Scena prima |
Gran sala nella reggia di Damasco ornata di trofei militari, destinata per le adunanze del real consiglio, illuminata in tempo di notte; trono da un lato con gradinata ricoperta di ricchi tappeti, cuscini all'intorno per li Satrapi. |
(♦) Armida, Rinaldo |
RINALDO |
Ah taci, o principessa: i tuoi sospetti mi trafiggono il cor! Son poche prove della mia fé quell'adorar costante l'impero de' tuoi rai, soffrir miei lacci, e non lagnarmi mai, divider teco i miei pensieri, e poi sin ridurmi a pensar co' pensier tuoi? Non più trionfi, ed armi son le cure mie: per te d'amore solo imparo a languir, né mai dal dolce piacevol sonno, in cui sepolto io sono, delle vittorie altrui mi desta il suono. Dunque temer non déi... | |
ARMIDA |
Non pentirti, idol mio, d'esser qual sei. So, che tu m'ami: ho mille prove dell'amor tuo: non dubitai della tua fé giammai: però mi piace sentir replicar, che Armida sola è il caro ben, cui d'ottener tu brami, da te sentirmi a replicar, che m'ami. Assai n'ho d'uopo adesso della tua fedeltà. No, non a caso in questa notte è tutta in tumulto la reggia. O qualche inganno si medita a mio danno, o son sconfitte le sirie squadre, e dome. Se m'abbandoni... | |
RINALDO |
Abbandonarti? Ah come? Io, che per te sol vivo! Io, ch'odierei, come sorte per me troppo nemica, il racquistar la libertade antica! | |
ARMIDA |
Protetta io sono, il vedo, dal tuo amore abbastanza. Io sfido altera l'inquiete sventure a' danni miei: non so temer, quando fedel mi sei. | |
Scena seconda |
Idreno con séguito di Satrapi, e di Guardie, e detti. |
<- Idreno, satrapi, guardie |
IDRENO |
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ARMIDA |
Ah, che dici, o signor! Così sorpresi! Assaliti così! Rovine incontro, ovunque già col mio pensier mi reco! | |
RINALDO |
Che paventi, idol mio? Rinaldo è teco! | |
IDRENO |
Pronto riparo esige l'imminente periglio. Si maturi tra noi qualche consiglio. | |
(va sul trono, appiè del quale siedono Armida, e Rinaldo, e quindi tutti i Satrapi) | ||
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Europa tutta a' nostri danni intesa sull'Asia combattuta di versarsi non cessa. A costo ancor di spopolar sé stessa. Di sì fieri nemici la ferocia, il valor, l'audacia, e l'arti ricordar più non giova: purtroppo noi li conosciam per prova! Ah quanto puote in que' lor petti alteri brama di stragi, e avidità d'imperi! | |
RINALDO |
Signor, vengon sull'Asia queste schiere nemiche le loro a vendicar ingiurie antiche. Altra cagion più giusta le trasse ancor... | |
ARMIDA |
Ma rammentarla adesso d'uopo non è. (piano a Rinaldo) Deh taci, o traditore. | |
RINALDO |
Errai: perdona. (Oh tirannia d'amore!) | |
IDRENO |
Siamo stretti d'assedio, e al rovinoso improvviso torrente qual argine opponiam? Le squadre, i duci entro Solima ancor fanno dimora, e il soccorso d'Egitto è lunge ancora. Appena io reggo al peso dell'armi, e della guerra. A noi sol resta o cedere, o morir. Se v'è chi ardito arte, o forza adoprando, i rei nemici o debelli, o respinga, abbiasi (il giuro) non scarso premio al faticoso impegno Armida in sposa, ed in retaggio il regno. | |
RINALDO |
Or nel timore, ed or nel premio, o sire, sempre eccedi ugualmente. | |
IDRENO |
Al rischio mio (si alza con impeto) chi provegga dov'è? | |
RINALDO |
Sì, vi son io. Sospiro, è ver, fra i dolci lacci altrui, ma chi son mi rammento, e quel, che fui. | |
