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Scena prima |
Sotterranea illuminata da lampade a diversi lumi con all'intorno tutti gli strumenti, e i simboli della magia, e dell'arte divinatoria. Ara di pietra nel mezzo dedicata agli dèi inferi. All'aprirsi della scena al suono di funebre sinfonia si veggono comparire Zelmira, e Clotarco incatenati, incoronati di frondi di cipresso, e circondati di bende ornate di simboli, e di caratteri, preceduti dai Ministri del tempio, i quali portano gli strumenti del sacrificio, e sono seguiti da Guardie, indi Armida, e Idreno in abito di augure co' la tiara in capo, preceduto da diversi Maghi portanti in mano doppieri accesi, e seguito dai Custodi reali. |
Q
(nessuno)
<- sacerdote, ministri del tempio, Zelmira, Clotarco, guardie, Armida, maghi, Idreno, custodi reali
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IDRENO (ad Armida) |
Di pietà non parlarmi. I prieghi tuoi
omai fervon piuttosto
d'alimento al mio sdegno. Io non respiro
che vendetta, e furor. Dolce mi sembra
coteste rimirare a morte in faccia
vittime inorridir, e allorché 'l ferro
sentonsi nelle vene,
tremar vederle, intridersi di sangue
languidamente i lumi erranti aprire,
impallidir, contorcersi, morire.
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ZELMIRA |
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CLOTARCO |
Invendicati
non moriremo almen.
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ARMIDA |
S'avido sei
or di sangue così, quello si versi
di chi fomenta il tuo furor. Comprendi,
ch'ostie più grate ai barbari son tanto,
ch'amino a queste intorno are infedeli
sol le nere di morte ombre crudeli.
Gl'innocenti risparmia...
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IDRENO |
Ed innocente
chiami chi mi tradì? Non è Zelmira,
che abusò d'un arcano
da me fidato a lei, che aperse il varco
a' miei nemici, ed al mio amore ingrata,
quando sposa la scelgo, a uno straniero
si abbandona così? Non fur sorpresi
nella fuga ambedue? Dunque compagni
sian nella pena, e vendichi un sol colpo
l'offeso altrui riposo,
il re, la patria, il genitor, lo sposo.
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ZELMIRA |
Or mi è dolce il morir. Io sentirei,
vivendo teco, incrudelir mia sorte,
e a me moltiplicar l'istessa morte.
Tu mi difendi, Armida,
appresso il genitor. Digli, che abuso
fe' dell'arbitrio suo, che quando ei volle
destinarmi a uno sposo, il genio mio,
non l'util suo dovea
pria consultar, che troppo del suo sangue
prodigo fu: di lacci egli m'avvinse,
e di sua mano il ferro in sen mi spinse.
Esagera il suo error: co' la mia strage
tanti spaventa insani
genitori indolenti, ed inumani.
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ARMIDA |
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IDRENO |
Ministri, olà, prendete
le vittime infelici.
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CLOTARCO |
Empio tiranno,
se morir tu mi fai...
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ZELMIRA |
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ZELMIRA E CLOTARCO |
Contro te parlerà questo mio sangue.
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I Ministri conducono le due Vittime all'ara, appiè della quale le fanno sedere, e le legano. Quindi uno de' Ministri presenta al Re la sacra scure sopra un bacile, ed egli nel porgerla al Gran sacerdote, canta i seguenti versi accompagnati da grave sinfonia, e in questo tempo sentonsi tratto tratto alcune scosse di terremoto, e fremiti di tuono. | |
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IDRENO |
Del Tartaro profondo austeri numi,
terribili ai viventi,
che la luce smarrir fate alle stelle,
di turbinosi venti,
di sonore procelle
il ciel n'empiete, e 'l mare, e ad un sol cenno
le pallide sventure escon dai vostri
caliginosi regni.
Sulla terra a versar rovine, e sdegni:
le vittime accogliete,
ch'or si svenano a voi: portino seco
il mio timor: soccorso a me prestate,
dell'arti vostre esecutor mi fate.
