta forza delle loro cortesie.
Sala regia.
L'Ombra di Druso. Germanico. Livia. Agrippina. Seiano. Genti. Cavalieri.
Essendo preceduto un fulmine caduto sopra la statua di Seiano: è comparsa l'Ombra di Druso, a disturbar le nozze, che s'erano concluse nell'opera intitolata La prosperità di Seiano; si vede in questo principio l'istessa scena con li medesimi personaggi nell'istesso stato. E sparisce l'Ombra di Druso.
LIVIA E SEIANO
Che prodigi!
AGRIPPINA E GERMANICO
Che portenti!
SEIANO
Interrotti sponsali?
GERMANICO
Impediti contenti?
AGRIPPINA E GERMANICO
Che prodigi!
LIVIA E SEIANO
Che portenti!
Cortile.
Vipsanio. G. Cesare.
VIPSANIO
Quand'il crin si fa d'argento,
e lo sguardo ha lumi tremoli,
del contento
i martir son fatti gl'emoli,
non si speri di gioire
quando gl'anni incanutiscono,
ch'il martire
e i tormenti sol fioriscono.
Figlio! (Che tal poss'io,
or che non v'è chi m'oda
senza timor chiamarti.) Amato figlio!
CESARE
Genitor riverito
pur ti riveggo in Roma!
VIPSANIO
Resi l'Armenia doma; e l'Asia tutta
al Lazio sottoposi:
e poi che legge universal v'imposi
di perpetuo tributo
donde biondo partii torno canuto.
Agrippina che fa?
CESARE
Sai, ch'a Seiano
fu destinata sposa: e nell'Armenia
Germanico a te venne
per riceverla; giunti al Celio monte
con gl'avvisi ei precorse, e feste, e pompe
s'attendean. Ma Seiano, ingelosito
dai di lei giusti encomi
da Germanico uditi,
ricusò d'accettarla.
VIPSANIO
Ricusò? bench'il crin sparso di neve
anco 'l sangue mi geli;
lo punirò, se no 'l faranno i cieli.
CESARE
Piano signor; mi sono
di Seiano i costumi
odiosi così, ch'io -ti confesso-
non la stimai offesa.
VIPSANIO
Così fu vilipesa!
CESARE
Intanto giunge
in Roma, peregrina,
femmina detta Nisa, e che si vanta
principessa di Cipro.
N'arde Seian; per sposa
la chiede: ella 'l seconda, e solo oppone,
che d'Agrippina pur lo teme amante.
Nega, e giura Seiano, anzi Agrippina
con sdegni, e con disprezzi
a Germanico cede.
Per Agrippina ella si scopre; accetta
di Seian la licenza, e per vendetta
di Germanico è sposa.
VIPSANIO
Prudente! Generosa!
CESARE
Da gl'applausi comuni
io gl'avvisi ne sento
e ne festeggia il cor lieto, e contento.
VIPSANIO
Andiamo a lei.
CESARE
Dimmi? Potrò signore
in giorno così lieto
germano a lei scoprirmi?
VIPSANIO
No.
CESARE
Perché mai?
VIPSANIO
La riverenza eccede
figlio, ch'al genitore
del paterno voler ragion richiede.
Insieme
CESARE
A l'aure vitali
fui posto da te,
dipendi da me,
dipendo da te.
Non v'è
ne la terrena sorte
mai del paterno amor, amor più forte.
VIPSANIO
A l'aure vitali
sei posto da me,
dipendi da me,
dipendo da te.
Non v'è
ne la terrena sorte
mai del paterno amor, amor più forte.
Seiano. Ligdo.
(Ligdo ha nelle mani alcune lettere)
SEIANO
Non soffrirò giammai
che Germanico goda.
LIGDO
Io questi fogli adunque
dovrò por d'Agrippina entro le spoglie
oggi da lei deposte?
SEIANO
Sì: così voglio.
LIGDO
Sono
macchie de la sua fama,
offese dell'onore.
SEIANO
A te ch'importa!
LIGDO
Irriteranno il cielo
le calunnie mendaci.
SEIANO
Servi, ubbidisci, e taci.
LIGDO
Scusa signor: non vedi,
prodigioso telo
atterrar la tua statua?
SEIANO
Eh quest'è l'uso
de gli dèi: sarei sciocco,
se punto vi pensassi;
van sempre fulminando i monti, i sassi.
LIGDO
La voce, che gridò: «Ferma Seiano»,
la forza non veduta
che ti respinse dall'unirti a Livia,
al certo fu di Druso a lei già sposo,
ch'avvelenar facesti.
SEIANO
Ciò ch'obliar dovresti
temerario rammenti?
LIGDO
Non irritar i cieli.
SEIANO
Indiscreto plebeo,
ti scoprirò per reo
de la morte di Druso,
se mi movi a lo sdegno.
LIGDO
A me così favelli?
SEIANO
A te. Quei fogli
porrai dov'io t'imposi: animo scaltro
che d'un delitto è reo, non tema l'altro.
LIGDO
Dunque con un misfatto,
a cui l'empio m'indusse,
mi comprò, mi fé schiavo?
Che farò sfortunato!
A i delitti, a le colpe
misero son sforzato!
E con barbaro esempio
son costretto per forza ad esser empio!
Livia. G. Cesare.
LIVIA
La fiamma d'amore
ch'il core
m'ardé,
non è più viva no.
Un istante la perdé,
un momento l'ammorzò...
Quel vago baleno
ch'il seno
ferì,
sparì, ch'a pena 'l so.
E dal petto se n' fuggì
come rapido v'entrò.
CESARE
Dunque le nozze tue
col superbo Seiano
impediscono l'ombre, anima bella!
LIVIA
Così con i mortal il ciel favella.
CESARE
E più non l'ami?
LIVIA
Un repentino sdegno
s'impossessò del core; e non so come
mi s'è fatto odioso infin il nome.
CESARE
Egli userà preghiere.
LIVIA
Ed io disprezzi.
CESARE
Minacce.
LIVIA
Saran vane.
CESARE
Violenze.
LIVIA
Tiranno,
se irriterà gli dèi, lo puniranno.
CESARE
Ama dunque, chi t'ama.
LIVIA
Cesare è 'l mio desìo.
CESARE
E creder lo poss'io?
LIVIA
La fé ch'a te ne porgo
non fia mai ch'io t'invole,
fin ch'avrà stelle 'l cielo, e raggi 'l sole.
CESARE
O sorte felice,
o prospero fato!
Il nume biondo,
ch'è lume del mondo,
non vede amante
di me più beato.
O sorte felice,
o prospero fato!
Agrippina. Plancina. Germanico.
AGRIPPINA
Danzatemi 'n seno,
amori vezzosi,
trionfanti,
festeggianti;
e con accese faci
pubblicate del cor le care paci.
Brillatemi pure
delizie ne l'alma,
desiate,
sospirate.
E con facelle ardenti
itene pubblicando i miei contenti.
PLANCINA
A fé l'hai fatta bella,
e con le tue chimere
tu sei giunta a godere.
T'hai provvisto di sposo
con un bizzarro inganno;
e chi non n'ha suo danno.
Eccolo a fé.
GERMANICO
Agrippina.
Così lieto son io di mia fortuna,
ch'a invidia non mi move
la vaghezza degl'astri,
l'eternità di Giove.
AGRIPPINA
Tu sei mio ciel, mio nume.
GERMANICO
Tu mia stella, mio lume.
AGRIPPINA
Parto.
GERMANICO
D'alma resto privo.
AGRIPPINA
Tornerò.
GERMANICO
Se mi vuoi vivo.
AGRIPPINA
Da te lontana moro.
GERMANICO
Peno da te disgiunto.
AGRIPPINA
Chi mi smembra da te divide il punto.
Dimmi chi vive in te?
Insieme
AGRIPPINA
Il mio core,
che meco più non è.
O mutanza gradita!
È tua l'anima mia, mia la tua vita.
GERMANICO
Il mio core,
che meco più non è.
O mutanza gradita!
È mia l'anima tua, tua la mia vita.
Seiano. Germanico.
SEIANO
Germanico, sei lieto?
GERMANICO
Più che l'alme felici
ne gl'Elisi beati.
SEIANO
Ed io vorrei più tosto
aver il cielo avverso,
la natura nemica,
ch'in nodo marital donna impudica.
GERMANICO
Impudica? Seiano
troppo libero parli!
SEIANO
Uso del vero
che sempre spiace.
GERMANICO
Dimmi
come?
SEIANO
Le sue bellezze
anch'io, qual Nisa, amai,
ma, scoperta Agrippina,
l'aborrii, la sdegnai.
GERMANICO
Dunque de le mie lodi
gelosia non ti mosse?
SEIANO
Eh tu m'avresti
per facile, e leggero.
GERMANICO
Seian dici da vero?
SEIANO
Se vuoi disingannarti
cerca tra le sue spoglie,
o tra quelle ch'or cinge, o ch'ha deposte;
ritroverai di possessor osceno
fogli lascivi.
GERMANICO
O cieli!
SEIANO
Questi leggea già poco,
e colta d'improvviso
s'impallidì, gelò, si fé di foco.
GERMANICO
Chi mai è l'empio? il reo?
SEIANO
Un abietto plebeo.
GERMANICO
Ahi che ascolto!
SEIANO
A te solo
ciò, ch'è pubblico altrui, tace la fiamma?
GERMANICO
Che farò mai?
SEIANO
Adempi
ciò che desio d'onor nel cor ti reca,
s'amor non t'avvilisce, e non t'accieca.
GERMANICO
Ucciderò l'iniqua,
svenerò l'empia.