Rinaldo -> | ||
Scena terza |
Idreno, e Armida. |
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IDRENO |
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ARMIDA |
E che paventi, se Rinaldo è per noi? Qual mai valore resiste al suo valor? Segue indivisa la vittoria i suoi passi. Al suo coraggio stimoli aggiungerò. Quell'alma grande tu non conosci ancor. Se amante il vuoi, egli è tenero, e grato, e se lo brami guerriero, egli è... | |
IDRENO |
Non mi negar, che l'ami. Vinca Rinaldo, e debitore io sono. A te di sua vittoria. Ah da' tuoi lumi, donde fu l'alme altrui regnava solo, or più docile almeno si mosse amore, e ti passò nel seno. | |
(parte col séguito) | Idreno, guardie, satrapi -> | |
Scena quarta |
Armida sola. |
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Armida -> | ||
Scena quinta |
Luogo nelle vicinanze di Damasco, in cui sorge un alto monte ricoperto di ghiaccio e di neve, con dirupi sul davanti. Lungo la sua difficile e disastrosa salita vi sono sparse diverse, e robuste piante tutte biancheggianti di neve. Il tempo è nell'aurora. |
<- Ubaldo, Clotarco, soldati |
UBALDO |
nuovi perigli a superar vi guido. Voi sempre in ogni lido la vittoria precorre, e al vostro nome d'ogni sua parte estrema Asia omai doma impallidisce, e trema. Sciorre i lacci al guerrier dobbiam, cui solo l'acquisto il ciel destina della città ch'è di Giudea reina. Ah ch'ei su queste rive in dolce servitù langue, e non vive! L'insidiose d'Idreno arti ribelli non ci sgomentan più. Desti noi siamo, che già vani rendemmo i greci inganni, e siamo avvezzi a debellar tiranni. | |
CLOTARCO |
Signor, sull'erto monte il primo io salirò: gli occulti agguati dell'empio re disgombrerò dintorno, prima che il sol ci riconduca il giorno. | |
(s'incammina per salire sul monte, e s'intende subito un'orrida armonia, ch'imita il fremito di vento racchiuso. A mano a mano ch'egli ascende, gli si affacciano diversi terribili mostri, quali sbucando dagli imminenti dirupi, quali spiccandosi dagli alberi. Clotarco va difendendosi co' la spada) | ||
UBALDO |
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(Clotarco discende, e i mostri s'arrestano ad occupar la strada) | ||
CLOTARCO |
Come! Non vedi gli strani mostri a ogn'altro cielo ignoti, che attraversan la via? Fremere osserva quel velloso leon, ch'orrido in faccia le bramose sue canne apre, e minaccia. Mille intorno fischiar serpi non odi? Con replicati nodi tortuosi guizzar non li rimiri, e trar l'ultimo seno i tardi giri? Il timor non s'arresta: voglio aprirmi la via col ferro in mano. (in atto di risalire) | |
UBALDO |
Ferma: tu stringi il nudo acciaro invano. Son que' mostri insolenti vane forme apparenti. La cieca illusion così gli adombra, ed una opposta illusion gli sgombra. A me s'aspetta il dileguarli. Omai della città nemica guida i soldati a circondar le mura. Io libera, e sicura questa via renderò, donde si varca alla reggia d'Armida. Alfin sull'orme quindi impresse da me poscia t'invia sicuro a replicar l'istessa via. | |
