Atto terzo

 

Scena prima

Campagna in prospetto d'un alto dirupato monte, alle falde del quale s'apre la funesta spelonca, ove chiudevansi i delinquenti, e sull'alto piccola fessura a cui s'ascende per angusto scosceso sentiero. Da una parte sul davanti del teatro, sedile elevato per il re, e dall'altra verso il fondo tempietto di Mercurio, con ara davanti all'ingresso.

 Q 

(nessuno)

 
Al suono d'una lugubre sinfonia entra, preceduto dalle sue Guardie Creonte, che va ad assidersi sul palco; indi al séguito di un folto Popolo, e in mezzo alle velate Donzelle piangenti, Antigona.

<- guardie, Creonte, popolo, donzelle, Antigona, alcune guardie

 

CORO DI TEBANI

Piangi, o Tebe,  

ancor t'ingombra

la funesta ombra di morte.

Non è sazia ancor la sorte

o di lagrime, o d'orror.

Sfondo schermo () ()

 

CORO DI DONZELLE

Ahi come presto, o misera,

nel fior di verde età...

morte t'invola!

Ahi, che di tante lacrime

l'inutile pietà...

non ti consola.

 

ANTIGONA

O Tebe, o cittadini,  

o voi vicine

sacre ombrose foreste,

e voi di Dirce pure sorgenti, addio.

Son giunta al fine

del mio corso mortal;

la notte eterna m'invola,

e il sol ch'io miro,

agli occhi miei

non splenderà mai più.

Questo, o tebani,

è il talamo nuzial,

queste le faci,

e i canti d'Imeneo,

che il vostro amore

oggi mi destinò?

Viva mi chiudo

entro un'orrida tomba,

e viva scendo

del funesto Acheronte

sul margine fatal;

non so s'io dica

fra gli estinti, o fra vivi,

anzi piuttosto barbaramente

del commercio priva

de' vivi, e degli estinti,

estinta, o viva.

 

CORO

Da te ripete, o misera  

d'Edipo sventurato

l'antica reità,

dura necessità

d'avverso fato.

 

ANTIGONA

Ah quale acerba piaga riaprite crudeli!  

Oh dio, qual sangue mi diè la vita,

e a quale atroce sorte

mi serbava il destino!

O madre! o nozze incestuose, orrende!

O spettatrici del funesto Imeneo

furie d'Averno!

Chi per pietà m'invola

agli occhi dei viventi,

alla vendetta del ciel,

che mi persegue?

 

Scena seconda

Ismene scarmigliata, e affannosa trattenendola, e detti.

<- Ismene

 

ISMENE

Ah ferma, aspetta!  

In quell'antro funesto

non andrai senza me.

La notte eterna

teco m'accoglierà,

teco vogl'io unirmi

per sempre al sangue mio.

ANTIGONA

(in atto d'abbracciarla)

Ah Germana...

ISMENE

(staccandosi dalle braccia d'Antigona, e correndo presso al re)

Signor, da te non vengo

a dimandar pietà.

Chiedo una morte,

chiedo l'istessa pena

di divider con lei.

ANTIGONA

Ma di qual fallo

ti punirà il tiranno?

Ah non rammenti,

ch'io ti vidi tremar, quando...

ISMENE

Ah risparmia

al mio onore, al mio nome

un indegna viltà, che mi dispera,

che m'empie di rossor.

Deh non divida

due germane infelici

il supplizio, signor;

non è il suo fallo,

che la guida a perir.

Persegue il cielo

Edipo ne' suoi figli,

e più non resta

dell'infesta radice,

che quest'ultimo germe,

e il più infelice.

Distruggilo, signor;

dispergi un seme

de' pubblici disastri

innocente cagion;

svena, presenta

in un supplizio istesso

due vittime agli dèi.

CREONTE

Non è permesso.

Non confonde la legge

i rei co' gli infelici.

Arbitri adoro del destin

de' mortali i sommi dèi,

ma sol la colpa sua

punisco in lei.

ISMENE

Crudel, neghi una morte,

perché il darla è pietà.

Ma speri invano

dividermi da lei.

Fra queste braccia

così la stringerò;

vedrò chi ardisce

strapparmela dal sen.

