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Scena prima |
Veduta esterna della città di Tebe, e del campo degli argivi. In mezzo, ampio steccato con doppio ingresso, destinato al combattimento dei due fratelli rivali, e da una parte palco magnifico per i giudici del duello. |
Q
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S'apre lo spettacolo con una danza pirrica di Guerrieri argivi, e tebani, che introducono per i due cancelli opposti nello steccato i Combattenti, in mezzo al doppio coro del Popolo tebano affollato alla porta, e sulle mura della città, e dei Soldati argivi dal campo, in tempo della quale Creonte, e Adrasto, e gli altri due Giudici dalla parte degli argivi montano sul palco. | <- guerrieri, Eteocle, Polinice, popolo tebano, soldati argivi, Creonte, Adrasto, due giudici, guardie
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CORO DI SOLDATI ARGIVI (dal campo)
Giusti numi, ah voi rendete
la corona al vero erede.
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CORO DEL POPOLO TEBANO (dalla città)
Dèi di Tebe, ah proteggete
della patria il difensor.
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CORO DI SOLDATI ARGIVI (dal campo)
Voi del trono arbitri siete,
e difesa in voi non hanno
un tiranno. Proteggete...
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Insieme
CORO DEL POPOLO TEBANO (dalla città)
Voi del trono arbitri siete,
e difesa in voi non hanno
un traditor. Proteggete...
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Si sospende per un momento la danza guerriera, e trovansi in mezzo alle loro scorte Eteocle, e Polinìce. Eteocle depone la corona, e lo scettro in mano d'un Araldo, che esce a posarla in un luogo a ciò destinato a piè del palco dei Giudici. Dopo di che ripresa per un poco la danza | |
alla replica della prima strofa del Coro, escono i Guerrieri dallo steccato, restando soli Eteocle e Polinice, che attaccano una fiera zuffa, cadendo finalmente ambedue morti sul campo, mentre i vari successi del combattimento danno luogo al seguente coro: | |
CORO DI SOLDATI ARGIVI (dal campo)
Proteggete, giusti numi, proteggete.
Versa il tiranno il sangue,
cade il ribelle estinto,
ah Polinice ha vinto,
ha vinto.
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Insieme
CORO DEL POPOLO TEBANO (dalla città)
Proteggete, dèi di Tebe, proteggete.
Versa il tiranno il sangue,
cade il ribelle estinto.
Eteocle è vincitor,
è vincitor.
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CREONTE E ADRASTO |
(alzandosi sulla tribuna, verso il popolo)
No: d'ambi il corpo esangue
copre l'infame arena.
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TUTTO IL CORO |
O trista, infausta scena
di lacrime, e d'orror.
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In tempo di questo coro scendono i Giudici dal palco, e si dispongono in mezzo alla Moltitudine sul davanti del teatro, mentre una parte dei Soldati sta disfacendo lo steccato, e recando due bare per trasportare i cadaveri. | |
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CREONTE |
Popoli, amici, a' nostri voti il cielo
la lungamente sospirata pace
accorda alfin, ma costa
prezzo di sangue, e di delitti;
estinti con parricidio atroce
i tristi avanzi della stirpe reale,
e vuoto il trono,
è troppo caro a questo prezzo il dono.
(ai capi degli argivi)
Voi, giusta i sacri patti,
che giuraste agli dèi,
volgete altrove, guerrieri eroi,
l'armi nemiche.
(ai tebani)
E voi fedeli a vostri giuramenti,
al sangue de' vostri re,
grati agli dèi,
scegliete tebani, a riempir l'antica sede
e di Cadmo, e di Lajo,
un degno erede.
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ADRASTO |
Ah chi di te più degno,
chi più grande di te?
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| (va a prender la corona, e presentandola a Creonte, che modestamente la ricusa, fino all'approvazione del popolo) | |
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Tu germe illustre della stirpe real,
tu della patria il più fido sostegno,
l'ornamento maggior.
Del comun voto, interprete fedel,
sulla tua fronte depongo il regal serto.
Il pegno fia del pubblico riposo,
della pubblica speme.
Al tuo gran figlio
stringa Antigona bella il fausto nodo
che l'amor già dispose,
e si rinnovi, con più felici auguri
de' nostri re la prole a' dì futuri.
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TUTTO IL CORO
Regna lunghi anni felici
stringi il nodo fortunato,
ch'è brama d'ogni cuor.