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Nell'atto di porgere la scure al Sacerdote, si ode un più forte fragore, ed esce improvvisamente da sottoterra fra diverse vampe di fuoco l'Ombra di Tabrimon antico re di Damasco, e d'altra parte l'Odio, la Vendetta, e l'Ira, che avvicinandosi all'ara, rovesciano i vasi adornanti la medesima, indi la detta Ombra si raggira fremendo, l'Odio getta ai piedi d'Armida un pugnale, la Vendetta uno strale, l'Ira una face, e tutti insieme spariscono. | <- ombra di Tabrimon, odio, vendetta, ira
ombra di Tabrimon, odio, vendetta, ira ->
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IDRENO |
Che orror! Perduto io sono. In quelle atroci
spaventose sembianze
lessi la mia rovina. Odiano i dèi
queste vittime forse. Il reo m'è ignoto,
che lor deggio immolar, che il soglio mio,
la mia vita insidiò.
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ARMIDA |
Quel reo son io.
Sì, t'ingannai: dal tuo furor difesi
i traditi Europei: per me son giunti
incolumi al loro campo, ed a tuo danno
essi ritorneranno: omai gli aspetta;
morte già ti circonda, e la vendetta.
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IDRENO |
Empia, ti punirò. Dove ti trasse
un disperato amore!
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ARMIDA |
Affretta il colpo,
che a me prepari, ed il mio trono usurpa,
ma goderlo non spera. Io più non posso
me stessa tollerar: fra opposti affetti
il cor mi si divide:
pietosa è quella man, ch'ora m'uccide.
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IDRENO |
Sarai paga a momenti. Olà, custodi,
in carcere distinto i rei serbate
al lor supplizio. Oh quali
minacciosi fantasmi io veggo intorno!
Perfidi, io voglio... Oh tradimento! Oh giorno!
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Perfidi, sì, tremate,
ancor non sono oppresso,
e vendicar me stesso,
perfidi, ancor saprò.
Libero almen son io,
può ben cangiar mia sorte:
per voi fra le ritorte
no, che cangiar non può.
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| (parte col séguito dei maghi e sacerdoti) | Idreno, sacerdote, ministri del tempio, maghi ->
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Scena seconda |
Armida, Zelmira, Clotarco, e Guardie. |
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ARMIDA |
Prence, de' tuoi custodi
è duce Argante: a lui questo presenta
(porge una gemma a Clotarco)
noto monile, e un adito alla fuga
egli aprirti saprà. Libera ancora
teco resti Zelmira. Io sola, io devo
oggi morir. Al traditor Rinaldo
narra la strage mia. Digli, che Armida
sopravviver non seppe al suo rigore,
e pensando quai fummo, in sul mio fato
qualche lagrima ancor versi l'ingrato.
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CLOTARCO |
Povera principessa,
quanta pietà mi fai!
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ZELMIRA |
Come compensa
amore i suoi seguaci! E ognun ricerca
sollecito il suo giogo, e v'è chi loda
sì debol servitù, gli anni migliori
chi sol consacra a lui,
cieco così sulle rovine altrui?
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Ah fuggite amor più lieti
voi, che siete in libertà:
ci fa deboli, inquieti,
delirar sempre ci fa.
Più che l'ira de' tiranni
sue lusinghe ognor temete:
i suoi vezzi sono inganni.
Infelici, se credete
a chi fé serbar non sa.
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| (parte con Clotarco fra i custodi) | Zelmira, Clotarco, custodi reali ->
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Scena terza |
Armida sola fra le Guardie. |
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Che fai, che pensi, Armida? Oppressa alfine,
tradita, abbandonata,
a morir già vicina,
e innocente morire, e invendicata!
Ma sulla mia rovina
trionferà Rinaldo? Ah no!... Sì viva,
sin ch'io 'l riduca almeno
tremante a' piedi miei. Sia la sua pena
d'esempio agl'incostanti:
spaventiamo così gl'infidi amanti.