CREONTE

(alle guardie, che separano a forza le due sorelle)

Custodi, a forza quindi si tragga,

e l'importuno affanno

vada a sfogare altrove.

ISMENE

Empi... tiranno.

 

Ah lasciami morir,  

misera! Che farò?

Che più soffrir non ho,

né più mi può rapir

l'avversa sorte.

Germana, ah non partir,

ah non lasciarmi, no.

Che parlo, o dio, che fo?

Almeno il mio martir

mi dia la morte.

 
(parte in mezzo ad alcune guardie)

Ismene, alcune guardie ->

 

ANTIGONA

O germana! O tebani.  

Almen s'affretti

il fin di mie sciagure.

Ogni momento

accresce il mio supplizio,

e indebolisce la mia costanza.

Addio. Moro innocente

senza colpa, o rimorso;

ah mai non chieda

da voi ragione il cielo

dell'ingiusta mia morte.

(trovandosi presso al tempietto di Mercurio)

O tu dell'ombre

pietoso condottier,

guida i miei passi

nel sentier tenebroso,

amico nume,

e assisti, allorché fia

sciolta dal frale impaccio,

all'ombra mia.

E tu speco funesto,

sepolcro de' viventi,

unico asilo contro l'ira de' numi,

or tu sarai la mia dimora eterna.

Ah tu m'accogli

nel pietoso tuo seno;

in te ritrovi il fin di tanti mali

la mia vita infelice,

e in te riposi, freddo avanzo di morte,

il cener mio.

O patria! O Tebe! O cittadini, addio.

 

Non piangete i casi miei,  

non v'affanni il mio tormento,

questo è l'unico momento

della mia felicità.

Fur sì barbari gli dèi,

fu sì avversa a me la sorte,

che riguardo la mia morte

come un segno di pietà.

(s'avanza verso la spelonca, v'entra dentro con un gesto di disperazione, e le guardie ne chiudono l'ingresso con delle pietre, mentre si canta il seguente)

CORO

Piangi, o Tebe,

ancor t'ingombra

la funesta ombra di morte.

Piangi, o Tebe,

non è sazia ancor la sorte

o di lacrime o d'orror.

 

Scena terza

Adrasto frettoloso, e affannato, e detti.

<- Adrasto

 

ADRASTO

Ah t'affretta, signor;  

perduto è il figlio.

CREONTE

Santi numi del ciel! che dici?

ADRASTO

O giorno di lacrime, e d'orror!

CREONTE

Parla.

ADRASTO

Nel loco, ove da' tuoi custodi

si tenea prigionier,

torbido, e muto lungo tempo ei restò,

con tutti in volto i caratteri espressi

d'un dolor disperato.

Ecco annunziando d'Antigona il supplizio,

in mezzo a' tuoi, pallida, semiviva,

con dolorose strida. Ismene arriva.

Immagina, signor, folgor, che scoppi

dalla squarciata nube, o fra gli opposti

atterrati ripari rovinoso torrente.

Alzarsi, un ferro strappare ad un de' tuoi,

due de' più arditi stender con esso al suolo,

ed avventarsi a noi, fu un punto solo.

Pur si prevenne, e s'ebbe il tempo appena

d'opporgli in sull'ingresso la ferrea porta.

Egli smaniando, il guardo gira bieco d'intorno,

ed altra strada alla fuga non vede,

che un aperto balcon;

v'affretta il passo,

su vi monta d'un salto, e piomba al basso.

CREONTE

Stelle! È morto?

ADRASTO

No 'l so. Del mortal salto

troppo tardi m'accorsi

dalle strida, e dal colpo,

e a te me n' corsi.

CREONTE

Ahimè! Qual nera benda

mi si squarcia sul ciglio,

e m'apre il guardo

a una scena d'orror.

Lacero, infranto sulla sanguigna arena

qui abbraccio il figlio,

e il riconosco appena.

Lì la madre infelice

accusa il mio rigor.

Qui il cuor mi gela

il gemito dolente

d'Antigona, che muor.

Là d'Ismene innocente

le strida, ed il dolor.