SEIANO
Gl'impeti improvvisi
cauti non son: del fatto
renditi certo pria,
indi -se non lo sprezzi-
consiglio avrai da l'amicizia mia.
GERMANICO
Seiano i sensi tuoi
l'opre mie reggeranno.
SEIANO
(Cadé l'incauto nell'ordito inganno.)
GERMANICO
Io credea,
sorte rea,
mitigato 'l tuo rigor!
Ma lo trovo assai peggior,
e quando pur pensai
di poter un dì gioire,
trovo ne la mia vita il mio morire.
Stelle ingrate
meno irate
vi credei contro di me,
ma ingannato son a fé:
che sempre più crudele
io discopro la mia sorte;
ne la felicità trovo la morte.
Plancina. Eudemo.
PLANCINA
S'il picciolo dio
amante mi fa
di vaga beltà,
che far ci poss'io?
Il tempo incrudelito
il cibo mi può tor, non l'appetito.
S'ancora 'l desio
col fior, che cadé,
estinto non è,
che far ci poss'io?
Il senso d'anni onusto
è privo di vivande, e non di gusto.
Caro Eudemo deh trova
Ligdo quel disperato
e digli, che non lasci,
ch'io disperata mora.
EUDEMO
Quest'è un mestier, che non l'appresi ancora.
PLANCINA
Ti porgerò, se 'l fai
quanti baci vorrai.
EUDEMO
Ne son sicuro,
ma i baci tuoi non curo.
PLANCINA
Te ne prego.
EUDEMO
Ma invano,
ch'a dirtela a la schietta,
non voglio d'una vecchia esser mezzano.
PLANCINA
Superbaccio.
EUDEMO
Indiscreta.
PLANCINA
Un dì mi pregherai.
EUDEMO
E s'io ti prego non risponder mai.
La donna incanutita
è una nave sdruscita:
ma se nocchier si trova,
che scorga col timon l'antica prora,
a tempeste di mar resiste ancora.
Germanico. Seiano.
GERMANICO
(ha in mano i fogli trovati nelle vesti d'Agrippina)
Così vero non fosse.
SEIANO
Ove li ritrovasti?
GERMANICO
Entro le spoglie
di peregrina, c'ha deposte. Vedi.
(dà i fogli a Seiano)
Mio core, che fai?
(intanto Seiano mostra di leggere)
GERMANICO
S'ormai
non scacci da te
ardori sì rei,
un empio tu sei.
SEIANO
(Io vedo trionfar gl'inganni miei.)
GERMANICO
Leggesti?
SEIANO
Lessi: e questa
esser dovea mia sposa?
(legge)
«Pur lusinga il marito,
e ne' piaceri stessi
fa' paragon de' suoi co' miei amplessi.»
GERMANICO
(ripiglia i fogli)
Non rilegger, Seiano,
l'indegne note oscene.
SEIANO
(A fé 'l gioco va bene.)
GERMANICO
Seian, che far degg'io.
SEIANO
Segui l'esempio mio
all'ora che d'Armenia
a me la conducesti;
de le lascivie sue nulla parlai
e solo i miei sponsali,
senza render ragion, a lei negai.
GERMANICO
Sprezzo senza motivi
desterà nuove guerre.
SEIANO
Ella non ha più genti: il genitore
ha già deposte l'armi.
GERMANICO
Roma che ne dirà?
SEIANO
Di me che disse?
Saggio ti chiameranno
quei, che de l'impudica sanno i costumi rei;
de gl'altri poi nulla curar ti déi.
GERMANICO
Vanne: così farò. (Trista Agrippina.)
SEIANO
(Aggiustata è la mina.)
GERMANICO
Par a me che non t'adiri,
come pur dovresti, o core,
e che lento 'l piè ritiri
per uscir da quest'ardore:
ma se meco tu vuoi star
fuggi, fuggi, non l'amar.
Spargi pur le fiamme accese
d'un eterno, e pronto oblio,
che se tolleri l'offese
uscirai dal petto mio:
ma se meco tu vuoi star
fuggi, fuggi, non l'amar.
Eccola appunto.
Agrippina. Germanico.
AGRIPPINA
Amato sposo?
GERMANICO
Taci.
AGRIPPINA
Mio cor.
GERMANICO
Con altri adopra
queste lusinghe.
AGRIPPINA
A me ripulse?
GERMANICO
Ascolta
Agrippina (Ahi che pena!)
T'amai; per quelle faci,
che ti splendon ne' lumi,
mancato avrei di fede infin a i numi.
Or costretto son io
a negarti 'l cor mio.
AGRIPPINA
Che sento mai? Germanico adorato,
dimmi, son io, che sogno?
O sei tu, che vaneggi?
GERMANICO
Io non vaneggio, e tu non sogni: cerca
altre nozze, altro sposo.
AGRIPPINA
Perché?
GERMANICO
Chiedi a te stessa.
AGRIPPINA
In che t'offesi?
GERMANICO
Nel core.
AGRIPPINA
Ah disleale,
da Seiano apprendesti
a rifiutar le spose!
GERMANICO
Addio.
AGRIPPINA
Ferma: ove vai?
GERMANICO
Da te lontano.
AGRIPPINA
Ti sovvenga, inumano,
che già sposo mi sei.
GERMANICO
Lo tolgano gli dèi.
AGRIPPINA
Così m'offendi!
GERMANICO
Offesa lieve!
AGRIPPINA
Amato traditore,
come or tutto disprezzo?
Poco pria tutto amore?
GERMANICO
Non so.
AGRIPPINA
Negar non puoi
ch'io tua non sia.
GERMANICO
Vaneggi.
AGRIPPINA
Empio! dunque l'amor, la data fede,
tutto in sprezzi è rivolto!
Vipsanio. Agrippina. Germanico.
VIPSANIO
(a parte)
(Quai rimproveri ascolto!)
AGRIPPINA
Schernita, vilipesa
mi lascerai?
GERMANICO
Non è mia colpa.
AGRIPPINA
(Ingrato.)
Sposa più non mi vuoi?
GERMANICO
No.
VIPSANIO
(Ciel che sento!)
AGRIPPINA
Così tratti 'l mi' onore.
GERMANICO
Altri ci pensi.
VIPSANIO
Questi indecenti sensi
sono d'anima vile.
AGRIPPINA
(Ahi che rimiro.)
GERMANICO
Col ferro a questi accenti
risponderei, s'al fianco
tu lo cingessi.
VIPSANIO
Or ora
farò che mi si rechi.
AGRIPPINA
Il primo incontro
dunque così noioso
esser si deve o genitor?
VIPSANIO
Di sposo
non si diè fede?
AGRIPPINA
È vero.
VIPSANIO
Ed or la neghi.
GERMANICO
Sì.
VIPSANIO
Perché?
GERMANICO
Ragione
render non voglio.
VIPSANIO
Mi si porga il brando;
la destra ancor che sia da gl'anni grave
saprà ben fomentata
giustamente da l'ire
reggerlo quanto basti
o a punirti, o a morire.
(gli vien porta una spada)
GERMANICO
Scuso gl'anni cadenti.
VIPSANIO
Or or tu déi
dar con sicura, ed immutabil sorte
la fede ad Agrippina, o a me la morte.
GERMANICO
Ciò che per te, ciò che per lei richiedi
egualmente ti nego.
Né osservar la promessa a lei mi piace,
né te privar di vita.
Non a lei, perché in ciò son risoluto,
non a te, ch'il mio ferro
si sdegna di svenar debil canuto.
AGRIPPINA
Io vestita d'acciaio
ti punirò, ribelle.
GERMANICO
Né meno uso ferir femmina imbelle.
VIPSANIO
Non mancherà chi da l'indegne vene
tragga il sangue. Agrippina
infelici mi furo i tuoi natali.
AGRIPPINA
Innocente son io, numi immortali!
Che sorte infelice,
che fiero destin!
Mi veggio schernita,
mi trovo tradita,
né meno mi lice
saper a qual fin.
Che sorte infelice,
che fiero destin!
Che influssi maligni
si movon per me!
Sol ombre produce
la vaga mia luce,
e d'astri benigni
speranza non v'è.
Che influssi maligni
si movon per me!
Luogo delizioso.
G. Cesare. Livia. Claudio fratello di Livia. Soldati con lui. Ligdo.
(Livia è sopra una loggia)
CESARE
Caro tetto adorato
dov'il mio foco sta,
de l'amata beltà
centro beato;
caro tetto adorato.
Dolce albergo felice
del mio vezzoso ardor,
sfera del vago amor,
che m'ha piagato;
caro tetto adorato.
LIVIA E CESARE
Mia vita, mio respiro
son felice
i tuoi lumi all'or, che miro.
CLAUDIO
Eccolo a fé; Seiano
non m'ingannò: cada l'iniquo, cada.
CESARE
Traditori così? Di questa spada
proverete la forza.
LIVIA
O me infelice!
CLAUDIO
Lascia l'amor impuro
ignoto di natali, e d'opre oscuro.
LIVIA
Di Claudio a me german la voce è questa,
se non erra l'udito.
CLAUDIO
Misero son ferito: e manco, e spiro.
(cade ferito)
LIGDO
(A fé, per quant'udii,
de l'iniquo Seiano
un tradimento è questo.)
CESARE
(cade, e tutti gli vanno addosso per ferirlo)
Iniqui, rei,
tutti sopra di me, perch'io cadei.
Germanico. G. Cesare. Claudio. Soldati. Ligdo.
GERMANICO
Empi fermate: o là così vilmente
un caduto s'opprime?
Contra di me venite!
(fuggono)
Scelerati fuggite?
CESARE
A te deggio la vita: uno de gl'empi
ucciso qui riman, tronchiam signore
quest'incaute dimore.