Vadasi... E come, e dove? Egli protetto
dall'armi sue queste mie mura istesse
stringe, minaccia, e sfida:
io tradita così... povera Armida!
Senza difesa, esposta
al furor d'un tiranno avido ognora
di vedermi morir... Dunque si mora.
Quel perfido arrossisca: il ciel, la terra
faccian le mie vendette. Ombra seguace
l'agiterò, finché sé stesso odiando,
colla man, ch'era mia, di cui mi priva,
disperato s'uccida... Ah no ch'ei viva!
L'ingrato vive, e 'l barbaro suo core
è insensibile forse al mio dolore!
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Perché se m'odia, oh dio!
Quell'anima incostante,
perché più non poss'io
odiar quell'alma ancor!
Perché quel suo sembiante
amor formò sì bello,
e perfido, e rubello
gli formò poscia il cor!
| (♦)
(♦)
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| (parte fra le guardie) | Armida, guardie ->
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Scena quarta |
Cortile nel palazzo reale. Idreno con séguito di Soldati, indi Ubaldo seguìto da' suoi. |
Q
<- Idreno, soldati di Idreno
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IDRENO |
Coraggio, o miei seguaci. È da' nemici
sorpresa la città, però non siamo
perduti ancor. Degli Arabi lo stuolo,
che a nostro pro s'invia, non è lontano.
Vidi nel vicin piano
sparse al vento ondeggiar le nostre insegne.
Qui intrepidi restate, onde il nemico
alla regia non passi. Intanto Armida,
prima cagion del rischio mio, s'uccida.
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| (parte, e restano in difesa del posto i suoi soldati) | Idreno ->
<- Ubaldo, soldati di Ubaldo
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UBALDO |
Seguitemi, o compagni:
tutto a noi cede. Ad occupar la reggia
lieve inciampo saranno
que' timidi soldati. Al vostro aspetto
impallidiscon già: lor trema il ferro
nell'inabile destra. In ogni impresa
l'usato ardir vi chiedo:
assalite, uccidete: io vi precedo.
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Va ad attaccare i Nemici, e dopo breve zuffa li disordina, li vince, e poi tutti si disperdono fra le scene. | soldati di Idreno, Ubaldo, soldati di Ubaldo ->
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Scena quinta |
Clotarco, e Rinaldo, indi Zelmira. |
<- Clotarco, Rinaldo
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CLOTARCO |
Sì, per mio scampo offrì sé stessa Armida
a una pena non sua. Da te tradita,
essa aborre una vita,
che amava sol per te. Col suo favore
libero io sono.
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RINALDO |
Oh generosa! Oh troppo
principessa fedel! Cerchiamo, amico,
una via di salvarla...
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| <- Zelmira
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ZELMIRA |
Oh sventurata,
e a torto oppressa Armida! Or va', Rinaldo,
l'opra a mirar del tuo rigor.
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RINALDO |
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CLOTARCO |
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ZELMIRA |
Già l'infelice è tratta
crudelmente a morir. La vidi...
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RINALDO |
Ah come!
In suo soccorso andiam. Tutto si tenti
a sua difesa. Io morirò con lei,
s'altro far non potrò. L'onor l'esige,
gratitudine il chiede,
il dover, la pietà, l'amor, la fede.
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| (parte con Clotarco) | Rinaldo, Clotarco ->
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Scena sesta |
Zelmira, indi Ubaldo, e Idreno fra le Guardie. |
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ZELMIRA |
Fuggiam da queste sponde amene un giorno,
ora ingombre d'orror. Come la sorte
delizie alterna, e danni
ed in seno al piacer nascon gli affanni!
(parte)
| Zelmira ->
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| <- Ubaldo, Idreno, guardie
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UBALDO |
Empio, cedi quel ferro, inutil peso
all'imbelle tuo fianco.