Piango or vedovo il trono,

or desolata la mia famiglia,

ed ora il popolo tutto mesto,

in lacrime, in lutto.

Ah come mai tante unì un giorno solo

al nostro danno colpe, stragi,

terror, morti, e ruine?

Barbari dèi, sarete sazi alfine.

 

Ah no, non son gli dèi  

cagion di tanto affanno.

È il mio rigor tiranno,

è la mia crudeltà.

Da una fatal grandezza

son per mia colpa oppresso.

Ho fabbricato io stesso

la mia calamità.

Sfondo schermo () ()

(parte smaniando, con tutto il séguito)

Creonte, guardie ->

CORO

Ah quando avrà mai fine

per noi del ciel lo sdegno?

Di questo afflitto regno,

numi, che mai sarà?

(partono tutti, con gesti di dolore)

popolo, donzelle, Antigona ->

 

Scena quarta

Adrasto, solo.

 

 

Infelice! Ecco il frutto  

d'un'ambita grandezza,

d'un rigore ostinato. Il caro figlio

unica, e dolce cura

di tutti i suoi pensier morte gl'invola,

e dopo la sciagura

vien tardi il pentimento, e non consola.

 

Scena quinta

Emone scarmigliato, e furioso, e detto.

<- Emone

 

EMONE

Adrasto!  

ADRASTO

Oh dio! Che miro?

Signor, tu qui... tu salvo?...

EMONE

Odi; pietoso in quell'antro funesto

m'apre il cielo una via.

Così mi lasci tanto di vita ancor,

ch'io possa almeno riveder l'idol mio,

abbracciarlo, e morir.

De' nostri casi se una tarda pietà

Tebe risveglia dal letargo fatal,

che l'incatena al giogo d'un tiranno,

ah fa che accolga a quelle del mio bene

le mie ceneri unite un'urna istessa.

Questo è l'unico dono,

che dalla patria imploro, e le perdono.

ADRASTO

Signor, che dici?... Ah non sia ver...

(in atto di voler trattenerlo)

EMONE

T'arresta.

Il mio morir affretta

chi pensa di salvarmi,

e in questo stato

periglioso è il soccorso a un disperato.

ADRASTO

Ma Tebe in pianto... il genitor...

EMONE

Da lui

ogni dover mi scioglie.

Ei mi diè questa vita,

ei me la toglie.

 

Ah se lo vedi piangere  

sovra il mio corpo esangue,

dì che le amare lacrime

son poche a tanto sangue,

che il suo furor versò.

Che infesta ombra seguace

m'avrà sempre d'intorno,

che nuova furia orribile

co' serpi, e colla face

i suoi riposi, e il giorno,

a funestar verrò.

Che il suo rigor non temo,

che il primo affetto obliò,

che al caro idolo mio

a dar l'amplesso estremo

a suo dispetto andrò.

(parte infuriato, arrampicandosi sul monte)

Emone ->

 

ADRASTO

(vedendolo precipitarsi dall'alto nell'interno del monte)

Ma senti, aspetta...  

Oh dio, che fiero colpo atroce!

Né moto più, né voce

a tanto orror non ho.

(parte sbalordito con smania)

Adrasto ->

 
 

Scena sesta

Interno dell'orrida tenebrosa caverna debolmente rischiarato da un barlume, che vien dall'alto.
Antigona sola.

 Q 

Antigona

 

 

Misera, ove m'inoltro?  

Il corpo stanco all'eterno riposo

par che già s'abbandoni.

Oh come presto nel sentier della morte

si stanca il piè.

(abbandonandosi a sedere sopra un masso)

L'aer nebbioso, e denso

par che gli occhi m'aggravi;

un freddo vento scuote l'ampia caverna,

e al fioco, incerto, torbido lume,

che rischiara appena questa notte d'orror,

quali di morte immagini funeste

m'offre l'orrenda tomba!

O tristi avanzi dell'infelice umanità,

qual gelo m'ispirate nel cor!

Ben tosto anch'io tal diverrò;

mista a poche ossa ignude

fredda, putrida polve.

Ahimè. Ma quanti lunghi miseri istanti

di stento, e di dolor precederanno

la mia misera morte?

Ah morte atroce!