GERMANICO
Andiam.
CESARE
Per te de l'aure
signor vivo a i respiri: e pria che l'alma
ne' suoi dover si stanchi,
esser potria ch'il tempo al tempo manchi.
LIGDO
Spira il misero; e non invano forse
quivi mi trasse il cielo.
Su queste braccia condurrò l'esangue
al mio tetto vicin: de le mie colpe
in principio d'emenda
questa poca pietade al ciel si renda.
Livia.
Chi mai cedé? l'amante?
O 'l germano? Infelice
è la miseria mia,
l'uno, o l'altro che sia: ma qui non veggio,
sol che pochi vestigi
di tepid'ostro; cieli
qual di voi mi conforta?
Se Cesare non vive anch'io son morta.
Ah scelerato core!
Ah mente affascinata!
Piangi per l'amatore
più che per Claudio? adunque
ribelle a la natura
da un affetto fallace
vincer ti lasci. Io pecco, è ver, io pecco,
ma se i bei lumi oh dio,
chiuse forse il mio sol, ditemi o cieli,
chi di voi mi conforta?
Se Cesare non vive anch'io son morta.
Sempr'aspersi
di martire
saran dunque i giorni miei,
s'il mio ben, oh ciel, perdei.
Ben avversi
al mio gioire
son fatti i sommi dèi,
s'il mio ben, oh ciel, perdei.
Giardino.
G. Cesare. Germanico.
CESARE
È una luce di baleno
il sereno
di fortuna,
tosto fugge, e poco dura;
in un momento sol splende, e s'oscura.
È la vita un ampio mare,
sempr'appare
pien di scogli.
La sua calma non ha fede,
resta ingannato più chi più gli crede.
Di Livia la mia vita
godo appena un sorriso,
che son da sorte rea da lei diviso.
GERMANICO
Cesare?
CESARE
Amico?
GERMANICO
Vivi
celato ne' miei tetti,
ch'io de le tue sventure
sarò scudo fedel.
CESARE
Dunque sicure
a l'ombra del tu' affetto
saran le sorti mie?
GERMANICO
Così prometto.
Offro 'l sangue, e la vita in tua difesa,
il tuo valor lo merta,
la tua bontà lo chiede.
CESARE
Resto dunque sicuro?
GERMANICO
Sopra la fé di quest'acciar lo giuro.
Eudemo. Germanico. G. Cesare. Littori.
EUDEMO
I littori, signore,
d'entrar chiedon licenza.
CESARE
Ahimè? i littori?
GERMANICO
Non temer; di' che ponno
venir. Tu qui t'ascondi.
(fa nascondere Cesare)
CESARE
In te confido.
GERMANICO
Se già teco divido
l'affetto del mio cor, non m'è permesso
mancar a te, senza tradir me stesso.
GERMANICO
Che chiedete?
UN LITTORE
Di Claudio a te germano
qui celato, signore,
noi cerchiam l'uccisore.
GERMANICO
Claudio estinto? Che sento?
È qui nascosto l'omicida? (O cieli,
che deggio far?) Uscite,
io cui tocca l'offesa
ogni asilo più chiuso,
cercherò.
UN LITTORE
Se l'affare
a più gelosa man non può venire,
ben possiamo ubbidire.
(si ritirano)
GERMANICO
Che farò? qui la fede,
qui lo sdegno combatte.
Inciampo in un errore,
per dovunque mi movo.
In che angustia mi trovo!
Cesare?
(Cesare esce da dove era nascosto)
CESARE
Son sicuro?
GERMANICO
Sì: vieni; de l'estinto
non hai contezza?
CESARE
Nulla.
GERMANICO
Né indizio alcun?
CESARE
Né meno.
GERMANICO
(Ahi caso strano!)
È Claudio a me germano.
CESARE
Misero me!
GERMANICO
Cadé la data fede.
Punirò l'empio eccesso:
ché non val cortesia contro sé stesso.
CESARE
(Io son perduto.) Che farai?
GERMANICO
Nel seno
vibrerò questo ferro.
CESARE
Dunque s'armi la destra.
GERMANICO
A miglior loco
ciò mi riserbo: deggio,
per adempir miei patti
prima porgerti aita, e poi svenarti.
CESARE
Come questi contrari?
GERMANICO
Qui fedel ti difendo; altrove irato
ti darò morte. Eudemo,
a i littori dirai, che ne' miei tetti
cercano invano l'omicida. Piglia:
di quell'uscio reposto,
quest'è la chiave: fuggi.
(gli dà una chiave)
Io poi ti seguirò, con giusta fretta,
inimico spietato alla vendetta.
CESARE
Mi salvi dunque?
GERMANICO
Lo promisi.
CESARE
Ed io
ricevo in don la vita,
quando son reo di morte?
GERMANICO
Ah ben lo sai.
CESARE
Odimi: grato esser ti voglio.
GERMANICO
Come,
che farai?
CESARE
Fuggirò lontano, ignoto
sì che mai d'incontrarti
possibile non sia,
ché contro la tua destra
sarebbe ingrata la difesa mia.
GERMANICO
(Che strana cortesia!)
In van placar mi tenti,
ti cercherò.
CESARE
Perché?
GERMANICO
Per vendicarmi.
CESARE
Ed io saprò fuggirti,
per non venir contr'un amico a l'armi.
GERMANICO
Chi di me più sventurato
l'aure spira,
il sol mira?
Tant'in odio son del fato,
de la sorte,
che mi manca infin la morte.
Qual esempio tra i viventi
ebber mai
i miei guai?
Sono tanti i miei tormenti,
le mie pene,
che son men del mar l'arene.
Plancina. Eudemo. Paggi.
PLANCINA
Consigliami tu
cristallo verace
quel che più
diletta, e piace;
mentre che la bellezza il tempo stanca,
arte supplisca ove natura manca.
Insegnami almen
colore, ch'alletti,
e nel sen
mova gl'affetti;
che mentre la bellezza han vinto gl'anni
non mi ponno giovar, se non gl'inganni!
Plancina si belletta.
EUDEMO
Compagni correte,
la vecchia vedete,
che finge colori.
S'adorna di fiori
credendo a gl'amanti
di tesser la rete,
compagni correte.
Quattro Paggi fanno scherzi alla vecchia.
PLANCINA
Misera me son colta,
lasciatemi indiscreti.
Finitela una volta,
non mi toccate: via.
(Il ciel guardò la pudicizia mia.)
Giardinieri, e Paggi fanno un ballo.
Luogo delizioso con stanze.
Tiberio. Ligdo.
TIBERIO
Chi stimò d'atomi lievi
fatto l'uomo avea ragione,
se fortuna in ore brevi
lo sconvolge, e lo scompone,
ed il tempo lo risolve
in minuta, e poca polve.
Chi chiamò leggero foglio
il mortal, ben fu prudente,
ché del misero l'orgoglio
è un baleno, un'ombra, un niente;
e al girar di breve sole,
spesso cade eccelsa mole.
LIGDO
L'improvviso ritorno,
ch'in Roma fai, signore,
lo turberà.
TIBERIO
Poc'ore
godei tranquille. Cieli,
tant'iniquo Seiano!
Druso per opra sua caduto estinto!
LIGDO
Signor chiesi la vita, e 'l ver narrai.
TIBERIO
Ed io tanto l'amai!
Che ti mosse a scoprirmi
colpa di sì lungh'anni?
LIGDO
I suoi gesti tiranni,
il timor, ch'ei non voglia
ch'un testimonio viva
di sue colpe crudeli; e forse spinto
fui dal voler de' cieli.
TIBERIO
Vanne: da guardie cinto
starai, fin che del vero
cert'io rimanga; e se mentisti forse,
misero te!
LIGDO
Signore
colpevole è pur troppo il traditore.
Tiberio. Seiano.
TIBERIO
Egl'è qui.
SEIANO
Riverito,
adorato Tiberio! E qual in Roma,
da i suburbii graditi affar pesante
sì tosto ti richiama?
TIBERIO
Porgi lo scettro.
(Seiano gli dà lo scettro: Tiberio lo lascia senza dirgli altro)
SEIANO
Muto,
conturbato severo
mi rivolge le terga? Ahi qual mi scorre
freddo rigor entro le vene! Il sangue
mi si gela. Fortuna
mi ritogli tu forse il dolce crine?
Forse del mio sereno è giunto il fine?
Misero! mi conturba
de l'opre ingiuste la memoria; e, fatto
flagello, del mio core
mi tormenta il timore.
Ardir Seiano, ardire.
T'avvilisci? ti perdi?
che sarà? caderai?
un nulla fosti, un nulla ancor sarai.
T'involerà la sorte
le grandezze? Può farlo;
ma non sarà giammai,
ch'io non l'abbia godute.
Che sarà? Morirai?
Un nulla fosti, un nulla ancor sarai.
Germanico. Livia.
GERMANICO
Labirinto d'aspri guai,
è d'un misero la vita,
crede pronta aver l'uscita,
ma nel centro è più che mai,
ed un'eco vi rimbomba,
ché l'uscita, è sol la tomba.
I rintrecci de la sorte,
sono strade sempr'incerte,
ove sembrano più aperte,
son più folte, son più torte,
ed un'eco vi rimbomba,
ché l'uscita, è sol la tomba.
LIVIA
Piango estinto un germano,
l'omicida n'adoro.
Son afflitta per l'un, per l'altro moro.
GERMANICO
Livia? per Claudio estinto
tu spargi i pianti: ed io
de l'uccisor spargerò 'l sangue.
LIVIA
(Oh dio!)
Sarà fuggito.
GERMANICO
Il più remoto clima
cercherò per svenarlo.
LIVIA
(E non lice vietarlo!)