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IDRENO |
(getta la spada)
Oppresso io cedo
all'avverso destin, ma l'odio mio
ceder non sa.
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UBALDO |
Vedrai se può giovarti
l'impotente odio tuo. Dov'è Clotarco?
Traditor, me lo rendi.
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IDRENO |
O cadde, o forse
a trapassargli il seno alcun s'affretta.
Incomincia da lui la mia vendetta.
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UBALDO |
Ah, barbaro, se mai
l'uccidesti così, trema, ch'io serbo
fra i scempi, e le ritorte
in più pene divisa a te la morte.
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IDRENO |
Guardo il mio fato estremo,
non mi turbo, t'insulto, e non ti temo.
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| (partono) | Idreno, guardie, Ubaldo ->
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Scena settima |
Rinaldo, che tiene Armida per mano. |
<- Rinaldo, Armida
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ARMIDA |
Lasciami, traditor. Perché mi togli
a una morte, ch'è pena assai minore,
e dolce a paragon del tuo rigore?
Per chi vivrò, se mi tradì Rinaldo,
in cui raccolti, e fissi
tenni i miei voti, e per amarlo io vissi!
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RINALDO |
Ah, principessa, inorridisco ancora
pensando a te! Serba una vita almeno,
ch'or ricevi da me. S'è ver, che m'ami,
no, di te non mi priva...
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ARMIDA |
Perfido, m'abbandoni, e vuoi, ch'io viva?
So, che troppo conosci
la debolezza mia. Non ho valore
d'obliare un ingrato,
che m'involò la pace,
e un traditore odiar, che ancor mi piace.
Ah lasciami morir!
(in atto di partire)
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RINALDO |
Fermati. Oh dio!
Non sii crudel così...
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ARMIDA |
Crudel son io?
Misera, ch'io no 'l fui, quando ti vidi
solo, immerso nel sonno, entro il mio regno,
e un colpo sol potea
me vendicar d'ogni mio torto antico,
ed Asia liberar da un gran nemico!
Ma ti vidi, e t'amai. Se ancor tu 'l puoi,
richiama alla memoria
quel fatal giorno almen di tua vittoria,
o se spiace al tuo orgoglio,
con rammentar quel dì punirti io voglio.
Ah no, per un ingrato,
che amor non ha, che 'l finge, e l'avvelena,
troppo dolce saria cotesta pena!
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RINALDO |
Non trafiggermi più. Vivi, e ti serba
sull'Asia a dominar. Legge daranno
a imperi così vasti i tuoi pensieri.
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ARMIDA |
Il tuo cor io dimando, e non gl'imperi.
Ma che dissi, infelice! Omai ti scorda
l'amor, la fede altrui,
qual meco fosti un dì, qual teco io fui:
pensa, che siam nemici. Io mille volte
tentai svenarti: or vendica te stesso,
lacera un cor, dove tu vivi impresso.
Degno il colpo è di te: non invidiarmi
una morte sì cara.
(con tenerezza gli prende la mano, e gliela bacia)
A me fia dolce
morir per questa mano,
che adoro, e che fia mia, lo spero invano.
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RINALDO |
Oh dio! Vincesti, Armida.
Son tuo: basta così. Pace non trovo
fuori di te. Di fedeltà m'accusi
il mondo pur: forse avverrà, che poi
l'accusa sua rivochi,
o almen superbo andrò, perché tra noi
di colpa così bella i rei son pochi.
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Scena ottava |
Clotarco, e detti. |
<- Clotarco
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CLOTARCO |
Signor, deh vieni a raffrenar l'insana
licenza militar. L'orror, la morte
erra indistinta, e scorre
della città nemica ogni sentiero.
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RINALDO |
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CLOTARCO |
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ARMIDA |
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CLOTARCO |
| Clotarco ->
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ARMIDA |
Ah si rispetti almeno
l'infelice mio re! Vado in difesa
di lui, che m'odia, e n'ha ragion. Rinaldo,
abbi pietà di noi. Torno a momenti:
rimanti, addio. Ma senti,
ch'ho da sperar da te?