 

Scena settima

Emone di dentro, e detta.

 

EMONE

(di dentro alla scena)

Antigona, ove sei?  

ANTIGONA

(alzandosi spaventata)

Stelle! Qual voce!

 

 

È quella del mio bene;  

la riconosco, oh dio!

Ah mi prevenne, e viene,

ombra diletta, almeno

a riunirsi a me.

EMONE

(escendo, e abbracciandola)

Ah stringimi al tuo seno,

lo sposo tuo son io.

Non piango or più, non peno,

or che, bell'idol mio,

posso morir con te.

<- Emone

ANTIGONA E EMONE

Ah vi ringrazio, o dèi.

Ah si cambiò la sorte.

Or più per me la morte

terribile non è.

 

ANTIGONA

Che dissi? Oh me infelice!  

Tu vivi, oh dio!

Tu vieni a perderti per me?

EMONE

Come potrei sopravviverti un dì?

Due volte, o cara, cercai la morte,

e per due volte il cielo,

pietoso a' voti miei,

serbommi in vita, per riunirmi a te.

ANTIGONA

Ma chi t'aperse in quest'antro la via?

EMONE

Dal foro angusto

onde al fioco baglior

che ci rischiara,

s'apre il varco sul monte,

precipitar mi volli.

Ah non sperai così propizio il salto.

I vepri, i sassi, che ingombrano il sentier,

l'impeto forse tolsero alla caduta.

Io sol restai sbalordito dal colpo,

pochi istanti sul suol di senso privo,

mi svegliò il tuo dolor,

t'abbraccio, e vivo.

ANTIGONA

Com'è facile l'amore

a fingersi contenti!

Odi, e misura il tuo coraggio, e il mio.

Dovrem fra poco mirarci, o dio,

scambievolmente in viso,

d'una stentata morte tutto l'orror;

la disperata fame,

la magrezza, il pallor;

frenare invano

della natura oppressa

fra gli spasimi atroci

i gemiti importuni,

i mesti sguardi

che la luce smarrita

van ricercando appena...

EMONE

Ah no, mia vita,

vedi qual dono il ciel mi conservò.

(mostrandole il pugnale)

Con questo il lungo strazio

d'una morte crudel

paventi invano.

Mira; il fatal momento

è in nostra mano!

 

ANTIGONA

Ah sì, mio ben, si mora;  

l'immergi in questo seno,

finisci il mio dolor.

EMONE

Ah pochi istanti ancora,

cara, concedi almeno

a un infelice amor!

ANTIGONA

Caro...

EMONE

Mio ben.

ANTIGONA

...che barbaro conforto!

EMONE

...che misero contento...

ANTIGONA E EMONE

...in sì crudel momento

di lacrime, e d'orror!

 

EMONE

Ma quai colpi improvvisi  

scuotono la caverna?

Ah par, che crolli

dalle radici il monte.

ANTIGONA

Osserva, osserva

e faci, e armate squadre

alla bocca dell'antro.

EMONE

Oh numi! Il padre?

Crudel, forse pretende

strapparmiti dal sen?

ANTIGONA

Sì cedi, o caro, lascia...

EMONE

Lasciarti?

Ah così vil non sono.

Guarda...

(in atto di ferirsi è trattenuto da Antigona, e dalle parole di Creonte)

 

Scena ottava

Creonte, Ismene, Adrasto, con Guardie, Popolo, e detti.

<- Creonte, Ismene, Adrasto, guardie, popolo

 

CREONTE

Ah serbala, e vivi;  

io la perdono;

voi perdonate al mio rigor.

Venite fra queste braccia, o figli.

Un Fasto insano m'acciecò,

mi sedusse, in me soppresse

le voci di natura.

Ah poiché il cielo

vi conservò pietoso,

e mi risparmia

un eterno rimorso,

il fausto giorno

coroni il vostro amor.

Fuggiam da questo giorno di dolor.

Tebe risuoni di cantici festivi,

e dopo tanti giorni

di pianti, e lutto,

un dì sereno di gioia e di piacer

faccia ritorno.

EMONE

O padre, o sposa.

ANTIGONA E EMONE

Oh fausto evento!

ANTIGONA

O giorno!