GERMANICO
Non ti lagnar: l'ucciderò.
LIVIA
Infelice
m'accora il rio dolore!
(Ei non sa che dal sen mi svelle il core.)
Feconda di pene
l'iniqua fortuna
è fatta per me.
Incontro mi viene
rapace importuna
con barbaro piè.
Feconda di pene
l'iniqua fortuna
è fatta per me.
Mi vibra uno strale
ad ogni momento
irato destin.
E solo da un male
ne cadono cento
sul misero crin.
Mi vibra uno strale
ad ogni momento
irato destin.
G. Cesare. Livia.
CESARE
Sì turbato è questo core,
che distinguere non so,
il contento dal dolore;
e se ben pensand'io vo
al mio martire,
tant'il ben quant'il mal mi fa languire.
È sì mesta l'alma mia,
che riscuotersi non può
da sua pena acerba, e ria,
e se be pensando io vo
al duol, ch'io sento,
tant'il ben, quant'il mal mi dà tormento.
Tanti martìri, o ciel,
ad un misero cor:
nemici; offese; amor;
o mia sorte crudel,
tanti martìri o ciel!
LIVIA
Ah Cesare tiranno.
CESARE
Eccoti 'l brando.
Ecco 'l seno, ecco l'alma;
svenami, ch'io non posso
né da più dolce sorte,
né da più bella mano aver la morte.
LIVIA
Fuggi, deh fuggi, oh dio.
CESARE
Svenami, sì.
LIVIA
Non posso.
CESARE
Perdonami.
LIVIA
Non deggio.
CESARE
M'aborrisci?
LIVIA
Non so. Fuggi, deh fuggi.
CESARE
Mi scacci dunque?
LIVIA
Sì: perché t'adoro.
(Misera, e pur lo dissi!)
CESARE
O cara voce!
LIVIA
(vede venir Germanico)
Ahimè. Cieli! Gl'abissi
ti profondino or ora,
sanguinario, inumano;
sì, sì l'iniquo seno,
l'anima scellerata
aprirà, svenerà la destra mia.
Germanico. G. Cesare. Livia.
GERMANICO
Fiero sdegno! Aspro cor!
LIVIA
Fortuna ria!
GERMANICO
Promettesti fuggirmi,
or ne l'offese ardito
osi innanti venirmi?
CESARE
Così vuol la mia sorte.
GERMANICO
A l'armi adunque.
CESARE
Di rilevante affare
deggio pria favellarti,
fa' che soli restiam.
GERMANICO
Livia deh parti.
LIVIA
(Chi mi scorge ha la morte!)
GERMANICO
Or che vuoi dirmi?
CESARE
Leggi.
GERMANICO
Leggo.
(legge)
«Figlio»...
Figlio? Come, s'ignoti
sono i natali tuoi?
CESARE
A me palesi,
per comando paterno, altrui gl'ascondo.
GERMANICO
(legge)
«Son nell'onore offeso,
accorri a la vendetta,
da me tutto udirai, ché qui non voglio
i pregiudizi miei fidar a un foglio.»
CESARE
Udisti?
GERMANICO
Udii.
CESARE
L'offesa,
è ne l'onor. Invitto, generoso
a te ne vengo, a te ricorro; come
la vita mi salvasti,
così l'onor mi serba: e la vendetta
de l'estinto fratello
sol differisci quanto
in questi di fortuna aspri contrasti,
l'onor offeso ad emendar mi basti.
Per te non sia, che manchi tempo a l'ire,
or macchieresti 'l ferro.
Contro sangue oscurato,
siami cortese amico,
finch'io vendichi l'onta; allora poi
cresceranno di pregio i furor tuoi.
Adesso a doppia gloria
ti chiama la tua sorte,
prima l'onor puoi darmi, e poi la morte.
GERMANICO
Non è mai gran nemico,
chi le leggi non sa d'esser amico.
Tu ne l'onor sei punto;
io sol nel senso: non a me l'estinto,
ma ben a te l'onore,
ponno render poch'ore. I' vuò, che ceda
a l'ingiuria l'offesa:
differisco gli sdegni, e sonti amico,
e se sia d'uopo, ancora,
compagno a l'opra: poi
m'avrai nemico fiero,
quanto adesso cortese, allor severo.
CESARE
Grazie ti rendo; e parto.
GERMANICO
Ma dove?
CESARE
Al genitor.
GERMANICO
Solo te n' vai?
CESARE
Sì.
GERMANICO
Non conosci 'l rischio
s'alcuno ti ravvisa
per l'uccisor di Claudio?
CESARE
È ver: ma pure
che far degg'io?
GERMANICO
Nascosto
qui ti ferma; e 'l genitor mi scopri:
andrò per te.
CESARE
Se ne l'onor macchiato
ei si cela, scoprirlo altrui non lice.
GERMANICO
Dunque ti ferma, quant'io trovi amico,
che mi segua fedel, mentr'io convengo
ir notturno ad udir i vani preghi
di beltà già gradita,
poi verrò teco.
CESARE
Dunque tost'io parto.
GERMANICO
Perché?
CESARE
Mi tratti da nemico. E come?
Ricorro a te, l'ingiurie mie ti scopro,
chiedo favor, lo trovo, e cerchi poi
più fido amico a' desideri tuoi?
GERMANICO
Se t'espongo a periglio
sturbo gl'acquisti del tu' onor: e tardo
le mie vendette.
CESARE
Dimmi,
ir con l'ombre non de'?
GERMANICO
Sì.
CESARE
Dunque, ignoto
potrò venir.
GERMANICO
No, no, rimanti.
CESARE
Forse
di me non ti fidi? Il ferro
impugnerò per te contro ogni petto;
e se sia d'uopo, il genitor istesso,
e 'l proprio onor posposto
per te vedrai.
GERMANICO
Ti scorgo
generoso, e cortese:
meco verrai. M'è grave
ch'ora siam fidi amici,
e in breve torneremo a l'ire ultrici.
CESARE
Or di ciò non si parli.
GERMANICO
Andiamo. Ben si scorge
che vince in nobil petto
la nobiltà de l'alma ogn'altro affetto.
Seiano. Littori. Poi Tiberio.
SEIANO
Fantasmi noiosi
funesti,
molesti,
ch'i dolci riposi
de l'alma turbate,
cessate, cessate.
Oggetti dolenti,
austeri,
scuri,
che rigidi eventi
al cor minacciate,
cessate, cessate.
Ah ch'io lusingo invano
lo spirito intimorito?
Certo ch'io son tradito.
Fia consiglio prudente
tosto fuggir, ahimè!
UN LITTORE
Cedi quel brando;
sei prigionier Seiano.
SEIANO
(si vuol uccidere)
Saprò svenarmi pria.
TIBERIO
Ferma inumano.
Livia. Tiberio. Seiano. Littori.
LIVIA
Che rimiro?
SEIANO
Tiberio
così tu ricompensi
quel Seian, che per te la vita espose,
che fido a tua difesa
sudò i lucidi giorni, o a l'aer fosco
tante volte vegliò?
TIBERIO
Non ti conosco.
SEIANO
Sì adirato signore?
TIBERIO
Quel Seiano, ch'amai,
venefico non era, e traditore.
SEIANO
Cloto del viver mio deh tronca l'ore.
(vien condotto via)
LIVIA
Com'in pochi momenti
cade Seian?
TIBERIO
Al tuo consorte Druso
ei fe' porger veleno.
LIVIA
O scellerato!
TIBERIO
Ligdo svelò 'l delitto
lungamente celato.
LIVIA
Ah ben comprendo
che fu l'alma di Druso
ch'impedì le mie nozze
col traditor. E degno
egl'è ben del mio sdegno.
(parte)
TIBERIO
Da l'ira de' numi
fuggir non si può.
Se più tardo,
più sdegnoso
il ciel fulminò.
Da l'ira de' numi
fuggir non si può.
Seian godé sereni
lunghi giorni contento.
Del ciel, che di sue colpe
obliarsi parea,
forse l'empio ridea.
Or fuggita in un momento
la sua luce s'oscurò.
Da l'ira de' numi
fuggir non si può.
Appartamenti.
Agrippina. Eudemo.
Di Notte.
AGRIPPINA
Agrippina infelice!
Seiano ti disprezza,
Germanico t'inganna;
che peggio mi può far sorte tiranna.
Notte, che l'alta face
del ciel celando vai,
e con minuti, ma infiniti rai
vedi le doglie mie,
dimmi se l'alme rie
a sì fieri martir, Pluto condanna.
Che peggio mi può far sorte tiranna.
Eudemo già non erri:
Germanico promise
a me venir?
EUDEMO
Sdegnoso
pria negò; poi riletti i fogli tuoi,
tra 'l dubbio, e tra 'l rigore,
disse: verrò, ma che non speri amore.
AGRIPPINA
Misera! Eudemo veglia
l'arrivo de l'ingrato
e quand'ei giunge tu mi chiama.
EUDEMO
Pronto
ubbidirò. Tu spera,
ché sul fin del martir s'apre il contento.
AGRIPPINA
La speranza è un tradimento,
ch'a gl'amanti fa 'l desire;
con le vesti del gioire
gli nutrisce dentr'il seno
il veleno del tormento,
la speranza è un tradimento.
Ella ride vezzeggiando,
promettendo gioie al core.
Poi cangiandosi 'n dolore
infelice il cor diviene
pien di pene in un momento.
La speranza è un tradimento.
Eudemo. Plancina.
EUDEMO
Ore volate, fuggite o dì.
Sì che grande anch'io diventi;
e contenti
poi colei ch'ho nel pensiero.
Perch'io son, a dir il vero,
troppo picciolo così.