Clotarco conduce per altra parte i Soldati, e intanto Ubaldo ascende il monte. Ripiglia l'orrida armonia, e gli si avventano i divisati mostri, i quali poi fuggono, al vedere la magica verga, che Ubaldo loro presenta; intanto scende precipitosamente un drappello de' Custodi del palazzo di Armida, per respingere Ubaldo, e l'investono: egli retrogradando, si difende, finché disceso nel piano, attacca particolare zuffa col Duce del detto drappello, e lo vince, mentre pure i Soldati di suo séguito combattono, e debellano i Nemici. Risale finalmente il monte, e giunto, ch'egli è sulla vetta, spunta luminoso il sole, e rende più ameno il monte. | Clotarco -> <- duce dei custodi del palazzo di Armida, custodi duce dei custodi del palazzo di Armida, custodi, Ubaldo, soldati -> | |
Dopo pochi momenti la detta orrida armonia, cambiando improvvisamente e di tempo, e di tuono, forma l'allegro ritornello della cavata di Zelmira. | ||
Scena sesta |
Zelmira, che scende dal monte con séguito di Donzelle, indi Clotarco. |
<- Zelmira, donzelle |
ZELMIRA | ||
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<- Clotarco | ||
CLOTARCO |
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ZELMIRA |
(Che veggo! E donde venne questo guerrier?) | |
CLOTARCO |
Dimmi, se quanto bella, ed amabil sei, tu sei cortese, siete voi forse ora dal ciel discese? Su quest'orride sponde crudo albergo de' mostri, ammirar tante beltà sì rare... | |
ZELMIRA |
Orrore il monte imprime, cui neve copre, e duro ghiaccio il piede: ma poi sulle sue cime ridente, e vaga amenità risiede. Ivi il piacer perpetuo regna, e senza l'amarezza, che 'l segue: ivi non sanno infra l'erbette, e i fiori inquiete abitar cure, e timori: deh seguimi, e vedrai... | |
CLOTARCO |
No, che non lice a me nemico il seguitarti. | |
ZELMIRA |
E come tu nemico ci sei? Qual torto mai da noi tu soffri? Ah non confondi ancora coll'ire tue private l'altrui certa innocenza. Io non t'offesi piange né offenderti poss'io, se non con dolci ingegnose querele, con languide repulse, con tenere contese, che s'estinguono ognora appena accese. | |
CLOTARCO |
Oh qual gentil dolore! A que' tuoi detti mi si destò nell'alma! Non inteso tumulto, una tal face, che m'agita, e m'alletta, affanna, e piace. Tuo nemico non sono, anzi tua guida, e tua scorta sarò. Calmati, e poi verrò, ti seguirò, dove tu vuoi. | |
Scena settima |
Ubaldo con Guardie, e detti. |
<- Ubaldo, guardie |
UBALDO |
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CLOTARCO |
Signor, son pronto anch'io... vedrai... ma queste innocenti donzelle son degne di pietà. | |
ZELMIRA |
(s'inginocchia appiè di Ubaldo, e le sue compagne fanno lo stesso) Fra' tuoi nemici... non racconta, o signor, queste infelici! | |
UBALDO |
Olà sorgete, e libere, e sicure ite a vostro piacer. Pensa, o Clotarco, che d'un bel ciglio al varco sovente in dolce agguato amor si asconde. Tu sai, che son feconde le insidie allettatrici in questa terra. Armati di rigore, vieni all'empio tiranno a recar guerra. | |
Ubaldo, guardie -> | ||
Scena ottava |
Clotarco, e Zelmira. |
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CLOTARCO |
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ZELMIRA |
Signor, deh soffri, ch'io parta: il ciel dilegui i rischi miei. | |
CLOTARCO |
Vorrei seguirti, e insieme io non vorrei. | |
ZELMIRA |
Già mi è pena il lasciarti: eppur... | |
CLOTARCO |
Che dici? | |
ZELMIRA |
Del tuo bel core in mente la dolce idea mi tornerà sovente. | |
CLOTARCO |
Ah tu non sai... se mi vedessi il core... io voglio... | |
ZELMIRA |
Addio. Nel dì di tua vendetta abbi pietà d'un'innocente. | |
CLOTARCO |
Aspetta. | |
ZELMIRA |
Perché? | |
CLOTARCO |