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RINALDO |
Tutto, o mia vita.
Riposo avrai... sarò... (Dirlo non oso!)
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ARMIDA |
Sai, che sta nel tuo amore il mio riposo.
Ma tu mi guardi, e taci! Ah sei pentito
forse d'essermi grato?
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RINALDO |
Anzi mi spiace,
che teco io fui crudel.
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ARMIDA |
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RINALDO |
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ARMIDA |
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RINALDO |
D'Armida
l'amante, e 'l difensor.
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ARMIDA |
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RINALDO |
I giorni
viver con te felici.
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ARMIDA |
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RINALDO |
Sol questa mia speranza, e Armida sola.
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Ancor da te diviso
presente a me tu sei:
tutti gli affetti miei
non san pensar che a te.
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ARMIDA |
Ognor sul tuo bel viso
s'arresta il core amante:
ognor per te costante
più non ritorna a me.
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RINALDO |
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ARMIDA |
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ARMIDA E RINALDO |
Dov'è quell'alma austera,
che accendersi non sa?
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RINALDO |
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ARMIDA |
Più non tradirmi, o caro.
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ARMIDA E RINALDO |
Ma se fedel son io,
abbia di me pietà.
(partono da diverse parti)
| Armida, Rinaldo ->
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Scena nona |
Ubaldo, e Clotarco. |
<- Ubaldo, Clotarco
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UBALDO |
Dunque ad Armida appresso
vedi Rinaldo, e a lui più non ti opponi,
e con Armida ancor tu l'abbandoni?
Vanne, cerca, il raggiungi,
guidalo a me.
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CLOTARCO |
Donne, ugualmente è reo,
a idolatrarvi chi servil si avvezza,
e chi ruvido ognor vi fugge e sprezza.
(parte)
| Clotarco ->
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UBALDO |
Troppo ei si lascia in preda
al suo piacer. I moderati affetti
utili sono in noi, com'esser suole
in fresca riva a verdi piante il sole;
ma come il sol fervido troppo uccide,
o inaridisce quelle,
che i suoi più dolci rai faceano belle,
troppo ardenti così gli affetti in noi
l'alma opprimono alfin, che inaridita
ogni virtù più rara,
a servir solo, ed a languire impara.
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Chi a regnar sul vostro core,
donne belle, aspira altero,
di sé stesso ognor l'impero
ha da perdere così.
Per mercé del vostro amore
delirar dovrà con voi,
consacrarvi i voti suoi,
le sue cure, ed i suoi dì.
(parte)
| Ubaldo ->
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Scena decima |
Clotarco, e Rinaldo, indi Ubaldo. |
<- Clotarco, Rinaldo
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CLOTARCO |
Signor, a un gran cimento
seguendo Armida ora ti esponi.
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RINALDO |
Amico,
scusa i trasporti miei. So, che purtroppo
debole comparisco agli occhi altrui,
ch'io non son quel, che fui, che all'amor mio
sacrifico la gloria, e la mia pace,
ma la mia debolezza ancor mi piace!
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| <- Ubaldo
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UBALDO |
Principe, al campo, all'armi
solleciti si corra. Un empio stuolo
d'arabi masnadieri usi all'insidie
d'improvviso c'investe: a nostro danno
Idreno gli affrettò. Ti offre la sorte
un incontro opportuno,
Rinaldo, a compensar quanto perdesti
fra i vezzi del piacer. Gli empi debella
fumanti ancor di nostro sangue, alteri
delle spoglie a noi tolte. Al nostro duce
con sì gran prova di guerriero ardire
presentarti potrai senza arrossire.
In faccia a te ritorni
Asia a tremar, che mentre amor ti occulta,
dell'imbelle ozio ride, e t'insulta.
| |
RINALDO |
Ma che sarà d'Armida?