Ore volate, fuggite o dì.
Anni correte, deh vieni età,
sarò forse allor gradito,
né schernito
qual fanciul vano, e leggero.
Perch'io son, a dir il vero,
troppo picciolo così.
Ore volate, fuggite o dì.
Germanico non viene,
ed io di sonno moro.
E che sarebbe se cedessi alquanto
a dolce oblio profondo?
Non caderebbe il mondo.
(siede e s'addormenta)
PLANCINA
Crin d'argento,
senso lento
è gran martir.
Stan con gl'anni
solo affanni
e non gioir.
Che veggio? qui addormito
lo sfacciatello Eudemo,
lo bacerei, ma temo.
Quegl'avori
tenerelli
son pur belli.
Io vogl'ape amorosa
sugger quei fior vermigli,
quelle rose, que' gigli.
No, che s'ei se n'avvede
è tanto sciagurato,
ch'a tutti lo dirà.
Segua che vuole,
che mai sarà.
Incontro così bel perder non voglio.
EUDEMO
Non dormo no, signora.
PLANCINA
Ahimè si desta,
è finita la festa.
(parte)
Germanico. Agrippina. G. Cesare. Eudemo con lume.
GERMANICO
Eudemo?
EUDEMO
Sei pur qui; fermati: or ora
Agrippina verrà.
GERMANICO
Non mi dir insano core,
che l'ardore
che t'accese estinto fu.
Odo ben, ch'ancora brami,
non mi dir che tu non ami.
So ben io che m'ingannasti,
né spezzasti
la catena di quel crin.
Vedo ancora i tuoi legami:
non mi dir, che tu non ami.
AGRIPPINA
Germanico? sei solo?
GERMANICO
Un amico mi segue.
AGRIPPINA
Ammorza il lume,
ch'ei non mi veda: a le mie stanze vieni.
GERMANICO
Che vuoi?
AGRIPPINA
Dei tuoi disprezzi
chiederti la ragion.
GERMANICO
Nulla udirai.
AGRIPPINA
Così presta ripulsa
non ammetto: non voglio; odimi pria,
poco dirti non deggio. Entra.
GERMANICO
L'amico
farò qui trattener.
AGRIPPINA
Sì, ch'io t'attendo.
GERMANICO
Che dirà mai costei? Cesare vieni.
CESARE
Pronto son io.
GERMANICO
Ti ferma in questo loco,
quivi ti siedi: tornerò tra poco.
CESARE
Vanne pur non temer.
GERMANICO
Resisti o core:
non creder a lusinghe, a vezzi, a pianti.
Avverti, che venisti, alma costante,
per non esser scortese,
non per esser amante.
G. Cesare. Vipsanio.
CESARE
Movetevi a pietà de' casi miei,
se tutto quel ch'è in voi
sol è tutto bontà superni dèi.
Di mia sorte fermate i colpi rei,
se quel ch'in voi s'adora
sol è tutto virtù superni dèi!
A gran rischio m'espongo:
e al fin, per un nemico.
VIPSANIO
O mi delude
il credulo timore, o qui v'è gente.
Per osservar attento
movo tra l'ombre 'l piè tremolo, e lento.
CESARE
(dà un colpo sulla sedia, esclamando)
Pria, che del padre offeso,
pur difensor, o cieli,
del nemico son reso.
VIPSANIO
A fé strepito udii: cresce il sospetto,
luce vi vuol.
CESARE
In oriente appena
sorgerà 'l primo albore
ch'andrò pronto, e veloce al genitore.
Ma veggio un lume, e con l'acciaro nudo
uomo, che viene. Io voglio
Germanico avvisar. Non ch'io non venni
destinato all'avviso;
ma ben sì a la difesa.
L'ucciderò.
VIPSANIO
Chiunqu'ei sia l'acciaro
bagnerò nel suo sangue.
CESARE
Ma che veggio?
VIPSANIO
Che miro?
CESARE
Signor?
VIPSANIO
Figlio? venisti
a la vendetta de l'onor offeso?
Così tacito, e solo al debil lume
de le minute faci?
Ma ti conturbi? ti sospendi? e taci?
CESARE
Padre tu qui? son queste
le tue stanze?
VIPSANIO
Sì sono: e che ti turba?
Perché lo chiedi?
CESARE
(O quale
fiero dubbio m'assale!) affretta o padre,
tosto dimmi in che mai,
è l'onor tuo macchiato?
VIPSANIO
Peno a ridirlo. In Roma (o crudo fato!)
omo v'è sì immodesto...
CESARE
Segui.
VIPSANIO
Che ardisce... (Oh dio.)
CESARE
Narra, di'.
VIPSANIO
Non poss'io
resister a i singulti. (Ad Agrippina
andiamo: ella lo dica, e per german
insiem lo riconosca.)
Vien meco.
CESARE
Ove?
VIPSANIO
Qui dentro.
CESARE
O cieli! oh dèi!
chi v'è?
VIPSANIO
Ben lo vedrai.
Perché t'arresti? andiam.
CESARE
Ferma.
VIPSANIO
Tu figlio?
a l'ingresso t'opponi?
(Cesare si fa a la porta e trattiene Vipsanio)
CESARE
Io sì. (Gli promisi
e difender lo deggio.)
VIPSANIO
Infelice che veggio!
Lasciami entrar.
CESARE
Non posso. (Oh dèi chi vide
più strano evento mai! Per un nemico
oppugno il genitor.)
GERMANICO
(dentro)
Lasciami: sento
strepiti, e risse.
VIPSANIO
Voce d'uomo qui dentro?
Aprirò sì.
CESARE
Non aprirai, s'il petto
prima non m'apri.
VIPSANIO
Tanto ardito meco!
Germanico. Agrippina. G. Cesare. Vipsanio.
GERMANICO
Cesare anch'io son teco.
AGRIPPINA
Che veggio cieli!
CESARE
Che rimiro o dèi!
VIPSANIO
Figlio? tu per quest'empio?
GERMANICO
Figlio lo chiama!
AGRIPPINA
Mio german è questi!
VIPSANIO
De' mie casi funesti
quest'è l'autore: del mio caduto onore
è questi l'oppressore.
CESARE
Ei non è sposo d'Agrippina?
VIPSANIO
Ingrato
finse amor; le diè fé: baci ne colse,
poscia tutto rivolse
in sdegno vile; e con gli sprezzi sui
scherzo la fa del vilipendio altrui.
CESARE
È vero ciò?
GERMANICO
No 'l nego.
CESARE
La rifiuti?
GERMANICO
Il confermo.
CESARE
Ah traditore,
mori: fé ti promisi
ma cortesia non val contro l'onore.
GERMANICO
Il fratel m'uccidesti:
t'accolsi; ti salvai,
il rigor differii, sospesi l'ira.
A i sensi miei di cortesia fecondi
tu così corrispondi?
CESARE
Sospendesti gli sdegni
fin che de l'onor mio facessi acquisto.
Or s'a ciò si richiede il tuo morire
eccomi dunque a le vendette, a l'ire.
GERMANICO
Così l'onor, e 'l genitor posposto
veggio per me! Non ho ferro, che tema.
Qui svenarti saprò: sol ti sia noto,
che la mia cortesia vilmente stanchi.
Io t'osservo la fede, e tu mi manchi?
CESARE
(Egli è vero: ha ragion; che farò mai!)
VIPSANIO
Con il fratel caduto
l'onor suo non cadé: gli sia di gloria
ciò che teco egli oprò; co' casi tuoi
parità non s'usurpi.
Ei sé stesso illustrò, tu ti deturpi.
Mora l'iniquo, mora.
GERMANICO
Si difenda chi sa.
CESARE
Fermati, voglio
pagar ciò che ti devo.
Tu da' littori mi salvasti: ed io
da Vipsanio, ti guardo.
(tiene il padre, e dice a Germanico)
Vanne.
VIPSANIO
Così fuggir lasci 'l nemico?
CESARE
Lo cercherò.
VIPSANIO
Voglio vendetta o morte.
Lasciami.
CESARE
No.
VIPSANIO
Servi accorrete.
CESARE
Taci.
Tu parti.
AGRIPPINA
O strano evento!
CESARE
Or pareggio i tuoi doni.
GERMANICO
Ora grazie ti rendo.
Poscia ti recherò, nemico irato,
con le vendette mie l'ultimo fato.
CESARE
A lacerarti 'l petto
sarò pronto in brev'ore.
AGRIPPINA
Ah sorte iniqua!
VIPSANIO
Ah figlio traditore!
A te ricorro, a te
incomposta entità, pura sostanza,
ch'hai di luce le stelle, e 'l sol asperso:
principio universal de l'universo.
Deh soccorrimi tu
mente increata, indipendente essenza;
da te stesso causato, e in te converso
principio universal de l'universo.
Sala con trono.
Livia.
Ucciso, (o fato rio)
da l'amante 'l fratello? Un colpo solo
due perdite mi reca:
di due vite mi priva una sol morte;
un mostro di più capi è la mia sorte.
Lo stame d'una vita,
di troncar non contenta Atropo avara
recide insieme il fil di mie speranze,
più d'un'alma divide una sol morte.
Un mostro di più capi è la mia sorte.
Mie speranze naufragaste,
ne lo scoglio del dolore,
e la merce del mio core
ne le pene profondaste,
mie speranze naufragaste.
Miei contenti vi perdeste
entro l'onde del martire,
e la nave del desire
tra le Sirti m'abissaste.
Mie speranze naufragaste.
Agrippina.
O ciel ne' doni tuoi meco crudele,
d'un fratel m'arricchisci
per crescer un nemico al mio infedele?
Ma ché folle mi lagno?