Ti seguirò. | |
ZELMIRA |
Ma non degg'io restarmi più. | |
CLOTARCO |
Ti seguirò, ben mio. | |
ZELMIRA | ||
(parte ascendendo il monte seguita da Clotarco) | Zelmira, Clotarco, donzelle -> | |
Scena nona |
Atrio a mosaico corrispondente al giardino di Armida: in prospetto la gran porta del medesimo costrutta d'argento, effigiata a bassi rilievi con cardini, e cornici dorate: da una parte fonte composto di gruppi di fiumane, che dalle loro urne scaturiscono limpide acque. |
Idreno, Armida, due comparse |
IDRENO |
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(a due comparse, le quali ricevuto l'ordine partono) | due comparse -> | |
IDRENO |
Utile a noi più che ai nemici esser potrà. Siam troppo noi di forze inuguali. | |
ARMIDA |
Ah, sire, asconde dubbi, e perigli assai questa di pace simulata richiesta. Eppur sì poco in Rinaldo confidi? Il suo valore forse ignorar tu puoi? | |
IDRENO |
So, ch'è nemico per sé, per genio a noi: so, che d'amore langue, e vaneggia, e ne' deliri suoi amico ci si vanta. Ah s'ei si desta dal suo letargo un dì! Giammai ne' dolci impeti dell'affetto le facili promesse apprezzar non si denno di un amator, che ha già perduto il senno. (parte) | Idreno -> |
Scena decima |
Armida, indi Zelmira. |
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ARMIDA |
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<- Zelmira | ||
ZELMIRA |
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ARMIDA |
Zelmira, alfin comincio i miei trionfi a paventar. La calma de' nemici è funesta. Molto a temer, poco a sperar mi resta. (parte) | Armida -> |
Scena undicesima |
Zelmira, indi Clotarco. |
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ZELMIRA |
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<- Clotarco | ||
CLOTARCO |
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ZELMIRA |
È dessa. | |
CLOTARCO |
Oh quanto de' suoi doni in lei raccolse il ciel! Degno di scusa è Rinaldo, che l'ama. | |
ZELMIRA |
Altri scusando tua difesa prepari. | |
CLOTARCO |
In que' tuoi rai la mia difesa è già sicura assai. | |
(parte con Zelmira) | Clotarco, Zelmira -> | |
Scena dodicesima |
Rinaldo, e Armida, che lo seguita piangente, e rattristata. |
<- Rinaldo, Armida |
RINALDO |
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ARMIDA |
Così mi piaci. Serbati ognor così. Fa' che s'inganni chi dubita di te, chi fé non presta al verace amor tuo. Tu rassicura l'agitato mio cor. Rinaldo, io tutta già così vivo in te, che giorni interi per me gl'istanti sono, ove non sei, e son, quando ritorni, brevi istanti per me gl'interi giorni. Se mai dovessi abbandonarmi... Ah troppo il sol pensier già mi funesta. Oh dio! morirei di dolor, nel dirti addio. (piange) | |
RINALDO |
Deh non piangi, o mio ben. Sempre al tuo fianco io sarò, sarò tuo. Tu fosti il primo mio dolce amore, il sai, e l'ultimo amor mio tu pur sarai. (le prende la mano e gliela bacia) | |
Scena tredicesima |
Ubaldo, che s'arresta osservando, e detti. |
<- Ubaldo |
UBALDO |
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ARMIDA |
Che vuoi? | |
RINALDO |
Chi sei? (Ubaldo! O mio rossor!) | |
UBALDO |
Noto sì poco, signor, io sono a te? | |
ARMIDA |
Se il re tu cerchi, questa non è la via. | |
RINALDO |
(Come scusar la debolezza mia!) | |
ARMIDA |
Tu seguimi, o Rinaldo. | |
UBALDO |
Amico, ascolta. | |
ARMIDA |
Vieni, non indugiar. | |