Tu sarai nel nuovo stato
il terror de' tuoi nemici,
e de' sudditi l'amor.
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CREONTE |
(riceve la Corona, e se la pone sul capo)
Cedo al publico voto,
e ascendo un trono
che ancor gronda di sangue.
Almen s'estingua
in quel sangue infelice
la vendetta de' numi.
Dopo i funebri onor,
la tomba accolga venerata degli avi
il cener sacro d'Eteocle
ei che fedele per la patria pugnò;
l'altro che mosse l'ingiusta guerra
incontro a lei,
rimanga inonorato al campo,
e ognun lo veda
detestato, insepolto, ai corvi in preda.
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TUTTO IL CORO
Così finiscano,
così periscano
per sempre i perfidi,
i traditor.
E l'ombre pallide,
nude insepolte
sul nero margine
di Lete accolte
copra di tenebre
l'eterno orror.
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Scena seconda |
In tempo che il Popolo si dispone a portare altrove i due cadaveri, escono scarmigliate e affannose dalla porta della città, col séguito delle loro Donzelle, facendosi strada tra la folla del Popolo, che al loro arrivo si dispone rispettoso ai due lati della scena Antigona, e Ismene. |
<- Antigona, Ismene, donzelle
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ANTIGONA |
Fermatevi, crudeli.
Almen lasciate,
che il cadavere esangue
lavi col pianto mio.
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ISMENE |
Lasciate almeno,
ch'abbian gli ultimi amplessi
i germani da noi.
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ANTIGONA |
Prole infelice d'una infausta famiglia,
ecco adempito d'Edipo disperato
l'oracolo crudele.
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ISMENE |
E con l'orrore
del più atroce delitto.
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ANTIGONA |
O scelerata sete di regno!
O crudi implacabili dèi!
Saziate alfine contro un sangue aborrito,
la vostra ira crudele.
Ancor vi resta novo oggetto
alla strage, alla vendetta.
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CREONTE |
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| (alle guardie, che senza più badare ad Antigona portan via i due cadaveri) | guardie, Eteocle, Polinice ->
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ANTIGONA |
Barbaro! aspetta.
Che manca al tuo desio?
L'orrida guerra opra è dell'arti tue.
Tu fomentasti le fraterne contese;
è tuo progetto la scellerata pugna;
il vero erede, per te, non ha più il trono,
più germani io non ho.
Tu regni alfine,
non hai più che bramar.
Ma il corpo esangue
degli estinti germani
almen permetti, ch'abbia il comun tributo
del pubblico dolor, poi si racchiuda
nella tomba degli avi. Agl'infelici
questi almen son dovuti ultimi uffici.
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Ah de' tuoi re, tiranno
almen le spoglie onora.
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ISMENE |
Contro gli estinti ancora
perché infierir, perché?
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CREONTE |
Compiango il vostro affanno,
all'ire tue perdono.
Ceder vorrei, ma sono
pria cittadin, che re.
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ANTIGONA E ISMENE |
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ANTIGONA |
Giacché gli usurpi il trono
non gl'invidiar la pace,
degli avi all'ombre accanto.
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CREONTE |
Ribelle, e contumace
degno d'onor, di pianto
un traditor non è.
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ANTIGONA E ISMENE |
Ah di pietà capace,
quell'empio cor non è.
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CREONTE |
Resti in riva all'Acheronte,
segno all'ira, alla vendetta,
detestata ombra negletta
i ribelli a sbigottir.
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ANTIGONA |
No, crudel; lo speri invano.
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CREONTE |
Sai qual pena il fallo aspetta.
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ANTIGONA |
Sì, la morte empio, inumano,
ma non fammi impallidir.
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CREONTE |
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ANTIGONA |
Il colpo affretta,
sfido tutto il tuo furore.
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ANTIGONA E ISMENE
Troppo è barbaro rigore
sugli estinti incrudelir.
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Insieme
CREONTE E CORO
È giustissimo rigore
co' ribelli incrudelir.
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| (parte Creonte, con tutto il séguito de' tebani) | Creonte, Adrasto, due giudici, popolo tebano, soldati argivi, guerrieri ->
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Scena terza |
Antigona, e Ismene colle Donzelle. |
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ANTIGONA |
Ah di'; rimane ancora all'ira degli dèi
qualche nascosa di sciagure, e di guai
fonte funesta, a versar su di noi?