Sì, sì, moltiplicate astri adirati
spade, che tronchino
la vita perfida;
irati fulmini
che lo saettino
da l'alto ciel.
Sì, sì, mora il crudel. Lassa, che dissi?
Ov'il mio duolo arriva?
Lasciate pur, ch'ei mi disprezzi, e viva.
Son schernita, abbandonata,
vilipesa, disprezzata,
pur m'uccide
chi di vita oh dio, lo priva.
Lasciate pur, ch'ei mi disprezzi, e viva.
Ei tradì la mia speranza,
ingannò la mia costanza,
pur da l'empio
la mia vita, oh dio deriva.
Lasciate pur, ch'ei mi disprezzi, e viva.
Tiberio. Seiano.
TIBERIO
I diademi a chi ben mira
sono d'or per chi v'aspira,
ma di bronzo a chi li regge.
Più grav'è 'l dar, che l'ubbidir la legge.
A chi siede in trono aurato
quante volte vien negato
quel ch'a gl'infimi è permesso?
Chi vuol ben regger altri oblii sé stesso.
Ecco 'l reo. Che t'indusse
al veneficio enorme
de l'innocente Druso?
SEIANO
Più non dovean le parche
del tuo stame vital torcer il fuso.
TIBERIO
Tu a la mano fatal indifferente
la forbice porgesti.
SEIANO
Ciò che non vuol ben sa impedir il cielo.
TIBERIO
Dunque nel ciel ritorci
la colpa scellerata
del tu' oprar contumace?
SEIANO
Colpa non è ciò ch'al destino piace.
TIBERIO
Di', sacrilego, a Giove
il tradimento aggrada? Or va': rimetto
al senato 'l giudicio.
Difenditi, e racconta
ch'avesti, o scellerato,
il destino correo, complice il fato.
Seiano. Plancina. Eudemo.
SEIANO
Ora sì, ch'ho perduta ogni speranza.
Mi conosco schernito,
mi veggio abbandonato,
e m'accompagna solo
de l'empie colpe mie la rimembranza.
Ora sì ch'ho perduta ogni speranza.
PLANCINA
Eccolo.
EUDEMO
Addio bell'uomo.
Grande, superbo, altero.
Vedi l'onor del Tebro,
la speranza di Roma.
PLANCINA
Così gl'empi 'l destin flagella, e doma.
SEIANO
Ché sì, ché sì ragazzo.
EUDEMO
Se credi intimorirmi a fé sei pazzo.
PLANCINA
A pietà mi commove.
La sua miseria strana:
mi raccordo che fui
sempre cortese con la carne umana.
EUDEMO
(guardando per una strada)
Vedi.
PLANCINA
Che miro.
EUDEMO
Quante genti.
PLANCINA
Vanno
di Seiano le statue
per le vie strascinando.
EUDEMO
Eh che gli fanno
scherzi, lusinghe, e vezzi.
PLANCINA
Con nome così bel chiami i disprezzi?
EUDEMO
Andiamo.
PLANCINA
Così vanno i fasti umani.
EUDEMO
Ier fosti un lupo, ed oggi un barbagiani.
SEIANO
Perché date gioie a i rei
se poi toglierle volete,
falsi numi, iniqui dèi?
Sì: che perfidi voi sete.
S'oggi un misero innalzate,
e dimani l'opprimete,
lo tradite, e l'ingannate.
Sì: che perfidi voi sete.
Vengono otto, che strascinando una statua di Seiano con vari scherni fanno un ballo.
Campagna deliziosa.
Agrippina. Livia.
AGRIPPINA
Vengo a voi
piagge beate,
imperlate
di rugiade,
e abbandono i tetti d'or.
Con le piante, con i fior,
l'alma afflitta ristorate.
Vengo a voi
piagge beate.
LIVIA
Verdi prati
ombre liete,
di quiete
veri asili
ristorate questo sen
ed in placido seren
aure dolci a me spirate.
Vengo a voi
piagge beate.
AGRIPPINA
Livia? ove vai?
LIVIA
Remota
solitaria piangendo.
AGRIPPINA
A me lascia i singulti:
io Germanico adoro, ed ei mi sprezza.
LIVIA
E me Cesare adora;
ma 'l fratello m'uccise.
AGRIPPINA
Ami Cesare?
LIVIA
Sì: perché?
AGRIPPINA
Germano
egli a me s'è scoperto.
LIVIA
Ami tu dunque
il mio fratello, ed io
son amante del tuo.
AGRIPPINA E LIVIA
Siamo eguali nel male.
LIVIA
Il tuo Claudio m'uccise.
AGRIPPINA
E 'l tuo m'offende
con indecenti sprezzi.
O ne' fratelli, e ne' gl'amanti insieme
egualmente infelici!
LIVIA
Cesare cerca il mio per dargli morte.
AGRIPPINA
E Germanico il mio per ugual sorte.
AGRIPPINA E LIVIA
Che dunque sarà!
Aita o numi!
Giove pietà!
LIVIA
Il ciel di macigno
par fatto per me.
AGRIPPINA
Un raggio benigno
mostrar non mi sa.
AGRIPPINA E LIVIA
Che dunque sarà!
Aita o numi!
Giove pietà!
Germanico. Agrippina.
GERMANICO
Son nocchiero fra due scogli:
furibonde
batton l'onde
del martir con doppi orgogli.
Se l'obligo mi placa,
mi stimola l'offesa.
Cesare è un'alma illustre:
di cortesia m'ha vinto;
Claudio è un fratello estinto.
Da la ragion son mosso,
da due venti son percosso.
Furibonde
batton l'onde
del martir con doppi orgogli.
AGRIPPINA
Che miro! il mio ribelle!
GERMANICO
Ecco Agrippina: o stelle
per crescermi 'l tormento
fate sì, ch'io lo miri ogni momento?
AGRIPPINA
Senza parlarmi parti?
crudel; in che t'offesi?
GERMANICO
(Ahi che martiri!)
AGRIPPINA
M'odii?
GERMANICO
Potessi farlo.
AGRIPPINA
E se non puoi, perché mi fuggi?
GERMANICO
Lascia
di molestarmi.
AGRIPPINA
Ingrato,
meco tanti rigori?
GERMANICO
Io medito vendette, e non amori.
AGRIPPINA
Se i pianti
non giovano,
se vani si trovano
affetti costanti,
che mai gioverà?
O vendetta, o crudeltà!
Se l'ire
non cedono,
s'i preghi si vedono
col vento fuggire,
che mai gioverà?
O vendetta, o crudeltà!
Plancina. Eudemo.
PLANCINA
Agrippina! Agrippina!
EUDEMO
Livia! Livia! Va', va' cercale tu.
PLANCINA
Qui fur vedute.
EUDEMO
Il credo.
Ma costume sempre fu
de le donne il far così.
Non è quest'usanza nova,
chi le cerca non le trova,
chi le fugge, notte e giorno
se le trova sempr'intorno.
PLANCINA
Trovarle che t'importa?
EUDEMO
Cesare d'una amante,
e de l'altra fratello,
per indizi, e sospetti
de la morte di Claudio è prigioniero.
PLANCINA
Bella nuova da vero!
Sì sì, la mancia avrai.
Prigioniera son anch'io.
De l'alato
e bendato
cieco dio,
né si trova
chi si mova per pietà
a cercar mia libertà.
EUDEMO
O vecchia maledetta!
Amori hai nel pensiero
e un cadavere sei da cimitero.
Prigione.
Seiano.
Io! Io schernito dal romano volgo!
Io, tra ceppi, e catene!
Strascinate, e derise
le mie statue! Insegnasti
tu co' fulmini tuoi
questi disprezzi, ingiusto ciel. Godete,
saziatevi, ridete,
de' vilipendi miei
iniquissimi dèi! Voi mi toglieste
le grandezze: toglietemi la vita;
sì sì: ch'io non la voglio,
per non esservi forse
obligato di questi
odiosi respiri
che spietati donate a i giorni miei;
iniquissimi dèi.
Livia. Seiano.
LIVIA
Ora paghi le pene empio Seiano
de' venefici indegni.
SEIANO
A che vieni tiranna?
A inasprirmi la morte?
Furia de' miei estremi
esci da queste porte.
Maledetti que' rai,
che risplendean nel cielo
all'or ch'io te mirai.
(si nasconde)
LIVIA
A fé di maledir poch'ore avrai.
Ma Cesare 'l cor mio
lassa qui non vegg'io.
Deh Cesare mi guardi
chi regge 'l ciel, l'intelligenze move,
quel dio ch'a tutti è buono, a tutti è Giove.
Deh l'amor mio mi serbi
chi dal seno immortal le grazie piove,
quel dio ch'a tutti è buono, a tutti è Giove.
G. Cesare. Livia. Eudemo.
CESARE
S'al mortale
questa fra le
debil vita il ciel prestò,
se ritorsela poi vuole,
chi di lui doler si può!
LIVIA
Egli viene.
CESARE
S'il destino
peregrino
il mortal nel mondo fé,
lo sperar di starvi sempre
ragionevole non è.
LIVIA
Cesare?
CESARE
Livia? In questi angoli oscuri
se ne viene il mio sole?
LIVIA
Da ciò comprendi, quanto
il tuo bel m'innamora.
Un fratel mi svenasti, e t'amo ancora.
CESARE
Mi difesi assalito: e la sua morte
non fu voler, ma sorte.
LIVIA
Meco di ricche gioie
queste masse portai.
Fanne dono a i custodi
così la libertà comprar potrai.
(gli dà varie gemme)
CESARE
Per la mia libertà, tanto s'impiega!
E per la servitù di questo core
un solo de' tuoi crini ha speso amore!
EUDEMO
Ahimè, signora, ahimè!