UBALDO |
Soffri un momento... | |
RINALDO |
(ad Ubaldo) Vorrei... Vedi? (ad Armida) Non so... (Crudel cimento!) | |
ARMIDA |
Come! E dubiti ancora? O resta, o parti, più non curo... | |
RINALDO |
Verrò, ma non sdegnarti. | |
ARMIDA | ||
(parte seguita da Rinaldo) | Armida, Rinaldo -> | |
Scena quattordicesima |
Ubaldo, e poi di nuovo Rinaldo. |
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UBALDO |
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<- Rinaldo | ||
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E fin a quando in languido riposo rimaner tu vorrai contro tua fede, con rovina de' tuoi, con tuo rossore così vilmente a vaneggiar d'amore? Asia minaccia ancor: gli empi nemici mostrano ancor l'orgogliosa fronte. Dal Giordano all'Oronte vi son di guerra i fieri segni impressi: indurano sé stessi i nostri duci alle fatiche: ognuno combatte, e vince, e ad onorato vanto aspira ognun. Che fa Rinaldo intanto? Dai piacer avvilito, a tutti ascoso, in ozio vergognoso, giuoco servil d'una fanciulla infida, langue insano, e codardo, e trema a un cenno, e impallidisce a un guardo! | |
<- Armida | ||
RINALDO |
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UBALDO |
Come? | |
RINALDO |
Deh parti, non tormentarmi più! | |
UBALDO |
Ma pur dovresti conoscerti, arrossir... | |
RINALDO |
Del rossor mio soffrirti spettator più non poss'io. | |
UBALDO | Ubaldo, Armida -> | |
Scena quindicesima |
Rinaldo solo. |
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Che risolvo, infelice! E qual consiglio abbracciar deggio, o ricusar? Non veggo, ch'aspri contrasti intorno a me: non sento, che tumulti nel cor. Su queste arene amore mi trattiene, mi respinge il dover. Uno infedele, l'altro vile mi chiama. Incerta pende mia fede, il mio decoro, e ancor non so, chi vincerà di loro! Vincerà forse amor, che in seno impera, e i miei pensieri a voglia sua riprova? Quasi in me più non trova pensier, che si ribelli ai cenni sui, ma timidi son tutti innanzi a lui. | |
Gran sala nella reggia di Damasco ornata di trofei militari, destinata per le adunanze del real consiglio, illuminata in tempo di notte; trono da un lato con gradinata ricoperta di ricchi tappeti, cuscini all'intorno.
Ah taci, o principessa: i tuoi sospetti
Molto promette il tuo guerrier
Luogo nelle vicinanze di Damasco, in cui sorge un alto monte ricoperto di ghiaccio e di neve, con dirupi sul davanti; lungo la sua difficile e disastrosa salita vi sono sparse diverse, e robuste piante tutte biancheggianti di neve; il tempo è nell'aurora.
(ripiglia l'orrida armonia, i mostri poi fuggono)
(zuffa fra Ubaldo con i suoi soldati, e i custodi, in particolare col duce)
(spunta luminoso il sole; dopo pochi momenti la detta orrida armonia forma l'allegro ritornello della cavata di Zelmira)
È donna, o dèa quella, ch'io miro?
Il seguirlo è dover... Ma lasciar sole
Atrio a mosaico corrispondente al giardino di Armida: in prospetto la gran porta del medesimo costrutta d'argento, effigiata a bassi rilievi con cardini, e cornici dorate; da una parte fonte composto di gruppi di fiumane, che dalle loro urne scaturiscono limpide acque.
Che intesi mai! Ma dopo i tanti pegni
Quella donna gentil, ch'or da te parte
Non paventa, idol mio. Vuoi, ch'io non vegga
Ecco il guerrier, di cui vo in traccia
(Armida in disparte)
Che risolvo, infelice! E qual consiglio