No, non le resta.
Le più tragiche morti,
le colpe le più atroci,
e insieme con esse
l'ignominia, il rossor, tutto ci oppresse.
Era poco in un dì piangere estinti
per la man l'un dell'altro
i tristi avanzi del nostro infausto sangue;
oltre la tomba vuol che ancor lo persegua
questo pubblico obbrobrio il suo tiranno.
Ah questo sol mancava al nostro affanno!
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ISMENE |
Misero Polinice!
Ecco il tuo regno, il tuo retaggio.
Un nudo campo;
e un solo fra tanti
non avrai, ch'osi
raccorre le tue ceneri almen,
che almen ricopra
di poca polve il corpo estinto.
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ANTIGONA |
Ah pria tutti i fulmin di Giove
piombin sovra il mio Capo. Andiamo.
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ISMENE |
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ANTIGONA |
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D'una misera famiglia
tutta sai l'istoria amara
e la vita t'è sì cara,
e paventi di morir?
Ah qual sorte, ingrata figlia,
puoi sperar fra tanti orrori,
che a' germani, a' genitori
di poterti riunir?
Ombre care, ombre dolenti,
io sarò contenta appieno,
se con voi m'è dato almeno
di confondere i lamenti,
di dividere i sospir.
Se d'un figlio al vostro affetto
manca ancor l'ombra infelice,
non temete, io già m'affretto
a condurvela, e perir.
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| (parte co' le donzelle) | Antigona, donzelle ->
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Scena quarta |
Ismene sola. |
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Rimproveri crudeli!
O giusti numi, che vedete il mio cuor;
voi lo sapete, s'è di pietà
difetto la debolezza mia;
se del germano non compiango il destin,
se non vorrei a quell'ombra dolente
dell'eterno riposo al varco estremo,
il passo aprir col sangue mio;
ma tremo e manca all'amor mio
la costanza, e l'ardir, non il desìo.
Ma... la cara germana... Oh dio!...
Si perde, e si prepara intanto
la sorgente per me di nuovo pianto.
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Ah giunto invan credei
il fin delle mie pene;
piangere ancor conviene
anco a tremar mi resta,
germana, o dio, per te.
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Scena quinta |
Emone, Ismene. |
<- Emone
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EMONE |
Grazie a pietosi dèi,
pur ti ritrovo, Ismene;
chi ti trattiene in questa scena
d'orror, perché?
Tebe il germano onora,
e tu qui piangi intanto,
e al mesto rogo accanto
Antigona non è.
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ISMENE |
Ah di dolor, di pianto
nuova cagion funesta
Antigona è per me.
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EMONE |
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ISMENE |
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EMONE |
Parla, mi strazia il core.
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ISMENE |
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EMONE |
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ISMENE E EMONE |
Che giorno di spavento
è questo mai per me!
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EMONE |
Misero me! che ascolto:
ah tu gelar mi fai.
Scoprimi almeno
questa scena d'orror; parla.
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ISMENE |
T'è noto il decreto crudel,
che a Polinice vieta il sepolcro,
e d'una morte atroce
minaccia il trasgressor?
Di questa ad onta barbara legge,
ella a prestar s'affretta
questi al germano estinto
pietosi uffici, e impavida, e sicura
sfida il tiranno,
e il suo morir non cura.
La più intatta virtù non ha difesa,
contro il voto d'un re.
Se vedi oppresso sì spesso
il mondo da' tiranni, è solo,
perché d'adulatori ognor funesta
turba vile, insidiosa il trono infesta.
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EMONE |
No, ti fida; è il pianto estremo
quel che versi ora dal ciglio;
Giove irato al tuo periglio
no, più fulmini non ha.
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ISMENE |
Ah vorrei sperar, ma tremo;
troppo avvezzo è questo cuore
alle stragi, ed all'orrore
per sognar felicità.
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EMONE |
Sai che cambia alfin la sorte.
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ISMENE |
La provai sempre tiranna.
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EMONE |
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ISMENE |
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EMONE |
Van timore oh dio t'affanna.
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ISMENE |
Ah di rado il cuor s'inganna,
nel temer calamità.
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ISMENE E EMONE |
Sommi dèi, d'un innocente
non v'offenda il puro zelo.
Siete giusti, e so che in cielo
non è colpa la pietà.
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