LIVIA
Che cos'è?
EUDEMO
Via via.
CESARE
Parla.
EUDEMO
Non posso,
viene.
CESARE
Chi viene?
LIVIA
Oh dio,
è Germanico forse?
EUDEMO
Io non mi vidi
in intrico peggiore a questo mondo.
LIVIA
Io qui mi celo.
CESARE
Oh dèi.
EUDEMO
Quivi m'ascondo.
Germanico. G. Cesare.
GERMANICO
Addio Cesare.
CESARE
Addio
Germanico: nel carcere mi cerchi?
Che vuoi?
GERMANICO
Ciò, ch'io ti devo,
renderti voglio pria:
poscia avrà loco la vendetta mia.
CESARE
Che pensi far?
GERMANICO
Al giudice narrai
che tu di Claudio l'uccisor non fosti,
e costante giurai
ch'eri meco in quel punto: e 'l san gli dèi.
Così per mio favor libero sei.
CESARE
(Cieli ch'ascolto, e come
potrò svenarlo poi!)
O Germanico, quanto
obbligato mi trovo;
tant'offeso non fossi!
GERMANICO
A ciò solo mi mossi
per pareggiar i tuoi favori: or sciolto,
col tuo l'obbligo mio,
senza nota di vile
a le vendette ritornar poss'io.
CESARE
Dunque i mutui favori
che l'uno a l'altro rese
hanno gl'obblighi estinti,
e restano sol l'offese.
GERMANICO
Libero che farai?
CESARE
Ciò che richiede
il mio tradito onore.
GERMANICO
Ed io quanto ricerca
d'un ucciso german giusto furore.
CESARE
Quando mai si trovò di sorte umana
fatalità più strana!
Deh dimmi, in questo punto
ch'amico pur mi sei,
non mi lice abbracciarti?
GERMANICO
Sì: come resti? di'?
CESARE
Tu come parti?
GERMANICO
Come vuol strano fato:
CESARE
Com'il destin m'ha reso:
(s'abbracciano)
GERMANICO
Offeso, ed obbligato.
(parte)
CESARE
Obbligato, ed offeso.
Vipsanio. G. Cesare. Eudemo. Poi Livia.
VIPSANIO
Ah figlio vil, codardo.
Queste son l'ire ultrici?
S'abbracciano i nemici?
Ah potess'io privarti
del sangue, che ti diedi.
Più non sia, che mi vedi.
CESARE
Ei libero mi rende.
VIPSANIO
De gl'inimici anco 'l favor offende.
CESARE
Padre?
VIPSANIO
Non mi chiamar con questo nome.
CESARE
Ferma.
VIPSANIO
Lasciami pur: de le vendette
l'occasion perdesti.
E una parola data
ch'era tua, più stimasti
che l'onor, ch'è di molti. A le parole
dunque l'opre posponi? Era pur meglio
che lingua non avesse
chi non seppe aver mani.
CESARE
Odi.
VIPSANIO
Non mi parlar.
CESARE
Ove vai?
VIPSANIO
Già che tu sì cortese
accarezzi 'l nemico,
io, io, qual mi sono, ad assalirlo
vado col ferro, e con le debil ire.
O a punirlo, o a morire.
CESARE
Io prometto a gli dèi...
LIVIA
Partì 'l fratello, e il genitor?
EUDEMO
Partiro.
CESARE
...di redimer l'onor...
LIVIA
Cesare?
CESARE
...o pure,
lasciar la vita.
LIVIA
Non rispondi?
CESARE
Posso
partirmi.
EUDEMO
A tuo piacer: libero sei.
LIVIA
Così te n' vai?
CESARE
Che chiedi?
LIVIA
Ormai posto in oblio
forse hai tu l'amor mio?
CESARE
Penso a l'onore.
LIVIA
E tanto ingrato!
CESARE
A la vendetta aspiro.
LIVIA
E l'amor?
CESARE
È sospeso.
LIVIA
Dunque mi sprezzi.
CESARE
T'amo.
LIVIA
E cerchi di svenarmi
anco l'altro germano?
CESARE
Inonorato
viver non deggio.
LIVIA
Al fin perder mi vuoi.
CESARE
Pazienza.
LIVIA
Così parti?
Che cerchi?
CESARE
Vendicarmi.
LIVIA
E poi?
CESARE
Amarti.
LIVIA
Dovrò all'ora aborrirti.
CESARE
Ch'importa: in nobil core
l'ultimo degli affetti è quel d'amore.
LIVIA
È questa la mercé
bendato arciero
che merta la mia fé
da un cor severo!
Ah che m'hai fatto amante
sol per farmi penar cieco volante!
A che ferirmi 'l sen
amor ti piacque,
se l'amato mio ben
per me non nacque!
Ah che tu m'hai piagato
sol per farmi languir bambino alato!
Seiano. Ministri. Ombra di Druso.
SEIANO
Udii l'empia sentenza;
non più: partite. Cielo
se ti spiacqui, non sai
vendicarti co' fulmini? impotente,
scure, ceppi, flagelli
adoprano gli dèi
per punir i lor rei?
Picciolo ferro ad uso
domestico qui serbo: ei fia ch'adempia
sì grave affar; ché tanto
faticoso apparato?
Che più è 'l morir che lo spirar d'un fiato?
Socchiusi pugnino
austri terribili
frangano, abissino
nel centro il suol,
e nel chiuso profondo
deh precipiti meco e Roma e 'l mondo.
Crollino i cardini
ch'il ciel sostengono,
le stelle cadano,
finisca il sol,
e nel chiuso profondo
deh precipiti meco e Roma e 'l mondo.
Sorge l'Ombra di Druso.
SEIANO
Ma che miro, infelice!
Ah Druso ti conosco.
A rider di mia morte
esci tu, spettro rio, dal nero chiostro?
Ecco mi sveno: ahimè. Saziati mostro.
Sparisce l'Ombra.
Sala reale.
Plancina. Eudemo.
PLANCINA
Vezzosetto
a tuo dispetto
ti bacerò.
EUDEMO
Ohibò, ohibò.
PLANCINA
Altro non voglio,
che baci no.
EUDEMO
Perché da porgerti
in età tenera
altro non ho.
PLANCINA
A tuo dispetto
ti bacerò.
EUDEMO
Ohibò, ohibò.
PLANCINA
La tua fortuna, folle,
aggradir tu non vuoi?
EUDEMO
Vecchiarella tu non puoi
esser già la sorte mia;
se 'l crin miro a fé non mento,
la fortuna l'ha d'oro, e tu d'argento.
PLANCINA
Ah tristo! tristo!
EUDEMO
Cerca
il tuo Ligdo gradito.
PLANCINA
Io l'ho posto in oblio,
poiché 'l bendato dio
m'ha 'l cor per te ferito.
EUDEMO
Se vuoi, ch'io te la dica,
amor ha fatto male,
a valersi del mio, ch'è un picciol strale.
PLANCINA
Oh che pessima fortuna!
Io m'accorgo, che digiuna
languirò,
caderò
senza trovar per me vivanda alcuna.
Oh che pessima fortuna!
O pur nacqui sventurata!
Vilipesa, disprezzata
così va
mia beltà,
che seppe gelosia dar a più d'una.
Oh che pessima fortuna!
Tiberio. Ligdo.
TIBERIO
Dunque Seian prevenne,
con volontaria morte,
il suo pubblico fine?
LIGDO
Aperto il seno
entro 'l carcere giace.
TIBERIO
A te concedo
perdono, e libertà.
LIGDO
Sanno gli dèi,
che sforzato cadei.
TIBERIO
Ben è folle chi si fida,
di fortuna lusinghiera.
Par che scherzi, par che rida,
e tradisce iniqua, e fiera.
Arbitro dell'impero,
regea Seian lo scettro: i cenni suoi
eran leggi; felice
chi gradirli potea.
Ei su l'alto sedea
de la sorte più lieta:
ma volubile, e leggera,
si girò la rota infida,
di fortuna lusinghiera,
ben è folle chi si fida.
LIGDO
Vetro frale
del mortale
son le pompe:
e l'umano piacer, splende, e si rompe.
I contenti
de' viventi
son un'onda,
un sol vento l'innalza, e la sprofonda.
Agrippina. Poi Vipsanio.
AGRIPPINA
Tradita, schernita
dar loco a foco
di sdegno non so.
Misera, che farò!
Germanico mi sprezza,
il lagrimar non giova,
il supplicar non vale,
il minacciarlo è vano,
a niente s'è commosso
e aborrirlo non posso.
Amore dal core
fuggire, a l'ire
cedendo, non può.
Misera, che farò!
Peno, infelice, peno
in martire infinito.
È tormento d'inferno amor tradito?
(Vipsanio viene senza vederla, e passa in altre stanze)
Insieme
VIPSANIO
Lasso vivendo provo
le pene di Cocito;
è un tormento d'inferno onor tradito.
AGRIPPINA
Lassa vivendo provo
le pene di Cocito;
è un tormento d'inferno amor tradito.
Germanico. Vipsanio torna.
GERMANICO
Tra sdegno, e cortesia
son qual indica selce
posta in mezzo a duo ferri:
ciascuno a sé mi trae,
e perché l'uno, e l'altro ha pari forza,
combattuto, e sospeso a star mi sforza.
Se non è voler del fato
io non so
chi raffreni 'l cor sdegnato.
Forse vogliono le stelle,
ch'il furor
del mio cor si renda imbelle.
VIPSANIO
(Ecco l'iniquo.) Impugna il brando! adesso
il tuo ferro dal mio
qui non è chi divida.
Chi ne l'onor mi fere, anco m'uccida.
GERMANICO
Contro annoso tremante armi non movo.