È troppa crudeltà lasciarla esposta
sola in mezzo alle stragi... Ah tu non sai,
qual contrasto d'affetti in seno io provo!
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UBALDO |
Ritorni forse a vacillar di nuovo?
Se della tua tiranna
t'indebolì l'aspetto. Evita, o prence,
questo fatal soggiorno, in cui son tese
mille insidie al tuo cor. Fra queste mura
no, la tua libertà non è sicura.
Sei vinto già, se amor tu sfidi, e sei
vincitor, se lo fuggi. Allorché manca
l'occasion, s'estingue
il fomento, che 'l pasce. Alfin recidi
la sua radice infesta,
che un dì potria rigermogliar funesta.
Va', mi precedi al campo. Io tutto affido
te stesso a te. D'una pietà servile
frena i moti, che amor torna a destarti:
non t'affanna, non pensa: ardisci, e parti.
| |
RINALDO |
Quante volte esser deve
e vinto, e vincitor! Qui l'aria, i sassi,
il terreno, ogni oggetto
inspirano al mio cor l'antico affetto.
Fuggasi alfin: povera Armida! Almeno
tu la consola, amico:
dille... ah dille per me ciò, ch'io non dico!
| |
| |
|
Di', che fedel io sono,
e dille il mio dolor;
ch'è ver, ch'io l'abbandono,
ma che le lascio il cor.
Tergi le sue pupille,
calma il suo core oppresso,
dille, che viva, e dille
quanto mi costa adesso
il mio crudel rigor!
| |
| |
| (partono da diverse parti) | Rinaldo, Ubaldo, Clotarco ->
|
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| | |
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Scena undicesima |
Magnifico palazzo di Armida, che poi rovina, e si trasforma in una deserta campagna, nella quale si veggono parecchi mostri. Zelmira, poi Idreno incatenato fra le Guardie, indi Armida. |
Q
Zelmira, donzelle
|
| |
ZELMIRA (alle donzelle di suo séguito) |
Come! Partì Clotarco? Ecco la fede
ed ecco la pietà, che quell'ingrato
mi giurò, mi promise! Ah mie compagne
a creder siam nui
facili troppo alle promesse altrui!
| |
| <- guardie, Idreno
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IDRENO |
Tu vedi il tuo trionfo
nella sventura mia.
| |
| <- Armida
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ARMIDA |
Sire, s'avanza
degli arabi il soccorso. Omai saranno
le tue catene infrante.
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IDRENO |
Armida ancora
ad insultarmi viene?
Vanne: son men crudeli
della perfidia tua le mie catene.
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Scena dodicesima |
Ubaldo, e detti. |
<- Ubaldo
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| |
UBALDO |
Olà, soldati, al campo. Il re superbo
traete, ove il suo reo destin lo mena.
Voi venite al trionfo, egli alla pena.
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ARMIDA (con affanno) |
Signor, pietà. Sospendi...
dov'è, che fa Rinaldo? Ei mi promise...
ed or mi lascia oppressa...
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UBALDO |
Di lui t'oblia, pensa a salvar te stessa.
Farò di queste mura
un cumulo di sassi. I vostri inganni
su voi ricadranno.
A tremar, a morir vieni, o tiranno.
(parte)
| Ubaldo ->
|
| |
ARMIDA |
| |
IDRENO |
Perfida, addio. Vivi, e infelici
rendi almeno, vivendo, i miei nemici.
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| (parte fra le guardie) | guardie, Idreno ->
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Scena tredicesima |
Armida, Zelmira, indi Clotarco, e poi di nuovo Zelmira. |
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| |
ARMIDA |
Zelmira, per pietà cerca, t'affretta,
guida Rinaldo a me.
| |
ZELMIRA |
Pietà mi chiedi?
Così confusa sono,
che incerta al mio destino io m'abbandono.