 

Festa che termina lo spettacolo

La scena rappresenta una deliziosa contigua alla reggia pomposamente illuminata in tempo di prima sera.

 Q 

(nessuno)

 
Un coro di festose Vergini portano l'ara nuziale dinanzi alla statua d'Amore e d'Imeneo, che si vede eretta nel fondo; adornano di ghirlande e l'idolo, e l'ara, e preparano le corone di rose per inghirlandarne gli sposi. Entrano questi, preceduti dai Paraninfi vestiti di candide stole, e con fiaccole in mano di pino odoroso, e seguiti da un folto Popolo, che intreccia a una lieta festiva danza il seguente coro nuziale:

<- vergini, paraninfi, Antigona, Emone, Creonte, Ismene, Adrasto, sacerdoti, popolo

 

CORO

Sorgi di Venere  

propizia stella,

e il cielo illumina

col tuo splendor.

La viva accendano

pura facella,

inestinguibile

Imene, e Amor.

In tempo di questo coro Antigona, ed Emone in mezzo a Creonte, Ismene, e Adrasto, e ad alcuni Sacerdoti si fermano dinanzi all'ara, dove sono incoronati di rose, e porgendosi scambievolmente la destra si giurano eterna fedeltà; dopo di che, avanzandosi verso gli spettatori cantano la seguente strofa:

ANTIGONA E EMONE

Oh come presto obliasi,  

nel seno dell'amor,

ogni tormento.

Fuggon le nere immagini,

e in rammentarlo allor,

fino il passato orror,

divien contento.

Sfondo schermo () ()

 

Fine (Atto terzo)

Atto primo Atto secondo Atto terzo

Campagna in prospetto d'un alto dirupato monte, alle falde del quale s'apre la funesta spelonca; verso il fondo tempietto di Mercurio.

 

(lugubre sinfonia)

<- guardie, Creonte, popolo, donzelle, Antigona, alcune guardie
Coro di tebani e donzelle
Piangi, o Tebe

O Tebe, o cittadini

Ah quale acerba piaga riaprite crudeli!

guardie, Creonte, popolo, donzelle, Antigona, alcune guardie
<- Ismene

Ah ferma, aspetta!

guardie, Creonte, popolo, donzelle, Antigona
Ismene, alcune guardie ->

O germana! O tebani

guardie, Creonte, popolo, donzelle, Antigona
<- Adrasto

Ah t'affretta, signor

Creonte, poi Coro
Ah no, non son gli dèi
popolo, donzelle, Antigona, Adrasto
Creonte, guardie ->
 
Adrasto
popolo, donzelle, Antigona ->

Infelice! Ecco il frutto

Adrasto
<- Emone

Adrasto! / Oh dio! Che miro?

Adrasto
Emone ->

Ma senti, aspetta...

Adrasto ->

Interno dell'orrida tenebrosa caverna.

Antigona
 

Misera, ove m'inoltro?

Antigona, ove sei?

Antigona e Emone
È quella del mio bene
Antigona
<- Emone
 

Che dissi? Oh me infelice!

Antigona e Emone
Ah sì, mio ben, si mora

Ma quai colpi improvvisi

Antigona, Emone
<- Creonte, Ismene, Adrasto, guardie, popolo

Ah serbala, e vivi

La scena rappresenta una deliziosa contigua alla reggia pomposamente illuminata in tempo di prima sera.

 
<- vergini, paraninfi, Antigona, Emone, Creonte, Ismene, Adrasto, sacerdoti, popolo
Antigona e Emone
Oh come presto obliasi
 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Festa che termina lo spettacolo
Veduta esterna della città di Tebe, e del campo degli argivi; in mezzo, ampio steccato, e da una parte palco... Vasta deserta campagna alle falde di nude montagne, colla veduta d'una città, in tempo di notte. Tempio magnifico di Giove superbamente adornato. Campagna in prospetto d'un alto dirupato monte, alle falde del quale s'apre la funesta spelonca; verso... Interno dell'orrida tenebrosa caverna. La scena rappresenta una deliziosa contigua alla reggia pomposamente illuminata in tempo di prima sera.
Atto primo Atto secondo

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