VIPSANIO
Fermati.
GERMANICO
Eh vanne.
VIPSANIO
Una scintilla ancora
di valor io mi trovo.
GERMANICO
Tosto s'estingue una scintilla.
VIPSANIO
Basta
a grand'incendio: voglio
morte, o vendetta.
GERMANICO
Trova
chi per te pugni.
VIPSANIO
Traditor te n' vai?
No, che non partirai,
se di guerrier ti pregi.
GERMANICO
A ciò mi sforzi,
ch'io pur fuggivo, leggi.
(gli dà i fogli trovati nelle vesti di Agrippina)
Queste son l'armi; ond'io
da te mi guardo; mira: qui, se tanto
duolti l'onor offeso,
vedrai ch'il calpestò, chi vil l'ha reso.
VIPSANIO
Che son questi?
GERMANICO
Son fogli,
ch'io d'Agrippina impura,
ritrovai tra le spoglie.
VIPSANIO
Chiami impura Agrippina?
GERMANICO
A queste carte
lo crederai.
VIPSANIO
Che sento!
(Vipsanio legge, si turba, e si sdegna)
GERMANICO
(M'è grave 'l suo tormento.)
VIPSANIO
E li trovasti
ne le sue vesti?
GERMANICO
Sì.
VIPSANIO
Me sventurato!
Il cinto virginale adunque sciolto,
sozzo amator ha fra le braccia accolto?
GERMANICO
Quinci Seian ne fé rifiuto: e quinci
anch'io la ricusai.
VIPSANIO
Vipsanio che farai? Che val che sia
più per giusti costumi,
che per anni maturi,
candido 'l crin? che giova
la nobiltà de gl'avi,
l'innocenza de l'opre?
S'una figlia immodesta il tutto copre?
S'una figlia impudica il tutto oscura?
GERMANICO
(Duolmi di sua sventura.)
VIPSANIO
In età già cadente
di miseria sì fiera
pondo sì grave? Oh dio: regger no 'l posso.
GERMANICO
(A pietà son commosso.)
VIPSANIO
Ma i singulti son vani, e qui rimango
inonorato, e vile infin, che piango.
Vengo impudica, vengo
ovunque tu ti sia, nel seno impuro
immergerò l'acciaro; e 'l sangue fatto
dal mio degenerante
estirperò, calpesterò, inonesta.
Ma che più mi trattengo?
Vengo, impudica, vengo.
GERMANICO
Ove vai?
VIPSANIO
A svenarla.
GERMANICO
Odimi, ferma:
se l'uccidi ella more inonorata.
Via non è questa, che l'onor ti renda,
né sana il duol, né la tua fama emenda.
VIPSANIO
Che deggio far?
GERMANICO
Ne le tue forze il reo
tenta d'aver, e sposo
fa' che pria le diventi: indi se vuoi
succedano le morti; e così sia.
Con atto di te degno
soddisfatto l'onore, e poi lo sdegno.
VIPSANIO
Come ciò fia?
GERMANICO
Commessa
a me resta in tuo loco oggi l'Armenia;
io, colà giunto, il reo
t'invierò.
VIPSANIO
Me n'assicuri?
GERMANICO
Quanto
le mie forze potranno.
VIPSANIO
Oh ciel! ma come,
offeso, e d'un fratello impoverito
dal ferro d'un mio figlio,
mi prometti favor?
GERMANICO
Per un'offesa,
che vendicar saprò, perder non deggio
quegl'incontri di gloria,
che fortuna mi dà. Tranne ciò solo
in che offeso tu sei, nel resto è pregio
beneficar il suo nemico. Intende
quest'opre di virtude,
chi magnanimo cor nel sen racchiude.
VIPSANIO
Così ti guardi 'l ciel: e questo adunque
sperar poss'io?
GERMANICO
Non sia ch'io manchi.
VIPSANIO
Lascia
ch'io t'abbracci, e ti stringa.
(s'abbracciano)
Insieme
GERMANICO
Facciami 'l ciel qual tu mi chiami ormai
rimedio di tue pene.
Respiro de' tuoi guai.
VIPSANIO
Facciati 'l ciel qual io ti chiamo ormai
rimedio di mie pene.
Respiro de' miei guai.
G. Cesare. Vipsanio. Germanico.
CESARE
Che miro! come genitor? che fai?
Queste son l'ire ultrici?
S'abbracciano i nemici?
Così gli svelli il core?
VIPSANIO
Figlio, del nostro onore
ei non è reo: l'offese
vengono da Agrippina; in questi fogli
ch'eran tra le sue spoglie, a lei diretti
vedrai del mio destin gl'amari effetti.
CESARE
(legge le lettere)
Misero me! che leggo!
GERMANICO
Cesare assai fatico,
a frenar l'ira, a intepidir lo sdegno,
per l'ucciso german.
CESARE
Cieli, ove sono!
GERMANICO
Ma son concedo, e dono
queste dimore ad un desire onesto,
che tu conosca e veggia,
che l'immodestia altrui,
le mie mancanze d'ogni colpa affranca.
Manco di fede a chi d'onor mi manca.
CESARE
A qual sorte son giunto?
Dov'è, dov'è l'iniqua? Eccola appunto.
Agrippina. Germanico. G. Cesare. Germanico.
AGRIPPINA
Con il mio genitor, con il germano
unito il mio ribel?
CESARE
Lascia quell'alma,
che deturpasti empia impudica.
GERMANICO
Ferma.
VIPSANIO
Spargi quel sangue, che macchiasti, indegna.
GERMANICO
Arresta il brando.
AGRIPPINA
Cieli!
GERMANICO
Intempestiva è la vendetta.
AGRIPPINA
Aita!
GERMANICO
Trovisi 'l reo: di sposo
destra le porga, indi succedan l'ire.
Adesso è inonorato il suo morire.
AGRIPPINA
Di qual colpa son rea?
Padre?
VIPSANIO
Ancora favelli?
CESARE
Al rio misfatto
qual demone t'ha mosso?
VIPSANIO
Mori impudica.
GERMANICO
Ferma.
VIPSANIO
Oh dio non posso.
AGRIPPINA
Signor sono innocente.
CESARE
Scellerata impudente,
non finger innocenza.
(le dà le lettere)
Conosci questi fogli?
AGRIPPINA
Io son tradita.
VIPSANIO
Con questi colpi, indegna,
m'hai ne l'alma percosso.
Mori perfida.
GERMANICO
Ferma.
VIPSANIO
Oh dio non posso.
Ligdo. G. Cesare. Germanico. Vipsanio. Livia. Plancina. Eudemo. Agrippina.
LIGDO
Giunsi opportun. L'udito a me volgete:
ingannati voi sete
da reità apparente.
Son bugiardi quei fogli, ella è innocente.
AGRIPPINA
O giusto cielo!
CESARE
Come?
LIGDO
Per tradir Agrippina,
e Germanico insieme
Seian li finse: ed io (chiedo perdono)
a forza di rigori aspri, e sdegnosi
ne le spoglie di lei fui che le posi.
AGRIPPINA
Le mie strida innocenti i cieli udiro.
GERMANICO
Io gioisco.
CESARE
I' son lieto.
VIPSANIO
Ed io respiro.
GERMANICO
Or Cesare 'l tu' onore
intier tu trovi: impugna dunque l'armi,
de l'ucciso german vuò vendicarmi.
LIVIA
A tempo giungo di morir.
LIGDO
Cessate,
felice fin prescrive
a l'ire volti 'l ciel, ché Claudio vive.
LIVIA E GERMANICO
Vive?
LIGDO
Ne' tetti miei; creduto estinto,
era tenuto per lo sparso sangue:
rivenne al fin di non poch'ore; ed io,
che, pubblicate di Seian le colpe,
fin che del ver constasse
tra le guardie restai,
gl'avvisi di sua vita,
pria recar non potei. Sai, che l'assalito
Cesare si difese, e no 'l conobbe,
e se così repente,
contro Cesare Claudio armò la mano,
opra fu di Seiano.
LIVIA
Al fin la sorte a la mia speme arrise.
CESARE
Ah ben sapeva il ciel, ch'in varie guise
l'ire nostre sospese,
ch'apparenti, e non vere eran l'offese.
GERMANICO
E con ragion dal core
ostinato fuggir non volle amore.
AGRIPPINA
Germanico? Sei mio?
GERMANICO
Dop'aspri guai.
CESARE
Ed io di Livia sperar posso i rai?
GERMANICO
È Cesare tua prole?
VIPSANIO
Sì: l'oracol del sole
celarlo consigliò, fin che sia giunto
al terzo lustro: ed è ben oggi appunto.
GERMANICO
Dunque con doppie gioie
abbiano fin gli sdegni.
CESARE
Ed oggi sia
Agrippina tua sposa, e Livia mia.
LIVIA
O come dolci al fine
amor i dardi scocchi!
VIPSANIO
Lagrime di piacer stillano gl'occhi.
EUDEMO
Allegrezza, allegrezza.
PLANCINA
E la misera vecchia ognun disprezza.
AGRIPPINA E GERMANICO
Bei lumi, che farò?
AGRIPPINA
Arderò.
GERMANICO
V'amerò.
AGRIPPINA E GERMANICO
Fin all'ultimo dì.
AGRIPPINA
Ed è pur vero?
GERMANICO
Sì.
AGRIPPINA
E già non fingi?
GERMANICO
No.
AGRIPPINA E GERMANICO
Bei lumi, che farò?
AGRIPPINA
Arderò.
GERMANICO
V'amerò.
Fine del libretto.
Generazione pagina: 14/01/2016
Pagina: ridotto, rid
Versione H: 3.00.40
(W)