(parte)
| Zelmira ->
|
| <- Clotarco
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ARMIDA |
Mi lascerà Rinaldo
fra le rovine mie, così sepolta!
Ho da soffrirlo ingrato un'altra volta?
Fuggi, seguimi, Armida: il tuo periglio
indugio non ammette.
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CLOTARCO |
Fuggi, seguimi, Armida: il tuo periglio
indugio non ammette.
| |
ARMIDA |
Eppur non torna
Rinaldo ancor?
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CLOTARCO |
Di lui ti scorda. Astretto
sospirando partì. La fé, l'amore
ei serba a te, quanto il dover lo chiede.
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ARMIDA |
Empio! Questo è l'amor, questa è la fede?
Finge pietà per me, soccorso, e pace
mi promette di nuovo, e poi crudele
in periglio sì rio
da me s'invola, e non mi dice addio!
Misera, ch'io dovea svellergli 'l core,
quand'era in mio poter! Ah dove apprese
sì dura crudeltà! No, no 'l produsse
l'italo ciel: d'orrida fiera i primi
alimenti egli trasse: a lui diè vita
sul Caucaso gelato errante scita.
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| <- Zelmira
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ZELMIRA |
S'avanza, o principessa,
de' nemici il tumulto. In questa reggia
più sicure non siam.
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ARMIDA |
Deh mi lasciate
in preda al mio destin!
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CLOTARCO |
| |
ZELMIRA |
Vivi, estingua il furor l'amore antico.
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ARMIDA |
Chi mi parla di vita è mio nemico.
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CLOTARCO |
| |
ARMIDA |
| |
ZELMIRA |
Ti spiace
la pietà, ch'ho di te?
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ARMIDA |
| |
ZELMIRA |
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CLOTARCO |
Non sai, che ti sovrasta...
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ARMIDA |
Lo so, lo vedo: alfin partite, e basta.
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CLOTARCO |
Zelmira, andiam, né questi
perdiamo utili istanti.
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ZELMIRA |
Oh amor tiranno! Oh sempre ciechi amanti!
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| (parte con Clotarco, e con esso loro tutto il seguito di Armida) | Zelmira, Clotarco, donzelle ->
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Scena quattordicesima |
Armida sola. |
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Dunque per mio tormento
nacque Rinaldo! E ognor così mi strugge!
Mi giura amor, poi m'abbandona, e fugge!
Sì, l'empio, e gode del suo inganno.
Ah spergiuro! Ah tiranno! All'amor mio
questa tu rendi, oh dio, crudel mercede?
Povera Armida, a chi darai più fede!
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Fermati, ingrato: aspetta...
abbi pietà... Ma no.
Tradita, oh dio, così!
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Pera chi mi tradì: voglio vendetta.
Nere furie inquiete,
ministre del mio sdegno, olà, che poi
di vendicarmi io lascio il peso a voi.
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Escono prontamente diverse Furie incatenate. | <- furie
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ARMIDA |
Arda, cada la reggia. Ite, scorrete,
svenate il reo, per cui m'affanno, e moro...
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Le Furie rompono le loro catene, e s'affrettano ad eseguire gli ordini d'Armida. Apresi in questo mentre la terra, e vi esce un fuoco, in mezzo a cui compariscono l'Odio, la Vendetta, e la Disperazione armate di faci; ne distribuiscono alle altre Furie, e corrono ad incendiare il palazzo, che subito rovina, e vi resta invece una deserta campagna. | <- odio, vendetta, disperazione
Q
odio, vendetta, disperazione ->
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ARMIDA |
No, risparmiate un traditor, che adoro.
Ah come! E avrò pietà... no; mora. Io stessa,
io 'l giungerò: vuò, che tremante ei miri
per suo orror, per sua pena
la man, ch'egli deluse, e che lo svena.
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Comparisce un carro tirato da due draghi, sopra cui ascende Armida, e si dilegua; e quindi le divisate Furie intrecciano il ballo, che dà fine allo spettacolo. | Armida ->
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